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La redenzione del playboy: Harmony Collezione
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E-book171 pagine2 ore

La redenzione del playboy: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Il mio pazzo ricco matrimonio greco 2/2
A Thanos Stathakis manca un'ultima società per completare il suo impero. Per acquisirla, però, dovrà ripulire la propria reputazione con una moglie. E chi meglio della sua affidabile assistente Alice è in grado di ricoprire quel ruolo?
Thanos è l'ultimo uomo a cui Alice dovrebbe dire sì. Sa benissimo che il suo cuore corre dei seri pericoli, ma la sua famiglia ha un disperato bisogno del sostegno economico che solo lui potrebbe garantire...
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2021
ISBN9788830524835
La redenzione del playboy: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    La redenzione del playboy - Clare Connelly

    successivo.

    Prologo

    Dodici anni addietro

    «Ascoltami!»

    Thanos guardò il fratello senza quasi vederlo attraverso la nebbia della collera che gli offuscava pensieri e sentimenti.

    «La riavremo.»

    Thanos afferrò la penna, riportando l'attenzione sulla perentoria riga nera in calce al contratto. Un contratto per la vendita di Petó, la società che il nonno, Nicholas Stathakis, aveva costruito dal niente. La società che Thanos aveva imparato a gestire insieme al nonno, e che significava tutto per lui.

    «No.» Lasciò cadere la penna sul tavolo da consiglio, alzandosi in tutto il suo metro e novantacinque di statura e attraversando la stanza con la schiena dritta.

    Sapeva che il fratellastro l'osservava, e sapeva che era indignato e incredulo quanto lui. Solo che, in qualche modo, Leonidas era più bravo a elaborare la cosa. Era calmo, in apparenza, anche se il loro mondo stava crollando, mentre Thanos voleva dare fuoco all'edificio, uscendo.

    Posò le mani sulla vetrata alta fino al soffitto, guardando il centro di Atene all'esterno. Un tempo avevano dominato tutto questo.

    Poi il padre aveva distrutto tutto.

    «La riavremo, Thanos» ripeté con decisione Leonidas. «Ma per ora dobbiamo vederla.»

    Thanos provò un senso di nausea. Venderla? Vendere il gioiello dell'impero finanziario del nonno? Perché il padre aveva collegato la società alla mafia?

    Digrignò i denti e serrò la mascella. Avrebbe voluto dire che c'era un altro modo. Voleva sistemare la cosa. Migliorarla. E all'improvviso aveva di nuovo otto anni e osservava la madre che se ne andava. Aveva otto anni e sapeva di essere la causa dello sfacelo di una famiglia. Aveva otto anni e tutto in questo mondo era colpa sua. Ma questo era molto peggio.

    Nicholas aveva affidato Petó a Thanos, ed era stato incauto. Si era fidato di Dion Stathakis, il loro padre, quando avrebbe dovuto vedere ciò che stava accadendo sotto il suo naso.

    Ora che cosa poteva fare?

    «Non sopporto l'idea che qualcun altro gestisca la sua società.» Le emozioni gli incrinarono la voce.

    «Pensi che io possa?» grugnì Leonidas, e Thanos si voltò a guardare il fratello. C'era comprensione negli occhi di entrambi. La situazione era sbagliata. Sbagliata in ogni senso.

    L'espressione di Leonidas s'addolcì. «Ma questa è la possibilità migliore in cui avremmo potuto sperare. Kosta Carinedes vuole Petó. Il progetto di includerla nel suo impero di logistica è valido, così come la sua idea di rebranding. Petó continuerà a vivere, Thanos, e continuerà a prosperare.

    A Thanos si serrò lo stomaco. «Ma non per mano nostra.»

    «No.» Gli occhi di Leonidas luccicarono.

    «Non vivrò in un mondo dove questa società non è mia, Leonidas. Un giorno, in un modo o nell'altro, Petó sarà di nuovo nostra.»

    Leonidas annuì lentamente, ma Thanos non era soddisfatto. «Giuramelo, Leo. Giurami ora che rimedieremo a questo torto, e a tutti i torti di nostro padre, anche se ci vorrà il resto della nostra vita.»

    Leonidas sospirò. «Lo giuro. Ma ora devi firmare il contratto.»

    Thanos annuì, sapendo che il fratello aveva ragione. Tuttavia, guardò con astio il foglio, come se fosse un groviglio di serpenti ai suoi piedi. Sollevò con difficoltà la penna e la tenne sospesa, e il suo volto perennemente abbronzato impallidì. Scribacchiò il proprio nome e giurò silenziosamente che quella non era la fine.

    Non era affatto finita. Petó era parte del suo sangue e del suo DNA, e lo sarebbe sempre stata.

