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Patto con il diavolo
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E-book347 pagine4 ore

Patto con il diavolo

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Info su questo ebook

Forse non è il diavolo, ma lavorare alle sue dipendenze per sei settimane corrisponde alla mia idea di inferno.

Hayes Flynn è un idiota arrogante noto soprattutto per la sua abitudine di bere whiskey e per il “fascino” britannico che esercita su tutta Hollywood, ma mai due volte sulla stessa donna.
È l’ultima persona a cui desidero dedicare tempo ed energie, però non riesco a distogliere lo sguardo dal suo volto e più a lungo lavoriamo insieme, più mi è difficile odiarlo. Perché sotto quella facciata presuntuosa c’è un cuore che si rifiuta di mostrare, un cuore che è stato malamente spezzato un decennio prima.
Una parte di me desidera aggiustarlo prima di andare via... ma posso farlo senza frantumare il mio?
LinguaItaliano
Data di uscita18 set 2023
ISBN9791220706698
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    Anteprima del libro

    Patto con il diavolo - Elizabeth O'Roark

    1

    La lotta tra il bene e il male.

    I fumetti la fanno sembrare così facile. Un tizio vuole distruggere il mondo. Un altro vuole salvarlo. Il cattivo ha una cicatrice e si comporta in modo crudele con la sua ragazza. Il bravo ragazzo potrebbe tagliare il vetro con la mascella e dona metà della sua cena a un cane randagio in un vicolo.

    La vita reale è più complessa. A volte, sotto la cicatrice, il cattivo nasconde un cuore d’oro. A volte entrambi hanno una bella mascella e spesso non ti rendi conto per cosa hai firmato fino a quando non è troppo tardi.

    Tranne quando ti offrono l’opportunità di lavorare per Satana in persona… in questo caso è abbastanza chiaro cosa ti aspetta.

    La proposta è arrivata davanti a un caffè con il mio amico Jonathan in un patio accogliente, mentre le palme che ci sovrastano fanno filtrare la brillante luce del sole mattutino di Santa Monica. «Lascia che ti dica quanto paga prima di rifiutare,» aggiunge, è proprio il genere di suggerimento che ti aspetteresti dal capo del personale di Satana.

    Vorrei precisare che Hayes Flynn, il capo di Jonathan, tecnicamente non è Satana in quanto non governa gli inferi e non ha le corna. Anche se potrebbe avere un forcone, a giudicare dai completi su misura Tom Ford che indossa e anche dal fatto che ha un addetto a tutte le sue relative necessità.

    Satana inoltre è il soprannome che gli ho affibbiato io e non Jonathan, ma è comunque appropriato. Primo, perché è un chirurgo plastico delle star, quindi svolge esattamente il tipo di lavoro che ti aspetteresti da Satana se per qualche motivo non fosse in grado di esercitare la professione forense.

    Secondo, perché è inglese. È risaputo che qualsiasi maschio britannico super affascinante che non sia James Bond è un ragazzaccio, o almeno presumo sia così basandomi sui romanzi di Jane Austen e sull’unico film dell’agente 007 che ho visto.

    E, infine, perché è un po’ troppo perfetto, il che indica che si trova sotto l’influenza di un qualche tipo di magia nera. È troppo alto e troppo in forma… mascella squadrata, occhi scuri e labbra seducenti che lo rendono un pericolo per le donne. Chiedete a tutte quelle povere attrici che ha portato fuori una o due volte le quali, una volta abbandonate, hanno postato su Instagram foto tristi e citazioni vaghe sulla solitudine. Non posso garantire che parlino di lui, ma di sicuro Hayes è abbastanza bello da suscitare un sacco di autocommiserazione al suo passaggio.

    Non che sia un problema per me. Il mio superpotere, acquisito nel corso di quest’ultimo anno molto difficile, è l’immunità agli uomini bellissimi. Mia sorella direbbe che sono distrutta, non immune, ma sta con lo stesso uomo da quando aveva quattordici anni, quindi cosa ne sa?

