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Spazio prima frontiera
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E-book193 pagine2 ore

Spazio prima frontiera

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Info su questo ebook

Una potente multinazionale del settore aerospaziale sta reclutando giovani talentuosi per un nuovo centro di ricerche: un acceleratore di particelle situato a 1000 metri di profondità, di dimensioni tali da far impallidire il CERN di Ginevra. Un'occasione irripetibile per migliaia di ragazzi ambiziosi. Ma quando un gruppo di loro, selezionato tra le migliori università del paese, giunge nel laboratorio sotterraneo… qualcosa non quadra. Troppi segreti, troppe misure di sicurezza. Soprattutto, un impiego di risorse umane inverosimile per un laboratorio privato. Fra i ragazzi si fa strada l’ipotesi più temuta, quella di un coinvolgimento con l’esercito. I loro timori verranno spazzati via solo quando vedranno con i propri occhi cosa si nasconde all’interno di quella gigantesca struttura: il più grande sogno di conquista dell’uomo sta prendendo forma…

NOTA DELL'AUTORE
Lo “spazio”, il cosmo, la vita su altri pianeti. É questo l’ambiente ideale dove trovare spunti in grado di ampliare il nostro modo di pensare, la nostra fantasia, la nostra consapevolezza; adoro quando un racconto di fantascienza mi porta a questo. Ma deve essere un percorso ragionevole, plausibile, e soprattutto alla portata di tutti.
Troppa fantascienza oggi assomiglia alle fiabe, dove la “scienza” viene tirata in ballo solo per sostituire la bacchetta magica. Grosso errore, per quel pubblico che come me si aspetta molto di più.
Se con la magia delle fiabe è ammesso tutto e il contrario di tutto, nella fantascienza ci deve essere coerenza: l’efficacia di un racconto di questo genere non può prescindere dalla credibilità delle ipotesi.
L’intenzione dell’autore è quella di accompagnare il lettore in un’avventura fantastica, mantenendo il più possibile una coerenza tecnologica.
Il tutto, si spera, in modo piacevole e avvincente.
LinguaItaliano
Data di uscita6 ott 2015
ISBN9788893159364
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    Anteprima del libro

    Spazio prima frontiera - Terence Joyce

    Terence Joyce

    Spazio prima frontiera

    Prefazione

    L’inafferrabile concetto di infinito, i surreali effetti della deformazione dello spazio-tempo, i misteriosi ed inquietanti buchi neri.

    Argomenti di diletto solo per gli addetti ai lavori... ho sempre pensato.

    Sbagliavo.

    Qualche anno fa ero comodamente seduto all'interno della Geode del museo delle scienze di Parigi. Sul soffitto - un enorme schermo emisferico dal diametro di 26 metri - venivano proiettate le suggestive immagini catturate dall'Hubble, il telescopio spaziale in orbita intorno alla Terra. Miliardi di stelle compostamente agglomerate a spirale, appartenenti a galassie talmente grandi da far vacillare la nostra mente; nebulose planetarie dai colori sgargianti e dalle forme così aggraziate da sembrare opere d'arte; incommensurabili esplosioni di energia, capaci di inghiottire in un solo boccone l'intero nostro sistema solare.

    La proiezione a 180 gradi copriva l’intera capacità visuale, e la sensazione di essere lassù, al posto dell’obbiettivo, era totale.

    Mi girai verso mia moglie, seduta accanto a me.

    Non potevo crederci.

    Era lì, con il naso all'insù, gli occhi spalancati e il viso solcato dalle lacrime. Incredibile. Non si era mai interessata a questo genere di cose!

    Eppure, era commossa, rapita da quello spettacolo e investita da una incontenibile sensazione di meraviglia. Quella meraviglia che ti coglie solo quando la tua mente viene attraversata da un concetto che non riesci a contenere. Quella meraviglia che ti trasforma e ti costringe verso nuove consapevolezze.

    Quando accade, l'emozione è tale da farti piangere.

    Il cosmo, l'immensità, la vita su altri pianeti: luoghi della mente ideali per stimolare la fantasia ed evolvere il nostro pensiero. Adoro quando un racconto di fantascienza riesce a condurmi a questo.

    Ma deve essere un percorso credibile, e per quanto possibile, alla portata di tutti.