    1

    Alice impiegò dieci secondi per ricordare chi era e che cosa stava facendo. Per un attimo, la comparsa di un uomo aveva scacciato tutto dalla sua mente: il lavoro, le responsabilità, la montagna di parcelle mediche che aveva nella borsa in attesa di spulciarle all'ora di colazione, la carta di credito che era quasi al limite, e il fatto che quel lavoro temporaneo sarebbe terminato entro due settimane, la necessità di trovarne un altro, le condizioni della madre che peggioravano e la sua incapacità di trovare una soluzione a lungo termine per curarla. Ogni secondo di ogni giorno era assillata da quei pensieri, ma per un attimo, con il suono delle porte dell'ascensore che si aprivano all'ultimo piano del monolite di vetro e acciaio che erano le Stathakis Towers, il chiacchiericcio nella sua mente fu ridotto al silenzio e poté solo restare a fissare.

    I suoi occhi marroni a mandorla seguirono l'avanzare dell'uomo nell'ufficio, con il cuore che le martellava nel petto più lui s'avvicinava alla sua scrivania.

    Thanos Stathakis era lì. In ufficio. A Manhattan.

    Nonostante lavorasse da cinque mesi per lui, non l'aveva mai visto se non nella serie di foto sparse su internet. Foto di lui invariabilmente svestito, rilassato, circondato da uno stuolo di top model e di attrici, che faceva baldoria, beveva, viveva il genere di vita che Alice faticava a immaginare.

    Lo stesso stile di vita che anche suo padre aveva adorato. Quel pensiero avrebbe dovuto calmarla, ma non fu così. Era quasi ipnotizzata nel vederlo in carne e ossa.

    Thanos Stathakis non era solo un uomo.

    Era una leggenda.

    Il suo successo negli affari era famoso. Insieme al fratello, aveva trasformato di nuovo in un impero una società in frantumi, come una potente fenice che rinasceva dalle ceneri dello scandalo e del fallimento. Ma era più di quello. Thanos Stathakis era diverso da chiunque avesse mai conosciuto. Di persona, era facile capire perché fosse l'ossessione dei media mondiali.

    Se c'era uno stampo per l'uomo alto, scuro e bello, allora Thanos l'aveva sicuramente spezzato. Spalle ampie, fianchi stretti, con forza e carisma in ogni passo delle gambe possenti. A differenza delle foto che aveva visto, ora indossava un completo blu scuro con una camicia bianca che esaltava la sua abbronzatura. Gli occhi color caramello erano bordati da folte ciglia nere. Era l'immagine stessa del magnate miliardario, fatta eccezione per i capelli, che erano arruffati come se fosse appena sceso da un motoscafo in Riviera ed entrato dalle porte del suo monolite di Manhattan.

    Alice lo fissò perché non poteva evitarlo, e perfino quando lui la guardò negli occhi non distolse lo sguardo. Non per parecchi irresistibili secondi.

    Lui increspò le labbra in quello che poteva essere un sorriso, o una derisione, poi si fermò vicino alla scrivania. Alice trattenne il fiato.

    «È la sostituta?»

    Questo bastò a farla tornare di colpo alla realtà. Sostituta! Come se non gli avesse fatto scorrere senza problemi la vita in quei cinque mesi da quando la sua assistente regolare era in permesso.

    «Alice, sì.»

    «Alice.» Lui annuì, come se non avesse importanza, e in un modo che le fece capire che avrebbe dimenticato il suo nome fra un istante. Continuò a fissarla, facendole battere forte il cuore, e Alice dovette ricordare che era solito frequentare modelle bellissime, che nel suo viso estremamente ordinario non c'era niente che potesse indurlo a fissarla così. No, doveva avere un altro motivo per guardarla negli occhi come se l'avesse già vista prima.

    Lui batté le palpebre, come se recidesse un filo, e le ciglia scure formarono ventagli perfetti contro le guance. Poi riaprì gli occhi e la trafisse con quello sguardo intenso. «Stampi il documento delle P&A Industries. Ho una riunione fra dieci minuti.»

    Girò sui tacchi e si diresse verso l'ufficio sulla sinistra, un ufficio in cui Alice era stata solo una volta o due da quando aveva assunto quell'incarico. Era il suo ufficio, e non era mai stato a New York da quando lei lavorava alla Stathakis Corp.

    Questo la riportò alla realtà.

    Anni prima aveva guardato un altro uomo con la stessa sensazione di annegare, e se ne era pentita amaramente. Si era lasciata sedurre dall'esperto flirtare di Clinton e aveva imparato una lezione preziosa. Non avrebbe ceduto al fascino di un altro uomo. Mai più. E Thanos Stathakis non era come Clinton. Era... più importante e, in qualche modo anche più pericoloso.