    «Cosa dovrei fare?» chiedo, e mi appoggio allo schienale della sedia. La domanda è perlopiù una formalità. Considerata la mia situazione finanziaria, allo stato attuale non posso rifiutare. «Dal momento che stiamo parlando di Hayes, suppongo si tratti di traffico di esseri umani o di eroina.»

    Jonathan ride e anche lui si appoggia allo schienale della sedia, stanco e divertito allo stesso tempo. «Niente di così terribile. Voglio che tu mi sostituisca mentre Jason e io saremo a Manila.»

    Poso la tazza del caffè con un tonfo. La caccia al sostituto temporaneo di Jonathan è iniziata mesi fa quando lui e Jason sono stati informati che l’adozione era stata approvata. «Cosa è successo? Pensavo che avessi già trovato una persona.»

    Lui scuote la testa. «Non andava bene.» Immagino sia una frase in codice per dire: Hayes è uno stronzo o Hayes ha fatto sesso con lei durante il colloquio. Anche se Jonathan non ha mai parlato male del suo capo, grazie ai siti di gossip come TMZ e DeuxMoi la so lunga. Hayes fa sembrare il mio ex un chierichetto. «A ogni modo,» conclude Jonathan, «ho pensato che potrei assumere te. Lui ha bisogno di un’assistente. Tu hai bisogno di soldi. È perfetto.»

    Jonathan cerca di soddisfare le esigenze di tutti: celebrità che si aspettano di essere inserite nella fitta agenda del suo capo all’istante o Hayes che richiede prenotazioni nei locali più ambiti e cibi esotici. Il suo lavoro richiede tatto, diplomazia e la capacità di rendere possibile l’impossibile. Affermare che sono la scelta perfetta è come sistemare un ragazzo di sedici anni con una donna di novant’anni e pretendere che sia la scelta migliore perché sono entrambi etero.

    «Quindi sei disperato e non riesci a convincere nessun altro ad accettare il lavoro.»

    Lui alza lo sguardo dall’omelette di albumi, la bocca che si contrae. «No, Tali. Sei discreta e penso che lavorerete bene insieme. Inoltre, offre quattromila dollari a settimana.»

    Spalanco gli occhi. Sapevo che il mio amico se la cavava bene, di certo meglio di me che lavoro al Topside, un bar in stile Jimmy Buffett dove il personale indossa bandane, ma non così bene. Quattromila dollari moltiplicati per le sei settimane in cui starà via non risolveranno i miei problemi, ma mi renderanno la vita molto più semplice.

    «Forse avresti dovuto dirmelo subito,» replico, e lui mi rivolge quel suo sorriso dolce e sorpreso, il mio preferito, come se fosse un bambino che ha ricevuto un complimento inaspettato.

    «Considerato ciò che provi per Hayes, è stato più facile del previsto,» afferma, mentre si spinge gli occhiali sul ponte del naso. «E voglio che tu sappia… credo ancora che finirai il libro. Ma penso che se smettessi di farti prendere dal panico al pensiero di dover restituire l’anticipo, riusciresti ad allentare un po’ la tensione.»

    Allora, ha più fiducia in me di quanta ne abbia io. Nell’ultimo anno il libro, per il quale ho ricevuto un sostanzioso anticipo che ho già speso, è rimasto solo a metà e devo consegnarlo nel giro di qualche mese. A questo punto se vendere l’anima al diavolo fosse un’opzione, forse l’accetterei, quindi non rifiuterò il solo comparire sul suo libro paga.

    Ma sembra tutto troppo facile. Dopotutto, stiamo parlando di Hayes. «Quindi è tutto qui? Voglio dire, non devo fare un colloquio o qualcosa del genere?»

    Un’ombra gli passa sul volto, un piccolo guizzo di preoccupazione. «Dovrai firmare un contratto e un accordo di riservatezza, tutto qui. Hayes si fida delle mie decisioni. Andrà tutto bene.»

