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Il matrimonio dello sceicco: Harmony Collezione
Il matrimonio dello sceicco: Harmony Collezione
Il matrimonio dello sceicco: Harmony Collezione
E-book163 pagine2 ore

Il matrimonio dello sceicco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Il principe Zarif al-Rastani deve sposarsi per assicurare pace e stabilità al proprio paese, così quando Ella Gilchrist si presenta davanti a lui chiedendo il suo aiuto Zarif intravede l'occasione perfetta. Tre anni prima, Ella ha avuto l'impudenza di rifiutarlo, così adesso lui le concederà quello che lei gli chiede, ma a una precisa condizione...

C'è stato un tempo in cui a Zarif bastavano pochi attimi per accendere in lei un desiderio travolgente, poi però lui le ha spezzato il cuore. Per salvare la sua famiglia dalla rovina, Ella deve ora acconsentire a diventare sua moglie per un anno.



Un anno al suo fianco, tra le sue braccia e...



Miniserie "Uomini straordinari" - Vol. 3/3
LinguaItaliano
Data di uscita19 apr 2017
ISBN9788858964514
Il matrimonio dello sceicco: Harmony Collezione
Autore

Lynne Graham

Lynne Graham vive in una bellissima villa nelle campagne dell'Irlanda del Nord.Lynne ama occuparsi della casa e del giardino, soprattutto nel periodo che lei considera il più magico dell'anno, il Natale.

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    Anteprima del libro

    Il matrimonio dello sceicco - Lynne Graham

    successivo.

    1

    Zarif era annoiato. L'attrazione per la sua sofisticata amante con la pelle color crema era svanita. Proprio in quel momento lei si era messa in posa sul letto, osservando nel grande specchio il riflesso dello sfolgorante rubino che le pendeva al collo. «È così bello!» esclamò, gli occhi sgranati per l'ammirazione. «Grazie. Sei stato molto generoso.»

    Lena era sagace. Sapeva che il pendente era un addio, e che lei avrebbe dovuto lasciare l'appartamento di Dubai senza protestare, per andare alla ricerca del prossimo amante ricco e generoso. Come Zarif aveva scoperto, il sesso non era poi così impegnativo. A letto preferiva delle amanti piuttosto che ricorrere alle professioniste, ma aveva ben poche illusioni sulla morale delle donne che si sceglieva.

    Lui procurava loro i mezzi per godersi un po' la vita, e loro gli fornivano il necessario sfogo per la sua natura altamente sensuale. Tali donne comprendevano il suo bisogno di discrezione e sapevano che un tentativo di approcciare i media avrebbe provocato un serio intralcio alle loro carriere.

    Zarif aveva la necessità di preservare la propria immagine pubblica. All'età di soli vent'anni era diventato re del Vashir, e suo zio aveva assunto la carica di reggente in attesa che lui raggiungesse la maggiore età, cosa che era avvenuta a venticinque anni. Era l'ultimo di una lunga dinastia di regnanti che sedevano sul Trono di Smeraldo nel vecchio palazzo. Vashir era uno stato ricco di petrolio, ma era ancora un mondo molto arretrato. Tutte le volte che Zarif aveva cercato di portarlo nel XXI secolo, la vecchia guardia dei suoi consiglieri, composta da dodici sceicchi tribali sui sessant'anni, si faceva prendere dal panico e lo pregava di riconsiderare le sue decisioni.

    «Stai per sposarti?» Lena pose la domanda quasi brutalmente, poi gli lanciò un'occhiata mesta. «Scusa, so che non è affar mio.»

    «Non ancora, ma lo farò presto» rispose Zarif.

    «Buona fortuna» gli augurò Lena con un sospiro. «Sarà una donna fortunata.»

    Zarif era ancora accigliato quando entrò nell'ascensore. In materia di matrimonio o figli, la fortuna non era stata molto benevola con i suoi antenati. Storicamente, le loro storie d'amore erano state fallimentari, così come le alleanze di convenienza, ed erano venuti al mondo solo pochi figli. A ventinove anni, Zarif non poteva più resistere alle pressioni di sposarsi e dare un erede al trono. In realtà, era vedovo: sua moglie Azel e suo figlio Firas erano morti in un incidente d'auto sette anni prima.

    A quel tempo Zarif aveva pensato che non si sarebbe mai ripreso da quella terribile perdita. Per lungo tempo tutti quanti avevano rispettato il suo lutto, ma sapeva che non poteva ignorare ancora per molto i suoi obblighi. Preservare la continuità della linea di sangue per assicurare la stabilità del paese che amava era uno dei suoi doveri basilari.

