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La stirpe di Zoltan
La stirpe di Zoltan
La stirpe di Zoltan
E-book353 pagine5 ore

La stirpe di Zoltan

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Info su questo ebook

UNA SAGA FANTASY COMPLETA CHE TI CATTURERÀ DALLA PRIMA PAGINA. UNA STORIA E UNA SCRITTURA DALLA QUALE NON RIUSCIRAI A SEPARATI

I tre Lord di Zoltan e i loro compagni sono riusciti nell’impresa di attraversare l’inesplorato Oceano delle Tempeste, ma al ritorno in patria scoprono che i loro regni sono stati invasi da mostri ritenuti leggendari…
e il clima di paura in cui sono sprofondati i Regni d’Occidente sta mettendo ancora più in pericolo il precario equilibrio di coesistenza tra creature magiche e umani.
La provenienza di queste creature è uno dei molti segreti celati dall’ancestrale Castello di Cathbirth, magica prigione in cui mille anni fa vennero rinchiusi dal popolo delle Streghe come punizione per i loro crimini.
Determinati a riportare la pace, Darkle e i suoi alleati dovranno rimettersi in viaggio per trovare e affrontare l’implacabile nemico che si nasconde dietro questa nuova, enorme minaccia; ma prima dovranno svelare i molti misteri che dal lontano passato influenzano il presente, per conquistare con la vittoria un nuovo, inaspettato futuro.

Una duologia fantasy completa (il Primo Volume è LA STIRPE DI ZOLTAN, il Secondo Volume è I SEGRETI DI ZOLTAN), scritta in maniera esemplare. Un mondo creato nei minimi dettagli, per un’esperienza di lettura che ti lascerà entusiasta.
LinguaItaliano
Data di uscita27 ago 2020
ISBN9788868670627
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    La stirpe di Zoltan - Michela Tafelli

    Michela Tafelli

    La stirpe di Zoltan

    © 2015 Gilgamesh Edizioni

    Via Curtatone e Montanara, 3 – 46041 Asola (MN)

    gilgameshedizioni@gmail.com - www.gilgameshedizioni.com

    Tel. 0376/1586414

    ISBN 978-88-6867-062-7

    È vietata la riproduzione non autorizzata.

    In copertina: Progetto grafico di Stefano D'Auria

    © Tutti i diritti riservati

    ISBN: 978-88-6867-062-7

    This ebook was created with BackTypo (http://backtypo.com)

    by Simplicissimus Book Farm

    Indice

    Cronaca prima: Tre Fratelli

    Parte prima

    Parte seconda - UN MESE DOPO

    Cronaca seconda: Il ritorno di Rascal

    Cronaca terza: Il Figlio della Magia

    Cronaca quarta: Gnòthi seautòn - Conosci te stesso

    Cronaca quinta: L’inganno del Giullare

    Cronaca Sesta: L’Oceano delle Tempeste

    Cronaca settima: Fenice

    Cronaca ottava: Attraverso le terre dell’Alba

    Cronaca nona: Nube e Stella

    Epilogo: Astri Gemelli

    ANUNNAKI

    Narrativa ebook

    28

    Nel regno di Zoltan si prepara il matrimonio di Lord Rascal, il più giovane dei tre fratelli che lo governano, ma… lui non ne è al corrente! L'intreccio di intrighi politici che si dipanano tra i Regni d'Occidente è orchestrato da Lord Darkle, il vero sovrano di Zoltan, sulle tracce dell’antica stirpe delle Streghe, di cui ha in segreto ereditato le conoscenze magiche. Quando poi la guerra voluta dal fratello maggiore Roland si sposta nel regno di Garuda, riportando inevitabilmente alla vita una misteriosa entità rimasta sigillata per mille anni, la stirpe di Zoltan si troverà di fronte alla più ardua delle prove.

    La sete di conoscenza e potere, il desiderio di proteggere le presone amate, la brutale lotta per la sopravvivenza: il destino travolge le vite di uomini e donne trascinati in un viaggio nell'ignoto fino a una battaglia finale che supera ogni immaginazione.

