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Italia in favola, Italia in tavola
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E-book367 pagine3 ore

Italia in favola, Italia in tavola

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Info su questo ebook

L’Italia è il paese più bello, caratteristico e amato del mondo.
Con le sue tradizioni, la sua arte, le sue leggende e soprattutto la sua cucina sa come conquistare il cuore di chi decide di esplorarla.
Con questo libro abbiamo deciso anche noi di viaggiare attraverso il Belpaese alla scoperta di favole, leggende e ricette che stuzzicheranno la fantasia e il palato dei lettori.
Siete pronti per intraprendere questo viaggio?
Buona lettura e buon appetito!
LinguaItaliano
EditoreAA. VV.
Data di uscita9 feb 2024
ISBN9791223005590
Italia in favola, Italia in tavola

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    Anteprima del libro

    Italia in favola, Italia in tavola - AA. VV.

    ITALIA IN FAVOLA

    ITALIA IN TAVOLA

    FIABE, LEGGENDE E RICETTE

    DELLE REGIONI ITALIANE

    (AA. VV.)

    Antologia di fiabe e raccolta di ricette.

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright, qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Tutte le immagini sono state prese dai seguenti siti: Pinterest, Wikimedia, Wikipedia.

    I marchi registrati appartengono ai rispettivi titolari dei diritti.

    PREFAZIONE

    L’Italia è un territorio con un passato ricco di leggende e personaggi che hanno fatto la Storia.

    Ogni angolo di questo bellissimo paese a forma di stivale ha da raccontare mille storie in cui realtà e fantasia si mescolano fino a confondersi l’una con l’altra.

    Le fiabe della tradizione, le storie che le madri tramandano ai figli da secoli, sono parte vivente del patrimonio italiano e per questo è importante che non vadano perdute.

    Questa raccolta di fiabe e leggende è quindi pensata per le generazioni future ma anche per noi adulti che crescendo, forse, abbiamo perso parte della magica bellezza della nostra infanzia.

    Per arricchire la memoria del patrimonio culturale italiano, alla fine delle singole sezioni dedicate alle regioni abbiamo deciso di aggiungere una gustosa ricetta tradizionale.

    Buona lettura e buon appetito!

    DELLA STESSA COLLANA:

    -NATALE IN FAVOLA, NATALE IN TAVOLA

    -PASQUA IN FAVOLA, PASQUA IN TAVOLA

    ABRUZZO

    800px-Regione-Abruzzo-Stemma.svg.png

    L’Abruzzo è la prima delle regioni italiane in ordine alfabetico, deve il suo nome all’antica contea di Aprutium un tempo abitata dai Pretuzi prima dell’avvento dei Romani.

    Situata nell’Italia centrale, la regione è lambita a est dal mare Adriatico e a ovest è protetta dalla lunga catena degli Appennini che la separa dal Lazio, mentre a nord e sud si incontra con le Marche e il Molise.

    Divisa fra quattro province, con capoluogo L’Aquila, è detta la Regione Verde d’Europa grazie alla presenza sul territorio di tre parchi nazionali: il parco nazionale della Majella, quello del Gran Sasso e infine il Sirente Velino.

    Dopo avere fatto parte della provincia Valeria, per ordine dell’Imperatore Augusto, all’indomani del crollo dell’Impero romano l’Abruzzo ebbe la fortuna di non restare travolto dalle incessanti scorrerie barbariche, ma fu purtroppo teatro della guerra greco gotica durante la quale i Bizantini fondarono il ducato di Teate, che diventò poi l’odierna Chieti.

    Nei secoli successivi la regione venne conquistata prima dai Longobardi e poi dai Franchi che la riorganizzarono in contee, ponendo al centro il comitato autonomo della Marsica. 

    Entrata quindi a far parte del Regno delle Due Sicilie, la regione abruzzese seguì le sorti della dinastia normanna e di quella sveva per essere unificata da Federico II, il quale nel 1245 fondò L’Aquila che divenne in breve tempo un centro economico e culturale di grande interesse, contraddistinto da una forte vocazione all’autonomia e alla cultura.

    La forza della città venne però ridimensionata con l’arrivo degli Aragonesi e in seguito, nel corso delle lotte tra Francesi e Spagnoli per il possesso del regno di Napoli, il sovrano Carlo V di Spagna fece erigere nella città la fortezza ad reprimendam audaciam Aquilanorum, in modo da controllare militarmente il capoluogo, segnandone così il declino.