    Troppa fantascienza oggi assomiglia alle fiabe, dove la scienza viene tirata in ballo solo per sostituire la bacchetta magica. Grosso errore, specialmente verso quel pubblico che, come me, si aspetta molto di più. Se con la magia delle fiabe è ammesso tutto e il contrario di tutto, nella fantascienza ci deve essere coerenza: l’efficacia di un racconto di questo genere non può prescindere dalla credibilità delle ipotesi.

    Per questo l’intenzione dell’autore è quella di accompagnare il lettore in un viaggio fantastico, sì, ma scientificamente plausibile.

    Il tutto, si spera, in modo piacevole e avvincente.

    Terence Joyce

    In copertina: foto Hubble, i Pilastri della Creazione

    Pubblicato il  06/10/2015

    Riedizione del 03/11/2016

    Dalla fanta-scienza alla scienza-fantastica: un nuovo genere letterario.

    Martin Baker, Stars Industries

    UUID:

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Flashback

    La leggera vibrazione dei rivestimenti interni, e l'impercettibile risonanza proveniente dalla struttura, erano il chiaro segnale che Arkadia stava attraversando un’altra fascia di meteoroidi, o di polvere di stelle, come l’amava definire in modo romantico il capitano Mustang. In realtà, era difficile ravvisare qualcosa di romantico in quei freddi frammenti di roccia fusa insieme a ferro e nichel. Ma il capitano Must, come veniva chiamato da tutti in sua assenza, aveva un proprio modo bizzarro per definire le cose pericolose, e tutto sommato non dispiaceva a nessuno. Lui era lì, al centro della plancia. In piedi, immobile, con il suo inseparabile copricapo e le mani raccolte dietro alla schiena. Nella penombra scrutava lo spazio come un fedele cane da guardia, osservando sui grandi visori a parete quella miriade di frammenti rotanti sfrecciare in tutte le direzioni.  

    L’impatto diretto tra le pareti dell'habitat e una sola di quelle masse vaganti avrebbe messo la parola fine al nostro viaggio… ma Arkadia aveva dato prova in più occasioni di avere la pelle dura e nessuno faceva più caso da tempo a questo genere di cose. Lo scudo diffusore era di fatto in grado di trasformare le collisioni di bassa energia in morbide sollecitazioni, distribuite su tutto lo scafo: a quell'ora della notte i leggeri beccheggi generati dagli impatti avevano l’effetto di conciliare il sonno, piuttosto che di impensierire l’equipaggio.

    «Nonno, mi racconti un’altra delle tue storie?» chiese con vivacità il piccolo Giò, affacciandosi con i suoi occhioni curiosi ad uno dei grandi oblò della cabina, posti a fianco del suo letto.

    Giò era venuto al mondo - se così si può dire - cinque anni prima su Arkadia, e come tutti i bambini aveva una fervida immaginazione; adorava ascoltare le avvincenti storie di nonno Aaron, che raccontavano di un luogo fantastico, pieno di colori, abitato da stravaganti esseri verdi e da buffe creature a quattro gambe.

    Il nonno chiamava questo luogo pianeta Terra. Giò non immaginava nemmeno lontanamente che quel luogo una volta fosse veramente esistito.

    Come sempre, i racconti del nonno riuscirono ad incantare Giò; lentamente i suoi occhi si chiusero, mentre la sua fantasia lo faceva viaggiare nelle meravigliose ambientazioni descritte dalla voce calma e rassicurante del nonno.

    «Buona notte piccolo mio» sussurrò affettuosamente il vecchio Aaron dopo avergli accarezzato la fronte e rimboccato con cura le coperte.

    Si voltò verso l’oblò, con aria assente, scrutando nel profondo dell’oscurità. Ad un tratto fu rapito violentemente dai ricordi, e tornò a rivivere i terribili momenti di quel fatidico giorno…

    Era il lontano dicembre 2017. Gli occhi increduli dell’equipaggio in plancia erano inchiodati di fronte alle immagini proposte dall'enorme pannello visore della sala comando.

    La tragedia che si stava consumando era di proporzioni tali da togliere il fiato, e non lasciava spazio che al più profondo sconforto. Le immagini scorrevano lente, senza sonoro, surreali. Nessuno aveva il coraggio di parlare. In sottofondo, come un'eco lontana, il cupo ronzio degli iniettori dello scudo diffusore fendeva quel silenzio denso di angoscia.

    La Luna.

