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Sussurra il Silenzio
Sussurra il Silenzio
Sussurra il Silenzio
E-book201 pagine3 ore

Sussurra il Silenzio

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Info su questo ebook

La tragica vicenda di Mattia, un sedicenne improvvisamente travolto da un destino crudele e beffardo che, negli ultimi attimi che precedono la mezzanotte di una festosa serata di capodanno, lo priva dei suoi affetti più intimi e cari, catapultandolo con violenza al centro di una dimensione atroce, fatta di perdita e di dolore profondo. Senza più speranza ma al tempo stesso lottando per riuscire a vincere la morsa stretta della disperazione, il giovane protagonista del romanzo sopravviverà alla sofferenza dei giorni immediatamente successivi a quella notte di fine anno così cupa, soprattutto grazie all'amore e al sostegno di Antonella ed Elisa. Queste due donne che hanno età e relazioni diverse con Mattia, assumeranno entrambe un ruolo centrale nella sua vita. Un'esistenza resa sempre più vulnerabile dal succedersi degli eventi infausti e di scoperte destabilizzanti, capaci di provocare terremoti interiori e cadute vertiginose verso il fondo dell'abisso, dove il buio domina incontrastato e a cui solo il tempo può restituire un qualche spiraglio di luce.
LinguaItaliano
Data di uscita30 ago 2017
ISBN9788892681460
Sussurra il Silenzio

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    Anteprima del libro

    Sussurra il Silenzio - Marco Siani

    twitter.com/youcanprintit

    L’ADDIO

    Pioveva su Milano quella mattina di gennaio, una pioggerella fitta che ti penetrava fin dentro il cuore come una cuspide che ti scava sempre più in profondità fino a toglierti il respiro. L’alba era da poco sorta, era il 16 del primo mese del nuovo anno quando la città riprendeva la sua vita quotidiana fatta di lavoro, scuola, palestra, calcio, amori e disamori , di sogni, speranze, delusioni e dolore. Già il dolore; un sentimento che Mattia conosceva bene, l’anno per lui era iniziato davvero male, in poco più di quindici giorni aveva scoperto che la sua vita era, stava e sarebbe cambiata radicalmente. La notte a cavallo tra la fine e l’inizio dell’anno, mentre cazzeggiava, ai piedi del Duomo di Milano con i suoi compagni di giochi e di conquiste, avvenne l’imponderabile. Il suo telefonino, oggetto caro ai giovani della sua età, col quale un po’ si è bulli, un po’ si è eroi, un po’ si è grandi, un po’ si è piccoli, cambiò molte, forse troppe cose.

    «Mattia, il tuo Nokia sta suonando da un po’» gli fece notare William «Non rispondi?».

    Mattia, che era impegnato in cose più importanti come osservare la sua ultima fiamma, Elisa, proprio mentre era indaffarata nel terminare le pulizie del negozio, ormai pronta a chiudere le serrande e tornare a casa con i suoi per attendere la dipartita del vecchio anno e lo sbocciare del nuovo, scrollò le spalle, poi guardò William e con quel sorriso struggente e solare che di lì a poco avrebbe forse perso per sempre gli disse: «Rispondi tu William, lo sai che non ho segreti».

    Mai frase fu più infelice, se solo quell’oggettino fosse caduto o si fosse spento tutto il resto non sarebbe capitato.

    «Chi è?» chiese il giovane amico del Matty «Pronto? Pronto?»

