E per Natale... tutti al castello!
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Anteprima del libro
E per Natale... tutti al castello! - Silvana Sanna
autrice
CHE STORIA E' MAI QUESTA?
Faceva un gran freddo quel mattino di inizio dicembre, un freddo umido e fastidioso, la nebbia, che durante la notte aveva invaso l'abitato, alle dieci passate ancora stazionava tra i palazzi del quartiere rubando al paesaggio i colori, nemmeno le luci natalizie, disposte a festoni tra gli edifici, riuscivano a fendere lo spesso grigiume e a rallegrare l'atmosfera caliginosa e triste.
Mentre camminava alla volta di casa Marta aveva l'impressione che la nebbia si infiltrasse anche tra le pieghe del suo cappotto, che si depositasse sui suoi capelli rendendoli umidi e spioventi come dei poveri spaghetti ormai scotti, mentre i piedi, sebbene calzati da scarponcini di morbida pelle, erano talmente ghiacciati da farle male.
Sono stata una sciocca, avrei dovuto uscire più tardi per la spesa. Ma quando ho visto la nebbia ho pensato che il freddo avesse mollato un poco. Di solito nebbia e gelo non vanno d'accordo,
si disse contrariata cercando, per quel poco che le era possibile, di affrettare il passo mentre i manici delle pesanti buste di plastica le segavano le dita delle mani, infreddolite nonostante i guanti di lana.
Sul portone dello stabile fu costretta ad appoggiare le sporte in terra per tirar fuori dalla borsetta le chiavi: ormai da un paio d'anni i condomini avevano deciso di comune accordo di fare a meno della portineria. Ma certo, quando nella guardiola ormai desolatamente vuota stazionava la Mariuccia era un altro vivere. La Mariuccia era pettegola, ma anche molto disponibile, e non si tirava mai indietro se uno degli inquilini aveva bisogno di qualcosa, fossero stati i fiori da innaffiare, un gatto da ospitare per qualche giorno o una valigia da trasportare lungo le scale, dato che nel palazzo non c'era ascensore. Se ci fosse stata ancora la Mariuccia di certo le avrebbe tolto di mano le borse della spesa e poi sarebbe corsa su sino al secondo piano e gliele avrebbe fatte trovare davanti alla porta dell'appartamento. Non che Marta non fosse in grado di arrangiarsi da sola, ma il suo evidente claudicare induceva spesso il prossimo a darle una mano.
L'aria relativamente tiepida dell'andito le diede un attimo di sollievo, e, appoggiate nuovamente le borse per terra, Marta si accostò alla fila delle cassette per la posta. Dal vetro si intravedeva una cartolina bianca e quando la ebbe tra le mani si sentì invadere dal nervoso: era l'avviso di una raccomandata, e recava la data di due giorni prima. Evidentemente il postino era passato mentre tutti in famiglia erano fuori, e per colmo nessuno, nemmeno lei, si dava la pena di controllare regolarmente la cassetta: ormai tutti trovavano più comodo comunicare per telefono o al massimo tramite la posta elettronica, e le uniche lettere che arrivavano erano le odiose bollette da pagare o l'altrettanto odiosa pubblicità. E ora le sarebbe toccato andare sino alla sede centrale delle poste per ritirare la raccomandata senza far passare troppo tempo, le pareva di rammentare che ci fosse il rischio di pagare una multa per ogni giorno di giacenza.