    La Luna, il satellite naturale della Terra, si stava dirigendo con velocità crescente verso il pianeta madre; la dimensione dei due corpi celesti falsava la percezione della velocità di avvicinamento, ma tutti sapevano che l’impatto sarebbe avvenuto alla devastante velocità di 30.000 chilometri orari, come calcolato dal professor Martin. Anche lui ora fissava attonito le immagini: il fatto di essere stato capace di prevedere quell'evento sembrava non renderlo meno sgomento degli altri.

    Nonostante la distanza fra Arkadia e la Terra fosse ormai considerevole, l’ingrandimento proposto dal visore principale permetteva a tutti di osservare abbastanza chiaramente ciò che stava accadendo al pianeta azzurro: la Luna si avvicinava e gli effetti del suo campo gravitazionale cominciavano a rendersi evidenti.

    Ad un tratto, una voce ruppe il silenzio: «Quindi il cielo si ritirò, come una pergamena che si arrotola… e le stelle del cielo caddero, come quando il fico scosso da un gran vento lascia cadere i suoi fichi acerbi…»

    Era il professor Martin.

    Aveva recitato quelle parole senza staccare gli occhi dalle immagini, con la solennità di chi enuncia una condanna a morte.

    «Come dice?» chiese l’uomo al suo fianco che indossava una sorta di cappello da ufficiale di marina.

    Il professore si girò fissandolo negli occhi, con l’aria assente di chi guarda ma pensa ad altro.

    «Dunque?» ribadì l’uomo col cappello.

    Qualche istante, e Martin spalancò gli occhi, cambiando espressione.

    Sembrava incredulo, come se una rivelazione lo avesse folgorato all'improvviso.

    «Libro dell’Apocalisse, Robert, nella Bibbia!»

    L'uomo lo squadrò perplesso: da ateo convinto quale era, non era certo il genere di letture a cui era abituato.

    «Chissà come,» continuò sgomento il professore, «gli Ebrei avevano previsto questo evento. Davvero incredibile.»

    «Si spieghi meglio» replicò Robert, con un tono che aveva più dell’ordine che della richiesta, mentre le folte sopracciglia nere si erano aggrottate insieme alle profonde rughe della fronte. All'improvviso il suo modo di parlare era diventato formale, volutamente distaccato. Fu per rammentare a Martin di darsi un contegno di fronte all'equipaggio e di rapportarsi con lui nel rispetto dei gradi. 

    Il professore si girò nuovamente ad osservare lo schermo.

    Arkadia si trovava, suo malgrado, in una posizione di osservazione particolarmente favorevole: a lato della traiettoria di collisione, con il Sole alle spalle che illuminava parzialmente gli emisferi visibili dei due corpi celesti.

    «Osservi attentamente» disse Martin indicando con un dito le immagini. «Per effetto della gravità lunare l’atmosfera si è concentrata maggiormente su un solo lato, e si sta estendendo in direzione della Luna. Dal lato opposto del pianeta, invece, sta accadendo il fenomeno contrario: l’atmosfera si rarefà, riducendosi di spessore.»

    «Continuo a non seguirla.»

    «Vede,» continuò il professore con fare accademico, «sono proprio i gas presenti nell'atmosfera che, colpiti dai raggi del Sole, rendono azzurro il cielo. Con una atmosfera molto ridotta il cielo apparirebbe come realmente è nello spazio: completamente nero, come di notte.»

    «E quindi?» incalzò nuovamente l'uomo col cappello.

    «Quindi, il fenomeno visibile ora da quella zona della Terra, deve essere qualcosa di molto simile a quanto descritto nell'Apocalisse: "…il cielo si ritirò come una pergamena che si arrotola.... Inoltre, l’atmosfera costituisce lo scudo naturale nei confronti delle meteore, le quali si incendiano e vengono consumate dal prolungato attrito con l’aria prima di toccare il suolo. Anche se con la luce del giorno non ce ne accorgiamo, la Terra viene bombardata quotidianamente da migliaia di corpi vaganti. Nelle condizioni attuali lo spessore dell’atmosfera è appena sufficiente per renderle incandescenti, e le romantiche stelle cadenti si stanno trasformando in macigni di roccia rovente che seminano devastazione e morte. Proprio come recita l’Apocalisse: …e le stelle del cielo caddero come quando il fico scosso da un gran vento lascia cadere i suoi fichi acerbi….

    «Incredibile. Incredibile davvero!» esclamò sgomento Robert osservando la Terra sullo schermo, mentre cercava di immaginarsi cosa stessero vivendo gli abitanti del pianeta.