    «Mattia, sono Antonella» lei poverina nella concitazione non si era accorta che al telefono non era Mattia e intanto piangeva; piangeva e singhiozzava «Tuo padre e tua madre, una tragedia, corri, siamo in ospedale». La telefonata si interruppe così. William sconvolto si voltò verso il Matty, voleva urlare ma non ci riuscì, un groppo in gola glielo impediva, e il suo amico che era di spalle e rideva, oh come rideva, il mondo era ai suoi piedi e lui ne era il dominatore, nulla avrebbe potuto sconvolgerlo, se pure avesse fatto mille salti e mille movimenti mai l’avrebbe visto Bisognava raggiungerlo, non che fosse lontano, bastava scendere i due gradini del Duomo, attraversare la strada e raggiungere il suo caro amico di infanzia. E poi cosa gli avrebbe detto, cosa avrebbe fatto, come glielo avrebbe detto? In fondo nemmeno lui sapeva cosa era successo, forse non lo avrebbe saputo mai. Il telefono intanto giaceva ai suoi piedi, morto, spento da una caduta improvvisa, rovinosa, immediata. Era l’inizio della fine, William camminava lentamente, e intanto pensava a cosa dire al povero Matty. Il destino gli tolse l’imbarazzo, un’auto, una piccola seicento blu lo vide troppo tardi, lo stridio dei freni, il rumore dell’impatto, il tonfo della caduta; il silenzio. Un silenzio irreale di pochi secondi, eppure secondi lunghi, lunghi più di un’intera vita. Mattia si voltò, dal suo viso lo splendido sorriso di un ragazzo che fino a quel momento aveva avuto tutto dalla vita si mutò prima in stupore, poi in paura, infine in orrore. Un rivolo di sangue raggiunse le sue scarpe Nike appena comprate al Mega Store di Milano, il profondo legame tra William e Mattia non venne interrotto e il suo sangue, ancora vivo, ancora caldo come il suo povero corpo che giaceva al suolo inerme si avvinghiò a lui come in un ultimo abbraccio. Il torpore nel quale era caduto si interruppe di lì a poco, l’urlo straziante che lacerò i cuori della Milano in festa echeggiò come il lamento di Maria ai piedi della Croce.

    «William,William,William!» gridava il suo amico di infanzia, e intanto dal suo volto iniziarono a sgorgare lacrime, a volte grandi, a volte piccole, e ognuna di esse raccontava un’avventura dei due inseparabili, in ognuna c’era la loro vita, le loro gioie o delusioni. La subitanea paralisi che lo aveva avvolto lo sciolse dalle sue spire, e il povero infelice che ancora ignorava quello che dì li a poco avrebbe saputo si gettò sul corpo di William. La sua bocca era stata violata dal quel rivolo di sangue che incurante e blasfemo di quel corpo che lo aveva ospitato continuava a uscire copioso.

    «No,no,no, andrà tutto bene William, andrà tutto bene. Rispondimi ti prego, non può finire così, non può andare così».

    E così lo sciagurato, affranto dal dolore, continuava mentre già si udivano i primi fuochi di addio al vecchio anno. Intorno a lui si raggrupparono alcuni passanti, gente affranta, gente disinteressata. È strano come anche nei momenti di massimo dolore si possa essere immersi in mezzo a centinaia di persone eppure essere da soli. All’improvviso si udirono le prime sirene avvicinarsi. In pochi minuti la zona fu transennata da un cordone di polizia, ambulanze, periti e curiosi. «Ma guarda questo quando doveva andare a schiattare» diceva uno dei poliziotti «Proprio stasera che avevo organizzato il cenone di fine anno». Ce ne scusiamo con il lettore per la crudezza delle affermazioni: alcuni uomini sono tali solo di nome. Tornando alla tragedia che poc’anzi stavamo raccontando prima che il nerboruto poliziotto spezzasse il sottile filo d’Arianna che ancora alimentava le speranze del povero Mattia, si aspettava il giudice per autorizzare la rimozione della salma, ma la vigilia di capodanno si sa, come ci ricordava il poco simpatico tutore dell’ordine, è tempo di cenoni e feste. Così il magistrato, tale Scarpetta, evidentemente aveva ben pensato di terminare il suo succulento pranzo, per poi intorno alle 22.00 alzarsi dalla sua sedia ed esclamare ai convenuti: «Perdonatemi, ma mi hanno appena avvisato che un ragazzino è morto a causa di un incidente». Per la verità il povero Scarpetta era stato avvisato un paio d’ore prima, tuttavia nella vita ci sono delle priorità, e quella della cena per in magistrato lo era senz’altro. D’altronde William da lì nessuno lo avrebbe rimosso, perché allora precipitarsi e perdere tutte quelle leccornie? I genitori intanto avvisati dell’immane tragedia erano giunti sulla scena dell’incidente; soprassediamo per rispetto di un dolore immane che solo chi ha perso un figlio può conoscere sulle urla, le invocazioni e le imprecazioni che in questi momenti di assoluto dramma fanno da corollario all’intera vicenda. Nella foga della narrazione abbiamo omesso che l’investitore si era dileguato nel nulla, un pirata come si usa dire in gergo, ignorando che i pirati sono più leali e un loro codice da rispettare lo hanno comunque. Come fosse arrivato in una zona a traffico limitato restò un mistero. Quell’uomo o quella donna, dunque non si era nemmeno fermato e nonostante le indagini mai nessuno lo avrebbe identificato. Nessuno della giustizia umana, ma il rimorso, la voce, a volte dolce, a volte acuminata della coscienza –perché tutti, anche i più imperfetti ne hanno una –

