Raccontala a un'altra!
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Info su questo ebook
Romanzo d'amore, che racconta le avventure di Lucia, una ragazza che vive con le amiche nell'isola di Las Palmas e lavora in una ditta che si chiama Translogic,
Un cambiamento lavorativo sarà l'inizio di una serie di eventi che la porteranno a rivedere il suo rapporto con il fidanzato Daniel e ad affezionarsi poco a poco ad un nuovo collega, Marcos, inizialmente visto in cattiva luce.
Dall'intreccio emerge come il protagonista indiscusso della storia sia l'amore e la ricerca dell'altra metà della mela.
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Anteprima del libro
Raccontala a un'altra! - Raquel del Pilar Antúnez Cazorla
Raccontala a un’altra!
Raquel Antúnez
A Germán Erik e César. I miei amori.
Posso solo dire, io l’ho trovato:
"I'm looking for love
An' finding only heartache
Looking for love
An' finding only heartache
I'm looking for love to rely on
Looking for love, a shoulder to cry on
I'm looking for love
To rescue the state of my heart..."
Looking for love – Whitesnake
Indice
Prólogo di Connie Jett
Capitolo 1
Capitolo 2
Capítolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Biografia
Prologo di Connie Jet
El amor, l'amore, love, l'amour...
L’energia che muove il mondo direbbe la mia amica hippie e nel genere letterario romantico non possiamo e non vogliamo smettere di parlare di amore.
Per questo lo gridiamo ai quattro venti in tutte le lingue, nell’attualità persino con smiles, manifesti, banner, per e-mail, whatsupp, reti varie etc. riconosco che se parliamo di mezzi di comunicazione l’essere umano nell’arco della storia si è prodigato a inventarne di adatti per tutto il pubblico.
L’amore è per tutti però è facile trovare la tua metà della mela? L’amore, sentimento profondo del quale non esiste manuale ne’ Master e tutti ne soffriamo per le conseguenze.
Dal primo bacio cadiamo nella sua rete e già lo vedi, non importa se sei un ragazzo o una ragazza, lui ti prende e tutto ti sembra bello. Credi che le canzoni d’amore siano state scritte per te, i fiori del giardino del vicino ti sorridono, sei la persona più tollerante, pacifica e comprensiva del pianeta e ti rapporti con un sorriso alle avversità quotidiane. Qualcosa che in un’altra vita, una vita senza amore, non potrebbe succedere neanche per un millesimo di secondo.
Non c’è più caffè? È uno scherzo? Stai dicendo sul serio? Questo vuol dire che lo hai finito tu e non ti sei degnato di rimetterlo.
Questa situazione di rabbia o impotenza per il fatto che la persona con cui convivi si sia dimenticata di avvisarti che era finito il caffè, con l’amore non esiste.
Che finisca il caffè può succedere, però a te non importa, sorridi, sorridi.
Ohh non c’è più caffè? Scenderò al bar e quando uscirò dal lavoro lo comprerò
esclami senza mutare di umore e continui a pettinarti come se il giorno dopo avessi un matrimonio.
Tra i sintomi dell’amore ti trucchi dettagliatamente, ti vesti provocante, lo specchio ti fa i complimenti e scendi al mare felice per un benedetto caffè. Che non succede niente, bello, tutto mi sembra bello.
Piove? Il tuo cuore canta I’m singing in the rain.
In realtà l’amore è semplice, è lasciare uscire dal cuore questi sentimenti che ti traboccano dall’anima ... no no e no siamo realisti, al giorno d’oggi tutto è meno semplice ... non sfuggirai dalle discussioni, dalle sue manie, dalle tue, dalle ex, dalle famiglie che si intromettono, dai cieli e tutto quello che fa traballare la relazione.
E che ti mantiene in salvo? Quello che si idealizza di giorno in giorno che non è mai ... cambiare? Possiamo cambiare a volte noi donne però loro, loro mai.
Noi donne dedichiamo una vita a cambiare quel ragazzo che ci faceva tremare e oggi, al giorno d’oggi quando la convivenza si converte in sopravvivenza tutto succede e supera la finzione.
E anche se alcuni giorni ci prende la monotonia e in altri ci sentiamo dentro a un film di Almodovar, qui stiamo tutti cercando la felicità. Conformarsi? Non so se darò consigli d’amore, continuo cercando di dirvi che l’amore è rivoltoso, volatile, intenso, effimero, fugace però esiste. È lì fuori che aspetta che qualcuno si decida a fare il gran passo.