    Benvenuti nel Regno di Zoltan.

    Michela Tafelli, nata il 13 marzo del 1982, vive a Calvisano (BS).

    Dopo gli studi classici si laurea presso l’Università Cattolica di Brescia in Filologia e Letteratura Italiana. Appassionata lettrice, comincia a sperimentare la scrittura di racconti fin dall’età di undici anni.

    La stirpe di Zoltan e I segreti di Zoltan la consacrano definitivamente come scrittrice di fantasy. 

    Cronaca prima: Tre Fratelli

    Parte prima

    Le torri del Castello di Cathbirth si stagliavano come graffi di tenebra sul firmamento. Il cupo cielo d’oriente cominciava appena a rischiararsi con la luce tenue della fredda alba di una primavera che ricordava ancora l’inverno; eppure gli abitanti della cittadella erano già desti, impegnati a riafferrare i fili della vita diurna abbandonando l’atmosfera ovattata del sogno.

    La Rocca Nera, imponente costruzione di basalto che si fondeva con le notti senza stelle, resisteva nella sua oscurità contro il cielo che sbiadiva. Silenziosa nella sua antica indifferenza, sembrava dilatarsi al tocco dei primi raggi: un titanico respiro che sospendeva per un attimo il pulsare dell’energia che sembrava animarla in modo misterioso. I comuni esseri umani non erano in grado di percepire il segreto che la rendeva unica: testimone superstite di un’era scomparsa; per essi restava soltanto un’aura incomprensibile che avvolgeva, in un silenzio innaturale, la fortezza solitaria, e si espandeva desolata fino alla cinta delle Mura Interne. Nessuno si spingeva mai oltre quella barriera; la vita quotidiana di quasi tutti gli abitanti del Castello si svolgeva nel vasto altopiano circondato dalle ciclopiche Mura Esterne, ove sorgevano palazzi, caserme e tutti gli edifici che ospitavano le attività volte a garantire l’autosufficienza del borgo fortificato che rappresentava il cuore del Regno di Zoltan.

    Il giorno appena iniziato però non era come gli altri: Matty Rhin se ne accorse non appena si affacciò alla finestra della sua stanza, collocata sopra le cucine della residenza più grande ed elegante. Era stato svegliato come tutte le mattine dai rumori della servitù affaccendata, ma che quel giorno erano più frenetici che mai. Solitamente, a un orario così antelucano, nella Zona Bassa gli unici movimenti erano quelli delle sentinelle mandate a dare il cambio a quelle che avevano vegliato per metà della notte sulle mura. Se il responsabile delle stalle era di umore particolarmente pessimo, metteva al lavoro i giovani garzoni fin dalle prime luci; magari si vedeva qualche inserviente che andava a prendere acqua al pozzo imprecando tra sé per la levataccia. Quella mattina, invece, tutta la servitù era già stata messa al lavoro: squadre di camerieri e servi erano all’opera per decorare saloni e corridoi, torri e bastioni. Ovunque un tripudio di festoni, bandiere e gonfaloni in tutti i colori dell’iride, e su ognuno di essi campeggiava in oro l’aquila incoronata, simbolo del regno e della casa reale di Zoltan. Tuttavia neppure la gaia atmosfera riusciva nel tentativo di rendere meno freddo e lugubre il contrasto con la spettrale collina che, in modo silenzioso ma costante, incombeva come un oscuro fantasma sulle loro esistenze.

    Nonostante questo, nessuno lesinava gli sforzi per i preparativi della festa più sfarzosa che l’ancestrale maniero avesse mai testimoniato: le guardie lucidavano le armature da parata; i cuochi aspettavano la carovana dei mercanti che trasportava le provviste ordinate da luoghi lontani; i carpentieri preparavano un palco per i musicanti e una pista per le danze nel cortile principale. Tutti in un modo o nell’altro si affrettavano tra mille cose da fare.