    Un elegante jet privato lo riportò in Vashir. Prima di sbarcare indossò la tunica bianca, il mantello beige e il turbante cerimoniale che gli serviva per presenziare alla inaugurazione del nuovo museo nel centro della città. Solo dopo quella incombenza sarebbe stato libero di recarsi al vecchio palazzo, un'estesa proprietà che comprendeva anche lussureggianti e profumati giardini. Da tempo ormai la dimora era stata superata dal nuovo palazzo, gigantesco e scintillante, che sorgeva dalla parte opposta della città e fungeva da centro governativo. Zarif però era cresciuto nel vecchio palazzo ed era molto legato a quel luogo. Era lì che il suo amato zio, Halim, stava trascorrendo la fase finale della sua malattia terminale, e Zarif cercava di allietare il tempo che gli restava. Per molti versi Halim era stato il padre che Zarif non aveva mai conosciuto, era un uomo gentile e calmo che gli aveva insegnato tutto quello che aveva bisogno di conoscere sulle negoziazioni, l'autodisciplina e le incombenze di un uomo di stato.

    Quando giunse a casa, Yaman, il responsabile delle sue finanze, lo aspettava nella sala che Zarif aveva adibito a ufficio. «Che cosa ti porta qui?» gli domandò il re, poiché le visite dell'uomo più anziano erano piuttosto rare.

    A differenza dei suoi fratellastri Nik e Christian, che avevano entrambi un'ottima reputazione nel mondo degli affari, Zarif non aveva una particolare predisposizione per la finanza. Essendo nato in uno stato produttore di petrolio, era stato cresciuto nell'ambito di una famiglia favolosamente ricca, e Yaman, insieme alla sua squadra di esperti professionisti, si preoccupava che la sua fortuna fosse mantenuta.

    «C'è qualcosa che ho pensato dovesse essere sottoposta alla tua personale attenzione» lo informò Yaman in tono grave.

    «Di che si tratta?» domandò Zarif appoggiandosi al bordo della scrivania.

    «Si tratta del prestito personale che hai fatto a un amico tre anni fa... Jason Gilchrist.»

    Sconcertato nel sentire quel nome, Zarif si irrigidì. Tuttavia non fu il ricordo del suo amico di un tempo che gli salì alla mente, bensì quello della sorella di Jason, Eleonora. L'immagine di una giovane donna con una cascata di riccioli biondi, occhi blu genziana e gambe lunghe da gazzella gli apparve dinanzi agli occhi, e lui si irrigidì, sia per l'istintiva risposta del suo corpo sia per la rabbia che ancora lo pervadeva al ricordo dell'insulto che non aveva mai dimenticato.

    Siamo entrambi troppo giovani per sposarci. E poi io sono inglese, non potrei vivere in una cultura dove le donne sono cittadine di seconda classe. Non sono tagliata per essere una regina.

    «Che cosa è accaduto?» domandò a Yaman con la sua usuale flemma. Solo la fiamma improvvisa che animava i suoi occhi scuri smentiva quella facciata di freddezza.

    Ella entrò nella casa silenziosa. Era così stanca che solo la forza di volontà la teneva ancora in piedi.

    Una luce filtrava attraverso la porta del salotto, segno che Jason era ancora sveglio. Oltrepassò silenziosamente l'uscio, diretta alla cucina, incapace di affrontare l'ennesimo litigio con l'irascibile fratello. La stanza sembrava un'area disastrata, con i piatti del cibo abbandonati sul tavolo. Le sedie erano ancora scostate all'indietro, rimaste così dal giorno prima, quando Jason aveva lasciato cadere le devastanti notizie della loro rovina finanziaria durante il pranzo familiare. Raddrizzando le spalle, e riluttante a ripensare a quell'orribile momento, Ella si mise a ripulire, sapendo che si sarebbe sentita ancora peggio se avesse dovuto farlo il mattino seguente.

    La casa non sembrava più tale senza i genitori. Dolorose immagini di sua madre che giaceva rigida in un letto d'ospedale, con suo padre che singhiozzava in modo incontrollato, le riempirono la mente. Calde lacrime le inondarono gli occhi e cercò di scacciarle sbattendo le palpebre, poiché cedere alla tristezza non avrebbe cambiato ciò che era stato.

    Gli orrori nelle ultime quarantotto ore si erano ammucchiati come le auto di un gigantesco incidente autostradale. L'incubo era cominciato quando Jason aveva ammesso che lo studio finanziario di famiglia era sull'orlo della bancarotta e la confortevole casa dei loro genitori, dove vivevano, era stata ipotecata ed era a rischio di essere perduta.

    Appena rientrato dalla crociera nel Mediterraneo che Jason l'aveva convinto a fare insieme alla moglie mentre lui badava agli affari, suo padre stentava a credere che le cose potessero essersi messe così male in un periodo tanto breve. Era uscito di corsa diretto in ufficio per consultare i libri contabili e parlare con il direttore della banca, mentre Jason aveva cercato di spiegare la situazione alla madre.

    All'inizio Jennifer Gilchrist era rimasta calma, apparentemente fiduciosa che il suo intelligente figlio sarebbe riuscito a risolvere i problemi e a continuare ad assicurare prosperità alla famiglia. A differenza del marito, non era arrabbiata con il figlio per aver firmato con il loro nome i documenti che garantivano il prestito con la casa. Riteneva che lo avesse fatto per cercare di proteggerli dalle preoccupazioni finanziarie.