È giusto ascoltare il proprio cuore a volte, chiaro, perché sa perfettamente quando sei nella giusta situazione o quando quel ragazzo con la faccia da delinquente ti giura amore eterno mentre non ti presenta ai suoi genitori, non ti lascia toccare il suo cellulare e molte volte il fine settimana sparisce.
Ha un’altra! Non ti vuole! Sono frasi che puoi sentire dai tuoi migliori amici, da tua madre e anche dagli sconosciuti ma tu vuoi crederci nonostante il tuo cuore ti abbia già dato tutti i segnali.
Secondo Osho sono diventata filosofica perché ho bevuto due caffè e mi sono fumata tre sigarette.
Ama come qualcosa di naturale, come respiri, e quando ami qualcuno non iniziare ad esigere altrimenti già dall’inizio starai chiudendo porte. Non avere nessuna aspettativa. Se qualcuno appare nel tuo cammino prova gratitudine. Se non arriva niente, non è necessario che arrivi, non puoi mantenere questa aspettativa.
Ha detto tutto lui e questo è un balsamo per il cuore.
Raquel! Raquelita! Non mi sono dimenticata. Ci conoscemmo in questo mondo virtuale ti ricordi? Sono passati già due anni e la vita ha voluto che ci concedessimo un po’ di lettere per essere definitivamente unite.
Sono ancora emozionata e riconoscente per la tua scelta ( non ti sarai sbagliata? Non ho mai scritto un prologo, perdona se non sono all’altezza).
Il romanzo è squisito, ti prende già dal primo momento. Lucia, la sua protagonista è vicina e ti conduce per mano. Qualcosa che riesci a fare tu, con il tuo linguaggio divertente, l’amore, chiaro, sta nella sua vita e la investe. Ci sono anche dei personaggi secondari meravigliosi, le amiche una più particolare dell’altra o la capa insoddisfatta,lo psicopatico, mi piacciono tutti. Non dico di più perché non voglio anticipare nulla, in riassunto questi ingredienti fanno in modo che Raccontala a un’altra
sia un’opera d’arte del mondo romantico.
Congratulazioni Raquél!
Connie Jett
Capitolo 1
Come è possibile che quest'uomo sappia farlo tanto maledettamente bene, pensai mentre assaporavo la lingua di Daniel che succhiava le mie labbra. Il calore riusciva a trapassare i pori della mia pelle e mi sentivo un tantino il mal di mare. Ero sicura che non era solo per quel bacio spettacolare: poteva avere influito che mi portavo dietro tre notti senza dormire per il lavoro arretrato dell'ufficio ( tradotto in interminabili ore non pagate) , che erano le quattro del mattino, che avevo già bevuto tre birre e mezza e che eravamo nel mezzo del bar Turbo Pub, rocchettaro che più non si può ( che ultimamente frequentavamo ogni fine settimana). Theatre of Tragedy suonava a tutto gas rimbombando nelle orecchie, nel cuore e nella pelle fino alle mie parti più intime, nello stesso momento in cui Dani mi divorava di nascosto in un angolo in fondo al locale. Che ironia che la canzone che suonava si intitolasse A distance there is perchè qui, tra di noi non ci stava un granello di sabbia.
Mi mancava l'aria però non volevo allontanarlo. La musica finì e passò un istante in cui Daniel si allontanò dalla mia bocca. Respirai. Notai che i suoi occhi mi attraversavano la pelle. Un altro secondo. Non cominciava nessuna nuova canzone e lui si approfittò di quel minuto di silenzio per dare un sorso alla sua coppa, cosa che mi diede l'opportunità di recuperare il respiro. Era il momento, il mio momento, sviai lo sguardo e vidi che chi suonava la musica guardava stupito il computer, chissà se mancavano altri due o tre secondi prima di cominciare a tuonarne un'altra.
Mi avvicinai al suo orecchio e gridai, perché sì, perché nonostante la musica non suonasse più ero mezza sorda dopo cinque ore dentro a quella caverna.
- Devo raccontarti qualcosa!
- Spara! – gridò contagiato dalla sordità.
- Mi hanno promossa!
- Sul serio? - Dopo un sorriso a metà bocca, di quelli che facevano in modo che un formicolio percorresse il mio stomaco ( e le mie mutandine per essere sincera), mi abbracciò e mi baciò le labbra – Che figata! Racconta, racconta...
Lo guardai con espressione di circostanza, stavano iniziando a suonare Metallica, Enter Sandman perciò non mi rimaneva più voce per gridare tanto e scrollai le spalle.