    Tutti tranne me, pensò Matty Rhin esibendo il suo consueto sorriso irridente. Di carattere gioviale, irrequieto e incapace di stare fermo, saltellò su un piede e poi sull’altro, movimento che fu accompagnato da un tintinnante concerto di argentini campanelli. Alla veneranda età di vent’anni, era convinto che fare il buffone di corte fosse la sua vocazione, cosa di cui era sempre stato più che soddisfatto; non riusciva a immaginare uno stile di vita migliore. Fece una piroetta su se stesso, in un turbinio di strisce colorate di stoffa che portava legate a braccia e gambe. I campanelli del colletto, dei polsini e degli stivaletti risuonarono nuovamente in un allegro tintinnio simile a una risata. La giornata prometteva bene: era sempre un buon giorno quando c’era una festa in arrivo.

    A un tratto udì la lunga nota di un corno, e il grido della sentinella: Aprite le porte! Lord Rascal e il suo seguito tornano dalla caccia!.

    Rascal è qui, finalmente! Il giullare immaginò l’espressione del suo padrone ed amico quando gli avrebbe rivelato la novità che lo attendeva. Chissà che bella sorpresa avrebbe avuto! Matty scoppiò in una risata beffarda, accompagnato dal vivace tintinnio di tutti i suoi campanelli. Oh, sì, sarebbe stata proprio una giornata divertente!

    I pesanti battenti di quercia si spalancarono violentemente sbattendo contro i muri di pietra grezza della cavernosa Sala d’Armi, e la sagoma dell’infuriato Rascal si stagliò nel vano della porta.

    Che storia è questa!? gridò paonazzo in volto, e la voce riecheggiò stridula contro l’alto soffitto a volta.

    Roland non sembrò notare la sua presenza. Rascal cercò di trattenere la rabbia che minacciava di soffocarlo. Sapeva bene che suo fratello maggiore non s’interessava a niente e a nessuno durante lo svolgimento del suo allenamento quotidiano. Così restò a osservarlo mentre metteva rapidamente fuori combattimento tre soldati da solo.

    Lord Roland aveva ventisette anni e la corporatura del vero guerriero: alto, fisico possente e muscoloso, spalle larghe, membra forti e instancabili, le dita callose per il continuo maneggio delle armi. I capelli neri, tratto distintivo della famiglia reale di Zoltan, erano tagliati corti per non ricadere sugli occhi grigio-azzurri, duri e taglienti come l’acciaio. Portava spesso l’armatura e nessuno l’aveva mai visto senza un’arma. Sembrava nato per il combattimento, e in effetti non si occupava di nient’altro; per sua stessa ammissione, si era votato alla guerra.

    Tra le sue truppe acquartierate al Castello c’era una bizzarra usanza: ogni sera, dopo il pasto, si svolgeva una vera e propria sfida per la sopravvivenza. Appena suonava la tromba che dava il segnale di ritirarsi nelle camerate, gli uomini si precipitavano fuori dalla mensa: dovevano correre fino all’armeria, pulire e deporre ordinatamente le armi, strigliare ognuno il proprio cavallo, fare tre giri di corsa del cortile principale, e raggiungere la camerata. Il portiere aveva il compito di chiudere fuori gli ultimi tre. Costoro non solo si vedevano costretti a dormire nelle scuderie, ma il mattino dopo sarebbero stati ‘sacrificati’ alla simulazione di battaglia che rappresentava la conclusione dell’allenamento personale di Lord Roland; ciò comportava inevitabilmente il ricevere un sacco di botte.

    Di norma però il supplizio non durava molto: anche quel giorno, dopo pochi minuti Roland giudicò di averli martoriati a sufficienza; congedò quelli che potevano ancora reggersi in piedi e fece cenno alla barella per il terzo. Solo allora si accorse del fratello minore.

    Rascal gli si pose davanti, rosso in faccia. Uno spettatore casuale avrebbe riso vedendo quel diciottenne dal fisico snello, con l’ira che ardeva nei chiari occhi verdi, fissare stizzito un gigante due volte più robusto di lui che lo sovrastava di tutta la testa. Rascal ci era ormai abituato, anzi, l’espressione indifferente del volto accaldato di Roland lo mandava su tutte le furie. Ingoiò la bile; non voleva mostrarsi isterico, quando doveva misurarsi con la massiccia presenza fisica del maggiore.

