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La Compagnia dei Ryunir: La ricerca
La Compagnia dei Ryunir: La ricerca
La Compagnia dei Ryunir: La ricerca
E-book613 pagine8 ore

La Compagnia dei Ryunir: La ricerca

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Info su questo ebook

Sinossi:
Ryuhan è una penisola pacifica e, benché sia divisa in quattro Zone con governatori, religioni e leggi differenti, le numerose razze che la abitano hanno sempre cercato di mantenere dei buoni rapporti le une con le altre.
Questo fin quando Shinan, un nuovo e potente tiranno dalle origini sconosciute, inizia a conquistare Ryuhan con i suoi orribili sottoposti, seminando ovunque morte e disperazione.
Tra le mire del Dominatore vi è l'Isola Levante, piccola isola sperduta nel mare che circonda la terra principale di Ryuhan chiamata Continente.
Qui abita Solana, una ragazzina dagli occhi bicolore e le orecchie affilate che, nonostante il suo aspetto stravagante dato dall’appartenenza alla razza degli edran, popolazione ormai rara in tutta la sua terra, svolge una vita semplice e felice.
Le sue giornate trascorrono infatti fra i giochi e l'allevamento dei draghi di suo padre fin quando, un sereno pomeriggio di primavera, l'esercito di Shinan giunge sulla sua piccola isola.
Ed è così che la ragazzina, a solo dodici anni, si ritrova costretta a lasciare la sua terra accompagnata soltanto dalla fedele Neve, uno dei draghi preferiti di suo padre Lynon.
Quattro anni più tardi, dopo aver ricevuto notizie riguardanti sua madre e suo fratello, la giovane si mette in viaggio per ritrovarli.
Il suo lungo cammino la porterà a scoprire sempre di più sulla sua razza e sulla storia del Dominatore e, grazie alla vecchia e stravagante maga Astrias, si ritroverà a  combattere per proteggere le persone che ama.
Immergetevi dunque in un mondo dove i draghi non sono creature lontane e misteriose, ma infaticabili e preziosi compagni che lottano al fianco delle altre razze per proteggere la propria terra e dove gli elfi non sono le creature perfette che le leggende ci hanno sempre dipinto.
Perché, molto spesso, nulla è come appare...


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LinguaItaliano
Data di uscita24 mar 2018
ISBN9788827593769
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    Anteprima del libro

    La Compagnia dei Ryunir - L.C. Della Corte

    Ringraziamenti

    I

    Solana

    Solana osservò il sole sorgere dalla piccola finestra squadrata della sua camera.

    Come ogni giorno, quando le luci rosate dell'alba penetrarono nella stanza, la giovane si alzò, strofinandosi gli occhi bicolore con le nocche.

    Tentando di muoversi il più silenziosamente possibile per non destare il fratellino che riposava nel letto accanto, estrasse i vestiti e le scarpe dall'armadio dirimpetto al suo giaciglio e sparì nel piccolo sgabuzzino che fungeva ai due fratelli come bagno.

    Si sciacquò la faccia con l'acqua gelata del catino che loro madre riempiva ogni sera e si liberò della camicia da notte, indossando, al suo posto, un vestito azzurro e un candido grembiule.

    Concluso, rimirò il suo riflesso all'interno dello specchio appeso alla parete.

    pensò tra sé e sé, sistemando i lunghi capelli castani in un’alta coda. Va bene così.

    Calzò le scarpe e uscì dalla saletta, dirigendosi verso il recinto dei draghi.

    Nel giorno del suo dodicesimo compleanno, avvenuto qualche mese addietro, suo padre le aveva affidato il compito di nutrire i draghi prima di colazione.

    La ragazzina era stata più che entusiasta di adempiere quella richiesta: stare in compagnia di quelle creature le era sempre piaciuto.

    Inoltre, sentiva di aver instaurato un legame speciale con ogni drago dell'allevamento.

    Avrebbe giurato persino di aver percepito i pensieri di uno di loro in un'occasione.

