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Luci e Ombre
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E-book156 pagine2 ore

Luci e Ombre

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Info su questo ebook

Una raccolta di racconti più o meno brevi dedicati a tutti coloro che credono nei sogni e hanno un cuore romantico. Sei racconti, sei scenari, sei storie diverse, sei modi di vivere quell'avventura meravigliosa che sono i sentimenti. L'amicizia, l'affetto, l'emozione e, soprattutto, l'amore.

LinguaItaliano
Data di uscita23 mag 2012
ISBN9781476254968
Luci e Ombre

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    Anteprima del libro

    Luci e Ombre - Sara Guarnieri

    Sotto i cieli della Superba

    Era una luminosa giornata primaverile a Genova. Il sole splendeva caldo nel cielo terso di un abbacinante azzurro dove garrule rondini si esibivano in complesse acrobazie aeree.

    Seduta al suo banco Anna, ultimo anno del liceo Artistico, osservava il cielo blu fuori dalla finestra desiderando essere ovunque tranne che chiusa in quella classe. Le piaceva studiare ma, quando fuori la natura regalava giornate come quella, le sembrava un delitto essere costretta al chiuso. Nel banco dietro di lei, Vera, la sua migliore amica espresse con un piccolo sbuffo appena udibile la medesima linea di pensiero. Anna nascose un sorriso e tornò a prestare attenzione alla professoressa Ceppi che stava spiegando l’ascesa del Fascismo prima della Seconda Guerra Mondiale. La maturità si avvicinava: poco più di due mesi e si sarebbero ritrovati ad affrontare l’esame e storia era una delle materie probabili per quell’anno.

    Nonostante questo il suono della campanella, che annunciava la fine della lezione e l’intervallo di metà mattina, fu accolto con un generale sospiro di sollievo dai ragazzi. Appena la proff. fu uscita Vera lasciò la classe ma ritornò subito con un gran sorriso e gli occhi che le brillavano.

    - Indovina un po’?- disse sedendosi accanto ad Anna che stava riordinando gli appunti.

    - Hai incrociato Luca che ti ha finalmente chiesto di uscire con lui?- butto lì la ragazza sapendo della cotta dell’amica per il compagno.

    - No, Luca non centra.-

    - Allora perché sei così allegra?-

    - L’Accessi non c’è, ergo due ore di buco!-

    - Evviva…- commentò Anna con scarso entusiasmo – Due ore di noia mortale col rischio di una nota di classe perché i nostri scalmanati compagni fanno troppo caos in corridoio. Proprio una bella notizia…-

    - Errore: due ore di piena libertà per goderci questa fantastica giornata. L’hai dimenticato?- proseguì all’occhiata interrogativa dell’altra – Siamo maggiorenni, tesoro: possiamo uscire da scuola, gironzolare e rientrare senza che nessuno possa dirci nulla!-

    A quelle parole, che corrispondevano a verità, lo sguardo di Anna si illuminò: uscire di lì per un paio d’ore, girare per le vie del centro, fare shopping…

    - Cosa stiamo aspettando?- chiese alzandosi ed infilando il giubbino di jeans.

    Vera prese la sua giacca poi le due amiche scesero velocemente le quattro rampe di scale fino all’atrio e mescolandosi con la folla confusionaria dell’intervallo guadagnarono la porta ed in un batter d’occhio furono fuori dal cancello.

    L’aria profumata dagli alberi in fiore che crescevano nel parco poco lontano le accolse sollevando ulteriormente il loro umore. Dopo pochi passi Vera si lasciò andare ad una risata liberatoria poi guardò l’amica e le fece segno di avvicinarsi.

    - Ti rivelerò un segreto: avevo già intenzione di bigiare queste due ore. La proff. mi ha fatto un gran favore!-

    - Perché volevi uscire?- chiese Anna genuinamente curiosa: Vera non era il tipo da saltare la scuola, non senza un buon motivo.

    - Ti ricordi quando ti dissi che mio zio lavora per la Medusa?- attese un cenno dell’altra – Bene: due giorni fa l’ho sentito e mi ha detto che da ieri hanno allestito dei set con la Universal proprio qui, a Genova!-

    - Stanno girando un film qui?-

    - Sì, a quanto mi ha detto dovrebbe essere il prossimo blockbuster. Un film d’epoca, sai: dame in costume, duelli, cavalli… Ma la notizia vera riguarda il protagonista del film: Aaron Jones!-

    Anna rimase letteralmente a bocca aperta.