    Del resto, fin dalla nascita Jason era stato il pupillo di famiglia, pensò Ella amara. C'erano sempre delle scuse pronte quando Jason tradiva o mentiva, e per lui il perdono era sempre garantito. Intelligente e di aspetto atletico, Jason aveva sempre brillato in ogni campo, alimentando l'orgoglio dei genitori, e crescendo libero di fare ciò che voleva. In realtà il fratello aveva un lato oscuro del carattere, combinato con una fastidiosa mancanza di considerazione per il benessere degli altri.

    I genitori avevano fatto di tutto per poterlo mandare in una scuola privata elitaria, e quando lui aveva ottenuto un posto alla Oxford University erano stati entusiasti per i suoi successi. Una volta all'università, Jason aveva fatto amicizia con studenti molto più ricchi di lui. Era stato allora che aveva cominciato a nutrire quelle violente ambizioni che lo avrebbero portato solo a cercare problemi? O era stato quando era diventato un finanziere di successo, con una Porsche fiammante e un egocentrico senso dei propri diritti? Comunque fosse, Jason aveva sempre desiderato di più, e quella aspirazione lo aveva inevitabilmente condotto sul sentiero sbagliato.

    Quello che lei non avrebbe mai potuto perdonargli era di avere trascinato i loro genitori nell'incubo dei debiti e della rovina. Il peggio comunque era già avvenuto, si disse Ella con un impellente bisogno di consolazione. Niente avrebbe potuto eguagliare l'orrore del collasso avuto dalla madre. Una volta che il figlio le aveva spiegato la realtà della loro disastrosa condizione finanziaria, la donna aveva avuto un attacco di cuore. Portata di corsa in ospedale, Jennifer aveva subito un intervento chirurgico e ora era in rianimazione. Suo padre aveva cercato di far fronte con forza agli ultimi eventi, ma quando si era reso conto che non aveva neppure il denaro per pagare il personale dell'ufficio, si era lasciato sommergere dalla vergogna e si era messo a piangere tra le braccia di Ella nella sala d'aspetto dell'ospedale, biasimandosi per non aver vigilato da vicino sulle attività del figlio.

    Un leggero rumore la fece voltare nella cucina. Suo fratello, che aveva raggiunto la stazza di un giocatore di rugby ma senza perdere molto tempo a mantenersi in forma, era sulla soglia con un bicchiere di whisky in mano. «Come sta la mamma?» chiese arcigno.

    «Stabile. La prognosi è buona» gli rispose Ella tornando a occuparsi dei piatti, non volendo stare a disquisire sul fatto che il fratello non era neppure andato all'ospedale a far visita alla madre.

    «Non è colpa mia se ha avuto un attacco di cuore» dichiarò lui in tono aggressivo.

    «Non l'ho detto» rispose lei, che non aveva voglia di litigare. «Non sto cercando di incolpare nessuno.»

    «Voglio dire, poteva avere un attacco in qualunque momento... almeno il modo in cui è accaduto ci ha consentito di soccorrerla subito e portarla in ospedale in tutta fretta.»

    «Sì» convenne lei per il quieto vivere. «Volevo chiederti... quel grosso prestito che hai detto di aver preso tre anni fa...»

    «Che cosa vuoi sapere?» proruppe lui in un tono che suggeriva che non aveva alcuna voglia di rispondere.

    «In quale banca l'hai avuto?»

    «Nessuna banca mi avrebbe dato una somma simile senza garanzie adeguate» dichiarò Jason con un'occhiata quasi sprezzante per la sua ignoranza in materia. «Zarif mi ha dato quel denaro.»

    Ella si sentì girare la testa e dovette aggrapparsi al lavandino. «Zarif?» ripeté incredula.

    «Dopo che sono stato licenziato dalla banca a causa della riduzione del personale, Zarif mi ha prestato il denaro per avviare la mia attività in proprio. Un prestito senza interessi, e senza rate di pagamento per i primi tre anni» spiegò Jason. «Solo un idiota avrebbe rifiutato un simile vantaggio.»

    «Questo era... tipico di Zarif» rimarcò Ella, cercando di controllare le emozioni che la invadevano. Erano reazioni che aveva imparato a reprimere durante i tre, lunghi anni di autodisciplina, senza mai permettersi di guardare indietro a quella che era stata la più tormentata esperienza della sua intera vita. «Ma tu non hai avviato una tua attività. Sei diventato socio di quella di papà.»

    «Be', casa è dove è il cuore, o così si dice» rispose il fratello senza vergogna. «Lo studio di papà non stava combinando granché finché non sono arrivato io.»

    Ella si rimangiò una risposta irritata e strinse le labbra. Sarebbe stato meglio se avesse avviato una sua attività, invece di portare alla bancarotta una ditta stabile che aveva permesso a tutti loro di vivere decentemente, anche se non da ricchi. «Non posso credere che tu abbia accettato denaro da Zarif.»

    «Quando un multimilionario mi sventola del denaro sotto il naso, sarei un folle a rifiutare» dichiarò Jason con condiscendenza. «Ovviamente all'inizio mi aveva offerto il denaro perché pensava che tu lo avresti sposato, e presumo che un cognato disoccupato

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