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Il medioevo viterbese
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E-book247 pagine3 ore

Il medioevo viterbese

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Nella primavera 2001, l’Archivio di Stato di Viterbo e la cattedra di Esegesi delle fonti storiche medievali della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università della Tuscia - cattedra tenuta al tempo dallo scrivente - ebbero a promuovere, con il patrocinio della I Circoscrizione del Comune di Viterbo, un ciclo di conferenze il cui filo tematico si ritenne di individuare nella storia medievale della città. Ne scaturì una serie di incontri che riscossero l’attenzione dei più qualificati cultori della storia di Viterbo e di un buon numero di cittadini. In questo volume si pubblicano i testi delle conferenze tenute nella circostanza da Anna Esposito, Angela Lanconelli, Paola Mascioli ed Alba Pagani con l’aggiunta di alcuni contributi che, in un momento successivo, sono stati richiesti ad altri studiosi. All’ampliamento del volume si è giunti per la volontà di arricchire lo spettro tematico dello stesso, estranea restando, tuttavia, l’intenzione di esaurire in queste pagine gli approcci e i percorsi investigativi cui motivatamente potrebbe dar luogo l’importante e complessa vicenda storica del capoluogo della Tuscia. 
LinguaItaliano
Data di uscita21 mar 2022
ISBN9788878539792
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    Il medioevo viterbese - Alfio a cura di Cortonesi

    PREFAZIONE

    Nella primavera 2001, l’Archivio di Stato di Viterbo e la cattedra di Esegesi delle fonti storiche medievali della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università della Tuscia -cattedra tenuta al tempo dallo scrivente- ebbero a promuovere, con il patrocinio della I Circoscrizione del Comune di Viterbo, un ciclo di conferenze il cui filo tematico si ritenne di individuare nella storia medievale della città. Ne scaturì una serie di incontri che riscossero l’attenzione dei più qualificati cultori della storia di Viterbo e di un buon numero di cittadini. In questo volume si pubblicano i testi delle conferenze tenute nella circostanza da Anna Esposito, Angela Lanconelli, Paola Mascioli ed Alba Pagani con l’aggiunta di alcuni contributi che, in un momento successivo, sono stati richiesti ad altri studiosi. All’ampliamento del volume si è giunti per la volontà di arricchire lo spettro tematico dello stesso, estranea restando, tuttavia, l’intenzione di esaurire in queste pagine gli approcci e i percorsi investigativi cui motivatamente potrebbe dar luogo l’importante e complessa vicenda storica del capoluogo della Tuscia.

    I settori d’indagine rappresentati nel libro sono alcuni fra quelli che maggiormente hanno beneficiato del revival storiografico che, a muovere dagli anni ottanta, si è registrato per Viterbo e i territori contermini (anche per lo stimolo venuto dall’Università della Tuscia e dai numerosi insegnamenti di storia in essa impartiti): vi si tratta, dunque, della storia economica -e particolarmente della storia agraria-, della storia politica e sociale, della storia della cultura, della storia urbana intesa come storia della ‘città di pietra’ e degli uomini che in quei secoli la modellarono. E’ significativo che su alcuni dei temi indicati ampliamenti ed approfondimenti siano già maturati nel periodo che ci divide da quello di svolgimento delle conferenze, talora portando alla pubblicazione di importanti monografie: mi riferisco, in particolare, al recente volume di Alba Pagani su Viterbo nei secoli XI-XIII. Spazio urbano e aristocrazia cittadina e a quello di Paola Mascioli -in corso di stampa, al momento dell’estensione di questa nota- sulla vita politica e amministrativa della città quattrocentesca.

    La strada per una migliore conoscenza della storia di Viterbo è dunque aperta e sono in molti, oggi, a percorrerla fruttuosamente. Sono convinto che ciò aiuti non poco a pensare (e ripensare) il presente della città e a progettare il suo futuro nell’interesse della comunità.

    Come esplicitato anche altrove, questo libro è dedicato al ricordo affettuoso di Pino Lombardi, docente della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Ateneo viterbese, amico generoso, studioso valente, della cui prematura ed improvvisa scomparsa ancora non riusciamo a capacitarci.