    Non gli avrebbe dato requie, ne siamo certi. Il Mattia intanto cercava il telefonino per poter avvisare i suoi cari, lo trovò ai piedi del secondo gradino del maestoso Duomo. Era rotto! La batteria a pochi centimetri dallo scheletro dell’apparecchio. Che strana coincidenza, un oggetto inanimato aveva scisso il suo scheletro da ciò che lo alimentava, a pochi metri da lui il suo più caro amico aveva scisso la sua anima dal suo corpo, o dalla prigione del suo spirito come molti filosofi del Medioevo sostenevano. Si sentì solo, inutile, quando una mano si posò sulla sua spalla, voltandosi pensò di essere morto. Come Dante incontrando Beatrice rimase ammaliato da tanta bellezza, così Mattia pensò di avere di fronte a sé un angelo. Era Elisa, la dolce pulzella che egli ammirava mentre alle sue spalle accadeva l’irreparabile. Non ci furono parole tra i due, in alcuni momenti forse è meglio così, cosa dire del resto? Nello sguardo di Elisa i genitori capirono che voleva restare sola. Ci furono dei lunghissimi momenti in cui signore incontrastato era il silenzio, poi i due coniugi decisero di lasciare che la loro dolce figliola desse un poco di conforto al povero Matty. La notte più lunga dell’anno stava per cominciare, per strada il silenzio stava diventando irreale, tutti erano rintanati in locali o case, pronti per stappare lo spumante allo scoccare della mezzanotte. Mancavano però ancora circa novanta minuti. Alle 22.30 il magistrato dispose il trasporto della salma presso la camera mortuaria dell’ospedale Anlus, per William non c’era nulla da fare, e così dopo averne constatato il decesso iniziò il mesto pellegrinaggio verso il vicino ospedale. Il destino a volte è beffardo e crudele allo stesso tempo. Mattia provo più volte ad avvertire i genitori, con esiti infausti, del resto ancora non sapeva che la tragedia che stava vivendo era solo il primo atto di una ancora più grande. Lo sventurato decise di accompagnare l’amico verso il penultimo viaggio della sua esistenza terrena. Lui ed Elisa viaggiavano in macchina con i genitori della ragazza, che avevano disdetto il cenone di fine anno e, con il cuore vinto dal dolore e dal rammarico per una morte così assurda e prematura, avevano prontamente deciso di accompagnarli in ospedale. Non ci fu una parola in macchina, gli sguardi del resto ne esprimevano molte di più. Mattia stringeva forte la mano di Elisa, un gesto naturale che lui aveva mille volte e mille altre ancora sognato di fare. In quella circostanza valeva quanto il niente. Pensava Mattia, pensava a William a quando si erano conosciuti, praticamente in incubatrice, nati entrambi lo stesso giorno il 19 luglio, di 15 anni prima. Era notte, allora come adesso, erano venuti al mondo a distanza di poche ore l’uno dall’altro, William alle 21.00 mentre lui alle 23.40. La gente del quartiere dove vivevano li chiamavano i gemelli, perché erano praticamente inseparabili.

    «Quante volte abbiamo litigato» pensava, «quante volte l’ho deluso,era una parte di me, il mio confessore, il mio fratellino, e anche il fratello più grande, Dio perché l’hai fatto? E quei poveri genitori? Avevano solo lui».

    William era figlio unico proprio come Mattia, il dolore dei genitori per la dipartita di un figlio non lo avrebbe provato, non ancora almeno, per lui la nera Signora aveva in serbo altro, a lui avrebbe chiesto di superare la più ardua delle prove che si può chiedere ad un figlio. Giunti all’ospedale, l’occhio di Mattia cadde su una donna che fumava e intanto piangeva, piangeva come solo quando capita l’irreparabile. Eppure quella figura smilza, alza, con gli occhiali da intellettuale e con i capelli rossi lui la conosceva «Antonella! Ma che ci fai qui? Atonellaaaa!»

    Lei riconobbe la voce di un pargolo che bambino non lo era più, eppure nemmeno ancora poteva essere definito adulto, lo sarebbe dovuto diventare, forse già da quella notte, magica per il mondo intero, tragica per pochi.