Ecco, anche questa seccatura le sarebbe stata evitata se ancora Mariuccia fosse stata in servizio: tra i suoi compiti c'era proprio quello di ritirare la posta. Ma i tempi erano cambiati, tutti oramai cercavano di fare a meno del superfluo, anche nel vecchio stabile, che pure denotava una certa, discreta eleganza ed era abitato da famiglie che un tempo potevano definirsi quasi agiate, la crisi si faceva sentire in tutta la sua gravità. Nemmeno Marta e la sua famiglia ne erano immuni: finiti i giorni delle ferie al mare o ai monti, finite le cenette al ristorante il sabato sera, finiti i pomeriggi di shopping nei bei negozi del centro, ora dovevano accontentarsi di una pizza ogni tanto e dei grandi magazzini, limitandosi allo stretto necessario. E anche quell'anno, come già l'anno precedente, avrebbero dovuto fare a meno della settimana bianca nel periodo natalizio che da sempre era una specie di tradizione di famiglia alla quale figli e marito tenevano tantissimo. Se ne sarebbero stati a casa per tutte le festività, Valentina e Filippo a girar per le stanze col muso lungo, ma rassegnati all'inevitabile, e Pietro a innervosirsi perché l'azienda per cui lavorava sotto le feste chiudeva per un lungo periodo e lui avrebbe trascorso le giornate in ozio a sognare le belle piste da sci che ormai gli erano precluse. E senza che nemmeno lo sfiorasse l'idea di adattarsi a dare una mano alla moglie nei mestieri. Ma in azienda tirava aria di ridimensionamento e con lei che aveva perso il lavoro sei mesi prima, e dunque con un solo stipendio ad entrare in casa, bisognava stare bordati.
Marta percorse con una certa fatica le scale, poi, una volta entrata, depositate le borse della spesa in cucina e messi al sicuro nel freezer i surgelati, decise di recarsi subito alla posta per ritirare la raccomandata.
Quasi un'ora dopo, reduce da un'estenuante coda, stringeva tra le mani una busta bianca e la osservava stupita. Aveva temuto che si trattasse di una multa o di un sollecito per una bolletta che si fosse dimenticata di pagare, invece la busta recava l'intestazione di uno studio notarile che aveva sede in una cittadina di mezza montagna molto lontana da lì, ma che Marta ben conosceva. Nella quale però non aveva più messo piede da parecchi anni.
Era talmente incuriosita che pensò di aprire subito la lettera, ma poi decise di attendere di essere rientrata, al calduccio e soprattutto con gli occhiali da vista a portata di mano. Così si affrettò verso casa, e una volta arrivata, senza nemmeno levarsi il cappotto, lacerò la busta dopo essersi messa gli occhiali.
- Cavolo! Lo zio Gerardo è morto! E il notaio ci convoca per la lettura del testamento, - disse ad alta voce continuando a scorrere la comunicazione dello studio notarile.
Ma, nel procedere della lettura, Marta si sentiva sempre più disorientata, perché non si trattava di una semplice convocazione di rito, fredda e impersonale, ma di qualcosa di diverso: per poter presenziare alla lettura del testamento, nel quale evidentemente era nominata anche lei, era necessario sottostare a delle condizioni ben precise che la lasciavano interdetta.
Che storia è mai questa?
si disse rileggendo la lettera per la seconda volta.
Di certo la convocazione è arrivata anche agli altri e saranno stupiti quanto me. A meno che qualcuno non ne sappia di più,
rimuginò ancora ripiegando il foglio e rimettendolo nella busta.
Anche lei voleva saperne di più. Ma a chi chiedere? Non c'era nessuno a cui poter domandare delucidazioni, nessuno a cui potesse rivolgersi senza sentirsi a disagio dopo gli anni di silenzio che contraddistinguevano i suoi rapporti col resto della famiglia. E poi era quasi certa che loro ne sapessero quanto lei.
Alla fine si risolse a telefonare a Stefano: anche se i rapporti tra di loro erano freddi come il ghiaccio tanto che non si vedevano da parecchi anni, in fin dei conti era pur sempre suo fratello e le ostilità dichiarate erano più con sua cognata Sabina che con lui. Lui si era semplicemente adeguato ai desideri della moglie dandole ragione su tutti i fronti, e dopo quello che era successo non si era più fatto vivo. Nemmeno lei, del resto, l'aveva più cercato: si sarebbe sentita troppo a disagio, sebbene ancora fosse convinta che tutti i torti non erano i suoi, visto che lei aveva parlato solo a fin di bene. Ma Sabina non aveva gradito i suoi consigli quando si era annunciata Paola, erano volate parole pesanti, i rapporti già non idilliaci tra le cognate si erano guastati e la situazione si era incancrenita in un silenzio totale da entrambi le parti. Ma questa era, in fondo, un'emergenza.
Non conosceva il numero del cellulare del fratello, così attese il mezzogiorno nella speranza che lui rientrasse per il pranzo, poi compose il numero del telefono