    «Già. Gli Ebrei, in qualche modo, avevano previsto questo genere di evento con 2.000 anni di anticipo. Mentre io, non sono riuscito nemmeno...» a quel punto la voce si soffocò nella gola.

    La dottoressa dai capelli rossi che aveva da poco rianimato Robert, vedendo lo stato d'animo del professore gli si accostò cercando di rincuorarlo: «Non abbia rimorsi. Non si sarebbe potuto fare nulla. Pensi invece alle migliaia di vite che ha salvato con Arkadia: se ora siamo qui, lo dobbiamo solo a lei.»

    Nel frattempo anche gli altri componenti di K273 avevano lasciato i loro posti e si erano stretti intorno al professore. Fra loro, il ragazzo dalle origini indiane, che fino a quel momento era rimasto in disparte, si avvicinò e appoggiò garbatamente una mano sulla sua spalla. «La dottoressa ha ragione» disse con il suo solito fare gentile e tranquillo. «È inutile ora disperarsi per ciò che non possiamo cambiare. E poi, chi lo sa… forse qualcuno riuscirà a mettersi in salvo.»

    Il professore riprese il controllo di sé. Con voce fredda e priva di speranza, raggelò tutti i presenti: «Inutile illudersi, non ci saranno superstiti.»

    Il tono fu tale da non lasciare dubbi. Da quel momento nessuno osò più chiedere nulla; tutti rimasero semplicemente ad osservare le immagini.

    Oltre all'atmosfera, anche gli oceani cominciarono a mostrare l’effetto della forte interferenza della gravità lunare, la quale amplificava a dismisura il fenomeno delle maree. Il trasferimento delle masse oceaniche era così rapido e di così vaste proporzioni da modificare a vista d’occhio la sagoma dei continenti. Nell'emisfero che si affacciava verso la Luna il livello degli oceani aumentava e invadeva l’entroterra; nell'emisfero opposto, al contrario, le acque si ritiravano dalle coste come una coperta troppo corta.

    Di tanto in tanto ad alta quota erano visibili, per alcuni secondi, bagliori intensi come la luce del Sole: l’ultimo disperato quanto inutile tentativo di difesa di qualche superpotenza, tramite l'impiego di armi nucleari.

    Infine, inesorabilmente, la Luna cominciò a penetrare l’atmosfera; il contatto con l’aria fu reso evidente dall'incandescenza della faccia esposta, la quale tracciava una scia rossastra simile a quella che produceva l'Orbiter dello Shuttle in fase di rientro.

    Poco dopo la Luna impattò sull'Oceano Pacifico affondando nel mare senza rallentare, apparentemente,  la sua corsa; solo qualche secondo più tardi, con il contatto dei fondali marini, le due gigantesche masse entrarono veramente in collisione.

    La Luna continuò a penetrare il pianeta Terra, conficcandosi letteralmente come un proiettile per circa un quinto della sua dimensione, prima di arrestarsi completamente; durante quegli interminabili secondi l’onda d’urto trasmessa nel sottosuolo fu di una potenza inaudita, tale da smuovere visivamente tutte le terre emerse. L’equipaggio rimase col fiato sospeso durante l’impatto... quando la Luna finalmente arrestò la sua corsa, molti pensarono che il peggio fosse passato.

    Fu un'illusione di breve durata: quello che seguì fu così devastante da mettere la parola fine alle speranze dei più ottimisti.

    Come un sasso scagliato al centro di uno stagno, la Luna generò immense onde concentriche al punto di impatto; difficile valutarne le dimensioni, ma dal momento che ne erano ben visibili sia la forma che il movimento, l’altezza doveva essere paragonabile a quella delle più alte catene montuose e la velocità di propagazione abbondantemente superiore a quella del suono.

    Contemporaneamente alla propagazione delle onde, apparirono enormi lingue rosse su tutta la superficie asciutta del pianeta. Il tremendo impatto aveva dilaniato la crosta, mostrando il cuore rosso della Terra: immensi fiumi di lava cominciarono a sgorgare dal sottosuolo, nello stesso modo in cui il sangue scorre copioso da una ferita mortale.

    A causa dell’aumento di livello prodotto dall'inabissamento della Luna nell'oceano, le acque inondarono progressivamente tutte le terre emerse, mentre l’esteso contatto con la lava ne provocava la rapida ebollizione. Ben presto, i cocenti vapori generati dall'evaporazione dei mari ricoprirono l’intero pianeta, avvolgendolo in

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