    Il lungo periodo di decadenza in cui era sprofondata la regione, diventata zona di latifondi, povertà e disagio sociale, non migliorò nemmeno con l’Unità d’Italia e così l’Abruzzo a partire dalla fine dell’Ottocento subì una serie di grandi ondate migratorie che ne spopolarono le terre.

    A partire dal 1970 l’Abruzzo ha tuttavia saputo risollevarsi a livello economico attraverso la costruzione di diverse aree industriali come la val di Sangro, la Marsica, la zona Bazzano di L’Aquila e il vastese di San Salvo, divenendo in questo modo una delle regioni più prolifiche del centro sud italiano. Dalla fine degli anni Novanta il territorio è cresciuto sempre di più anche grazie al fenomeno del turismo che rende omaggio a questa terra viva e piena di tradizione.

    FIORE E CAMPODIFIORE

    Fiore e Campodifiore erano sorella e fratello, due giovani così belli che descriverli era impossibile, tanta era la loro beltà.

    Erano rimasti orfani di madre e il padre aveva voluto riprender moglie, ma questa partorì una figlia brutta tanto quanto la notte.

    Quando questa bambina crebbe, brutta com’era, cominciò a bisticciare con Fiore e Campodifiore e ogni giorno non dava loro pace perché era gelosa della loro bellezza.

    Un giorno la matrigna mandò i due figliastri ad attingere acqua alla fonte, ed essi incontrarono dodici fate che chiesero loro dove andassero.

    Fiore e Campodifiore risposero che andavano alla fonte per acqua, e intanto stavano mangiando un po’ di pizza.

    Dissero le fate:

    -Dateci un pezzetto di pizza!-

    Fiore, senza neppure pensarci, si fece avanti e ne diede un poco a ciascuna.

    Le fate, vedendo che era stata così cortese con loro, dissero insieme:

    -Possa tu fare fiori dalla bocca.-

    Un’altra le disse:

    -Possa tu sposare il figlio del re.-

    E una terza:

    -Quando ti sciogli le trecce, ne cadano perle d’oro.-

    Fratello e sorella ringraziarono le fate, poi andarono a prendere l’acqua e tornarono a casa felici.

    La matrigna, vedendo che erano così belli e che dalla bocca della ragazza uscivano fiori ogni volta che parlava e lasciava cadere tante perle d’oro quando scioglieva le trecce, si sentì ancora più tormentata dalla gelosia e andava ripetendo:

    -Ma come? Mia figlia è tanto brutta, e questa deve essere così bella?-

    Decise, allora, di cacciarli di casa ma i fratello trovarono una capanna dove se ne restarono soli soletti.

    Ora dovevano pur vivere perciò Campodifiore andava a vendere al mercato ogni giorno i fiori che la sorella metteva fuori dalla bocca.

    Un giorno si presentò al re con un canestro di splendidi fiori e il sovrano gli chiese in quale giardino li raccogliesse.

    E Campodifiore:

    -Li fa mia sorella.-

    -E dove sta questa tua sorella?- chiese il re.

    -A casa.-

    -Vorrei visitarla.-

    -Signor sì, andiamo!-

    E lo portò nella capanna dove lui e la sorella vivevano insieme.

    Il re, appena vide Fiore, le disse:

    -Bella giovane, ma chi mai ti ha dato tutte queste virtù e il potere di far nascere fiori dalla bocca?-

    La ragazza rispose:

    -Questa è una virtù che mi porto dietro da quando sono nata.- non volle rivelargli che l’aveva avuta dalle fate.

    Il re le propose di sposarla, e lei accettò.

    -Allora...- fece il sovrano –fra qualche giorno verrò a prenderti con una carrozza.-

    Arrivato quel giorno, il re giunse con la carrozza, chiamò il padre e la matrigna di Fiore e disse loro:

    -Ora mi porto via vostra figlia ma se voi volete venire con lei, venite pure.-

    E così partirono tutti insieme.

    In una carrozza salì Fiore, con la matrigna e la brutta sorellastra e in un’altra andarono lo sposo, il padre e Campodifiore.

    La strada che portava al palazzo del re passava in mezzo al mare, dove c’era una sirena che rapiva le giovani di passaggio.