    Che storia è questa? ripeté con voce arrochita.

    Ti riferisci al matrimonio? domandò quietamente Roland, ignorando il turbamento dell’altro.

    Queste parole colpirono Rascal come una martellata.

    Matrimonio. Allora non era uno scherzo di quel buffone.

    Non lo sapevi? Stavolta ha veramente esagerato. Avrebbe almeno dovuto avvertirti.

    Ci credo, visto che quello che si dovrebbe sposare sono IO! sbraitò Rascal in uno scatto di nervi. Poi si sedette pesantemente su una panca prendendosi la testa tra le mani: E pensare che ho fatto persino frustare il povero Matty.

    Roland inarcò un sopracciglio, sorpreso: Addirittura il tuo compare di malefatte! Capisco che il matrimonio ti piaccia quanto il diavolo ama l’acqua santa, ma….

    Anche meno! Anche meno! strillò Rascal Io non voglio sposarmi. Io sono nato per essere libero, per divertirmi, senza legami! Perché dovrei prendere moglie? Sto benissimo così come sto!

    Non serve che ti lamenti con me. La cosa non mi riguarda. M’interesso di spade, non di fedi nuziali! lo liquidò scrollando le spalle.

    Allora ne parlerò con lui.

    Rascal si alzò lentamente, deciso ma pallido. Strinse i pugni per esprimere la propria determinazione, ma le sue mani tremanti lo fecero sembrare più un gesto alla ricerca del coraggio.

    Cosa speri di ottenere?

    Gli dirò che non voglio sposarmi. Dovrà cambiare i suoi piani.

    Roland gli lanciò un’occhiata scettica.

    L’altro s’irrigidì: Non me ne credi capace? Lo faccio. Subito e come un automa si diresse verso la porta.

    Aspetta! Sai che ha vietato a chiunque l’accesso oltre le Mura Interne!

    Il più giovane Lord di Zoltan testardamente non si fermò.

    Il passo di Rascal era cauto e nervoso, ben diverso dal suo solito incedere elastico e baldanzoso; il suono dei suoi passi che rimbombava nell’atrio vuoto e buio della Rocca Nera lo inquietava come nient’altro mai prima. Non riuscì a trattenere un brivido che gli percorse gelido la schiena come un rivolo di acqua ghiacciata. Non capiva assolutamente come qualcuno potesse vivere solitario tra quelle mura cavernose e spoglie, in un dedalo di alti e lugubri corridoi con stanze dalle porte sbarrate.

    Non era mai entrato prima in quella fortezza spaventosa; il suo proprietario non accettava ospiti a meno che non fossero da lui convocati, e che si sapesse mai nessuno aveva mai ricevuto questo dubbio onore. Le riunioni di governo venivano sempre tenute nei palazzi della Zona Bassa, ulteriori comunicazioni giungevano per iscritto, messaggi scambiati oltre la porta arrugginita delle Mura Interne. Di conseguenza, Rascal non aveva idea di dove potessero essere collocati i suoi appartamenti, sempre che fosse riuscito a racimolare abbastanza coraggio per entrarvi; non osava una cosa del genere da quand’era un bambino: da prima che il Re loro padre lasciasse ai tre figli il potere. Formalmente. Di fatto la realtà universalmente riconosciuta era che, nella sostanza, la sovranità effettiva era stata affidata al secondogenito; nessuno degli altri due figli aveva le capacità o l’interesse necessari ad assumersi le responsabilità del governo di un regno. La corona di Zoltan aveva un unico degno possessore. Nonostante questo, pochissimo tempo dopo, quasi subito dopo la morte del padre, egli era improvvisamente scomparso; e quando era tornato...

    Rascal comprese che non aveva mai capito il suo più oscuro fratello. Erano così diversi, tutti e tre; certo, erano figli di madri diverse, ma qualcosa legata al sangue in comune dovevano pur averla, no?

