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Io Leonardo
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E-book214 pagine3 ore

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Leonardo da Vinci è sicuramente una delle figure più rappresentative del Rinascimento, di cui inarca l’aspirazione di conoscenza del reale per mezzo della ragione e dell’esperienza. Allo stesso tempo, la sua carriera compendia l’ideale di uomo universale, proiettato contemporaneamente verso l’indagine della natura, la sapienza pratica, la ricerca della bellezza e la rappresentazione della realtà per mezzo delle arti figurative.
L’investigazione di Leonardo si ramifica in ogni direzione: Egli passa continuamente da un argomento all’altro attraverso miriadi di casi e proposizioni, in cui, apparentemente il suo pensiero sembra avvolgersi in meandri tortuosi, continuamente interrompendo e riprendendo un argomento dopo l’altro. Attraverso la lettura attenta dei suoi scritti, si scopre che egli persegue infaticabilmente gli innumerevoli aspetti di un’unica potenza nel suo attuarsi e differenziarsi. Egli cerca di scoprire i segreti più reconditi della natura che tanto lo affascinano, afferrandone le leggi universali. Attraverso la penetrante acutissima osservazione di un fenomeno particolare, risale ai primi principi; e di nuovo da questi scopre le infinite varietà con cui essi si manifestano in natura, inducendovi continue trasformazioni. Non c’è antagonismo nella mente di Leonardo fra arte e scienza, in quanto esse scaturiscono l’una dall’altra e si accrescono l’una dall’esperienza dell’altra.

LinguaItaliano
Data di uscita11 mar 2015
ISBN9781311843463
Io Leonardo
Autore

Giancarlo Guidotti

Giancarlo Guidotti was born in Piancastagnaio- Siena. Graduated in Modern Letters at the Rome University, living in Padua.He has numerous literary contests:International Competition “The Patarina”Rome 1972National Competition in Cosenza “Three Valleys 1988”Este National Competition Award 1990.He has collaborated with cultural Italian and foreign magazines. His wirks have been published in journals:The Literary Fair, Future of Europe. On Anthologies: Graffiti Club degli Editori 1977. Writers of World War II 1989. Broad national consensus of literary criticism (Book Fair Turin) and foreign (International Frankfurt Fair, and Pensee Universelle in Paris) has received a critical essay on “De Sanctis and French Naturalism 1989.In 2001 he published the novel with historical background a heel “ Ghino di Tacco called the Hawk”. Tells the story of a noble now outlawed already mentioned by Dante Alighieri and reported by Boccaccio in the Decameron the episode of the abduction of the Abbot of Cluny.In 2001 he published “The Hawks Amiata” Historical-critical essay on the powerful family of Palatine Aldobrandeschi.In 2003 he published “Strokes of Light”. Novel memories and experiences in memory of Tiziana Rossi, a 19 year old girl in love with life, died in a car crash.( Reviewed and presented by Rai-2003)In 2005 he published “Ezzelino the tyrant” published by University Cleup Padova. Second printing in 2006.In 2007 he won the International competition for fiction Atheste, first prize with the historical novel Ezzelino the Tyrant.In 2008 he won the International competition for research Atheste historic first prize with the book “Francesco Petrarca.” (Presented at the RAI program “Benjamin”).

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    Anteprima del libro

    Io Leonardo - Giancarlo Guidotti

    Io Leonardo

    By Giancarlo Guidotti

    Published by Giancarlo Guidotti at Smashwords

    Copyright 2015 Giancarlo Guidotti

    Introduzione

    Leonardo da Vinci è sicuramente una delle figure più rappresentative del Rinascimento, di cui inarca l’aspirazione di conoscenza del reale per mezzo della ragione e dell’esperienza. Allo stesso tempo, la sua carriera compendia l’ideale di uomo universale, proiettato contemporaneamente verso l’indagine della natura, la sapienza pratica, la ricerca della bellezza e la rappresentazione della realtà per mezzo delle arti figurative.

    L’investigazione di Leonardo si ramifica in ogni direzione: Egli passa continuamente da un argomento all’altro attraverso miriadi di casi e proposizioni, in cui, apparentemente il suo pensiero sembra avvolgersi in meandri tortuosi, continuamente interrompendo e riprendendo un argomento dopo l’altro. Attraverso la lettura attenta dei suoi scritti, si scopre che egli persegue infaticabilmente gli innumerevoli aspetti di un’unica potenza nel suo attuarsi e differenziarsi. Egli cerca di scoprire i segreti più reconditi della natura che tanto lo affascinano, afferrandone le leggi universali. Attraverso la penetrante acutissima osservazione di un fenomeno particolare, risale ai primi principi; e di nuovo da questi scopre le infinite varietà con cui essi si manifestano in natura, inducendovi continue trasformazioni. Non c’è antagonismo nella mente di Leonardo fra arte e scienza, in quanto esse scaturiscono l’una dall’altra e si accrescono l’una dall’esperienza dell’altra.

