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The Butler. Un maggiordomo alla Casa Bianca
The Butler. Un maggiordomo alla Casa Bianca
The Butler. Un maggiordomo alla Casa Bianca
E-book143 pagine1 ora

The Butler. Un maggiordomo alla Casa Bianca

Valutazione: 3 su 5 stelle

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Info su questo ebook

Prefazione del regista Lee Daniels

Ispirato a una storia vera
Da questo libro il film che ha commosso il presidente Barack Obama

Nel 2008, alla vigilia delle epiche elezioni che avrebbero portato Barack Obama alla Casa Bianca, Wil Haygood pensò di celebrare quel momento grazie a un testimone privilegiato, qualcuno che avesse vissuto in prima persona gli ultimi cinquant’anni di storia americana.
Si mise così sulle tracce di Eugene Allen, il maggiordomo che aveva lavorato alla Casa Bianca dal 1952 al 1986. Dopo decine e decine di telefonate e lunghe ricerche, finalmente il giornalista ottenne l’indirizzo di Allen. Era ancora vivo. Aveva quasi novant’anni e viveva con la moglie Helene in un modesto e decoroso quartiere di Washington. Haygood ebbe quindi modo di intervistare Allen, il maggiordomo che conosceva la vita privata di ben otto presidenti degli Stati Uniti, da Harry Truman a Ronald Reagan. In seguito il giornalista scrisse in proposito un lungo articolo sul «Washington Post» che ebbe enorme risonanza. Così è nato il libro The Butler, che racconta la vita straordinaria di Eugene Allen e svela tutti i segreti che le mura della Casa Bianca hanno protetto per decenni.

Oltre 30 anni in servizio alla Casa Bianca
8 diversi presidenti degli Stati Uniti
Da Truman a Reagan, da Kennedy a Nixon

La vera storia del maggiordomo testimone straordinario della vita quotidiana degli uomini più potenti del mondo

«Allen è stato testimone di tappe fondamentali nella storia americana, e la sua vita è parte integrante di tale storia.»
Presidente Barack Obama

«Gene era un membro prezioso del personale in servizio alla Casa Bianca. Grazie a lui, io e mio marito ci siamo sempre sentiti a casa nostra. Gli siamo molto affezionati.»
Nancy Reagan, ex first lady

«Io e mia moglie abbiamo molti affettuosi ricordi di Eugene, che risalgono al periodo in cui eravamo alla Casa Bianca. Siamo onorati di averlo conosciuto e di aver fatto parte della sua vita.»
Jimmy Carter, ex presidente degli Stati Uniti


Wil Haygood
è un giornalista del «Washington Post» e autore di diversi libri e biografie. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui il Sunday Magazine Editors Award e il New England Associated Press Award. Vive a Washington, D.C., dove nel 2008 ha incontrato personalmente il maggiordomo Eugene Allen, che ha ispirato il libro e il film campione d’incassi The Butler, diretto dal regista Lee Daniels.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854162594
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Recensioni su The Butler. Un maggiordomo alla Casa Bianca