    Tuttavia il secondo fratello era sempre stato un enigma. Il viaggio misterioso che aveva compiuto sette anni prima non l’aveva cambiato: l’aveva invece reso più simile a se stesso; dentro di sé quell’anima inquieta aveva sempre cercato qualcosa. E alla fine l’aveva trovato. Ora era ancor meno avvicinabile che in passato: sempre cupo e solitario, fin da bambino; incomprensibile, impenetrabile, imperscrutabile. Occulto. In questo era sempre rimasto lo stesso. Per questo motivo tutti lo conoscevano con il soprannome di Lord Tenebroso.

    Si fermò in fondo a un lunghissimo corridoio. Davanti a lui si ergeva una porta mirabilmente intarsiata d’ebano in figure di draghi, oscure fiamme e angeli dalle ali nere. La porta dello studio.

    Rascal allungò la mano per bussare, ma appena la alzò la porta si aprì silenziosamente lasciando uno spiraglio di qualche centimetro. Con voce fievole e tremula mormorò il suo nome, affacciandosi con cautela.

    Darkle…

    Le parole gli morirono in gola.

    Lord Darkle, il Signore di Zoltan, era al centro della stanza vuota. Il suo corpo levitava nell’aria, avvolto in un bruciante alone di luce cangiante dal verde al giallo al sanguigno. Il suo mantello ondeggiava al soffio di un vento inesistente, spalancandosi come ali di nero velluto alle sue spalle. Serpenti di fuoco fatuo color oltremare avvolgevano le loro spire attorno alle sue braccia. Un’energia rovente e pulsante colmava la sala, facendo sfrigolare le pareti. Il corpo dell’uomo sembrava dominare quel potere ultraterreno e nello stesso tempo abbandonarsi a esso in un’estasi mistica; i suoi occhi erano chiusi, e il suo volto concentrato.

    Al sussurro del suo nome sollevò le palpebre, lentamente; il suo sguardo abissale sembrava perso in mondi che gli esseri umani non potevano neppure immaginare.

    Rascal era pietrificato: giravano molte dicerie sui poteri soprannaturali che suo fratello si era conquistato, ma era la prima volta che un testimone oculare lo vedeva mentre li utilizzava; era una cosa terrificante e bellissima al tempo stesso. Gli riportò alla mente la leggenda sulla perduta stirpe delle Streghe, il popolo ancestrale che possedeva la magia nella sua forma più pura, e viveva con e per essa. Dalla loro estinzione, nessun mortale aveva mai posseduto facoltà anche solo lontanamente paragonabili.

    Darkle sembrò percepire la presenza di un essere umano; dal limbo in cui era immerso, il suo sguardo tornò all’istante lucido e cosciente. Voltò la testa verso l’inebetito Rascal e la luce ultraterrena svanì, mentre i suoi piedi tornavano a posarsi sul pavimento ligneo. I suoi scuri occhi implacabili non avevano lasciato neanche per un attimo quelli verdi e impauriti del più giovane, che sentì una morsa stringersi intorno al suo cuore. Non sopportava lo sguardo di suo fratello: Darkle aveva un modo di fissare le persone che imprigionava la mente, e ci si ritrovava a naufragare in quegli occhi neri senza fondo che scrutavano i più reconditi pensieri. Niente poteva restargli nascosto; poteva scrutare ogni angolo dell’anima, scoprire i suoi più reconditi segreti. Si restava inermi, tremanti, di fronte a un potere che nessuno avrebbe mai potuto spiegare, ma che si sentiva scorrere sulla pelle, penetrare nella carne, sondare ogni singola cellula dell’essere.

    Rascal raccolse tutto il suo coraggio, ma per cominciare a parlare dovette abbassare lo sguardo: So- Mi hanno detto- Si sta preparando il mio matrimonio.

    Ho dato io quest’ordine disse Darkle, voltandogli indifferente le spalle.

    Perché? scattò Rascal in un impeto disperato Non voglio sposarmi!