    Credo di non esserne così sicura mentre mi viene in mente l’unica volta in cui io e Hayes ci siamo trovati nella stessa stanza. Non so ancora perché fosse al Topside, nel suo completo costoso attirava non poco l’attenzione, o perché per un lungo momento mi abbia guardato con quello che sembrava interesse. Ma, ancora prima di raggiungere il bancone, quello sguardo sul suo volto era cambiato diventando freddo e rassegnato, e la volta successiva in cui ho alzato gli occhi, non c’era più. Forse io non c’entro niente, ma non mi sembra un inizio promettente per il nostro rapporto di lavoro.

    «Ho solo una richiesta…» continua Jonathan. Si piega in avanti e preme le maniche della giacca contro il tavolo, le mani piatte. «Non andare a letto con lui. Per favore. Se fai sesso con lui il giorno della mia partenza, dovrò tornare subito a casa.»

    Rido abbastanza forte da attirare gli sguardi delle persone sedute ai tavoli vicini. È spaventoso che Jonathan, il mio più vecchio amico, possa persino insinuare una cosa del genere.

    «Dammi un po’ di credito. Non farei mai sesso con qualcuno come Hayes. Ho chiuso con gli uomini inaffidabili.»

    Le sue spalle si incurvano mentre si gratta la fronte. «Temo che tu ti sia fatta un’idea di Hayes basata esclusivamente su alcuni pettegolezzi di merda e la tua vivida immaginazione.» I suoi occhi pieni di empatia si posano su di me. «E Matt non è mai sembrato inaffidabile. Siamo rimasti tutti sorpresi quanto te quando le cose sono andate male.»

    Mi si stringe il petto. Non c’è niente di rassicurante in quello che Jonathan ha appena detto. Preferirei che mi facesse notare dove ho sbagliato, che mi indicasse i segnali del fatto che Matt mi avrebbe tradito, ma ancora oggi tutto ciò che chicchessia può affermare sul mio ex è che era un ragazzo eccezionale.

    Jonathan allunga un braccio sul tavolo e mi stringe la mano. «Tali, andrà meglio. Quando incontrerai la persona giusta, le tue mura crolleranno.»

    Ne dubito, dato che i miei piani prevedono di evitare del tutto gli uomini.

    In ogni caso, Hayes Flynn non toccherà le mie mura o qualsiasi altra cosa.

    2

    Imbocco il vialetto circolare e do un’occhiata al programma che mi ha dato Jonathan:

    7:30 Arrivo allo Starbucks sulla Highland. Ordina un caffè macchiato grande (con latte intero) e prendi tre bustine di zucchero;

    7:45 Inserisci il codice ed entra in casa. Disattiva l’allarme. Appoggia il caffè e i giornali sul bancone della cucina;

    Se Hayes non scende al piano di sotto entro le 8:00, mandagli un messaggio. Se non funziona, devi andare a svegliarlo. Attenzione: potrebbe avere compagnia.

    Temo che mi sia sfuggito qualcosa e, a dire il vero, non sono neanche sicura di aver capito bene queste prime istruzioni. Mi sono già versata un po’ di caffè sulla gonna e non so se devo aggiungere lo zucchero o se il Signore delle Tenebre è in grado di compiere questa azione gravosa da solo.

    Se proprio devo, posso chiederlo a Jonathan, ma al momento è in viaggio per Manila e forse dovrei riservarmi di importunarlo con le domande più importanti. Dio solo sa che nell’arco della giornata potrebbero sorgere… se riuscirò a resistere così a lungo. Seduta in macchina davanti alla villa di Hayes a Hollywood Hills comincio a dubitare di farcela.

    Primo, perché già detesto il mio capo, il che è sempre un brutto segno.

    Secondo, perché odio davvero la sua casa. Mi aspettavo qualcosa di più simile allo stesso Hayes: linee sobrie e angoli meravigliosi con tocchi di classe lussureggianti e inaspettati. Invece, sono davanti alla tenuta che forse compreresti se diventassi famoso su YouTube grazie a una canzone priva di spessore… abbastanza grande da ospitare un villaggio di considerevoli dimensioni e piena di troppi ornamenti di cattivo gusto: fontane, colonne, finestre ad arco e torrette. Anche se il clima favorisce la crescita degli alberi da fiore e le Bouganville, nel suo giardino ci sono solo alcune siepi ben curate e un’unica palma tozza che denota proprio quella mancanza di anima che mi aspetterei da qualcuno con la sua storia da tabloid.