    Lei, come una mannaia, con quella notizia avrebbe troncato la sua adolescenza in un colpo solo, in un corpo ancora così giovane e cosi lontano dalla fine si sarebbe già abbattuta la spada di Damocle, oh! Povero Mattia per lui il tempo della spensieratezza e della visione umanesima della vita stava per terminare.

    «Mattia, vieni qui figliolo» lei corse verso di lui «È terribile, assurdo, piangi, piangi, ti aiuterà».

    Lui sconvolto si gettò tra le sue braccia, ma cercava quelle di mamma Rosa e di papà Arturo. Non aveva il coraggio di chiederle perché c’era lei, poi disse le disse: «Dove sono mamma e papà?»

    «Vieni qui ti ci porto subito».

    Elisa si mosse insieme a lui, due corpi che si congiungevano in uno, non era la sua morosa, ma non lo avrebbe certo lasciato solo, certo si sarebbe fatta da parte quando avrebbe incontrato i suoi genitori. Come in una mesta processione dunque si avviarono all’ingresso dell’ospedale. Antonella e Mattia guidavano l’improvvisato corteo, alle loro spalle Elisa e quindi i due genitori della fanciulla che non sapevano certo cosa fare, e allora si accodarono ai tre che li precedevano. I lettori più attenti non potranno ignorare che tutti camminavano con la morte nel cuore, ma che la sola Antonella conosceva ciò che gli altri ignoravano, mentre gli altri erano a conoscenza di ciò che la stessa guida non poteva conoscere.

    «È successo tutto così all’improvviso, ma tu devi essere forte non sarai mai solo, qualunque cosa succeda».

    «Era il mio migliore amico, era più di un amico capisci?»

    E intanto il suo viso di giovane fanciullo che veniva per la prima volta violentato dal dolore irreparabile della morte, ancora una volta veniva rigato dalle lacrime che inesorabili ricominciavano a sgorgare e a cadere copiose.

    «E pensare che se avessi risposto io a quella maledetta telefonata tutto questo non sarebbe successo. Sono responsabile, sono colpevole della sua morte!!».

    Come quando una lama ti penetra fin dentro al cuore, così Antonella ebbe un sussulto lasciandogli di scatto la mano che prima stringeva a sé con amore e calore.

    Capì che Mattia non sapeva nulla della sorte avversa che in un colpo solo e con precisione chirurgica gli aveva strappato in una sola notte tutto ciò che di più caro aveva.

    «Ero io al telefono» le disse, e la sua voce diveniva sempre più tremula e singhiozzante «ma nella concitazione non ho capito che a rispondermi non eri stato tu».

    Lo abbracciò forte, a momenti gli toglieva il respiro, e chissà se il povero quindicenne non lo avrebbe desiderato ardentemente di lì a poco.

    «Tu? E cosa volevi?». La incalzò Mattia.

    A quindi anni non si può capire ciò che un viso può volerti dire, ma passati i trenta le cose cambiano si diventa più esperti anche nel leggere il dolore che si dipinge sul viso di chi deve fungere da messaggero della morte.

    Il viso del papà di Elisa divenne una maschera mista di orrore, disperazione, incredulità, e iniziò a imprecare contro tutto e tutti, la sua consorte si sciolse in un pianto ancestrale, le urla dei due coniugi si estesero a tutto l’ospedale. Mattia ed Elisa si guardavano intorno esterrefatti. Erano nel cuore di una crisi generale di panico e disperazione della quale ignoravano il motivo. Accorsero medici e infermieri impauriti dal trambusto, cercarono di calmarli, ma dalla bocca di Vittorio venne fuori l’arcana verità.

    «Mio Dio, in una sola notte tanti morti, perché? Perché? Perché? È solo un bambino, come può sopportare tanto dolore, come farà a continuare a vivere?».

    Su Mattia si posarono , mentre Vittorio continuava a imprecare, gli sguardi dei presenti. La signora Nunzia svenne, e nessuno per qualche secondo, nemmeno la piccola Elisa, se ne rese conto. Buon per lei che i medici abituati a convivere con il dolore e la sofferenza non si lasciavano certo impaurire, e infatti un infermiere si attrezzò subito per soccorrerla. Mancavano una manciata di minuti allo scoccare della mezzanotte, l’irreale silenzio che precede la festa rotto solo da qualche botto qui e là, fu infranto dalle urla del piccolo Mattia. Urla e parole senza senso si succedevano in modo continuo, urla e pianti, e intanto descriveva cerchi continui intorno a lui con quel andare avanti e indietro, come uno stregone che è lì

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