    L’altro si voltò nuovamente verso di lui. Rascal si pentì subito della sua irruenza. Tuttavia il volto impassibile di Darkle non rivelava alcuna emozione; uscì dalla stanza, e mentre scivolava silenzioso accanto al fratello, mormorò un Seguimi freddo e imperioso al tempo stesso. Il ragazzo seguì lo spirito silenzioso che gli faceva strada in quell’acropoli deserta.

    I due fratelli formavano un contrasto evidente: Darkle, un venticinquenne alto e cupo, il cui volto severo dimostrava una maturità molto superiore ai suoi anni. A testa china, sembrava riflettere profondamente; gli occhi neri, abissi colmi d’ombre che avevano visto troppe cose e troppo terribili per un uomo ancora così giovane, erano celati dalle ciocche di capelli corvini che scendevano a ombreggiargli il volto. Anche gli abiti che indossava erano invariabilmente color della notte; il lungo mantello gli ondeggiava intorno alle caviglie, e lui se lo stringeva attorno al corpo asciutto. I suoi movimenti felini gli conferivano un portamento nobile e ieratico; i suoi passi quasi non si udivano, e sembrava scivolare nell’aria come un fantasma senza requie.

    Rascal, di sette anni più giovane, era snello e dinoccolato, e solitamente abbigliato di colori sgargianti; quel giorno esibiva un elaborato completo da caccia rosso con una fascia che gli tratteneva i lunghi capelli neri e ondulati; i suoi occhi verde giada, ora privi della consueta spensieratezza, erano offuscati dall’inquietudine. La somiglianza fisica tra i tre fratellastri si fermava al colore dei capelli e ad alcuni tratti del viso; per il resto, erano diversi nel corpo come nel carattere. Alla natura misteriosa, solitaria e tetra di Darkle si opponeva l’allegro, estroverso e goliardico Rascal; a entrambi si aggiungeva il solido, pragmatico, un po’ brutale materialismo di Roland. Questi caratteri talmente incompatibili si bilanciavano però proprio grazie alla loro diversità, e così erano sempre convissuti in modo abbastanza tollerante.

    Fino ad allora.

    Darkle guidò Rascal lungo un colonnato che si apriva sul selvaggio paesaggio settentrionale. Il Castello di Cathbirth sorgeva in una regione di boschi e ampie brughiere, lontano dalla civiltà umana; nonostante fosse da anni la dimora dei tre Lord di Zoltan, Darkle aveva proibito qualunque intervento di alterazione, fatta eccezione per l’abitabilità dell’area tra le due cinte di mura.

    Il bastione a nord della Rocca dava su uno strapiombo di decine di metri. Rascal non riuscì a evitare di guardare in basso; fu colto da un’improvvisa vertigine, e rialzò subito gli occhi. Darkle si era fermato poco avanti, e osservava silenziosamente il paesaggio.

    Fra pochi giorni sposerai la principessa Lavinia di Siren. Era un’affermazione.

    Rascal non seppe cosa replicare. Gli sfuggì solo un flebile Perché?.

    Darkle si voltò a guardarlo. Con tono serio e grave cominciò a spiegare: Le leggende di Siren dichiarano che le nobili famiglie di quel Paese discendano da un gruppo di maghi che avevano riscoperto frammenti di conoscenze occulte risalenti alla stirpe delle Streghe. Essi avevano usato questa eredità per dominare gli elementi: controllando i venti e le onde, potevano assicurare la prosperità di quel regno costiero che vive esclusivamente del commercio marittimo e della pesca. Personalmente ritengo ci siano buone probabilità che questa leggenda sia solo una superstizione diffusa dagli aristocratici per consolidare la propria supremazia e annullare ogni tentativo di rivolta da parte del popolo. Si tratta di un meccanismo psicologico già usato in passato. Tuttavia sono convinto che dietro la leggenda ci sia qualcosa di vero. Credo che almeno i membri della famiglia reale conservino qualche frammento di conoscenza della magia, forse testi antichi riguardanti il controllo elementare di forze naturali; dubito che ci sia di più. Di certo non conoscono la magia che concerne il campo sovrannaturale, né quella spirituale, né l’evocazione. Ma vale la pena cercare di conoscere il più possibile.

