Riflessioni sulla basilarda. Analisi tipologiche e spunti ricostruttivi
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Con questa affermazione forse fin troppo radicale (si attestano sporadicamente, infatti, anche altre forme), il grande e compianto Ewart Oakeshott voleva sottolineare la presenza quasi ubiquitaria nella Penisola di una tipologia d'arma nota con il nome di "basilarda".
Queste daghe e spade, dal tipico fornimento a forma di H, compaiono infatti in molta iconografia militare e civile trecentesca, da Nord a Sud dell'Italia, lasciando intendere oltre ogni ragionevole dubbio il loro ruolo di protagoniste sul proscenio oplologico della loro epoca.
Ne consegue che qualunque Re-enactor voglia approssimarsi allo studio della vita quotidiana nel Trecento, quasi inevitabilmente si trovi a fare i conti con la corretta ricostruzione della basilarda.
Il presente contributo, oltre a suggerire la prima classificazione tipologica per questa famiglia e a delinearne la genesi, intende soprattutto offrire un corredo di disegni e di foto tratte da alcuni originali provenienti da collezioni private, evidenziando preziosi dettagli, al fine di guidare la mano del fabbro nella realizzazione di una replica corretta.
«In fourteenth-century Italy it seems to have been almost the only kind in use; hardly a picture painted between about 1300 and 1420 is without one visible somewhere».
With this statement, maybe way too radical (considering that also other typologies are sporadically attested), the great and dear departed Ewart Oakeshott pointed out the almost ubiquitous presence in the Peninsula of a specific kind of side weapon which goes under the name of “baselard”.
These daggers and swords show a very typical H-shaped hilt in a large number of 14th c. iconography, both in military and civilian contexts, from North to South of Italy; this suggests, beyond all reasonable doubt, their leading role in the warfare scenario of that era.
It follows that almost every Re-enactor wishing to portray everyday life in this time span would face the issue of how correctly reproducing a baselard. This essay not only provides a first attempt to classify baselards in four different types and to outline the birth of this weapon, but also includes some drawings and closeups of a few genuine relics belonging to private collections, highlighting precious details, in order to guide the blacksmith's hand all the way through to a correct replica.
L'Autore
MARCO VIGNOLA si interessa di Ricostruzione Storica dal 1999, anno nel quale si unì ai ranghi della Company of St. George, con sede in Svizzera. Ha conseguito una laurea magistrale in Storia Medievale presso l'Università di Genova, alla quale è seguita una specializzazione in Archeologia Medievale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed un diploma in Paleografia, Archivistica e Diplomatica presso l'Archivio di Stato di Genova. Dal 1993 ha preso parte a svariate campagne di scavo, instaurando proficue collaborazioni scientifiche con Università ed enti, negli ultimi anni anche in qualità di ricercatore autonomo. Ha all'attivo una nutrita serie di pubblicazioni e contributi, in buona parte inerenti all'analisi dell'armamento offensivo e difensivo italiano, alcuni inseriti all'interno di cataloghi di mostre nazionali.
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Anteprima del libro
Riflessioni sulla basilarda. Analisi tipologiche e spunti ricostruttivi - Marco Vignola
Bibliografia
Introduzione
Considerando la vastità della materia oplologica, ci si potrebbe interrogare sul senso di una monografia dedicata ad una specifica tipologia di arma bianca tra le molte che furono elaborate nel corso del medioevo europeo. La risposta, almeno auspico, dovrebbe risultare chiara a chi abbia la pazienza di addentrarsi nelle pagine seguenti, ma è senz'altro possibile anticipare come la basilarda (o baselarda, baselardo, a seconda delle sfumature lessicali assunte dal lemma) sia stata qualcosa di più di una semplice arma da fianco, rappresentando per lungo tempo un oggetto assai comune nella vita quotidiana e quasi il simbolo di un secolo, il Trecento, tradotto nella forma acuta e netta dell'acciaio.
Ne consegue che qualunque ricostruttore desideri oggi rapportarsi con la vita militare e civile del XIV secolo, debba confrontarsi quasi inevitabilmente col problema dell'acquisto o della realizzazione di una basilarda, la cui presenza nell'iconografia del periodo risulta tanto invasiva da far dire ad uno studioso del calibro di Ewart Oakeshott: «nell'Italia del Trecento sembra sia stata la sola tipologia in uso: difficilmente un dipinto eseguito tra 1300 circa e 1420 non ne ha una visibile, da qualche parte»[1]. Se questa affermazione tanto perentoria potrebbe per certi versi risultare un po' troppo radicale (esistono infatti più sporadiche attestazioni di altre tipologie, non oggetto di questo contributo), è pur vero che le testimonianze iconografiche tra Italia e Germania meridionale sono così abbondanti da sfuggire ad una facile classificazione, attestandosi nell'ambito delle centinaia, se non delle migliaia.
Ad una simile dovizia iconografica, come vedremo, corrisponde poi una disponibilità altrettanto ampia di esemplari conservati nelle collezioni museali e private, dei quali solo una piccola parte risulta censita nei cataloghi museali e delle case d'asta, rendendo il campione di studio singolarmente ricco.
Per quanto indispensabile, il semplice inquadramento storico-tipologico potrebbe tuttavia risultare fin troppo astratto all'occhio pragmatico del ricostruttore/rievocatore storico, ragione per la quale ricorreremo ad alcune tavole fotografiche di originali in mano privata, onde corredare il testo con un apparato che permetta di cogliere alcuni dettagli normalmente invisibili nei cataloghi. Per chi desideri accostarsi alle armi antiche non solo sotto il profilo storico e speculativo, ma voglia anzi proporne una replica accurata, ciò che più conta (oltre alla puntuale contestualizzazione del manufatto), è infatti conoscerne i dati tecnici e cogliere ciò che non si apprezza nelle foto di bassa qualità, seguendo un approccio editoriale non dissimile da quello di Carlo Paggiarino nei suoi volumi per la Hans Prunner[2]. Una semplice riproduzione commissionata sulla base di un unico riferimento iconografico o di una foto poco chiara, rischierebbe infatti di rivelarsi fallimentare al cospetto di un originale, non tanto per negligenza dell'artigiano o del rievocatore, ma per l'oggettiva impossibilità di desumerne le informazioni necessarie alla sua riproduzione.
Il presente contributo nasce pertanto con l'ambizione di orientare verso scelte più consapevoli chi si voglia cimentare con la restituzione di una basilarda, fornendo non solo le necessarie basi storiche e scientifiche, ma anche un corpus di foto di dettaglio eloquente in merito alle metodologie costruttive.
[1] «In fourteenth-century Italy it seems to have been almost the only kind in use; hardly a picture painted between about 1300 and 1420 is without one visible somewhere»: Oakeshott 1960 (rist. 1996), p. 336.
[2] Paggiarino 2011; Paggiarino 2008; Paggiarino 2006.
Un'arma detta basilarda
La parola basilarda
(o baselarde
, badelaire
, basalardo
e tutte le altre possibili varianti[1]) è un termine tecnico che indicherebbe un'arma proveniente dalla città di Basilea, secondo una tesi tradizionalmente accettata da molti studiosi, pur con qualche voce fuori dal coro[2]. Senza voler entrare in delicate questioni terminologiche, non facilmente risolvibili in maniera definitiva, è un dato di fatto