    Raddrizzo le spalle e faccio un respiro profondo, poi scendo dall’auto. Che lui o la sua casa mi piacciano o meno è irrilevante. Per me questo lavoro rappresenta un mezzo per raggiungere un fine, la prima pausa decente che mi concedo in un anno molto difficile e non ho intenzione di rovinare tutto.

    Non importa quanto lui sia chiaramente orribile, non deve piacermi per tenere a freno la lingua ed eseguire i suoi ordini. Dopotutto, sono solo sei settimane.

    Destreggiandomi con i giornali, il caffè e la borsa, riesco ad aprire la porta e a disattivare l’allarme. I tacchi riecheggiano sul pavimento mentre cammino e l’interno è deludente quanto l’esterno: pavimenti in marmo, un sacco di enormi mobili in legno, due grandi scalinate a chiocciola che conducono alle ali della villa. Io dormo da sola in un monolocale, quindi non riesco a immaginare come mi sentirei in uno spazio così ampio. D’altra parte, Hayes senza dubbio non dorme spesso da solo.

    Tiro fuori i due cellulari che mi ha affidato Jonathan, uno per le chiamate normali di Hayes e l’altro per le emergenze, e sto per sistemare i giornali quando lo sento scendere le scale. Il mio cuore inizia a battere così forte che si potrebbe sentirlo a distanza. Il mio lavoro consisterà perlopiù nel trattare con i pazienti e fare commissioni. Compiti che posso gestire. Ma una delle cose per cui non sono preparata è incontrare lui.

    L’immagine riflessa dalla superficie di fronte a me conferma che la camicetta di seta nuova è ancora a posto e che la macchia di caffè sulla gonna non è troppo evidente. Tutto in me urla affidabile e innocua – dai capelli raccolti in una coda alta al volto abbellito solo dal mascara e dal burrocacao – a parte gli occhi che sono un po’, ehm, sprezzanti. Ho bisogno che comunichino Sono qui per servirti, invece al momento dicono più qualcosa del tipo Ho lo spray al peperoncino o Conosco i membri di una gang.

    Prima che riesca ad aggiustare il tiro, lui mi compare davanti, indossa una camicia bianca immacolata e un completo nero, ed è più alto di quanto pensassi… e anche più bello. I lucidi capelli neri sono umidi e pettinati all’indietro per lasciare libero il volto, mentre gli zigomi affilati sono ancora leggermente arrossati per via dell’acqua calda della doccia.

    È un volto che ti costringe a guardarlo una seconda volta e poi una terza. Un volto che ti prepara al suono della sua voce… senza dubbio bassa e ruvida come la ghiaia, quella che ti accarezza una corda alla base dello stomaco e ti fa stringere le cosce per il bisogno. O lo farebbe, se non mi guardasse come se mi fossi intrufolata in casa sua.

    «È uno scherzo?» La sua voce è esattamente come l’immaginavo. Peccato che, essendo lui, abbia rovinato il momento. Doveva sapere che sarei venuta e non ho ancora fatto nulla di sbagliato.

    «No,» replico, all’improvviso sono grata che il bancone ci separi. «Sono Tali. Jonathan mi ha chiesto di sostituirlo durante la sua assenza. Pensavo che lo sapessi.»

    Il muscolo della sua mascella guizza. «Mi ha detto che la sua sostituta si chiama Natalia,» afferma, liberando un respiro affannoso. «Non che è la sua amica barista

    Ha pronunciato la parola barista come se fosse un sinonimo di razzista o pedofila. Ritengo che una persona che beve tanto quanto lui dovrebbe avere un grande rispetto per la mia professione.

    «C’è qualche problema?» Forse la mia voce è più minacciosa e meno conciliante del necessario… ma non posso rendere una brutta situazione peggiore. Ho lasciato il lavoro per tutto questo, quindi non me ne andrò senza combattere.

