I segreti della quinta stanza
Di Fulvio Fusco
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Anteprima del libro
I segreti della quinta stanza - Fulvio Fusco
esoterico
Considerazioni
Ogni impresa importante deriva da un sogno. Nel nostro piccolo anche scrivere un semplice racconto, una poesia, può scaturire da un forte desiderio di realizzare qualcosa o di un semplice sogno. Avere tra le mani un proprio libro stampato è una soddisfazione immensa, e non importa se non siamo Dan Brown o altri scrittori eccellenti, nel nostro intimo ci consideriamo dei piccoli geni, e forse un giorno, per capacità o fortuna, diverremo famosi. A me personalmente non importa la notorietà, mi piacerebbe essere apprezzato per le cose che ho scritto, anche solo dai miei familiari o dagli amici. Ormai a 63 anni, forse non vivrò abbastanza a lungo per aver la soddisfazione di essere considerato una persona che aveva dei sogni o delle idee da realizzare; in ogni caso, lascio ai posteri dei racconti, delle poesie, lascio qualcosa che attraverso i miei sogni, possono far capire quanto amore e dedizione covavo nel mio cuore.
Pensieri
Chi trova nella lettura quella sensazione di appagamento, quell’attrazione fatale che impedisce di staccare gli occhi dalle pagine, si riconoscerà in ascoltare fra le righe.
Un bel testo è come una partitura musicale e si distingue anche per il suono della scrittura.
Se le parole servono il ritmo in modo piacevole e fluido, già non si può desiderare di più.
Ma poi viene l’armonia, i suoni mentali che supportano le parole.
E infine la parte più bella: la libera improvvisazione.
Attraverso qualche speciale canale, la storia sgorga liberamente da dentro.
Tutto quel che devi fare è seguirne il flusso.
Prefazione
In una villa ottocentesca del novarese, un’agiata coppia è prossima al matrimonio.
Marina Ralli, futura sposa di Renzo Losi, una bella ragazza dagli occhi azzurri, trova degli strani oggetti nella vecchia biblioteca.
Da sempre appassionata dell’occulto, si farà aiutare per risalire a quelle strane cose, dalla veggente Alma, dal turco Osman, e dallo stesso Renzo, un uomo molto scettico.
Un piccolo libro antico e un foglietto scritto a mano, sono la chiave per decifrare gli antichi misteri, e le loro scoperte daranno inizio a situazioni imprevedibili.
Anche dei loschi personaggi sconvolgeranno la tranquillità della coppia.
NB: La storia e i personaggi descritti nel racconto, sono pura fantasia dell’autore.
Capitolo 1
Fine giugno 2010, nella campagna novarese nei pressi di Borgo Ticino [vedi nota 1].
Marina Ralli si godeva gli ultimi raggi di sole ai bordi della piscina nella sua villa acquistata da circa nove mesi.
Lei e suo marito Renzo Losi, avevano preferito lasciare il nome Villa Arzini
al caseggiato ottocentesco, costato la bellezza di un milione e settecentomila Euro.
La villa era stata fatta costruire dal conte Ludovico Arzini nel 1859, un uomo schivo e misterioso, appassionato di antichi testi esoterici che collezionava nella sua ricca biblioteca. Successivamente fu ereditata dai figli Giacomo e Rita nel 1907, alla morte del ricco genitore avvenuta quando aveva ottant’anni. Sua moglie Margherita Schetti, era deceduta per malattia già diversi anni prima.
I due figli vissero nella villa fino a tarda età, e non essendosi sposati, lasciarono quello che rimaneva dell’eredità, all’unico nipote da parte della loro madre, Enrico Mascelli.
Giacomo e Rita avevano sperperato tutti gli averi giocando assiduamente al casinò, almeno due volte al mese si recavano nei principali locali d’Europa, un vizio che avevano perseguito fino alla loro vecchiaia.
Enrico Mascelli aveva ereditato la villa all’età di trentaquattro anni nel 1947, quando la seconda guerra mondiale era appena terminata.
Negli ultimi anni di quel periodo, i nazisti ne avevano fatto una specie di quartier generale, ma lasciarono che il Mascelli e i vecchi Giacomo e Rita Arzini, tutti di dichiarate idee fasciste, potessero continuare a viverci assieme alla servitù.
Alla morte degli ultimi Arzini, Enrico che si era laureato in economia, dopo alcuni anni preferì vendere la villa con annesso parco; avendo poca voglia di lavorare, col denaro ricavato poteva vivere agiatamente forse per tutto il resto della vita.
Villa Arzini era circondata da un vasto parco alberato, vi si trovavano pini, abeti e querce ormai secolari; un alto muro di cinta in mattoni rossi circondava l’intero perimetro, e sulla sommità anche una fitta rete di filo spinato completava il recinto.
L’accesso, dotato di cancello elettrico, era dal lato sud vicino alla strada statale, e si poteva raggiungere attraverso un viale di circa duecento metri costeggiato da alti cipressi.
