Anonima part time
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Anteprima del libro
Anonima part time - Silvia Tagliaferri
© 2012 Società Editoriale ARPANet Srl, Milano
Prima edizione: luglio 2012
Via Stampa, 8
Tel. 02.670.06.34
ARPABook@ARPABook.com
I libri di ARPANet sono disponibili qui:
www.ARPANet.org
www.ARPABook.com
www.edizioniARPANet.it
collana diretta da: Paco Simone
art director: Francesca Fasoli
Fotografia di copertina:
Silvia Noferi, Hòtel Rèverie #16, Silvia Tagliaferri sulla sedia, 2008
Silvia Tagliaferri
Anonima part time
NARRATIVA – Romanzo
Società Editoriale ARPANet
"Il part time che non hai trovato nel lavoro lo hai scelto nella vita.
Hai smarcato in anticipo l’uscita dal corpo in nome di un’Anima mai Anonima, che ormai ci abita dentro e salutiamo ogni mattina con Amore. Ciao Silvia, i tuoi Anonimi’’
Nome: Anonima
Professione: dissociata (disoccupata e al contempo occupatissima a
cercare un lavoro)
Tipologia socio-psichica: part time
Segni particolari: strabismo di venere
Fisico: asciutto (salvo eccezioni)
Età: 34 anni suonati (da un gruppo emergente)
Autorizzo il lettore al trattamento dei miei dati personali, delle mie pipe mentali, delle mie dissertazioni filosofiche, della mia ironia pungente, della mia fragilità emotiva, ai sensi della legge vivifica ed essenziale dello scambio tra esseri umani in epoca di precariato esistenziale.
Miss X
Il calvario
Precario.
Fa rima con Calvario, ovvero ricerca occupazione. La parola curriculum mi appare scansionata. Sezionata. Curri, che in napoletano vuol dire corri, e culum, neologismo latino che designa la parte bassa del fondoschiena.
È una sorta di commissione. Qualcuno plasma per te, cioè ti fa, un neologismo latino con le sue proprie manine.
Il Bernini se li sogna.
Con il mio curri-culum in mano, currendo, mentre esistenzialmente piove a catinelle e ho lasciato l’ombrello nelle profonde taverne del mio me, mi accingo alla ricerca. È come essere ciechi in un mondo senza bastoni. Come avere la faccia al posto del sopraccitato culum. Cercare di staccarla per riattaccarsela al collo: ma non ho le congiunture di vinavil. Sono fatta alla vecchia maniera. Io ho ossa. Ho muscoli. Articolazioni. E per l’appunto so articolare anche un discorso.
Vinavil.
Copia e incolla.
Costruisco dati ad hoc. Li attacco nel testo, col tasto in alto a sinistra di world. Esperienze professionali creative. Ho dieci c.v., io:
n. 1 è per segretaria;
n. 2 per addetta inserimento dati;
ma il prediletto è il n. 3: quello per lavori coi bambini.
A proposito: vorrei ricompormi.
Essere una.
Suddivisibile, non un numero primo.
Ma una.
Qualche volta sbaglio, e mando il n. 2 per un lavoro del tipo 3.
La mia è una schizofrenia con dedizione al sarcasmo.
Credo sia per questo motivo che non chiamano spesso per un colloquio conoscitivo.
Vorrei un lavoretto estivo part time. Ma non ne esistono più, di tempi parziali: mentre le occupazioni lo sono tutte, che per farne una devi accumularne un paio o tre. Giusto per tirare su una cifra a tre zeri.
Dunque commessa segretaria data entry receptionist.
Escluso cameriera. Quello no.
Mi rimanda al nutrimento. All’allattamento. Alla madre cattiva. Al figlio schizoide. Alla follia. Al delirio. Alla fase orale di Freud.
Alla mancanza, al dolore.
Part time stagionale no food.
Nient’altro.
Sono piuttosto piacente.
Voglio dire, ho i miei difetti. Di varia specie e natura. Ma devo ammetterlo: li ho integrati. Sono mimetizzati con i pregi. Con i soli miei occhi atti a captare le due distinte sezioni. Addestrata dalla ferrea volontà degli imperfetti ad ovattarmi di un fascino percepibile. Di mutevole natura ma inconfutabile.