    Alfio Cortonesi

    Professore ordinario di Storia medievale

    Università della Tuscia

    La pubblicazione degli atti relativi al ciclo di lezioni Medioevo viterbese tenutosi nella Sala Conferenze dell’Archivio di Stato di Viterbo nell’anno 2001, è nata dall’esigenza –non più derogabile– di favorire l’approccio ai grandi temi della storia e al bene ARCHIVIO da parte di strati sempre più ampi di cittadini. Lo scopo principale che ci si è proposti è proprio questo: la divulgazione, vale a dire la valorizzazione e la fruizione, in senso lato, del potenziale d’informazione storica conservato negli archivi: fruizione che è, appunto, auspicabile possa avvenire, se non in prima persona, almeno attraverso la mediazione di archivisti, storici e ricercatori che, con la loro elaborazione, si facciano tramite tra storia e realtà presente, aprendo al vasto pubblico la via per la conoscenza e la comprensione delle vicende del passato.

    Si è creduto di contribuire alla realizzazione di quest’obbiettivo costruendo, con il ciclo di conferenze, un percorso storico-culturale coerente, ancorché parziale. La molteplicità e la complessità delle valenze e dei temi che, nell’intenzione dei promotori, formavano l’oggetto dell’iniziativa hanno finito col determinare alcune difficoltà per l’impianto scientifico della stessa; se fin dall’inizio si è dovuto rinunciare ad ogni pretesa di completezza, con la pubblicazione degli atti e l’inserimento di ulteriori contributi (che sono andati ad aggiungersi ai testi delle conferenze) è stato possibile arricchire il ventaglio tematico e meglio delineare ed articolare il quadro dell’universo medievale di Viterbo.

    I risultati conseguiti si palesano in questa pubblicazione, che propone spaccati diversi della storia della città, fornendo al lettore immagini di ambienti e strutture edilizie del centro urbano medievale, della sua vita sociale, economica, rurale, culturale, ecc. Temi e percorsi che -giova ripeterlo- non intendono esaurire alcunché, ma piuttosto indicare prospettive per ulteriori indagini e approfondimenti.

    Augusto Goletti

    Direttore dell’Archivio di Stato di Viterbo

    ABBREVIAZIONI E SIGLE

    Acap = Archivio del Capitolo della Cattedrale di Viterbo.

    ACT, = Archivio Comunale di Tarquinia.

    ACVesc = Viterbo, Archivio della Curia Vescovile.

    ARSRSP = Archivio della R. Società Romana di Storia Patria.

    ASCT = Archivio Storico Comunale di Tuscania.

    ASCV = BCA, Archivio Storico Comunale di Viterbo.

    ASR = Archivio di Stato di Roma.

    ASRSP = Archivio della Società Romana di Storia Patria.

    ASV = Archivio di Stato di Viterbo.

    AV = Archivio Segreto Vaticano.

    b. = busta.

    BCA = Viterbo, Biblioteca Comunale degli Ardenti.

    Bcap = Viterbo, Biblioteca Capitolare della Cattedrale di S. Lorenzo.

    Buzzi, Margarita = La «Margarita iurium cleri viterbiensis», a cura di

    C. BUZZI, Roma 1993 (Miscellanea della Società romana di storia patria XXXVII).

    Ciampi = Cronache e statuti della città di Viterbo, Firenze 1872, ristampa anastatica Bologna 1972.

    Coll. = Collectoriae.

    D’Andrea = P. Egidi, Le croniche di Viterbo scritte da Frate Francesco d’Andrea, in ASRSP, 24 (1901), pp. 197- 252; 299-371.

    Della Tuccia Cronaca di Niccola della Tuccia, in Ciampi, pp. 1-272.

    Egidi = P. Egidi, L‘archivio della Cattedrale di Viterbo, in «Bullettino dell’Istituto Storico Italiano e Archivio muratoriano», 27 (1906), pp. 7-382. FSI 48 = Statuti della Provincia Romana, a cura di F. TOMASSETTI, V. FEDERICI e P. EGIDI, Roma 1910 (Fonti per la Storia d’Italia, 48). FSI 69 = Statuti della Provincia Romana, a cura di V. FEDERICI, Roma 1930 (Fonti per la Storia d’Italia, 69).

    Intr. et Exit. = Introitus et Exitus.