    Aaron Jones era un giovane attore di venticinque anni diventato famoso da neppure un anno: aveva superato un provino, a cui aveva partecipato per puro caso, per un altro film d’epoca di ambito navale e si era ritrovato a tenere in mano l’Oscar come miglior attore non protagonista. Il film aveva vinto altre quattro statuette e aveva proiettato il ragazzo nell’Olimpo dei grandi attori. Vera ed Anna avevano visto quel film al cinema ed erano rimaste entrambe colpite dal giovane, anche se per motivi diversi: Vera lo trovava, col suo metro e ottantacinque i capelli castano-ramati e gl’incredibili occhi blu cobalto, divinamente bello. Anna era stata affascinata dalle sue indubbie qualità di attore: secondo lei si era più che meritato l’Oscar…

    Raggiunsero in meno di dieci minuti la location dove stavano girando quella mattina: Piazzetta San Matteo. Un piccolo angolo di Genova nascosta da stretti caruggi dove il tempo sembrava essersi fermato ai primi del 1300. La chiesetta, a cui la piccola piazza doveva il nome, è una piccola costruzione in stile romanico col tetto a capanna, la facciata, ingentilita da un rosone con vetri dipinti, presenta le tipiche strisce orizzontali bianche e nere che la identificano come costruita sotto l’egida dei Doria che per secoli furono i Signori della Superba. Le stesse strisce decorano le tre alte ed eleganti case-torre che circondano i lati della piazzetta e che erano state le residenze dei Dogi di Genova.

    Pochi scalini permettono l’accesso al sagrato della chiesa: uno spazio sufficientemente largo da ospitare una trentina di persone. E che infatti, al momento, ne ospitava poche di meno: attrezzisti con rotoli di cavi sulle spalle, tecnici che ritoccavano le rotaie delle macchine da presa, i due aiuto regista con delle cartellette in mano che istruivano le comparse in costume cinquecentesco e, in mezzo a tutti, il regista che parlava con un ragazzo in costume: Aaron Jones.

    Vera trascinò l’amica fino ai piedi del sagrato facendosi largo a gomitate tra la folla di curiosi e fans già accalcati nelle viuzze laterali per vedere la scena. Riuscì a guadagnare due posti in prima fila ed indicò ad Anna l’oggetto dei suoi pensieri.

    - Non è divino?- chiese sognante guardandolo.

    Anna sollevò gli occhi al cielo per un attimo ma non poté trattenere un sorriso all’espressione di pura adorazione che si era dipinta sul volto dell’altra. Volse lo sguardo verso il giovane attore e, in quel momento, lui si girò ed i loro occhi si incrociarono.

    Aaron era in piedi dalle prime luci dell’alba: il trucco, il costume, le prove della scena che stavano girando avevano occupato il tempo nell’attesa che la luce del giorno illuminasse le strette vie del centro cittadino. Genova lo affascinava: non aveva mai visto una città più labirintica. Le strette stradine, che uno degli aiuto regista gli aveva detto chiamarsi ‘caruggi’, si snodavano irregolari come serpenti attorcigliati incrociandosi e perdendosi più volte fino a creare un vero e proprio labirinto da cui era difficile districarsi se non si conosceva almeno un po’ la planimetria della città. Era antica, Genova, risaliva all’Impero Romano ma la sua struttura urbanistica non aveva nulla della lineare, perfetta geometricità delle città di impianto romano. L’esser stretta tra il mare ed i monti aveva costretto gli abitanti, già in tempi antichissimi, a svilupparne l’estensione in altezza: le case-torri medioevali di quattro, cinque o più piani si stringevano le une alle altre fronteggiando l’antico porto, l’unico spazio aperto della città. Non vi erano piazze, anticamente, a Genova: le poche esistenti erano state ricavate in tempi più recenti abbattendo alcune delle case. Perfino la facciata di San Lorenzo, il duomo della città, fino ad un secolo prima si apriva su di uno stretto caruggio. E ad Aaron quell’aria antica piaceva: nato a Boston, il primo grande insediamento colonico in America, apprezzava tutto ciò che possedeva una storia. E Genova, di storia, ne aveva tanta, e possedeva altrettanto fascino con quell’aria di mistero celato dalle facciate bicolore delle case storiche.

    Era a Genova da cinque giorni, anche se il suo arrivo era stato tenuto segreto fino al mattino precedente, ed aveva fatto amicizia con uno degli aiuto regista italiani reclutati nella maggiore scuola di cinema di Roma: Giorgio. Giorgio era stato scelto per quell’incarico perché, oltre ad essere uno dei migliori del suo corso di regia, era nato e cresciuto a Genova e quindi conosceva bene le location scelte. Aveva cinque anni meno di Aaron ma questo non aveva impedito ai due ragazzi di diventare amici e Giorgio era stato felice di fare da guida al più grande mostrandogli la città in tutti i suoi aspetti. Stimolato dall’interesse che l’americano mostrava gli aveva raccontato anche un po’ della storia della Superba dandogli anche modo di calarsi meglio nel personaggio che, di lì a qualche giorno, avrebbe dovuto interpretare.