Come un assioma.
Appartengo alle donne col segno di rossetto sulla guancia. Baciate dalla Dea fortuna in persona. Forse risarcite da deprivazioni di madri senz’anima. O con anime strette nei loro confini. In esubero.
Forse paraculate e basta.
Quelle del tipo che rispondere a un annuncio con bella presenza come requisito si può. Se non trovi quello che allude a stereotipi utopistici.
Perché ne è pieno il mondo di richiesta di belle donne. Che poi non sai se il requisito abbia un legame col lavoro in questione.
C’è e basta.
La stessa cosa di Dio.
Bella Presenza: che poi cosa voglia dire esattamente mi sfugge. Ma la bellezza non era un fenomeno puramente soggettivo? E poi nell’arte e in tutto non stiamo rifuggendo da intenti estetizzanti? Non è bello addirittura ciò che non piace? Non è cool negare l’oggettività con l’einsteiniano approccio esistenziale? Siamo contemporanei? Informatizzati, minimal fusion e tutti bisessuali?
L’annuncio che leggo al mattino ha in grassetto il requisito di cui sopra. Tra parentesi spunta altro però. Una sorta di esplicazione del concetto. Traduzione simultanea per i non capienti. O per chi si vede bello. A prescindere dalla conditio.
Sine qua non.
Dice: lineamenti armoniosi, taglia 40, altezza over 170 cm.
Armonia?
Qual è la faccia armoniosa? L’insieme di elementi perfetti o l’accostamento azzeccato di elementi un po’ perfetti un po’ no? O tutti imperfetti? O la concezione taoista del filino di bruttezza nella semisfera del bello heiddegeriano?
Devo ripassarmi la teoria delle percezioni visive.
Mi risuona fuori da me. Mai stata armoniosa, io.
Dalla nascita in poi non è mai accaduto. Che fossi armoniosa. Ma può costituire una motivazione.
Dove arrivare per me.
All’Armonia.
Passo subito agli altri punti, fingendo indifferenza, avvalendomi della speranza che certamente negli altri due ci rientro tutta. Non resta fuori di me alcunché.
Ma appare Caronte.
Perché devo aggiungerlo, nel c.v.
Sono visionaria.
Può servire. Per i lavori socialmente utili.
Eccolo, lo steward di fiume. Delirio incarnato d’ironia. Accompagnarmi nel deserto del disincanto. Nella piccolezza ristrettezza inadeguatezza di una misura.
Taglia 40.
Voglio fare come i filosofi quando scrissero dell’esistenza di Dio. Dimostrare l’esistenza della pancera, o di altro strumento atto ad abbassarmi di una taglia. E della sua onnipotenza. Che dimostrare che Dio c’è senza addurne le infinite doti è come non dimostrare nulla.
Bando al fianco, mentre la sempre ferrea volontà degli imperfetti mi risucchia la carne dall’anca, passo al punto 3.
Finalmente tiro un sospiro, visto che parla di un metro e settanta che supero di una spanna. Caronte si trasfigura nello steward più fico mai visto. La gondola, nel volo per Parigi dell’Air France. Ma attenendomi alla integerrima giustizia del delirio, mi appare la Marilyn denigrata da un insano pregiudizio.
Mi allontano dallo spazio virtuale. Sono scaltra e agile, io. Soprattutto nel fuggire. Da me stessa. Ma il principe dei deliri resta fermo. Dice: Guardami
. Col ditino puntato della minaccia. Come un venditore col contratto senza fisso mensile. Che di sole provvigioni vive lui.
Sta cercando di vendermi la convinzione di essere incapace. Incravattato, impacchettato in pantalone di lino low cost, con calzetto basso. Caviglia con riga irreversibile.
Che neanche con la cancellina se ne va.
Respiro alto da business man.
Caronte è il mio super-io, ed io, ovviamente al di sotto, acquisto il pacchetto in contanti.
Sono al top del suo portafoglio clienti.
Ha una smisurata attitudine alla vendita.
Il prossimo prodotto sarà la convinzione di essere invisibile.