    Kurze = W. Kurze (a cura di), Codex Diplomaticus Amiatinus. Urkundenbuch der Abtei S. Salvatore am Montamiata. Von der Anfängen bis zum Regierungsantritt Papst Innozenz III. (763-1198), 3 voll., Tübingen 1974-1982.

    Liber memorie, a. 1283 = Liber memorie omnium privilegiorum et instrumentorum et actorum communis Viterbii (1283), a cura di C. Carbonett i Venditt elli, Roma 1990 (Miscellanea della Società romana di storia patria, XXXIV).

    Liber quatuor clavium = Il «Liber quatuor clavium» del comune di Viterbo, a cura di C. Buzzi, 2 voll., Roma 1998 (Fonti per la storia dell’Italia medievale, Regesta Chartarum, 46).

    LL = G. Zucchett i, Liber Largitorius vel notarius monasterii Pharphensis, 2 voll., Roma 1913-1932. Margherita = ASCV, Margherita.

    Not. = Fondo notarile.

    Not. Acquapendente = ASV, Notarile di Acquapendente.

    Not. L’Aquila = Archivio di Stato dell’Aquila, Notarile dell’Aquila.

    Not. Ronciglione = ASV, Notarile di Ronciglione.

    Not. Viterbo = ASV, Notarile distrettuale di Viterbo.

    Orioli, Viterbo = F. Orioli, Viterbo e il suo territorio, in «Giornale Arcadico di scienze, lettere e arti», CXVII (1848), pp. 262-367, CXVIII (1849-1850), pp. 105-165.

    Perg. = Pergamene.

    Pinzi, Ospizi = C. Pinzi, Gli ospizi medioevali e l’Ospedal-Grande di Viterbo, Viterbo 1893.

    Pinzi, Viterbo = C. Pinzi, Storia della città di Viterbo lungo il medioevo, 4 voll., Roma – Viterbo, 1887-1913.

    Reg. = registro.

    RF = I. Giorgi, U. Balzani, Il Regesto di Farfa, compilato da Gregorio di Catino e pubblicato dalla Società Romana di Storia Patria, 5 voll., Roma 1879-1914.

    Rif. = Riformanze.

    S. Angelo = ASCV, Pergamene, S. Angelo.

    Signorelli, Viterbo = G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, 3 voll., Viterbo 1907-1969.

    S. Sisto = ASCV, Pergamene, S. Sisto.

    St. di Viterbo, aa. 1237-1238 e 1251-1252 = Gli Statuti Viterbesi del MCCXXXVII- VIII, MCCLI- II e MCCCLVI, a cura di P. Egidi, in FSI 69, pp. 27-282.

    St. di Viterbo, a. 1469 = ASCV, Statuti del comune di Viterbo, a. 1469. Successivamente alle ricerche che qui si presentano, questo statuto è stato edito in Lo statuto del Comune di Viterbo del 1469, a cura di C. Buzzi, Roma 2004.

    Tes. Patr. = ASR, Camerale I, Tesorerie Provinciali: Patrimonio

    OSSERVAZIONI IN MARGINE ALL’ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO NELLA TUSCIA MEDIEVALE: I ‘FINES VITERBIENSES’ TRA VIII E XI SECOLO.

    ANGELA LANCONELLI

    Viterbo è una città che nasce in età medievale 1 . Il suo nucleo primitivo è costituito da un castello, il castrum Viterbii , situato sul colle dove ora si trova la Cattedrale e testimoniato nelle fonti scritte a partire dalla metà del secolo VIII. La storiografia viterbese, alla ricerca delle origini della città, ha tentato di dimostrare la preesistenza, nello stesso sito, di insediamenti di età etrusca e romana. In effetti, l’ipotesi che vi sorgesse un abitato etrusco potrebbe trovare una conferma nelle analogie esistenti tra il sistema di fortificazione del castrum Viterbii e quello analizzato da Schmiedt per altri siti di sperone di origine etrusca che si trovano nella Tuscia, difesi per tre lati dai ripidi fianchi della rupe rinforzati da mura, mentre il quarto lato, quello verso il retroterra, meno sicuro, è protetto da un fossato artificiale che taglia lo sperone isolando l’abitato 2 . Lo stesso Schmiedt, sulla base di queste osservazioni, ha ipotizzato un’origine del castrum altomedievale di Viterbo legata alla rivitalizzazione di centri di origine etrusca, come conseguenza dell’abbandono in età tardoantica della via Aurelia e dello spostamento delle popolazioni e dei traffici commerciali verso l’interno 3 . La mancanza di rilievi archeologici attendibili impedisce, tuttavia, di convalidare questa ipotesi, come pure quella dell’esistenza di un abitato di età romana, poiché nel sito del castello altomedievale non sono segnalati - stando alle ricerche condotte sinora - resti di abitazioni risalenti a quell’epoca, come invece accade nella valle che si trova sotto la Cattedrale, dove sono rimaste consistenti tracce di popolamento (abitazioni e edifici termali). Anche le testimonianze scritte relative alla presenza nella zona di un abitato di età romana fanno riferimento non al colle ma alla vicina e sottostante località Riello, nella quale si trovava Sorrina Nova , città ricordata in alcune epigrafi di età imperiale 4 .