Il Mascelli aveva fatto piantare alcune palme davanti al cortile ghiaioso antistanti al portone d’ingresso, preceduto da una breve scalinata di pregiato marmo, l’ombra creata dalle piante serviva da riparo alle auto posteggiate davanti alla villa.
Quattro alte colonne anch’esse di marmo, ornavano il sontuoso ingresso blindato, creando un androne a volta.
Situata su due piani dagli alti e decorati soffitti, l’ingresso dava su un ampio salone, dove nei primi tempi, antiche armature di soldati ornavano ogni angolo; successivamente il Mascelli ne aveva venduto una parte ed aveva donato la rimanente ad un museo.
Ora al loro posto c’erano delle statue di nudo femminile che di sera erano illuminate da faretti a soffitto con fasci di luce azzurra.
Oltre al salone, a piano terra, si trovava la cucina che poteva fornire dei pasti contemporaneamente ad almeno quaranta persone.
C’era anche una grande dispensa e quattro camere con relative stanze da bagno per la servitù, ormai questa ridotta a tre persone, una in cucina, una per le pulizie e un giardiniere tuttofare.
Dall’ampia scala interna si saliva al piano superiore, dove c’erano sei camere di cui quattro completamente arredate, e sei stanze da bagno con vasca o doccia, più un ampio studio adibito anche a biblioteca.
Molti dei mobili antichi presenti nella villa, erano stati acquistati in blocco dagli ultimi proprietari, che avevano anche provveduto al loro restauro.
A parte i nuovi accessori per la cucina, i termosifoni e i condizionatori, tutto il resto era rimasto nel suo antico splendore, valorizzando ancora di più la maestosa villa.
Dal lato sinistro all’esterno, si poteva accedere da una spessa porta di ferro a diversi locali sotterranei attraverso un lungo corridoio a volta molto alto, dei quali i nuovi proprietari non ne conoscevano la vera utilità.
In almeno un paio di quegli stanzoni c’erano ancora dei vecchi tavoloni di legno tarlati, con anelli in metallo arrugginito ai quattro lati: sembrava per assurdo, che fossero stati utilizzati per legare e torturare qualcuno, ma vista l’antichità della villa, tutto era possibile.
Renzo aveva sfruttato lo spazio di una stanza per far montare delle scaffalature in legno, riempiendole poi con bottiglie di vini pregiati, molte delle quali, ricevute come regali dai suoi ricchi clienti.
La piscina era stata un capriccio della signora Marina, e suo marito Renzo, un famoso e ricco gioielliere, gliela aveva fatta costruire al lato destro della villa, senza deturpare esteticamente la parte anteriore. Inoltre, pur avendo fatto installare un sofisticato sistema d’allarme, Renzo aveva fatto collocare una moltitudine di telecamere anche sui muri di cinta, e tutto si poteva controllare su dei monitor in vari punti all’interno della villa.
Un’oasi di tranquillità e riservatezza.
[nota 1] Borgo Ticino (Borgh Tisén in piemontese, Burgh Tisin in lombardo) è un comune di 4.825 abitanti della provincia di Novara. La popolazione residente conta numerose comunità immigrate nel primo dopoguerra da altre regioni italiane, specialmente Calabria e Veneto. Sul suo territorio sorge il parco naturale regionale del Bosco Solivo. Vi sono impianti sportivi: pista di go kart, pista di supermotard maneggi, campo di calcio e basket. In tempi recenti vi sono sorti numerosi insediamenti industriali, artigianali e commerciali. Monumento significativo è la chiesa quattrocentesca della Madonna delle Grazie, posta fuori dal paese, con accesso dalla Strada statale 32 Ticinese, in direzione di Arona. La chiesa parrocchiale, barocca, sorge sull'altura del castellazzo
e conserva nel campanile resti di affreschi medievali. Il borgo ha dato i natali al poeta latino Antonio Cerruti (1503-1560 circa). Durante la seconda guerra mondiale, Borgo Ticino fu vittima di un sanguinoso eccidio: il 13 agosto 1944 per rappresaglia le truppe nazifasciste misero a morte 12 giovani innocenti, poi saccheggiarono e incendiarono numerose case. Ai dodici martiri è dedicata la piazza principale del paese.
Capitolo 2
Marina Ralli aveva 30 anni, col fisico da top model, lunghi capelli biondi e occhi azzurri chiarissimi. Suo marito Renzo l’aveva conosciuta quattro anni prima in un locale di Ginevra, dove lei si esibiva come ballerina di lap dance
.
Dopo averla a lungo corteggiata con ripetuti e costosi regali, Renzo era riuscito a convincerla a lasciare quel lavoro, e seguirlo in giro per l’Europa e a volte anche in America per le sue esposizioni di gioielli.
Marina era nata a Mantova da genitori modesti, sua madre fin da ragazzina, l’aveva fatta partecipare a molti concorsi di bellezza, e in alcuni aveva ottenuto discreti piazzamenti.
Una volta raggiunta la maggiore età, Marina decise di andare a vivere per conto suo, aveva ottenuto il diploma di segretaria d’azienda, ma non esercitò mai quella professione.
Aveva conosciuto un