    Campodifiore disse alla sorella:

    -Sorella mia, copriti bene le trecce e le tue care bellezze, perché altrimenti la sirena del mare ti vede e non ti lascia passare.-

    Fiore, che era nell’altra carrozza, non aveva sentito bene quanto le aveva gridato il fratello e chiese alla matrigna che cosa volesse, e quella:

    -Dice che devi svestirti e fare indossare a mia figlia l’abito che porti.-

    Fiore si svestì e fece come la matrigna le aveva detto, ma, quando arrivarono al mare, la donna perversa le gridò:

    -Affacciati, affacciati! Guarda che bella donna sta nel mezzo del mare!-

    La povera giovane andò ad affacciarsi ma subito la sirena del mare la trascinò via.

    Giunsero infine nel paese e il re, sceso dalla carrozza, andò a prendere la sposa e la vide così trasformata.

    Le disse:

    -Oddio! Come sei diventata brutta!-

    E quella:

    -La bellezza me l’ha rubata la sirena del mare.-

    E il re:

    -Ahimè! Pazienza! Ormai l’ho sposata e devo tenermela!-

    Quando il padre e la matrigna dopo i grandi festini nel palazzo se ne ripartirono, la sposa brutta si preoccupò che Campodifiore potesse accorgersi della malefatta e così ottenne dal re suo sposo che mandasse via il giovane dalla corte.

    Campodifiore fu destinato a pascere le oche ma ogni giorno, quando le portava lungo i campi, si spingeva fino al mare nel quale la sirena aveva imprigionato la sorella e presso il mare diceva:

    -Sorella mia, sorella mia, saziale tu le oche, perché altrimenti il re mi licenzia.-

    E la sorella si scioglieva le trecce, le scuoteva e dava in cibo alle oche le perle d’oro che le cadevano dalla testa.

    Ma quando il fratello menava le oche al palazzo, queste parlavano a gran voce, gridando:

    -Dal mare veniamo, di perle d’oro ci saziamo! La sorella di Campodifiore è più bella della luna e del sole!-

    Quelle parole le sentirono le persone di passaggio e lo riferirono al re che, curioso, convocò Campodifiore e gli chiese:

    -È vero che le oche parlano e dicono così e così?-

    Campodifiore gli rivelò dove era la sorella e gli raccontò come erano andate le cose.

    E il re:

    -Allora va’ da tua sorella e chiedile che bisogna fare per liberarla.-

    Campodifiore si portò sulla riva del mare, lo chiese a Fiore e questa gli disse:

    -Il re deve venire qui di mattina presto e con una pistola deve ammazzare i due cani che la sirena tiene a guardia sulla porta della sua grotta. Quando li ha abbattuti, deve sventrarli e troverà un uovo nella pancia di uno di essi. Raccoglierà l’uovo e lo lancerà sulla faccia della sirena, che subito morrà, e soltanto allora io potrò uscire di qui.-

    Quando Campodifiore riportò tutto al re, questi subito scese alla marina e compì quanto la fanciulla aveva detto.

    Fiore uscì fuori dal mare. Il suo sposo la fece salire in una carrozza e tornarono insieme al palazzo, con Campodifiore.

    E, infine, il re mandò a chiamare la matrigna e la fece fucilare insieme alla figlia che lo aveva ingannato.

    LE FATE BIZZOSE

    Un padre aveva sette figlie femmine ed era proprietario di un campo presso una montagna dove se ne stava a zappare per tutto il giorno, guadagnando quanto gli serviva a portare avanti la famiglia.

    Un giorno però venne fuori un serpente, che si chiamava anche drago, e gli disse che intendeva mangiarselo.

    Il povero uomo lo scongiurò:

    -Per l’amor di Dio! Io sono un misero e ho sette figlie da campare!-

    -Se è così...- gli rispose il drago –portami una delle figlie e ti darò un mucchio di quattrini, ma deve essere la figlia che si chiama Chiarina.-

    L’uomo se ne tornò a casa di sera in grande angustia, e la moglie gli chiese:

    -Che hai?-

    Ed egli, per non turbarla:

    -Niente.-

    La mattina seguente se ne tornò a zappare in quello stesso terreno, perché non aveva dove andare, e alla solita ora il drago venne fuori e disse seccato:

    -Beh, perché non mi hai portato tua figlia?-

    E il contadino a trovar scuse. E qui, e lì, e come, e quando, finché il drago gli ripeté:

    -Portamela perché ti darò tanti quattrini e se non lo farai ti mangerò.-

    Di sera il buon uomo se ne tornò a casa più preoccupato e afflitto di prima.