Daniel afferrò la mia mano e mi trascinò attraversando l’onda di gente che iniziava già a gridare il testo della canzone. Non capivo molto di questo tipo di musica ma doveva essere un classico per l’affetto che suscitava dietro di me.
Uscimmo dal locale e un forte ronzio annegò il mio udito. Il mio viso e il mio corpo apprezzarono l’aria fresca della notte. L’onda di calore che affliggeva l’isola da giorni sembrava essere svanita e maggio era tornato ad essere maggio, alla Playa de Inglès, nel pieno sud dell’Isola Gran Canaria. Durante il giorno il calore tornava insopportabile ma le tenebre riportavano il fresco, che faceva in modo che tutte le terrazze dei bar e dei ristoranti si riempissero completamente.
- Figata! . Ripeté mentre mi prendeva per la cintura e mi avvicinava a lui per abbracciarmi.
- Grazie – Sorrisi – Non me lo aspettavo così presto, sono molto contenta.
- Andiamo a festeggiarlo – Afferrò di nuovo la mia mano e mi tirò perché lo seguissi.
- Ancora di più? – Gli chiesi con il sorriso sulle labbra.
- Hai fame?
Pensai all’ultima volta che avevo mangiato, poco dopo mezzogiorno, un sandwich al granchio e maionese in ufficio e un caffè doppio abbondante zucchero ( sapevo ciò di cui avrei avuto bisogno). Annuii rispondendo:
- Adesso che me lo dici ho molta fame.
- Andiamo, un paio di vie più giù si trova una pizzeria aperta tutta la notte. Le pizze sono buone e sono veloci a servirle.
Non mi diede tempo di rispondergli che già mi tirava giù per la strada. Sarebbe stato più semplice tenergli il passo se non avessi deciso quella notte di mettermi gli stivaletti neri con il tacco a spillo di dodici centimetri che mi arrivavano fino al ginocchio, belli lo erano un casino ma quella di camminare non era inclusa tra le loro caratteristiche. Così, senza protestare e desiderosa di mangiare qualcosa e parlare un po’ con lui lo seguii con passo leggero.
In un attimo capii per quale motivo servivano così rapidamente. Fuori c’era un cartello mezzo scollato, degno dei bordelli più squallidi. Dopo aver sceso delle scale oscure per entrare al ristorante mi resi conto che era completamente vuoto. C’erano solo due tavoli che erano completamente deserti, un po’ sporchi e in generale ... semplicemente faceva paura. Strinsi con più forza la mano di Daniel che mi guardava e sorrideva. Cercai di non guardare molto da nessuna parte perché se avessi visto anche un misero insetto attraversare il locale sarei uscita correndo anche a rischio di perdere la mano sinistra stretta in quella di Daniel (che sembrava non volerla lasciare nei secoli dei secoli).
Dieci minuti più tardi uscimmo dal locale con un cartone di pizza e due lattine di coca cola. La macchina non era molto lontana, cinque minuti a piedi. Lui camminava silenzioso, concentrato che non cadesse il cartone, la borsa con le bibite e senza lasciarmi. Rimuginai su quello che aveva in mente, non ero sicura di dirglielo. Mi innervosii, mi sudavano le mani però sembrava lui non lo notasse.
- Ti metti a guidare? – gli chiesi stupita quando dopo essere entrati nella sua Wolkswagen Polo
bianca la mise in marcia. Pensavo che avremmo mangiato direttamente lì e per ciò che poteva dimostrare il mio stomaco non era d’accordo che lo facessi aspettare più tempo e protestava emettendo suoni strepitosi dei quali Dani non sembrava rendersi conto.
- Tranquilla, stasera ho bevuto solo una birra, questa notte preferivo prendere altro. – Mi sorrise
con mezzo sorriso mentre un calore soffocante si propagava fra le mie cosce. Si avvicinò, mi baciò le labbra, la sua lingua cercò la mia con fervore e si scostò in modo repentino. – Andiamo in un posto più intimo –
Era incomprensibile che gli occhi non mi si fossero chiusi durante il tragitto visto quanto mi sentivo stanca. Tardammo circa una mezz’ora ad arrivare al luogo in questione. Guardai da un lato, guardai dall’altro, non avevo idea di dove ci trovavamo. Isolato di sicuro, non passava alcun veicolo ne’ nessun lampione illuminava il cammino. Spense il motore in uno spazio abbastanza ampio alla sinistra della carreggiata e accese la luce interna del veicolo. Dovevamo essere in qualche montagna sperduta dell’isola con una vista spettacolare che non si riusciva a vedere a quest’ora della notte,
Mangiamo? – Chiese mentre mi porgeva la mia bibita. Spostò tutto il suo sedile il più indietro
Possibile per poter aprire il cartone della pizza e appoggiarselo sopra le gambe senza che toccasse il volante – Lucia, vai, raccontami.