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3/5

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  • Valutazione: 5 su 5 stelle
    5/5
    This is a lovely little book, and a nice accompaniment to the movie. The photos and history of the man whose life provided the inspiration for the movie were interesting, and I enjoyed reading about how this project came about. I also liked the history of Black people in the movie industry that led up to there being so many great actors available to be cast in this movie. It is crazy to think about how the United States was just a few decades ago, and to realize how impossible a movie like this would have been just 50 years ago. I definitely recommend reading this book and watching the movie.
  • Valutazione: 5 su 5 stelle
    5/5
    I enjoyed this book about Eugene Allen, a butler at the White House during the administrations of Presidents Truman through Reagan. The first part of the book is an expansion of an article appearing in the Washington Post around the time of President Obama's 2008 election. The author wanted to find a black person who had served in the White House for several decades; he found Eugene Allen. The story includes the author's search for such a person, his interview with Allen and his wife, Helene, and seeing all the memorabilia they had, and Allen's story of working in the White House, and his attending the inauguration of President Obama. The second part of the book is basically an interesting history of blacks in U.S. movies including both their portrayal and the number of black actors, actresses, etc. up through the making of the movie, "The Butler." Also included are 16 pages of plates, many in color, both of Mr. Allen himself and of the movie.
  • Valutazione: 2 su 5 stelle
    2/5
    I wanted to like this book more than I did. I actually felt like I should like it more. But I didn't. I confess that I watched the movie before picking up the book and the movie was pretty awesome. It was a disappointment to find that the book and the movie, with the exception of having the same setting and circumstance, were vastly different. The names of the main character were not even the same.This is really too bad. Because this is an important story, a tragic but inspiring life to learn about. But in this format it falls short. Making this one of the few times I can honestly say the movie was better.The first half of the book is the author's recollections of meeting Eugene Allen, the butler, and his desire on the eve of Barack Obama's campaign run to write an article of Eugene's tenure in the White House. The second half of the story is dedicated to telling the story of the making of the movie. It actually seems that more time is dedicated in the book, The Butler, to addressing Hollywood and the movie the Butler as well as the cinema's treatment of African American actors than is given to Eugene Allen.See the movie, skip the book.
  • Valutazione: 4 su 5 stelle
    4/5
    Quite good. Parallel stories of father and son over time as they try to find their place in a world both full of and fighting racism. Based on the life of Cecil Gaines, a boy from a cotton farm who becomes a White House butler to several Presidents.
  • Valutazione: 1 su 5 stelle
    1/5
    There are no words to describe how disappointed I was by The Butler by Wil Haygood. What I was expecting was a book about Eugene Allen - you know, the famous man who was the White House butler and served eight American Presidents. Basically, you know, what was written in the summary of the book. But I should have been forewarned because look at the first line of that summary - it's a lauding of all of the accolades of Wil Haygood. And that's ultimately what The Butler was about - Wil Haywood's story as he sought out the man who inspired the story.Read the rest of this review at The Lost Entwife on Dec. 1, 2013.
  • Valutazione: 3 su 5 stelle
    3/5
    The audio of this book is read by people involved in the movie that was created about this little slice of history: the story around the black man who served 8 presidents in the White House, as a butler, during the times when the Civil Rights Movement.Some parts were amazing, some too brief, but the story is a fascinating one.
  • Valutazione: 3 su 5 stelle
    3/5
    The Butler is a brief but intriguing look at the life of Eugene Allen, who became a White House butler and served for more than three decades before, during, and after the civil rights movement. On one level, it is Allen’s personal story, and on another level, it is the story of African-Americans in the 20th century. Although the book left me wanting more – something the movie did not provide – The Butler is worth a read.

Anteprima del libro

The Butler. Un maggiordomo alla Casa Bianca - Wil Haygood

Prefazione

Il film The Butler è basato su reali eventi storici, ma i personaggi del maggiordomo e della sua famiglia sono romanzati. Fin da quando ho letto sul «Washington Post» l’articolo di Wil Haygood¹, mi sono sentito profondamente colpito dalla storia di Eugene Allen. Ricordo ancora quando Haygood mi mise a parte delle considerazioni che lo avevano portato a scrivere l’articolo. Alla vigilia delle storiche elezioni che dovevano portare alla vittoria di Barack Obama, Wil era riuscito a scovare questo maggiordomo afroamericano, che aveva toccato con mano il movimento per i diritti civili, dall’interno e dall’esterno della Casa Bianca. Quando andò a bussare per la prima volta alla porta del signor Allen, Wil fu accolto da un uomo di portamento modesto ma elegante e dalla moglie, donna di garbo sopraffino, che accettarono di buon grado di raccontare al giornalista aneddoti affascinanti e di mostrargli i tanti cimeli che decoravano con discrezione le pareti del seminterrato.