    A dire il vero nell’Ottocento, nel corso di un restauro del pavimento della cattedrale, vennero alla luce frammenti scultorei e strutture murarie attribuite dallo storico viterbese Pinzi ad un abitato di età tardoantica (IV o V secolo d. C.)5, ma all’epoca non furono fatti rilievi sistematici; solo recentemente (1997-98), in occasione dei lavori per la costruzione del Museo della Cristianità, si è svolta una campagna di scavi nel giardino della Cattedrale che ha portato alla luce unicamente dei sarcofagi riconducibili ad un cimitero altomedievale6. Del resto, l’ipotesi della preesistenza di un abitato di età tardoantica, baluardo bizantino occupato dai Longobardi, si riconnette agli interrogativi sui tempi e i modi in cui avvenne lo stanziamento di questo popolo nelle terre che formarono il confine con il Ducato romano, questione ancora difficile da chiarire per la carenza di fonti, anche se si ritiene che i bizantini persero Viterbo, insieme con Ferento, Vetralla, Norchia, Tarquinia, Tuscania e Castro, in seguito all’accordo stipulato nel 607 tra il re Agilulfo e l’esarca Smaragdos7.

    Come è noto, la prima testimonianza scritta relativa a Viterbo è offerta dal Liber Pontificalis. Nella vita di papa Zaccaria, Anastasio bibliotecario narra che, nell’anno 742, il pontefice e i messi del re Liutprando nell’andare da Bomarzo a Bieda (Blera) scelsero, in quanto più breve, la strada che passava per il castello di Viterbo, situato, viene detto, nella Tuscia longobarda: «per fines Langobardorum Tuscie … id est per castro Bitervo»8. La serie dei documenti inizia, invece, due decenni dopo, nel 767, con un atto notarile nel quale un tale Teodoro, definito habitator castri Viterbii, chiede in locazione al monastero di Farfa l’oratorio di S. Angelo con le proprietà annesse9.

    A partire da quella data disponiamo di circa quaranta documenti relativi ai secoli VIII e IX, provenienti in massima parte dall’archivio del monastero sabino di S. Maria di Farfa, che aveva consistenti possessi dentro il castello di Viterbo e nelle campagne circostanti10, e per un quota minima da quello di S. Salvatore al Monte Amiata11. Si tratta di testimonianze relative ad una porzione limitata del territorio e ad un patrimonio, quello di Farfa, frammentato e disperso, ciò nonostante, in assenza di sistematiche indagini archeologiche, questi documenti costituiscono l’unica strada percorribile per fare luce sulla Viterbo altomedievale.