    Dove vuoi arrivare con tutto questo? interloquì spazientito Rascal.

    Darkle gli rivolse uno sguardo di irritazione febbrile: Voglio saperne di più sulla loro magia. Devo scoprire tutto ciò che sanno dell’eredità delle Streghe. Intendo leggere i libri che possiedono. E sono disposto a usare ogni mezzo per riuscirci.

    Anche farmi sposare?

    Il tuo matrimonio con la principessa porterà a un’alleanza con il regno di Siren. Politicamente ed economicamente è una mossa molto vantaggiosa, considerato che il nostro regno ha un territorio prevalentemente continentale, mentre Siren ha il controllo della maggior parte delle coste. Inoltre, in veste di sovrani di uno Stato amico avremo la possibilità di accedere al Palazzo Reale - e ai suoi segreti.

    Ma perché ti interessa tanto la loro cosiddetta magia? Da quello che ho visto oggi… non riuscì a trattenere un brivido sottopelle al pensiero Non vale niente in confronto alla tua!

    Si tratta pur sempre di magia. E come tale voglio sapere come agisce e cosa può fare. Desidero semplicemente apprendere.

    Tu vuoi apprendere, ma sono io quello che vuoi far sposare! E tutto per quattro trucchi e qualche libro rosicchiato dai topi! E per un’alleanza che ci è completamente superflua! Vuoi la loro Magia? Conquistiamo con le armi Siren come abbiamo fatto per altri territori!

    Ci avevo già pensato. Ma se invadiamo Siren, Re Hydro distruggerà i libri, e coloro che ne sanno qualcosa potrebbero venire uccisi. Non voglio correre un simile rischio.

    Rascal era disperato: Darkle sembrava irremovibile, e le sue speranze di evitare l’esecrato matrimonio svanivano come neve al sole. Tuttavia fece un ultimo, ingenuo tentativo: Ma perché proprio io? Non puoi far sposare a Roland questa principessa?.

    Roland? Stai scherzando, spero rispose Darkle sprezzante. Conosci nostro fratello. Re Hydro non avrebbe mai accettato un tale matrimonio. Tu sei l’unico disponibile.

    Queste parole lo resero furioso: Come sarebbe a dire? Maledizione, sei tu quello interessato! Perché non te la sposi tu?.

    Come se quelle parole fossero state uno schiaffo in viso, Darkle s’irrigidì e si voltò di scatto. La maschera indifferente era scomparsa; i lineamenti eleganti del suo volto erano contratti in linee taglienti e gelide, ma i suoi occhi lampeggiavano di rabbia come pece ribollente. Rascal, terrorizzato, indietreggiò: non l’aveva mai visto talmente in collera, e capì che stavolta era davvero andato troppo oltre.

    Darkle fece uno sforzo sovrumano per calmarsi; il suo viso si ricompose nell’espressione impassibile, e gli occhi neri tornarono freddi come onici. Rascal azzardò di nascosto un respiro: sapeva che la morte non gli sarebbe mai più passata così vicino lasciandolo illeso. Il fratello gli voltò le spalle e si allontanò di qualche passo, venendo inghiottito dalle ombre del colonnato. Rascal non osò muoversi.

    Dopo qualche minuto dai recessi tenebrosi del corridoio uscì la voce di Darkle. Il tono era pacato, calmo, ma con un’eco nascosta di cupa e amara tristezza: C’è una cosa che non sai. Una cosa che non ho mai detto a nessuno.

    Una pausa. Rascal era incerto se dire qualcosa o tacere. Ma poi la voce continuò.

    "Ricordi quando partii, dopo la morte di nostro padre? Scomparvi senza dire nulla a nessuno. Perché nessuno doveva sapere. Era la mia ricerca, qualcosa che dovevo conquistare da solo. Solo la mia volontà e determinazione potevano portarmi alla meta. O alla morte.