Quando lessi la sceneggiatura di Danny Strong, capii all’istante che dovevo dirigere The Butler. Mentre mi tornavano alla memoria capolavori memorabili come Via col vento, pensavo che se fossi riuscito a ottenere anche solo la metà dei risultati raggiunti da quel film, avrei dato vita a un’autentica magia. Ma, soprattutto, in quella sceneggiatura intravidi lo strumento più adeguato per foggiare il racconto: avrei usato la storia americana, in particolare la lotta per l’uguaglianza civile, come sfondo per il vero cuore del film, vale a dire l’evoluzione del rapporto tra un padre e un figlio. Laddove il padre vive in prima persona il ruolo di ciascun presidente nel progresso dei diritti civili, il figlio si ribella a ciò che percepisce come remissività da parte del genitore. In seguito, il giovane trasferisce in strada tutta l’aggressività della propria battaglia per l’uguaglianza, anche se questo significa mettere in pericolo la propria vita. In fin dei conti, The Butler è un racconto di riconciliazione, per la nazione americana ma soprattutto per il padre e il figlio, giacché ciascuno dei due arriva a riconoscere e rispettare il ruolo cruciale svolto dall’altro nel cambiare la storia. È questo il pilastro emotivo e universale del film, un soggetto che fin da subito ho avuto il desiderio di esplorare a fondo.

E se dunque il padre, il figlio e più in generale la famiglia del protagonista sono romanzati, abbiamo comunque mutuato alcuni momenti toccanti dalla vita reale di Eugene Allen, poi inseriti nella trama del film. Come quando Jacqueline Kennedy, affranta, porge al maggiordomo una cravatta del presidente Kennedy appena assassinato, o quando Nancy Reagan invita il protagonista e la moglie a un ricevimento di Stato alla Casa Bianca. Eugene Allen è stato un uomo di gran vaglia, è indubbio, e sono felice che Wil Haygood, cui va tutta la mia gratitudine, abbia avuto la passione e la perseveranza di rintracciarlo e divulgarne la storia, prima nel suo articolo, poi in queste pagine.

Lee Daniels²

¹ Daniels si riferisce a un articolo di Wil Haygood comparso sul «Washington Post» il 7 novembre 2008, dal titolo A Butler Well Served by This Election (n.d.t.).

² Regista e produttore del film The Butler (n.d.t.).

Il viaggio del maggiordomo

Eppure c’era, da qualche parte. Ormai doveva essere piuttosto anziano, aveva lavorato per decenni alla Casa Bianca. Magari era andato a morire in qualche clinica privata, chissà dove, e la notizia era stata data solo con un fugace annuncio funebre. Ma nessuno sembrava poter confermare che le cose fossero andate davvero in quel modo. Forse mi ero incaponito a dare la caccia a un fantasma. In realtà cercavo un maggiordomo. E non avevo certo intenzione di arrendermi.

Già, un maggiordomo.

Un termine obsoleto, dal sapore anacronistico: maggiordomo. Una figura che per lavoro è tenuta a servire gli altri, che vede ma non vede, che conosce a menadito il protocollo interno della casa e con un solo sguardo è in grado di leggere lo stato d’animo delle persone per cui lavora. Un personaggio avvezzo a rimanere nell’ombra. I cinefili ricorderanno senz’altro L’impareggiabile Godfrey, un delizioso film del 1936 con William Powell nel ruolo del maggiordomo di una casa piuttosto caotica. Più di recente, la figura ha goduto di una rinnovata notorietà con la serie televisiva Downton Abbey. Il mio maggiordomo era un gentiluomo di nome Eugene Allen. Era stato per ben trentaquattro anni al servizio dell’edificio al numero 1600 di Pennsylvania Avenue, a Washington, noto in tutto il mondo come Casa Bianca.

