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Corsa alla Luna: Gli interessi in gioco fra scienza, geopolitica e space economy
Corsa alla Luna: Gli interessi in gioco fra scienza, geopolitica e space economy
Corsa alla Luna: Gli interessi in gioco fra scienza, geopolitica e space economy
E-book147 pagine1 ora

Corsa alla Luna: Gli interessi in gioco fra scienza, geopolitica e space economy

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Questo libro tratta del ritorno alla Luna. Vogliamo infatti andarci di nuovo e non solo con robot, ma con astronauti e questa volta per rimanerci stabilmente, strutturare abitazioni e laboratori e sviluppare un’economia lunare basata su ogni tipo di attività: dal turismo spaziale alla ricerca scientifica, dall’estrazione mineraria di elementi importanti per la tecnologia a tutto quanto potrà venire in mente una volta che saremo arrivati. Questo significa anche dotare la Luna di tutti quei servizi che oggi la Terra riceve dallo spazio: costellazioni di satelliti per le telecomunicazioni, per il geo-posizionamento, per la sorveglianza e così via. In pratica, trasformare la Luna in una espansione della Terra. Dopo anni di apparente disinteresse, il nostro satellite è tornato così al centro della sfida tra le superpotenze, per le ampie ricadute della space economy sull’economia reale, ma soprattutto come il nuovo continente da conquistare prima degli altri e da cui sorvegliare e controllare la Terra.

La Terra è la culla dell’umanità, ma non possiamo rimanere nella culla per sempre.
Konstantin Tsiolkovsky
LinguaItaliano
Data di uscita29 mar 2024
ISBN9791254843031
Corsa alla Luna: Gli interessi in gioco fra scienza, geopolitica e space economy

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    Anteprima del libro

    Corsa alla Luna - Leopoldo Benacchio

    Capitolo 1

    Perché tornare sulla Luna

    Perché lo Spazio

    Questo libro tratta del ritorno alla Luna. Vogliamo infatti andarci di nuovo e non solo con robot, ma con astronauti e questa volta per rimanerci stabilmente, strutturare abitazioni e laboratori e sviluppare un’economia lunare basata su ogni tipo di attività: dal turismo spaziale alla ricerca scientifica, dall’estrazione mineraria di elementi importanti per la tecnologia a tutto quanto potrà venire in mente una volta che saremo arrivati. Un nuovo capitolo dell’economia dello Spazio, che parte già oggi nella progettazione e realizzazione di tutto quel che serve, ed è tanto, per questo ambizioso obiettivo.

    Sulla Luna, quindi, ma con obiettivi e tempi completamente diversi da quelli della missione Apollo del secolo scorso e anche per utilizzare il nostro satellite naturale come un laboratorio in funzione del salto verso Marte. Le condizioni sono infatti lì eccezionalmente favorevoli rispetto alla Terra, a cominciare dalla molto minore attrazione gravitazionale.

    La Luna ci permette di capire, in modo realistico, come andrà la vita umana su Marte, rimanendo comunque molto, molto vicini: 400mila chilometri rispetto ai 50 milioni al minimo della distanza fra noi e il Pianeta Rosso. Vedremo nei prossimi capitoli cosa serve per raggiungere lo scopo: arrivare al nostro satellite, sbarcare in sicurezza, abitarci, muoversi, lavorare e comunicare. In poche parole: viverci e prosperare.

    Alla base c’è il progetto Artemis, sviluppato dalla NASA (National Aeronautics and Space Administration), che vuole portare sul nostro satellite naturale un’astronauta, donna, a toccarne il suolo entro il 2027, ma le date sono ancora approssimative. È anche una specie di risarcimento dovuto all’altra metà del cielo rispetto al progetto Apollo, che fu effettivamente tutto maschile.

    Artemide d’altronde è la sorella del dio dell’antica Grecia, Apollo e quindi andiamo a pari anche con gli sponsor celesti.

    Il progetto Artemis è piuttosto complesso e prevede una serie di lanci prima verso la Luna, con equipaggio umano, e poi finalmente la discesa al suolo.