    "Infine ci sono riuscito. Mi si è aperto uno spiraglio sulla verità. Ho ottenuto ciò che avevo sempre desiderato. Il primo passo sulla strada segreta. Ero pronto a tutto, ho dato tutto. E ho vinto.

    "Ma ogni vittoria ha un prezzo. Il prezzo da pagare, per me, è altissimo: la condanna a una vita di solitudine. Tenebra nelle tenebre; e una condizione: non avrei mai amato una donna che appartiene a questo mondo.

    "In un primo momento non mi parve importante. Ero in procinto di cogliere il senso della mia vita. Nonostante gli avvertimenti, non lo considerai un prezzo eccessivo in cambio della conoscenza e del potere che si offrivano a me.

    Così, accettai.

    Rascal era rimasto in silenzio. Non capiva. Questo discorso conteneva qualche tipo di spiegazione sul misterioso viaggio di suo fratello, era evidente; ma c’erano moltissimi altri elementi che gli erano del tutto oscuri. Solo una cosa gli pareva chiara: Darkle aveva promesso di non sposarsi. Provò una grande tristezza: l’uomo di fronte a lui aveva rinunciato, per il suo sogno di potere, alla felicità; a quella gioia naturale che ogni uomo ha la possibilità di avere.

    Capirai che non avrei dovuto dirti quelle cose.

    La voce del Lord Tenebroso, tornata fredda e tagliente, fece trasalire Rascal: il fratello era accanto a lui, e lo guardava fisso negli occhi con uno sguardo terribile: Confido che non ne farai parola con nessuno. MAI.

    Darkle, silenziosamente, si allontanò senza voltarsi indietro e scomparve nel buio.

    ***

    Il mattino di quello stesso giorno, un fastoso corteo attraversava il confine tra il Regno di Siren e quello di Zoltan. Il corteo scortava la Principessa Lavinia fino al Castello di Cathbirth, ove si sarebbe incontrata due giorni dopo con Lord Rascal.

    Nella portantina reale, Sua Maestà Re Hydro era impegnato a fare una lunga lista di raccomandazioni alla figlia sull’atteggiamento da tenere in presenza dei sovrani di Zoltan e del suo promesso sposo. La giovane principessa, ovviamente, non lo ascoltava; conosceva alla perfezione tutti i dettami dell’etichetta, e si disinteressava completamente dei discorsi ampollosi del padre, fingendo di essere completamente assorta nel rimirarsi allo specchio per esaminare l’elaborata acconciatura dei boccoli biondi. Era una fortuna che sua madre Anfitrite, da anni in disaccordo con le scelte politiche del consorte, si fosse definitivamente ritirata a vita privata nella sua sfarzosa residenza in campagna: l’unica cosa su cui i suoi petulanti genitori andavano d’accordo era l’infinita ripetizione di noiosi precetti di comportamento regale.

    Insomma, figlia mia, tu non mi ascolti! sbottò il paffuto Re, asciugandosi con un fazzoletto di seta la testa calva perennemente umida di sudore.

    Padre, non angustiatevi. State certo che non sfigurerò alla corte dei Lord di Zoltan disse annoiata la fanciulla, lanciando un sorriso malizioso e civettuolo alla sua immagine nello specchio.

    Capisco che per te non deve essere facile, figlia mia continuò il re ignorando l’indifferenza della ragazza Ma questo matrimonio è di importanza vitale per il nostro regno! Zoltan è un paese molto potente, e la loro amicizia è fondamentale per la nostra sopravvivenza!

    Bla, bla, bla pensò Lavinia, seccata è da quando siamo partiti che suona questa musica!. Per Sua Grazia la Principessa le questioni schiettamente politiche non avevano alcun interesse. Cresciuta e riverita a immagine della perfetta dama di stirpe reale, impeccabile nel destreggiarsi tra gli eventi mondani dell’altissima società, preferiva rivolgere la sua arguzia innata ai più sottili e delicati legami interpersonali: quella rete impalpabile

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