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Street artist
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E-book97 pagine1 ora

Street artist

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Street Artist è una raccolta di 22 racconti brevi, scritti con le tonalità trasparenti e leggere dell’acquerello, ispirati da personaggi storici – Leopardi, Verdi, la contessa di Castiglione, Garibaldi – ma anche dai tipi umani più diversi, dall’ex compagno di scuola diventato barbone o ladro per necessità, all’immigrato alla ricerca di integrazione, alla coppia che vede la propria casa distrutta dal terremoto ma conosce inaspettate solidarietà, dalla donna che ama il découpage al bambino peruviano che corre felice in un museo. Personaggi diversi, anche lontani nel tempo, che la capacità di affabulazione dell’Autrice riesce a unire in un solo dipinto, dai colori lievi e sfumati, a rappresentare la vita.
LinguaItaliano
Data di uscita7 dic 2017
ISBN9788866904182
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    Anteprima del libro

    Street artist - Vera Durazzo

    Vera Durazzo

    Street artist

    EEE-book

    Vera Durazzo, Street artist

    © EEE-book

    Prima edizione ebook: dicembre 2017

    ISBN: 9788866904182

    Edizioni Esordienti E-book

    Tutti i diritti riservati, per tutti i Paesi.

    Copertina di Roberto Bruno.

    Alla Scuola Holden,

    dove il mare è di carta, le parole profumano di vento

    e la scrittura smuove la Terra come aratro.

    Prefazione

    Narrare: forma dell’essere che implica il parlare e l’ascolto. Lo stare insieme.

    Così era in un passato remotissimo, agli albori dell’uomo – lo attesta Paul Schebesta, studioso di antropologia – così è stato fino alla svolta della società preindustriale.

    Oggi – che l’uomo è arrivato alla soglia dell’inco-municabilità o forse l’ha già attraversata – e non è più capace di ascoltare né se stesso né gli altri, egli rischia addirittura di non sopportare il garrire dei rondinotti, dei quali potrebbe distruggere il nido con la canna lunga.

    Così scrive Vera Durazzo in S.O.S. E, partendo dal racconto, l’affabulazione diventa cammino, un viaggio oltre le barriere, attraverso i muri che l’uomo oppone all’uomo. A se stesso.

    Una possibile chiave di lettura potrebbe essere questa. E, per il suo significato, la silloge – che nutre diversi linguaggi e costumi – potrebbe fregiarsi di un titolo intrigante: Esperanto. Perché la tessitura delle parole ha a che fare con la speranza. Speranza che molto cambi per quanto riguarda l’uomo.

    In fondo, il mestiere di fare torte – come in Tonda, gentile – non è altro che occasione per un recupero. Ricerca e tentativo di ricucire un rapporto umano, indipendentemente dal fatto che i due poli in questione abbiano, uno le carte più o meno in regola, e l’altro porti il marchio tatuato. Il bollo infame di essere fuori della comunità. Ammesso poi che tale comunità esista per davvero, da qualche parte della nostra Non-Europa!

    Sono catene, quelle che si attorcigliano intorno ai personaggi della Durazzo. Catene che l’individuo – in quanto tale, individualista fino alla radice, e SOLO – non potrà spezzare, se non a patto di frantumare, prima, la scorza spessa della propria immobilità; l’inerzia di non aprire mai le braccia. La corazza che immunizza da ogni moto di cuore e di anima.

    Per chi è capace di fare tutto questo, fuori dal solipsismo, c’è la vita! Tutta una vita che pullula… nella fredda notte.

    Dietro la barriera fragile del cartone che poco ripara dal gelo, ecco infatti il compagno di banco; l’amico artista e sognatore con il quale hai condiviso la matura, quello che sapeva farti la caricatura e si è fatto barbone per incapacità di vivere.

    Per te, che sei ritornato uomo… Ecce homo!

    Street-artist è questo ed altro: basta leggerlo e l’anima si libera. Anche il linguaggio si depura, come l’acqua dal carbonato di calcio. Deposita le frasi fatte che non piac-ciono ai personaggi tratteggiati da Vera Durazzo. Non piac-ciono perché sono muri; altrettanti muri che nascondono la vera natura delle persone e delle cose.

    E – nella tessitura composita di questo raccontare – non potevano mancare le cromìe. Arazzi tessuti da una parole che indaga e scruta, che addirittura è capace di combinare sinteticamente le solitudini leopardiane.

    Infatti, Per lo libero ciel… intreccia le suggestioni del Passero solitario con quelle della Silvia/Teresa Fattorini, nell’abbraccio fuori dal tempo di un Infinito che tutto unisce e supera. Un non-luogo che comincia dove la vista finisce.

    Passato e presente. Miseria e prosperità: arcani che si scoprono in due pagine appena. O poco più. Dove l’oggi prepotentemente si affaccia.

    L’oggi, per esempio di Color arancio: esile pianta di umana solidarietà in un bosco di cipressi giganti, inneggianti ad un silente razzismo. All’odio.

    Per Vera è questo l’oggetto del raccontare. E si regge sui giunti saldi dell’asindeto e della coordinata. Si densifica nei radi inserti riflessivi: verecondi e freschi. Mai moralistici.

    Affabulazione che appassiona, facendoti intravvedere l’anima, bandita dal consorzio umano. Un narrare che sostituisce al monotono dire della penna, il fine tratteggio dello schizzo. Il chiaroscuro del carboncino!

    Caterina Vallero

    STREET ARTIST

    Un anziano rannicchiato su una panchina. Morto di freddo e di solitudine.

    Vittima della morsa del gelo, avevano detto in televisione. Le frasi fatte, usate dai giornalisti, come morsa del gelo, spirale della violenza, tunnel della droga gli creavano dentro un senso di fastidio. Rispondeva mentalmente con un assolutamente sì, altra espressione ridicola. Quella volta non fu così: la sensazione del freddo che ti abbranca con artigli muscoli e cervello ebbe un altro effetto: esistevano, dunque, solitudini ben diverse dalla sua. Prese in fretta una decisione. Cercò in rete e trovò ciò che faceva al caso suo. Subito iniziò l’indagine negli armadi a muro e nello sgabuzzino dove sua madre aveva riposto coperte, plaid e trapunte, scelte a suo tempo, con rigore, di pura lana vergine. Tirò giù gli involti, sigillati in sacchetti di plastica, ne aprì uno e l’odore della canfora lo inebriò e lo fece tossire. Spuntarono dei plaid a riquadri scozzesi e coperte verde militare. Li scosse, per liberarli dai residui di canfora e esaminò gli scaffali del ripostiglio; vide una grande cesta con il manico, sul cui fondo era posato un thermos. Ricordi di passate scampagnate.

    Andò in cucina con la cesta, prese il thermos e ne svitò il coperchio per procedere al lavaggio. Cercò nell’armadietto la moka da sei tazze, che non usava da tempo. La lavò, poi vi mise un solo cucchiaino di caffè per prepararla all’uso. La avvitò, dopo aver riempito d’acqua la parte inferiore, e la mise sul fornello acceso. L’aroma del caffè gli diede una spinta di vitalità, mentre preparava panini al parmigiano e al paté di olive. Gettò via il contenuto della caffettiera, poi preparò il caffè altre due

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