    Però, quando aveva riferito a suo padre Lynon quell'episodio, lui si era limitato a riderci sopra e carezzarle la testa con leggerezza.

    A quel punto, Solana si era rassegnata all'idea di aver immaginato tutto e non ci aveva più ripensato.

    Arrivata al cancellino del recinto, afferrò i manici della carriola dove di solito trasportava i pasti per i draghi e si diresse verso il piccolo capanno dov'era conservato il cibo.

    Una volta raggiunto, notò subito che la razione di carne si era ridotta drasticamente, mentre le erbe e i tube­ri selvatici erano aumentati.

    Aggrottò le sopracciglia, confusa.

    Perché suo padre stava razionando sul cibo per i draghi?

    Possibile che i suoi genitori stessero lesinando sulle scorte per prepararsi all’arrivo della guerra?

    La guerra di cui tanto si vociferava si stava veramente avvicinando all’Isola Levante?

    Deglutì rumorosamente e tentò di cacciare quei pensieri dalla mente.

    Malgrado i suoi genitori le avessero assicurato più di una volta che la Guerra che Shinan aveva scatenato nel Continente non avrebbe intaccato la loro isola, i numerosi profughi scampati agli attacchi delle città della Penisola Marittima raccontavano che l'esercito del Dominatore si stesse velocemente espandendo in tutte le terre del Continente.

    La Zona Centrale e la Zona dei Fiumi erano considerate i territori prossimi alla conquista.

    Nonostante Ryuhan avesse affrontato numerose guerre, quella scatenata dal Dominatore risultava particolarmente preoccupante poiché nessuno, nelle Zone Libere, sapeva chi fosse veramente Shinan.

    Infatti, la sua vera identità non era mai stata rivelata da nessuno dei suoi uomini e questo aveva scatenato la nascita di numerose dicerie sul suo conto.

    Tutte, però, condividevano lo stesso punto: il Dominatore stava cercando qualcosa di molto importante, tenuto ben celato in qualche angolino di Ryuhan, la sua penisola.

    Solana non poté fare a meno di domandarsi cosa sarebbe accaduto se quell'oggetto fosse stato nascosto sulla sua isola.

    Rabbrividì al solo pensiero del suo villaggio attaccato dal terribile esercito del tiranno: la sua famiglia sarebbe stata costretta a lasciare l’isola...

    Scacciò quei pensieri ancora una volta e prese a fischiettare allegra, sforzandosi di concentra­re tutta la sua attenzione sul pasto dei draghi.

    Prese la scarsa reazione di carne e i numerosi vegetali disposti sullo scaffale più basso e li mescolò insieme nella carriola.

    In questo modo le erbe sapranno di carne e i draghi le mangeranno più volentieri si disse speran­zosa, prima di ritornare al recinto.

    Raggiunta la recinzione, aprì il cancelletto di legno ed entrò.

    Le creature sedevano impazienti davanti alla mangiatoia al centro del recinto, in attesa che il cibo venisse loro servito.

    La ragazzina versò il cibo all’interno dell’enorme contenitore e i draghi iniziarono subito a mangiare, spingendosi l'un altro per assicurarsi i bocconi migliori.

    Conclusa la colazione, la maggior parte dei rettili alati fece ritorno ai rispettivi giacigli per godersi qualche altra ora di sonno, mentre due di loro, quelli a cui suo padre teneva di più, le si avvicinarono senza timore.

    Il primo possedeva un corpo snello e sinuoso bianco candido, accompagnato da quattro zampe ro­buste e della stessa lunghezza che terminavano con quattro dita dotate di artigli, delle possenti ali grandi più di un uomo e una coda lunga e flessuosa.

    A completare il tutto vi erano i grandi occhi color prato e una lunga cresta di scaglie rigide che percorreva interamente la sua spina dorsale, ripiegata su se stessa.

    Il drago era solita sollevarle quando si sentiva minacciata, assumendo in questo modo un aspetto più imponente.