Finalmente, dopo essermi rivolto a non so più quante persone su entrambe le coste del Paese, e aver fatto innumerevoli telefonate, riuscii a trovarlo. Più vivo che mai! Abitava, insieme alla moglie Helene, in una tranquilla strada del quadrante Northwest di Washington. Eugene Allen era stato maggiordomo della Casa Bianca per otto amministrazioni presidenziali, da Harry Truman a Ronald Reagan. Era stato testimone privilegiato della storia, eppure le era del tutto sconosciuto.

«Prego, si accomodi», mi disse sulla soglia della sua casa, in quella fredda giornata di novembre del 2008. Aveva già preso le sue medicine del mattino e servito la colazione alla moglie. Aveva ottantanove anni e di lì a poco mi avrebbe aperto uno spiraglio oltremodo singolare sulla storia del Paese.

Questo è il racconto di come la vicenda di un maggiordomo della Casa Bianca sia prima approdata sui giornali di tutto il mondo (dopo un mio articolo pubblicato sul «Washington Post» tre giorni dopo il 4 novembre 2008, data della storica elezione di Barack Obama), per sbarcare infine sul grande schermo.

Tutto ebbe inizio una sera d’estate del 2008, a Chapel Hill, North Carolina. Era da poco passata la mezzanotte e in quel momento si procedeva a riepilogare, analizzare e trascrivere il discorso. Un altro candidato democratico alla carica di presidente spiegava con trasporto perché i tanti studenti e potenziali elettori accorsi ad ascoltarlo avrebbero dovuto votarlo. Il Dean Dome, il palazzetto dello sport della University of North Carolina, era gremito, quella sera. Il candidato presidente, all’apparenza pacato e sicuro di sé, si accingeva a concludere l’intervento. Ad ascoltarlo, persone d’ogni razza ed età. L’inconfondibile voce gutturale di Stevie Wonder riecheggiava dalle casse acustiche. Tra gli anziani venuti ad assistere, anche veterani del movimento per i diritti civili: testimoni diretti dei tumulti degli anni Sessanta, della segregazione razziale e delle molte anime audaci freddate e seppellite per tutto il Sud degli Stati Uniti. Adesso il candidato era proprio lì, davanti a loro, maniche di camicia arrotolate, microfono in mano. «Ho deciso di correre alle elezioni perché spinto da quella che Martin Luther King definiva la feroce urgenza dell’oggi, perché credo sia giunta l’ora di intervenire. Il momento è adesso, cittadini del North Carolina, e incombe su di noi». Le parole dell’allora senatore Barack Obama ebbero una sorta di effetto chiesa sul pubblico e spinsero la moltitudine dei presenti ad alzarsi in piedi e applaudire entusiasta. Lo strepito e le ovazioni rivelavano la passione dei tanti sostenitori. Ma si trattava pur sempre del Sud, il candidato era un nero e al tempo la Casa Bianca appariva solo una chimera. La storia e i suoi demoni erano dappertutto, eppure il candidato sembrava imperturbabile.

Quella sera, ero tra i giornalisti inviati dal «Washington Post» a seguire la campagna di Obama per sette giorni, con voli a ripetizione da uno Stato all’altro della nazione. Terminato il comizio di Chapel Hill, durante il quale avevo intervistato parecchi fautori del candidato, era tempo di tornare all’autobus che avrebbe riportato i giornalisti in albergo. L’aria della sera era mite e piuttosto gradevole. In quel momento, però, sentii un suono bizzarro: qualcuno stava piangendo proprio lì vicino. Mi voltai e socchiusi gli occhi per tentare di distinguere qualcosa nel buio. Non lontano da dove mi trovavo, c’erano tre ragazze, con ogni probabilità studentesse, sedute su una panchina. Feci qualche passo nella loro direzione e chiesi se potessi rendermi utile. «Dopo la manifestazione di stasera mio padre non vorrà più parlarmi, e così il loro», riuscì a dire una delle giovani tra i singulti, «perché sosteniamo il candidato che ha appena finito di parlare». Uscivano tutte e tre

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