    Appena si mise a letto, la moglie riprese a domandare:

    -Che è? Che cosa ti è accaduto?-

    Lui le disse così e così:

    -Mi è apparso dinanzi un grosso serpente, che chiamano drago, e vuole nostra figlia Chiarina. Se lo farò mi darà in cambio tanti quattrini o, altrimenti, mi mangerà.-

    E la moglie:

    -Come? Vuole mia figlia? No assolutamente, non devi portargliela.- 

    Il poveruomo la mattina seguente, scese sullo stesso campo per lavorare.

    Puntualmente nella medesima ora, il drago venne fuori e gli disse:

    -E allora? Perché non mi hai portato tua figlia Chiarina?-

    Gli rispose che non poteva e che la moglie piangeva e gli impediva di portargliela.

    E il drago:

    -Se domani non me la porterai, ti mangerò. E portati anche dei sacchi per il danaro. Hai capito?-

    La sera l’uomo se ne tornò disperato che quasi scoppiava di lacrime, e la moglie di nuovo:

    -E ora che è?-

    -Ahimè, domani i miei giorni sono finiti!-

    -Ma che ti ha detto il drago?-

    -Vuole che porti Chiarina e tre sacchi per metterci il danaro.-

    E la moglie, ormai rassegnata:

    -Marito mio, di figlie ne abbiamo sette. Facciamo come se ne avessimo sei, e portagliela.-

    Il marito rispose:

    -Questo poi no. Piuttosto mi faccio mangiare.-

    Così trascorse l’intera notte senza chiudere occhio per l’angustia, e la mattina si alzò e non sapeva che fare. Ma il bisogno di procurare cibo alle figlie era grande, perciò se ne andò un’altra volta a zappare in quel posto, senza portarsi dietro il pane o altro perché la moglie, quando vide che se ne partiva, non lo richiamò nemmeno per dargli la merenda.

    Se ne andò e si mise a zappare.

    A una certa ora, la moglie consegnò la merenda alla figlia Chiarina e la mandò dal padre.

    Giunta nel campo questa chiamò il padre che, sentendo la voce della figlia, scoppiò in lacrime e la invitò a salire nel terreno fin dove stava.

    La ragazza gli portò la merenda, ma il padre si preoccupava che il drago la vedesse e perciò la mandò in un colle poco distante.

    Ma intanto non aveva la forza di mangiare per la grande afflizione.

    Giunse l’ora solita e il drago venne fuori e fece ancora una volta la sua richiesta.

    -La mamma non ha voluto consegnarmela.- rispose il poveruomo.

    E il drago:

    -E quella che è presso il colle chi è?-

    L’uomo prese a piangere e il drago lo invitò a portargli i sacchi per il danaro, senza, però che egli avesse il coraggio di muoversi.

    Il drago lo minacciò:

    -O prendi i sacchi o ti mangio.-

    Il contadino, preso dal terrore, raccolse i sacchi e li consegnò al drago che si ritirò nella sua tana, uscendone poco dopo con uno dei sacchi pieno di monete d’oro che svuotò a terra.

    Rientrò nella tana, venne fuori ancora una volta con un altro sacco carico di monete d’oro e d’argento, lo svuotò con le altre monete e rientrò ancora nella caverna.

    E così fece ancora fino a quando il mucchio delle monete a terra era ben cresciuto.

    Allora chiamò l’uomo egli disse:

    -Vieni qui, tu! Prenditi queste monete e portatele a casa poche per volta. Nessuno verrà a rubare quelle che lascerai qua, perché resterò io a guardia. Intanto chiama tua figlia.-

    Il poveruomo chiamò la figlia e la consegnò al drago, che se la prese e la trascinò con sé nella tana.

    Intanto portò i quattrini a poco a poco dalla moglie che appena li vide, invece di addolorarsi per la sorte della figlia piena di contentezza andava dicendo:

    -Facciamo conto di averne sei e non sette... quanti quattrini!-

    E il marito, in lacrime:

    -E ce ne è ancora un mucchio!-

    -E tu te ne stai a piangere! Startene allegro perché ormai siamo ricchi.-

    Intanto torniamo al drago che, presa Chiarina, l’aveva trascinata nella tana e condotta in un gran palazzo.

    Lì c’erano otto fate che ricevettero la ragazza e l’allevarono, insegnandole anche le faccende domestiche fino a che non ebbe raggiunto i diciotto anni.

    In quello stesso periodo, in un paese lontano lontano, viveva un re senza moglie.

    Un giorno mentre mangiava a tavola, gli fu presentata una mela bianca, rossa e tanto bella.