    «Devo parlare con Jonathan quando atterra,» afferma, stringendosi il ponte del naso tra il pollice e l’indice. «È evidente che c’è stato un malinteso. Voglio dire, hai almeno qualche esperienza?»

    Ho esperienza nel rispondere al telefono e ritirare i vestiti in lavanderia? Sì. Tanta. Non riesco davvero a credere che Jonathan fosse preoccupato che andassi a letto con quest’uomo. Certo, vorrei fargli un sacco di cose, ma perlopiù implicano lo sputare e non in senso erotico.

    «Sì,» rispondo mentre incrocio le braccia sul petto. «L’ultima volta che ho controllato, rispondere al telefono non richiedeva un master di Harvard.»

    «Che chiaramente non hai.»

    Potrei ribattere che ho frequentato la scuola di specializzazione, ma fare riferimento a qualcosa che ho abbandonato probabilmente non aiuterebbe.

    Hayes prende il caffè e sospira quando vede lo zucchero. A quanto pare è troppo impegnato e importante per aprire le bustine. Lezione imparata per domani, anche se sembra che un domani non ci sarà.

    «Chiamerò Jonathan,» asserisce, mentre si allontana. «Non metterti comoda.»

    La porta sbatte e il respiro mi abbandona lentamente e completamente. Cosa diavolo è successo? Capirei se dopo avermi conosciuto non gli piacessi, non sarebbe il primo, ma si è comportato come un idiota prima ancora che aprissi bocca.

    Mi appoggio al bancone di marmo e mi prendo il volto tra le mani, alla fine la delusione si sta facendo sentire. Ho già lasciato il Topside e con pochissimo preavviso. Non mi riassumeranno, il che significa che, a meno che non trovi qualcos’altro in fretta, dovrò tornare a casa in Kansas con la coda tra le gambe proprio come aveva previsto il mio ex ragazzo.

    La parte più difficile da affrontare è che questo lavoro sembrava un segno… Le cose potevano andare bene e sarei stata in grado di tirarmi fuori dalla buca in cui mi trovo. Ma ogni briciola di fortuna che abbia mai avuto è svanita nel momento in cui ho accettato quell’anticipo. Perché questa situazione dovrebbe essere diversa?

    Alla fine, mi dirigo verso l’ufficio di Jonathan che si trova a destra della cucina. È piccolo, soleggiato e molto zen nella sua austerità. A parte la scrivania e la poltrona, gli unici ornamenti sono una felce verde brillante e due foto incorniciate, una di Jason e l’altra di noi tre che ridiamo nella brezza con il molo di Santa Monica illuminato dietro di noi.

    Sorseggio il caffè freddo e comincio a prendere nota dei messaggi del fine settimana in attesa di essere licenziata. Ho quasi accettato l’idea, quando a mezzogiorno Hayes mi chiama. Ma il mio stomaco sprofonda. Non sono mai stata licenziata. Né ho mai perso così tanti soldi in un colpo solo.

    «Stamattina,» esordisce impettito, «sono rimasto… sorpreso. Voglio solo essere sicuro che tu sappia cosa ti aspetta. Non è un lavoro facile.»

    Il sollievo mi scorre nelle vene sibilando come se fosse del vapore che fuoriesce da una valvola. Non so cosa gli abbia fatto cambiare idea e non mi interessa. «Nessun problema.»

    «Dovrai lavorare fino a tardi,» continua, «e dovrai fare… anche altre cose.»

    Sprofondo nella poltrona. «Sembra proprio il genere di cosa vaga che Harvey Weinstein suggerirebbe,» replico, con una risata imbarazzata.

    La mia battuta viene accolta dal silenzio assoluto. A quanto pare ho di nuovo fatto deragliare una conversazione con uno dei miei tentativi di umorismo fuori luogo.

    «No,» sbotta, alla fine. «Ma ci sono degli aspetti del mio stile di vita che potresti considerare di cattivo gusto.»