    Questa è però solo la fase iniziale, anche se comunque complessa. Si prevede poi la costruzione in orbita e la strutturazione di una stazione orbitante attorno alla Luna da cui gli astronauti possano scendere sul nostro satellite e risalire a fine turno, che si presume di vari giorni o settimane. Parliamo di una stazione spaziale evoluta e allo stato dell’arte, comunque concettualmente simile a quella internazionale, la ISS (International Space Station), che per decenni è stata abitata da russi, americani ed europei.

    Questa volta il ritorno alla Luna avviene con l’opinione pubblica che, come atteggiamento, è sostanzialmente cambiata dagli anni Sessanta del secolo scorso: pare che siamo tutti, o se non altro molti, abbastanza convinti che lo spazio sia indispensabile al giorno d’oggi e sia utile. Certo non ci sono critiche come quelle di allora, frasi come «sistemiamo prima i problemi sulla Terra e poi parliamo di andare nello spazio», frequentissime negli anni Sessanta e Settanta, non si sentono più. È molto probabile, per esempio, che decenni di satelliti come gli osservatori astronomici spaziali Hubble o Webb, che hanno mostrato a un pubblico meravigliato le bellezze del sistema solare e dell’universo, abbiano creato una mentalità favorevole allo spazio. Ma anche l’uso continuo, giornaliero, di servizi utili per la nostra vita, realizzati grazie ai satelliti orbitanti attorno alla Terra, ha fatto probabilmente la sua parte: c’è chi ha calcolato, e pare realistico, che sfruttiamo, anche senza saperlo, il servizio fornito da un satellite in bassa orbita ogni 15 minuti. Quando prendiamo il tram controllato dallo spazio, o chiediamo al nostro smartphone che strada seguire, quando voliamo con l’aereo, la cui rotta è indicata e monitorata dallo spazio, ma anche quando mangiamo un frutto o una verdura, magari provenienti da colture monitorate e innaffiate secondo le osservazioni dei satelliti di rilevamento. La lista sarebbe infinita.

    Sentiamo oggi lo spazio come qualcosa di molto più vicino e utile, con i suoi satelliti che ci aiutano nella vita, probabilmente lo consideriamo anche easy.

    È un bel risultato perché, ovviamente, la situazione è molto complessa: abbiamo migliaia di satelliti operativi, anche difficile definirne il numero, diamo un provvisorio cinquemila, destinato a salire quasi ogni settimana, anche perché si parla ormai di nuovi progetti di costellazioni di satelliti, per esempio per le comunicazioni e la diffusione di Internet. Basta pensare alla rete di Starlink, un progetto dell’americana SpaceX di Elon Musk, che avvolge ormai come una tela di ragno la Terra, ma altre ne sono previste come OneWeb, del Regno Unito e India, o Kuiper di Jeff Bezos, il patron di Amazon.

    L’Italia sta sviluppando una costellazione nuova, Iride, composta da satelliti che osserveranno la Terra in molte bande di frequenza, dall’ottico al radar, permettendoci di avere informazioni dettagliate sullo stato di salute delle regioni osservate: informazioni geometriche, ma anche di temperatura, nuvolosità, regime del vento e così via. Assieme a quella esistente, la costellazione COSMO-SkyMed, il nostro Paese avrà un asset di grandissimo valore e prestigio internazionale per l’osservazione della Terra.

    Non è da sottostimare poi che lo spazio abbia importanza anche per le implicazioni di tipo geopolitico e militare. Per dirla con le parole di Everett Dolman, professore allo US Air Force War College, che, con un gioco di parole, scrive: «Chi controlla la bassa orbita terrestre controlla lo spazio vicino alla Terra e chi controlla lo spazio vicino alla Terra domina la terra e infine chi domina la Terra determina il destino dell’umanità» [ECD].

    Quel che ci dice questo autore è provato, per esempio, dalle guerre in Ucraina o Palestina. L’osservazione dallo spazio dei teatri di guerra e la possibilità di distribuire la rete Internet dal cielo ci ha dimostrato bene quanto lo spazio vicino sia importante, anche in questi casi una espansione del suolo terrestre. L’intelligence geospaziale è diventata oggi parte integrante della difesa e della sicurezza nazionale.