    Il re, che poi era figlio di un re e non ancora un vero re, disse:

    -Prenderò moglie soltanto quando troverò una ragazza come questa mela.-

    I commensali gli risposero:

    -Ma non è possibile trovare una ragazza come questa mela-

    E il figlio del re:

    -Mi metterò in cammino per tutto il mondo fino a che trovo una ragazza come questa mela.-

    Passarono otto giorni e si mise in viaggio attraverso tutti i paesi con la mela in saccoccia, ma non ne trovò altra pari a quella.

    Un giorno, mentre viaggiava da una città ad un’altra, capitò dentro un bosco e non ne trovò mai la fine così che fu costretto a dormirvi dentro.

    Il giorno seguente riprese a camminare nel bosco e, ahimè, aveva poco pane e companatico, e gli finì presto.

    La notte fu costretto a dormire ancora nel bosco e la mattina dopo continuò a camminare, tormentato ormai dai morsi della fame e pentito di quanto si era messo in mente.

    Giunto il mezzogiorno, vide un prato e in mezzo ad esso un palazzo, ma aveva tanta fame che non si sentiva più di camminare.

    Si diresse al palazzo e senza nemmeno la forza di chiamare, cominciò a bussare al portone.

    Si affacciò una fata, chiedendogli che cosa volesse.

    Il principe fece segno con la mano che aveva fame.

    Due fate scesero, aprirono la porta e gli chiesero ancora che cosa volesse.

    Il giovane gli fece il segno che aveva fame e le fate si accorsero che non aveva più forze, perciò lo presero per mano e lo portarono all’interno del palazzo.

    Appena su chiamarono Chiarina perché preparasse la tavola e subito si riunirono le otto fate che volevano sapere da dove venisse, ma il giovane non riusciva a parlare.

    Aveva, però, intravisto Chiarina che portava i piatti a tavola.

    Dopo il pranzo disse:

    -Il motivo per il quale vado girando per il mondo non posso palesarlo. Cammino per mio genio.-

    Ma ogni volta che Chiarina si avvicinava alla tavola, questo figlio di re la guardava. 

    La sera dormì nel palazzo e il giorno dopo tre fate entrarono nella camera, lo presero e lo accompagnarono nella sala dove erano tutte le altre fate.

    Quelle lo scrutarono e in gruppo gli chiesero chi era, ed egli rispose che era figlio del re.

    -Ieri ci dicesti che te ne stai andando per il mondo a genio tuo. Che vuoi intendere?- gli chiesero le fate.

    Rispose:

    -Me ne vado pellegrino a cercare moglie. E ho attraversato tanti paesi e tante città per trovare la donna che dico io.-

    -Beh, l’hai trovata?

    -Signorsì!-

    -E in quale paese hai avuto la fortuna di incontrarla?-

    -Se voi mi concedete la vostra serva, quella che si chiama Chiarina, bene io l’ho trovata qui.-

    Le fate risposero:

    -Se lei acconsente, prenditela.-

    Si mosse una di queste fate e, andata da Chiarina, le disse che quel tale era il figlio del re e voleva prendersela in sposa.

    Chiarina acconsentì.

    E così il figlio di re si trattenne ancora per cinque giorni nel palazzo e poi se ne partì, congedandosi dalle fate e portandosi Chiarina, ma a quelle fate che lo avevano aiutato non disse manco uno statevi bene.

    Camminò attraverso il bosco, questo figlio di re, con la sua Chiarina per due giorni di seguito.

    Poi il bosco finì, ed egli si avvicinò finalmente alla sua città.

    Allora si fermò ad un casino di campagna, prima di entrare nelle mura, e disse a Chiarina:

    -Resta un po’ qui, io vado e subito torno a riprenderti con l’accompagnamento delle dame di corte.-

    Così se ne tornò al palazzo reale, lasciando la sposa sola nella casetta.

    Non entrò manco nel cortile del palazzo che un cavaliere alzò il grido:

    -È tornato il figlio del re!-

    L’intera corte si mise a rumore.

    Un tale che era nel cortile gli chiese:

    -Beh, l’hai trovata questa moglie?-

    -Sì, mi aspetta nel casino.-

    Partì, allora, tutta la famiglia reale con i cavalieri e le dame del seguito per andare incontro a Chiarina, e lungo la strada andavano chiedendosi:

    -Ma poi sarà veramente bella come era la mela?-

    E il giovane:

    -Vedrete. È più bella della mela!-

    Giunsero al casino, bussarono alla porta e trovarono Chiarina.

    Mistero! Più orrenda di lei

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