    Capitolo I

    Francesco Melzi

    Questa mattina mi sono alzato di buon’ora, perché durante la notte i dolori non mi hanno dato tregua, e nel trascorrere lento delle ore, il ricordo del mio maestro non mi ha abbandonato un momento. Dopo il breve soggiorno in Francia, alla morte di Leonardo, ho sentito il desiderio di ritornare ai luoghi che mi avevano visto nascere, dove mi attendeva la casa paterna e dove attualmente vivo con i figli. Al mio ritorno in Italia, la mia persona è stata oggetto di grande attenzione, soprattutto perché si era venuti a conoscenza che ero in possesso dei suoi libri.

    Fu l’ambasciatore del duca Alfonso I d’Este che un giorno di primavera mi inviò una missiva pregandomi, perché lo invitassi nella mia dimora, era desideroso di conoscere le opere di Leonardo che dalla Francia avevo portato con me. Quando giunse, il tempo trascorse veloce nel vederci intenti a parlare dei fatti e dei tanti ricordi miei. Disse di non meravigliarsi di quello che aveva sentito dire sulla persona di Leonardo, che non fosse religioso e che ne rifuggisse ogni insegnamento. Ma nell’udire tali parole, notai che lo sguardo dell’ambasciatore aveva assunto una certa espressione, come se un pensiero nascosto albergasse nel suo animo; ebbi la certezza che non gli sarebbe dispiaciuto se io gli avessi raccontato la verità. Ed è per ciò che aggiunse: Di parole disoneste ce ne sono molte, ma chi dirà mai come in verità sia stata la vita di Leonardo?

    Veramente mirabile e celeste fu Lionardo, figliuolo di ser Piero da Vinci, e nella erudizione e principii delle lettere avrebbe fatto profitto grande, se egli non fusse stato tanto vario e instabile. Perciò che egli si mise a imparare molte cose e, cominciate, poi l’abbandonava. … Vedesi bene che Lionardo per l’intelligenza dell’arte cominciò molte cose e nessuna mai ne finì, aprendoli che la mano aggiungere non potesse alla perfezione dell’arte delle cose, che egli si immaginava, con ciò sia che si formava nell’idea alcune difficultà suttili e tanto meravigliose, che con le mani, ancora che fussero eccellentissime, non si sarebbo espesse mai. Tanti furono i suoi capricci, che, filosofando con le cose naturali, attese ad intendere le proprietà delle erbe, continuando ed osservando il moto del cielo, il corso della Luna e gl’andamenti del Sole.

    Ora sono passati tanti anni da quei giorni, il maestro Leonardo è morto da tempo. Scrivo per me di quei colloqui, come degli anni e delle opere eseguite mentre ero al suo seguito e che la memoria ha conservato. Giunto anch’io al termine della mia vita, sento il bisogno di raccontare come tutto si svolse e, così lasciare notizia ai miei discendenti.

    E’ stata mia cura riordinare tutto il materiale mediante raccolte che fossero facilmente documentate per chi avesse intenzione di addentrarsi ai tanti segreti della mente del maestro. Sono vecchio come il mondo, che peggiora di continuo, che decade e si avvia alla sua fine. Eppure, non voglio finire così, ma resistere nella pienezza della mia forza e nella speranza dell’amore della mia famiglia. I vecchi ricordano e raccontano a se medesimi e agli altri i ricordi, perché quel punto dell’orizzonte che è la morte, attira troppo i loro pensieri. I ricordi sono l’unica possibilità di aggrapparsi alla catena della propria vita per tentare di allontanarsi da quel punto finale. Il mondo e le cose mi sono ormai estranei, persino le mura di questa casa a me tanto cara. Ora tutto sembra distante, anche nello sforzo di intendere le vicende che restano nell’ombra della mia testa. C’è chi dice che i ricordi non servono a nulla, che il tempo va sempre avanti e che dobbiamo andare noi avanti. Andare avanti significa avvicinarsi sempre più a quel punto dell’orizzonte e per questo provo una forte paura. Mi accingo a lasciare testimonianza degli eventi che ho vissuto ancora giovane al fianco di Leonardo, che tanto con la sua sapienza e l’amore per la mia persona ha contribuito ad accrescere in me l’interesse verso l’universo che ci circonda. Non so dire se la sua vita fosse stata dolorosa. La fortuna mai fu così contraria.