    «Ti riferisci alle torrette?» Le parole mi sono semplicemente uscite di bocca. Dentro di me rabbrividisco per la mia mancanza di filtri. Ho bisogno di una museruola. «Non importa. Gli aspetti sgradevoli non mi interessano. Non c’è problema.»

    «Va bene,» replica, con un pesante sospiro di delusione. È evidente che sperava che me ne andassi spontaneamente. «Puoi restare finché non torna Jonathan. E sono sicuro che te l’abbia già detto, ma te lo ribadisco: non dare a nessuno il mio numero personale. A nessuno.»

    Jonathan me l’ha già spiegato con la stessa premura di una persona che discute di codici nucleari. Se qualcuno chiama, devo prendere il messaggio e inoltrare tutto ciò che sembra rilevante, personale o altro. In effetti le uniche persone che hanno il numero di Hayes sono il suo amico Ben, Jonathan e ora io… quindi capirà di chi è la colpa se dovesse trapelare.

    «Fare in modo che le persone ti lascino in pace. Jonathan me l’ha detto.»

    «Esatto,» ribatte. «Inclusa te.» E poi riaggancia senza aggiungere un’altra parola.

    Prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi. Saranno sei settimane molto, molto lunghe.

    3

    Ho scoperto che passare davanti al nuovo cartellone pubblicitario del mio ex ragazzo può rendere una brutta giornata persino peggiore. Lungo la strada per andare al lavoro, una volta superate le caffetterie hipster e i negozi di prodotti biologici, il bel volto di Matt mi sorride da un lato di un edificio di dieci piani. Il cartellone è convenientemente posizionato, quindi non posso evitare di guardarlo senza distogliere lo sguardo dalla strada.

    La prima grande occasione di Matt si è presentata grazie a un film ambientato in Vietnam, Write Home, nel quale ha interpretato il ruolo di un giovane soldato la cui morte ha fatto piangere gli spettatori. L’attenzione del pubblico è stata catturata in primis dal suo bel volto: labbra carnose, occhi azzurri, lineamenti perfetti. Ma ritengo che ciò che lo ha conquistato definitivamente sia, in pratica, il fatto che ha interpretato una versione di se stesso dolce, seria e ben intenzionata. Un ragazzo semplice che si preoccupava per chi gli stava intorno e desiderava tornare a casa dalla sua ragazza.

    È il volto che vedo ancora quando guardo quel cartellone pubblicitario: lo studente del secondo anno delle superiori che inspiegabilmente si è innamorato di una quattordicenne appassionata di libri. Il ragazzo dolce che mi ha accompagnato al ballo di fine anno e con cui ho vissuto quasi tutte le mie prime volte. Allo stato attuale, quando alzo lo sguardo e noto la sua faccia, non dovrei vedere in lui solo la menzogna? No, non vedo niente di tutto ciò e detesto questa cosa. Perché se ancora non ho capito dove ho sbagliato con Matt, come potrò riuscirci con qualcun altro?

    Arrivo a casa di Hayes. Prendo i giornali e disattivo l’allarme. Non permetterò che Matt mi rovini la giornata.

    Appoggio il caffè sul bancone, questa volta l’ho già zuccherato. Non sia mai che l’idiota debba usare le sue mani per aprire la bustina di zucchero e mescolare il caffè.

    Quando lo sento scendere le scale, mi preparo ad affrontare quell’atteggiamento acido che mi ha riservato ieri, ma quando entra in cucina mi guarda a malapena. Nonostante la sua evidente spossatezza, è difficile distogliere lo sguardo da lui e per questo mi rispetto meno. Le spalle larghe e la bocca imbronciata non lo rendono una brava persona.

    Beve un sorso di caffè e chiude gli occhi. «Advil,» chiede, con tono perentorio. «Cassetto a sinistra.» Ha la voce più bassa e roca.

    Un tempo avrei potuto provare un po’ di pietà per lui. Ma al momento sono giusto un po’ concentrata nel celare la compassione e lui è abbastanza grande da sapere cosa succede quando si beve fino allo stordimento.