    Spinse indietro la sedia e lo seguì. «Una riunione, signore?»

    Lui aprì la porta, muovendosi nello spazio enorme senza accendere le luci, così fu Alice a farlo.

    Come il resto dell'edificio, quella grande stanza aveva un tocco scandinavo, con mobili, pareti e moquette chiari. La scrivania, contro una parete, aveva un computer all'avanguardia e una costosa opera d'arte alle spalle. Sull'altro lato della stanza, davanti alle finestre alte fino al soffitto che offrivano una straordinaria veduta di Manhattan, c'era un tavolo da consiglio abbastanza grande da sistemare ventidue persone.

    «Uhm...» Thanos si tolse la giacca e la posò con noncuranza sulla spalliera della sedia. Il movimento esaltò l'ampiezza delle spalle, che sembravano scolpite dalla mano stessa di un dio. Dischiuse le labbra e Alice sgranò gli occhi... capì che lo stava facendo, ma il suo autocontrollo era svanito. «Lo sa» proseguì lui con un sorriso colpevole su quelle labbra incredibili. «Quella cosa in cui le persone vengono nello stesso posto nello stesso momento per discutere di una serie di argomenti prestabiliti.»

    Lei batté le palpebre, lieta di non essere il tipo che arrossisce facilmente. «So che cos'è una riunione» ribatté sommessamente. Il fatto che la punzecchiasse fece divampare mille fuochi nel profondo della sua anima. «Volevo solo dire che non è nella sua agenda.»

    Qualcosa guizzò nell'espressione di lui... trionfo? Circospezione? Poi annuì seccamente. «È stata organizzata stamattina. Kosta Carinedes si trova per caso a New York, così ho pensato che fosse una buona opportunità per... vederlo.»

    Alice annuì. «Bene. Quante persone parteciperanno alla riunione?» Stava tornando nel ruolo professionale, pensando a quanto tempo ci volesse per farsi mandare bevande e spuntini e a quante copie di documenti dovesse stampare.

    «Solo io e lui. E lei» aggiunse Thanos, ripensandoci. «Nel caso mi serva qualcosa.»

    Alice annuì. «Ordinerò alla cucina di mandare dei sandwich...»

    «Non sarà necessario. Solo caffè. Nero e forte.»

    Lei annuì di nuovo. Ricordò gli appunti che le avevano lasciato, che descrivevano nel dettaglio come Thanos Stathakis gradisse il suo caffè. «Bene.»

    «Stamperà il documento?»

    «Sì, signore.»

    Era quasi sulla porta quando la voce di lui la fermò di nuovo. «Alice?»

    Lei si voltò di nuovo, notando una lieve disapprovazione su quelle labbra scolpite. «Non mi piace che mi chiamino signore

    «Sì, si...»

    «Thanos» insistette lui.

    «Thanos.» Quel nome era seducente sulle labbra. Alice lo pronunciò e subito le venne voglia di ripeterlo più volte. Lo fece mentalmente mentre stampava i documenti, preparava il caffè greco e lo portava con cura nel suo ufficio. Lui era al telefono quando entrò. Si tenne occupata, sistemando i documenti e cercando d'ignorare la sensazione di calore che la pervadeva sentendolo parlare in greco. Le sue parole come un tramonto dopo un temporale, incredibilmente luminose e affascinanti.

    Uscì dall'ufficio senza notare il modo in cui lui la seguiva con lo sguardo. Prese il computer portatile e una bottiglia d'acqua e tornò nell'ufficio.

    Questa volta lui non era al telefono. «Mio fratello crede che non sappia allacciarmi le scarpe senza di lui» dichiarò. Ma il tono era divertito. Si alzò e allungò le braccia sopra la testa, sbadigliando.

    Quello era un uomo estremamente sicuro di sé. Alice lo invidiava. Si era impegnata duramente per apparire forte e organizzata, come se avesse superato le ferite del passato, ma sapeva di sembrare quasi sempre fredda e distaccata, anche se quella forza derivava dalla necessità di proteggere un cuore troppo vulnerabile.

    Sembrava improbabile che Thanos fosse mai stato insicuro in vita sua.

    Tranne che non trasudava solo sicurezza, ma determinazione. Alice la sentiva propagarsi da lui in ondate che la tenevano inchiodata sul posto, anche quando sapeva che sarebbe dovuta tornare alla propria scrivania ad aspettare l'arrivo di Kosta Carinedes. «C'è qualcosa che dovrei fare prima di questa riunione?» si ritrovò invece a chiedere, riluttante a lasciare l'ufficio.

    «No. È una faccenda semplice. Lui ha una cosa che voglio, e intendo riacquistarla oggi.» Le parole erano secche e

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