Terminai di divorare il primo pezzo di pizza che avevo in mano e diedi un sorso alla mia coca cola.
Beh, non so molto bene come sia successo. Sono nell’azienda da due anni , Dario mi ha fatto una
Valutazione, ne abbiamo parlato per molto tempo e mi ha proposto il cambiamento. Sarò responsabile dell’amministrazione e delle risorse umane. Già ci stavo collaborando, mi aveva coinvolto molto nella contabilità della ditta, compreso quando tutti i colleghi se ne andavano a casa a riposare ed io rimanevo. Sapevo che Dario stava passando un brutto momento con l’audit che avevamo a inizio settimana. Dopo che Noella se ne andò dall’amministrazione si rese conto che quello era un caos. Però bene, ce l’abbiamo fatta, abbiamo passato l’audit e tutto è rimasto organizzato. Si è fidato di me. Lunedì lo comunicherà al signor Gustavo Fuentes, il presidente di Translogic, che deve dargli il nulla osta. Considerando che Dario è un subordinato di sua totale fiducia e che fa parte della sua equipe direttiva mi ha assicurato che sarà un mero tramite e che non ci saranno obbiezioni da parte sua.
Presi un altro pezzo di pizza e cominciai ad assaporarla ancora con una fame atroce. Ci fu un momento di silenzio che apprezzai. Daniel mi divorava con lo sguardo, potevo indovinare il desiderio nei suoi occhi e si stava reprimendo per lasciarmi parlare e mangiare.
Dani ed io ci eravamo conosciuti circa un anno e mezzo fa, una notte in cui Silvia, una delle mie migliori amiche, uscimmo a bere qualcosa al bar El Guincho, centrale che più centrale non si può, dove lavorava Samuel, il suo ragazzo del momento. Lì le ore passavano tra tapas di patate rugose
con salsa mojo, cosce di maiale affumicato, olive, formaggio di capra e bicchieri di lambrusco, avocado o cocktail di ogni tipo in base alla notte e all’animo della festa.
Nel mentre, la musica pop del momento incalzava facendoci muovere, cantare e ballare.
Daniel era amico di un collega di Samuel ed era lì per salutarlo e bere alcune birre.
Ci presentarono e pochi secondi dopo ci chiese il permesso di accompagnarci al nostro tavolo. L’immagine del Dani di allora distava enormemente da quella di adesso, non perché fosse migliore o peggiore ma perché sembrava un’altra persona. Pettinato all’indietro, camicia a quadri stirata alla perfezione e abbottonata con lo scollo a V, Jeans celesti di marca Levi’s e delle scarpe di pelle nera che sembravano molto care.
Con il tempo che era passato da quando avevo conosciuto Daniel e con quello che mi aveva raccontato della sua famiglia, immagino che un giorno si stancò che sua madre gli scegliesse i vestiti e la piantò lì, dando vita ad un cambio radicale. Pettinato, spettinato, quegli stessi occhi grigi e lacerati che mi incantavano, quel sorrisetto a metà in quelle labbra che morivo a divorare e la barba trasandata. Nel suo corpo i tatuaggi iniziarono a susseguirsi l’uno dopo l’altro. I colori del suo abbigliamento furono tutti variati al nero, giubbotti di pelle, pantaloni strappati e consumati e stivali borchiati. Dani mi raccontò che il giorno in cui apparve con il suo primo tatuaggio sua madre andò in iperventilazione e passò la serata a piangere in divano.
Dani era figlio unico, però non uno qualunque, ma di buona famiglia e con madre iperprotettiva. Alberto e Claudia avevano superato i quaranta quando lo misero al mondo, erano all’antica e più preoccupati per quello che si diceva che per la loro felicità e quella di loro figlio.
Lavorava come amministrativo al municipio nonostante avesse preso la laurea per traduttore e interprete e parlasse in modo fluido inglese, francese e tedesco. Era un lavoro stabile, nel quale stava comodo, con un buon orario e buone condizioni e niente gli faceva desiderare di più. Lo completava con qualche traduzione che di tanto in tanto uno dei suoi professori dell’università gli passava per guadagnare un po’ di denaro extra.
Dal primo momento in cui