    Dalla lettura delle fonti emerge che il castrum di età longobarda costituiva il centro di un distretto amministrativo minore, definito come territorium Viterbii o fines Viterbienses e inquadrato in una circoscrizione più ampia; questa faceva capo alla civitas di Tuscania, sede di un gastaldo12, e comprendeva anche Norchia ( Orclae), Ferento e Marta13. La presenza di circoscrizioni territoriali minori indicate come fines o territoria o iudiciarie, comprese nelle circoscrizioni cittadine o contrapposte ad esse, è stata individuata in diverse zone del regno longobardo14. Nel nostro caso, la documentazione non contiene riferimenti alle funzioni dei fines Viterbienses, tuttavia consente di aprire significativi spiragli sulla realtà del territorio e sul ruolo del castello. A Viterbo risiedevano ed operavano diversi ufficiali subalterni del gastaldo, incaricati della gestione del patrimonio regio e dell’amministrazione della giustizia, che troviamo fra gli attori o i testimoni della documentazione farfense fino ai primi decenni del IX secolo, ossia ancora dopo il passaggio del territorio nelle mani dei Franchi15. Un Radechisi centenarius è ricordato nel 766, Tinca locopositus castri Viterbii e Minco biscario curtis regie Viterbiensis nel 775, Mazo gualdimannus de Viterbio dall’801 all’80516; mentre nell’806 ad un placito del duca Romano sono presenti Bruningus sculdahis, chiamato a giudicare, e Rudepertus sculdahis e Autipertus locopositus come testimoni17; infine, tra l’806 e l’825 compaiono a più riprese gli sculdasci Alticauso, Nordo e Leone18. Degli sculdasci, presentati nelle leggi di Liutprando come giudici di competenza inferiore rispetto a duchi e gastaldi, sappiamo che avevano il compito di amministrare la giustizia nelle circoscrizioni minori19; il biscario della corte regia era a capo degli scariones o actores de loco, incaricati di curare i beni del fisco, e il gualdimannus era preposto ai boschi e alle foreste regie; meno certi sono i contorni di figure come il locopositus e il centenarius, carica di carattere politico-militare20.

    Il ruolo centrale del castello è indirettamente testimoniato anche dalla presenza di un numero significativo di notai che, pur svolgendo la loro attività in diverse località del territorium, rogavano soprattutto dentro Viterbo21. Il fatto che in un arco di tempo circoscritto, quale è quello compreso tra gli anni 801-819, sia possibile contarne almeno dieci, testimonia lo svolgersi nei fines Viterbienses di un’attività di scambio di terreni e case che ha per protagonisti soprattutto piccoli proprietari liberi, impegnati a vendere, donare o permutare beni con l’abbazia.

    Elenco dei notai attivi a Viterbo e nei ‘fines’ negli anni 766-840.

    Le transazioni hanno per oggetto in genere singoli appezzamenti ( terra, terrula, vinea, pratum) o quote di proprietà un tempo vaste e ormai smembrate e frammentate tra più proprietari ( sors, ratio), non mancano però riferimenti a possedimenti fondiari più consistenti, che aprono spiragli su personaggi di condizione agiata o decisamente più elevata. Possiamo ricordare Gumpulus, abitante nel casale Materna, proprietario di terreni in varie località del territorium Viterbii ( Camiliano, Piragnana, Petra Pertusa e Aqua Bibula)22; o Gualperto, il quale risulta possedere, oltre ad una casa nel castello, beni in Sonza, Scarano, Carpinianus e in fundo Flaviano23. Ancora più cospicuo il patrimonio di alcune figure che hanno proprietà non solo nei fines Viterbienses ma anche fuori di essi, come Aimo Voltarius di Viterbo, che nel 775 offriva a Farfa un complesso di beni formato da case e terreni situati «tam hic in Viterbio, quamque in Tuscana, Orcla seu Castro atque super Alpes»24. Né appare trascurabile la posizione dei coniugi Gualiperto e Ansitruda, stando ai beni oggetto di vendita, costituiti dalla morgengabe della donna corrispondente alla quarta parte del patrimonio del marito: case dentro e fuori il castello di Viterbo, una porzione «de ecclesia Sancti Angeli quae sita est in Avenule» e terreni nei fines di Viterbo e di Orchia25. L’esiguità della documentazione ancora una volta non offre se non indizi, appare comunque evidente come in quest’area della Tuscia ci si trovi di fronte ad un quadro frammentato e disorganico della proprietà, anche di quella di grandi dimensioni, non diverso da quanto già rilevato per altri territori longobardi26.

    Le dimensioni del castrum longobardo dovevano essere delimitate dai dirupi che lo circondavano su tre lati e dal taglio dello sperone tufaceo, ancora oggi visibile sotto il ponte che collega il colle del Duomo al resto della città. Possediamo anche indicazioni frammentarie sul suo aspetto esteriore: la menzione di una casa solariata informa che le abitazioni potevano avere almeno due piani27, mentre il riferimento a un edificio confinante per tre lati con altre case e per il quarto

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