    Trovo il flacone e lo faccio scivolare verso di lui. «Come sei tornato a casa?»

    Socchiude gli occhi. «Inqualificabile e giudicante. Una combinazione vincente,» mormora, poi si versa in mano molte più pillole del dovuto. «Ho usato il servizio che ti porta la macchina a casa se hai bevuto. Dov’è il programma?»

    Attraverso la stanza per prenderlo dalla stampante. Anche se Hayes di solito dedica un giorno alla settimana agli interventi chirurgici e uno ai consulti in ufficio, impiega ogni week end e ogni giorno libero per soddisfare la sua pretesa di fama – ovviamente la parte che non coinvolge il suo cazzo – facendo visite a domicilio. Le celebrità non vogliono rischiare di essere fotografate con il volto contuso e sanguinante, quindi Hayes va da loro, esegue visite domiciliari come un medico pioniere anche se si concentra più su labbra gonfie che su arti amputati.

    Aggrotta la fronte quando glielo passo. Non ho idea se quel cipiglio sia comparso per colpa mia o del programma, ma Jonathan mi ha avvertito che nei giorni delle visite a domicilio Hayes è super irritabile.

    Il che significa quasi tutti i giorni della settimana, quindi, per motivi di efficienza, Jonathan avrebbe potuto semplicemente dirmi che è sempre super irritabile.

    «C’è una donna di sopra. Quando si alza, fai in modo che se ne vada,» esordisce a voce un po’ più alta.

    Spalanco la bocca. Suppongo che questo sia uno di quegli aspetti a cui ieri ha accennato in modo vago. «Non vuoi, ecco, salutarla

    Alza un sopracciglio imperioso e beve il caffè. «Perché dovrei farlo quando puoi occupartene tu?»

    «Esattamente come dovrei farla uscire da casa tua? Per caso, è disponibile un’arma da fuoco?»

    Sento un leggero brontolio che potrebbe essere una risata o forse è il suo modo di dire chiudi quella cazzo di bocca senza parlare. «Portala a colazione,» risponde, come un uomo che l’ha già fatto mille volte. «È sempre meglio farla finita altrove nel caso in cui si rifiutino di andarsene. Ah, e mandale dei fiori.»

    Roteo gli occhi così tanto che temo rimarranno bloccati in questa posizione. «Cosa dovrei scrivere sul biglietto?»

    Lui si stringe nelle spalle e si alza. «Non lo so. Sono sicuro che ti verrà in mente qualcosa.»

    «Non aspettarti una chiamata,» suggerisco.

    Si strofina la fronte. «Che sciocco da parte mia pensare che potresti essere in grado di gestire questo dettaglio senza indicazioni. Ringraziala per la bella serata o qualcosa del genere.»

    «Va bene. Come si chiama?»

    Si immobilizza e mi osserva mentre riflette come se si aspettasse che la risposta appaia sulla mia fronte. «Lauren?» suggerisce. «O Eva?»

    «Mi stai seriamente dicendo che non conosci neanche il nome della donna dentro la quale ieri sera hai infilato il cazzo?»

    Il suo sguardo si posa sulla mia bocca per un lungo momento, poi distoglie lo sguardo ed emette un respiro lento e controllato. «Mi stai seriamente dicendo che non posso chiederti di fare una dannata cosa senza sentire la tua opinione al riguardo?»

    Immagino che abbia ragione, ma non riesco a lasciar perdere. «Non riesco a credere che tu non conosca il suo nome.»

    «Esco solo con donne consapevoli di non doversi aspettare niente da me,» afferma, poi si gira per andarsene. «Conoscere i loro nomi creerebbe solo false aspettative.»

    «Farò in modo che se ne vada,» replico, ma appena si allontana mi acciglio. È proprio il tipo di stronzata che ritenevo avrebbe pronunciato. Però non mi aspettavo che sembrasse così… infelice.

    Marta, la governante, arriva un’ora dopo. Ci siamo conosciute ieri, ma non abbiamo avuto una conversazione molto lunga poiché la mia conoscenza dello spagnolo si limita a quanto appreso guardando la serie

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