    Oggi il ritorno alla Luna avviene in un mondo completamente diverso da quello dell’epoca del programma Apollo, allora c’era il monopolio delle Agenzie spaziali nazionali, con la tecnologia di base limitata solo a poche nazioni. Oggi, sia la liberalizzazione senza precedenti del settore partita negli USA, che l’Europa stenta molto a seguire, sia l’avanzare delle tecnologie di microelettronica e il crollo dei costi dell’elettronica hanno cambiato completamente le carte in tavola. Attualmente le grandi Agenzie spaziali, come l’americana NASA o l’europea ESA (European Space Agency), si pongono sempre più come enti che commissionano e comprano servizi da privati, basta pensare al caso di SpaceX, praticamente monopolista a livello globale in tema di lanci, realizzandone un centinaio nel 2023 e in previsione di farne almeno 130 nel 2024. Molto, in sostanza viene devoluto ai privati, che ricevono dalle grandi Agenzie spaziali soldi per i servizi richiesti loro ma anche drenano know how acquisendo personale con grande esperienza delle Agenzie stesse. Paradigmatico, oltre al caso di SpaceX, è quello della stazione spaziale privata Axiom, in costruzione, che si appoggia alla Stazione spaziale internazionale, ISS. Il manager NASA che ha validamente gestito la Stazione spaziale internazionale, con contributi russi, americani, canadesi, europei e giapponesi, è uscito dall’Agenzia e ha messo in piedi la Axiom, società sul libero mercato, che però, di fatto, vive in gran parte di finanziamenti pubblici, e ha assunto anche molti dipendenti del prezioso JPL, Jet Propulsion Laboratory, della NASA a Pasadena; qualcuno dice che li abbia strappati. Cambiati anche i metodi di finanziamento non statale: Axiom conta molto sulla comunicazione e marketing, ad esempio facendo firmare le tute spaziali da un notissimo designer di moda o portando in orbita questa o quella marca di cibo.

    Questo, va capito, sarà il futuro anche per la Luna: collaborazione fra gli Stati e larghissimo spazio al privato, all’inventiva e innovazione, al fiorire di nuove iniziative e industrie dedicate. Questo sforzo, che possiamo definire immane, produrrà le sue ricadute. Anche per questo andiamo nello spazio, perché è l’unico modo per avere importanti benefici.

    Per esempio sembra esserci poca comunanza tra i depuratori d’acqua portatili e le maschere dei vigili del fuoco, tranne che entrambi mirano a prevenire l’inquinamento. Eppure fanno risalire la loro genesi al programma Apollo. Secondo Tim Marshall [FOG], gli indumenti resistenti al calore, i computer portatili, le cuffie wireless, le luci a LED o i materassi in memory foam possono tutti far risalire le loro origini alla corsa allo spazio. Ogni anno la NASA pubblica un corposo volume, oggi anche un sito web, sui benefici ottenuti negli ultimi 12 mesi dallo sviluppo delle tecnologie spaziali, anche in termini di spin-off industriali [SPN].

    Ma c’è di più, andiamo nello spazio per capire come possiamo salvare il pianeta, che è come dire: noi stessi, dal terribile riscaldamento globale. È dallo spazio che possiamo vedere con precisione come sta andando, quanta CO2 immettiamo nell’atmosfera che ne è già fin troppo piena, quanto si riscaldano gli oceani, quanto si sciolgono i ghiacci.

    Oggi le ragioni per andare nello spazio sono quindi molto diverse da quelle che 50 anni fa fecero partire la gara fra Unione Sovietica e USA per la supremazia. Accanto alla speranza di avere la ricaduta di benefici pratici importanti, come sempre quando ci si pone un obiettivo che è più che ambizioso, abbiamo comunque anche delle ragioni che potremmo quasi dire sentimentali: per l’umanità esplorare sembra essere un bisogno ineludibile, anche se fosse inutile probabilmente vorremmo farlo lo stesso.

    Le parole di Konstantin Tsiolkovsky (1857-1935), il geniale padre della missilistica e della cosmonautica, risuonano mentre ci prepariamo per una nuova epocale sfida: «La Terra è la culla dell’umanità, ma non possiamo rimanere nella culla per sempre».

    Perché la Luna

    Si torna sulla Luna, abbiamo detto, ma questa volta non per una toccata e fuga ma perché vogliamo rimanerci, formare degli insediamenti

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