    Leggeva tanto e non esitava a rivolgersi ad altri per colmare le sue lacune culturali: per esempio fu al matematico Luca Pacioli che si affidò per apprendere i segreti del calcolo e della geometria euclidea. Autodidatta dalla mente infinita, capace di indagare ogni campo dello scibile umano- l’arte, l’anatomia, la tecnologia, l’ottica, l’architettura, l’ingegneria, la fisica- il grande genio toscano in realtà era guidato da una concezione unitaria della conoscenza la cui meta ultima era la comprensione dei meccanismi della natura e la perfetta rappresentazione di quest’ultima. Nello sforzo di comprendere la natura delle cose, la sua mente procedeva per intuizioni, in modo non lineare e, facendosi la sua ricerca sempre più febbrile, molti furono i lavori che lasciò incompiuti: di qui l’etichetta di capriccioso e incostante. A sfatare il mito dell’omo senza lettere vi sono le riproduzioni di alcuni libri che l’artista- scienziato possedeva e soprattutto i due inventari della biblioteca leonardesca ritrovati tra i fogli che lui ci ha lasciato. Compilate a distanza di una decina di anni circa, la prima intorno al 1495 e la seconda dopo il 1503, queste liste attestano la consistenza e la qualità della biblioteca leonardesca che arrivò a contare circa duecento libri, spaziando dalla poesia antica (Ovidio e Lucano) a quella moderna, alla storia (Tito Livio e Giustino), alla letteratura politica, alla religione (Bibbia e De Civitate Dei di Agostino), all’arte e all’architettura (Piero della Francesca e Leon Battista Alberti),alle scienze naturali e della terra (Aristotele, Plinio il Vecchio, Quaestio de acqua et terra di Dante) e poi trattati di matematica, meccanica ed arte militare, bestiari, erbari ed enciclopedie. Insomma la biblioteca di un uomo che leggeva correntemente il latino.

    Egli, come ebbe a dire uno che molto gli fu vicino : Fu tanto raro e universale, che dalla natura per suo miracolo esser prodotto dire si puote; la quale non solo della bellezza del corpo…volle dotarlo, ma di molte rare virtù volse anchora farlo maestro….Mai co l’animo suo si quietava, ma sempre con l’ingegno fabricava cose nuove.

    Il mio maestro è stato sempre molto restio nel parlarmi dei fatti che sono avvenuti durante la sua fanciullezza. Una sola volta mi ha chiesto di seguirlo in compagnia di Salaì in visita al vecchio zio che era rimasto solo nel piccolo borgo di Vinci. Ciò che è rimasto nella mia mente del luogo è qualcosa di nebuloso, ma sicuramente quelle povere case saranno destinate a tramandare il nome di un uomo che più grande non poteva nascere tra i suoi figli. Per chi scendeva dalla Val di Nievole verso Prato e Pistoia, avrebbe attraversato questo piccolo villaggio. Anchiano era il suo nome. Una campagna fertile, coltivata ad ulivi e a vigne contribuiva alla sussistenza di uno sparuto numero di anime. Fu quando un giovane notaio di nome ser Piero, figlio di ser Antonio, notaio di Vinci, che con la sua presenza avrebbe contribuito a tramandare il nome di quel povero borgo costituito da misere case, addossate l’una all’altra intorno all’edificio della chiesa, tutte strette, come nel tentativo di ricercarne la protezione. Ciò che restava di quello che doveva essere stato il castello del borgo, era un’insegna rugginosa che ritraeva una torre, la quale cigolava sull’entrata di un’osteria al minimo alito di vento. Attraverso la porta si poteva scorgere una fila di botti addossate sul pavimento e boccali di terracotta disposti sopra delle mensole di legno. L’ambiente era arredato con semplici tavoli che recavano sulla superficie macchie di vino e di unto. Era quanto si potesse offrire agli occhi dei viaggiatori che erano costretti a passare per quei luoghi.

    L’ambiente era sempre fumoso, frequentato da mulattieri, cacciatori e dagli uomini del paese che la sera vi si recavano per chiacchierare, giocare a carte e bere un boccale di vino. La sola persona che riusciva ad allietare quella bettola era la presenza di una fanciulla, di poco più di sedici anni d’età, orfana dei genitori, di nome Caterina, che per sopravvivere, dopo aver lavorato duramente il giorno nei campi, la sera aiutava in cucina l’oste fino a notte tarda.