    Ed ora, a pochi minuti dall’inizio delle riprese della seconda scena, Aaron si stava guardando intorno in quell’antica piazzetta, una delle pochissime di epoca medioevale, divertito dall’interesse che tutta quella gente assiepata ai margini dell’area delle riprese gli dedicava. Era sorprendente per lui, tutta quella celebrità: un anno prima non se lo filava nessuno, oggi era una star internazionale…

    Fu in quel momento che incrociò lo sguardo di una delle ragazze presenti ai margini del sagrato della chiesetta. Alta poco più di un metro e sessanta, snella ma non un gran che possedeva però due cose assolutamente stupefacenti: i lunghi capelli di un caldo rosso tiziano naturale che si inanellavano in morbidi ricci e gli occhi. Verdi. Come smeraldi purissimi. No, si corresse, non come smeraldi ma come giada: chiari e limpidi. O forse era la luce del sole che le illuminava il volto a farli apparire così chiari, non lo sapeva. Ne fu affascinato e lo incuriosì il modo in cui lei lo guardava: stupita che lui la vedesse ma, soprattutto, priva di malizia. Non stava civettando con l’attore: stava guardando il ragazzo.

    Un movimento della folla la sottrasse al suo sguardo. La cercò per qualche istante fino ad individuarla: stava allontanandosi lungo una delle stradine, quella che risaliva verso Piazza De Ferrari, gli sembrava. Svelto fece un cenno a Giorgio perché si avvicinasse e, senza farsene notare gliela indicò.

    - Vedi quella ragazza? Quella col giubbino rosa ed i capelli rossi?-

    - Sì, la vedo, pessimo accostamento.- commentò riferendosi ai colori.

    - Seguila.- gli disse reprimendo un sorriso al commento – Scopri dove va, come si chiama, tutto quello che riesci.-

    Giorgio lo guardò con palese stupore – Stai scherzando?! No non stai scherzando…- si corresse notando lo sguardo dell’altro – Come lo spiego al regista che me ne vado? Sa il suo primo attore vuole che pedini una ragazza?-

    - Al regista penso io, tu va. Muoviti! Quasi non la si vede più! Per favore!!!- aggiunse guardandolo negli occhi.

    - Ok, capo. La star sei tu, dopo tutto.- lo prese in giro prima di dileguarsi tra la folla.

    Certo che il giovane amico avrebbe fatto il possibile per accontentarlo, Aaron, si concentrò sul lavoro. Solo un ultimo pensiero gli attraversò la mente un attimo prima che il regista desse l’azione: chissà perché quella ragazza lo aveva incuriosito tanto, dopo tutto era appena appena carina…

    Quando la folla spostandosi l’aveva sommersa sottraendola allo sguardo del ragazzo Anna si era un po’ spostata e aveva richiamato l’attenzione di Vera.

    - Io mi allontano: sto soffocando qui.- disse all’amica.

    - Ma stanno per girare!-

    - Non importa. Tu resta pure: ti aspetto in De Ferrari. Andrò a prendere un cappuccino nella caffetteria del Palazzo Ducale.-

    - Come vuoi, a dopo.-

    Con un cenno Anna si allontanò risalendo per Vico San Matteo. Lasciarsi alle spalle tutta quella gente fu un vero sollievo, con passi leggeri ed indolenti si avviò verso il Palazzo Ducale godendo del tepore dell’aria. Si ritrovò a pensare ad Aaron Jones: certo che aveva degli occhi incredibili! Blu, di un assurdo blu cobalto. Ancora più belli dal vivo di quanto fosse vederli sul grande schermo. Sorrise ricordando l’espressione concentrata e professionale che aveva sul volto mentre parlava col regista. Poi qualcuno gli aveva detto qualcosa e lui era scoppiato a ridere, aveva una bella risata, che veniva dal cuore. L’attimo dopo l’aveva guardata. Era stato solo un caso, lo sapeva, ma era curioso: tra tutti i presenti aveva guardato lei, proprio lei.

    E probabilmente si sarà chiesto: cosa avrà ‘sta qui da guardare? pensò con una piccola smorfia.

    Ma non aveva distolto lo sguardo. Era stato così che lei si era accorta del colore dei suoi occhi. Decisamente blu e decisamente belli.

    - Stai parlando come Vera!- si rimproverò sorridendo prima di entrare nella caffetteria e sedersi ad uno dei tavolini.

    Giorgio si era tenuto ad una certa distanza per essere sicuro che lei non si accorgesse di essere seguita, aveva atteso che si fosse seduta ad un tavolino prima di entrare anche lui nella caffetteria situata in uno degli ambienti al piano terra del Palazzo Ducale. A quel punto l’aveva vista in volto ed era rimasto a bocca aperta: quella era Anna! Erano stati compagni di banco per due anni nelle medie e lui l’aveva sempre considerata una buona amica ed un’ottima compagna di

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