    Il giovane notaio, era giunto a Vinci da qualche giorno per trascorrervi le vacanze nella casa paterna, era il figlio maggiore del notaio ser Antonio, che in Vinci era considerato un’autorità. Ogni anno ritornava volentieri nel paese per trascorrervi un periodo di riposo, unito all’opportunità di recarsi a caccia nei boschi vicini. Fu in una di quelle occasioni che venne invitato ad Anchiano a redigere un contratto, riguardante la cessione per sei anni di un frantoio da olive. Steso e controfirmato il documento, i contadini invitarono il giovane notaio nella piccola osteria per festeggiare l’accordo avvenuto con un buon bicchiere di vino. Entrarono nel locale, illuminato da lucerne appese alle travi, le quali spandevano un odore acre di olio rancido, frammisto all’olezzo di sudore delle persone. La presenza del giovane signore che indossava vesti inusuali alla gente del luogo, non passò inosservata agli occhi dell’oste, che si fece incontro ai tre clienti con mille inchini, riservando loro un grande tavolo vicino alla finestra, dopo aver allontanato senza tanti complimenti uno degli avventori. In cosa posso essere utile a voi signori? Oggi abbiamo dell’ottimo stufato che ha preparato mia moglie, oppure vi posso servire del formaggio fresco che i contadini di Anchiano mi hanno portato proprio questa mattina? Chiamata dall’oste, una ragazza uscì dalla cucina asciugandosi le mani nel grembiule che portava stretto sui fianchi. Caterina! Senti un po’ cosa desiderano questi signori. Intanto porta il formaggio fresco di questa mattina, così potranno gustarne il sapore. Costei, preso un cestino con il pane e un piatto con sopra una forma di formaggio si fece largo, evitando le mani che si protendevano da altri tavoli. Piero con l’intenzione di vederla meglio, si spostò con lo sgabello facendo rumore, attirando così l’attenzione della ragazza che si girò di scatto. Proprio in quel momento, la fiamma del camino che le stava vicino guizzò, illuminandola. Questione di un attimo, ma fu sufficiente per mettere in luce un profilo marcato. Il naso diritto, il mento ben disegnato, le guance tonde e gli occhi innocenti del volto, la cui fronte ampia e il folto ciuffo di capelli biondi erano raccolti da una cuffia bianca. La ragazza fissò per un attimo Piero con palese stupore perché non abituata a vedere se non rozza gente di campagna, poi distolse educatamente lo sguardo, ma parve pentirsene perché tornò a guardare senza riserve il giovane notaio, che aveva aperto la bocca per dire qualcosa, ma che poi richiuse dubbioso, borbottando una spiegazione incomprensibile alla domanda che gli era stata rivolta da uno dei contadini. L’altro, che gli stava accanto scrutando a sua volta attentamente l’espressione del volto che aveva il giovane, cominciò a ridere. Il boccone però gli andò di traverso, trasformando la risata in un attacco di tosse. Il contadino ripresosi dalla convulsione, fece cenno alla ragazza di avvicinarsi, e le chiese: Portaci un boccale di vino, di quello buono, perché dobbiamo mandare giù il formaggio e festeggiare in compagnia di questo nobile signore. Dopo qualche minuto i tre potevano brindare all’affare che avevano stipulato, ma il giovane Piero sembrava interessato a qualcosa che esulava dai pensieri dei due contadini, il volto di quella povera ragazza aveva fatto breccia nel suo animo. Come ebbe a confessare più tardi, s’innamorò, e con la scusa della caccia alle quaglie, rinviò il suo ritorno a Firenze all’autunno seguente.

    Divenuto assiduo frequentatore dell’osteria, prese a corteggiare Caterina, la quale si dimostrò una ragazza molto meno accessibile di quanto il giovane supponesse. Ma la prestanza fisica di Piero, il vestire elegantemente e l’eloquenza di cui era provvisto naturalmente, finì per ammaliare l’animo semplice della contadinella. La notizia del legame del giovane notaio con una povera orfanella, tra l’altro in attesa di un bambino, non tardò a giungere all’orecchio del vecchio notaio ser Antonio.

    Ma cosa ti è passato per la testa, confonderti con una contadina, sei diventato grullo. Sono d’accordo che si tratta di una bella ragazza, ma è pur sempre una contadina. Lo capisci bene che non potrà mai far parte del nostro mondo, perché non è il suo; troverebbe delle difficoltà, non vi è abituata, é priva di cultura, quali discorsi potresti fare con lei, se non chiederle come si fa una zuppa di pane. E’ abituata a lavorare in campagna e all’osteria, e quello lo sa fare bene, ma niente altro. Ti ci vuole una donna che appartenga ad una famiglia rispettabile come è la nostra, che ti possa poi dare dei figli e che questi possano essere fieri di appartenere a famiglie rispettabili. Piero, innervosito, allontanò con un piede il gatto che continuava a strofinarsi alla veste. Non ne voglio sapere dei progetti di famiglia che vi stanno tanto a cuore. Desidero una moglie che io possa guardare con piacere durante il giorno e la notte passare con lei ore piacevoli.

    L’anziano notaio senza scomporsi dallo scranno sul quale qualche istante prima si era lasciato cadere, dopo un abbondante pranzo, fece cenno con la mano al figlio di avvicinarsi, il quale continuava ad andare su e giù per la stanza.

    "Vieni qua! Siediti accanto a me e parliamo da persone adulte e responsabili. A Firenze, hai già un impegno con Albiera di Giovanni Amadori, una ragazza, forse non bella come la Caterina, ma è una donna che appartiene ad una famiglia influente, e sai bene che oggi è quello che conta, coi tempi che corrono. Sappiamo bene tutti e due che non puoi restare a Vinci, questo è un luogo troppo piccolo per le tue aspettative. E’ Firenze la città dove dovrai abitare con la famiglia, e solo se diverrai amico di personaggi autorevoli, allora potrai metterti in mostra e raggiungere una posizione sociale importante. A Firenze ci sono i Medici, legarti a loro, tramite le persone che li rappresentano nel governo della città, ti sarà facile esercitare la tua professione. Ricordati bene Piero, che l’importante nella vita è avere amici ricchi e potenti, solo allora tutto procederà bene.

    Piero che era restato muto fino a quel momento, cercò di reagire: ma ora c’è una creatura,… il bambino,… non posso abbandonare quella poveretta, sola, ad affrontare la vita senza che nessuno la possa aiutare.

    Chi ti ha detto che io voglia abbandonare il bambino? replicò il padre, Infatti crescerà nella nostra casa finché sarà piccolo, qui a Vinci, come mio nipote, ma non ti dimenticare che sarà sempre un bastardo, e da grande non gli sarà concesso di intraprendere la carriera di notaio, come sono io e sei tu. Chi è bastardo non potrà mai diventare notaio della Repubblica, e non potrà godere dei benefici connessi alla cittadinanza, né potrà vantare i diritti sui beni della famiglia. Il vecchio, scuotendo la testa come se fosse riuscito a scacciare un pensiero che fino a quel momento lo aveva turbato: …e poi,... intendo che gli venga messo un nome che sia estraneo alla tradizione della nostra famiglia. Leonardo! sì Leonardo è un bel nome e penso che da grande sarà contento di questa scelta.

    E la madre? Non avete pensato a quella povera ragazza, che si vede allontanata dalla propria creatura. Stai calmo! Ho pensato anche a lei, infatti giorni indietro, dopo essere venuto a conoscenza della notizia della maternità, di quello che hai combinato, sono andato a trovarla, e promettendo di aiutarla, l’ho convinta ad accasarsi con un mio contadino di Campo Zeppi, un tale Piero del Vaccha da Vinci, detto Attaccabriga, uomo d’età, taciturno e di carattere difficile. Con la promessa di trenta fiorini e di un piccolo appezzamento di uliveto, l’Attaccabriga non ha disdegnato di coprire il tuo peccato col proprio onore. Ho rassicurata la madre: il bambino sarà seguito e amato da noi, rimarrà a Vinci fin tanto che il padre non si sarà trasferito definitivamente a Firenze. Non devi temere per la sua salute, perché mia moglie, farà in modo che cresca bene, circondato dall’affetto di tutti." Nonostante che all’inizio abbia fatto ricorso al pianto, tutto sommato mi è sembrata una persona ragionevole, infatti non ha fatto più alcuna opposizione quando ha visto nelle mani un sacchetto pieno di monete. I soldi, figlio mio, hanno un potere curativo straordinario, riescono a guarire anche le ferite più profonde, specialmente se tali malanni li hanno la povera gente. Non essere ostinato, comprendo bene che sei giovane e che la ragazza è bella e attraente e ti sei affezionato a lei, ma quello che più

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