    Il secondo drago, invece, era molto più alto e vigoroso.

    Le zampe e il muso erano molto simili a quelli di un caval­lo, ma aveva in sé qualcosa di serpentino: gli occhi, la coda e persino la pelle, ricordavano le squame lucide e coriacee delle vipere nere.

    Solana avvicinò le mani ai loro musi e li accarezzò un paio di volte con affetto prima di passare al collo, la parte più sensibile.

    Passò delicatamente le dita sul incavo tra il collo e la spalla e notò con soddisfazione che i due dra­ghi avevano chiuso pigramente gli occhi per godersi le carezze.

    Fu allora che suo padre Lynon la ri­chiamò per la colazione.

    «Arrivo, papà!», esclamò in risposta e si diresse a passo di corsa verso la cucina, pregustando già il latte di capra e il pane nero che sua madre era solita preparare ogni mattina.

    Entrambe le creature la seguirono fino all’ingresso della cucina e, nell'attimo in cui la ragazzina sparì all'interno dell'abitazione, si sistemarono sotto l'ulivo poco distante il loro recinto.

    La giovane non se ne curò affatto.

    Come il suo papà le aveva ripetuto più volte, Neve e Oscurità erano draghi diversi da tutti gli altri e avevano il permesso di restare fuori dal recinto per tutto il tempo che desideravano.

    I due draghi non sarebbero mai scappati poiché erano troppo legati a Lynon per infrangere la fiducia che lui riponeva in loro.

    Appena entrata in casa, un intenso profumo di miele catturò l'attenzione di Solana.

    Subito, un sorriso nacque spontaneo sul suo volto: sua madre aveva preparato uno dei suoi deliziosi dolci!

    «Eccoti qui, finalmente», la rimproverò la donna, sollevando lo sguardo dal grosso calderone colmo di latte che sarebbe poi divenuto formaggio. «Sai che non voglio che tu trascorra così tanto tempo con i draghi di tuo padre.»

    Solana scoccò un'occhiata confusa in direzione del padre.

    Era stato lui a chiederle di occuparsi della colazione dei draghi, perché non la difendeva?

    L'uomo ricambiò lo sguardo, annuì e tossicchiò leggermente, attirando su di sé l’attenzione della moglie.

    «Non ti sembra di esagerare, Idala?», cominciò. « Sol ama trascorrere del tempo con i nostri draghi, non c'è nulla di male in ciò.»

    Idala digrignò i denti e si avvicinò minacciosa al compagno, brandendo il mestolo di legno grondan­te di latte come una spada.

    «Stando vicino ai draghi, tua figlia sta imparando a comportarsi come loro! Pensa che l'altro giorno il vecchio Oarfes si è lamentato perché Solana e il drago bianco che tanto ami sono atterrati nel suo campo, ro­vinando le sue zucche per la Fiera d'autunno.»

    Un largo sorriso si dipinse sul viso dell'uomo.

    «Sei davvero riuscita a volare a cavallo di Neve? Com'è stato il tuo primo volo?», domandò, entusia­sta.

    «Bellissimo, papà! Neve mi ha fatto vedere la nostra abitazione dall'alto e poi anche una parte del Villaggio Ventoso», rispose Solana con espressione altrettanto contenta, «siamo atterrati sul campo di Oarfes solo perché si era alzata una forte raffica di vento e il nostro drago non è potuta atterrare nei nostri campi.»

    «Ma questo non giustifica il fatto che tu abbia volato su quel drago e distrutto il raccolto di zucche del nostro vicino», intervenne Idala, puntando il mestolo al petto del marito con aggressi­vità.

    Solana abbassò gli occhi sul suo piatto e si zittì, concentrandosi sulla sua razione di latte e pane nero. Avrebbe lasciato che sua madre e suo padre risolvessero la questione da soli.

    Infatti, i due avevano l'abitudine di discutere a lungo tra loro ogni argomento su cui fossero in disaccordo.

    Il loro pretesto di discussione più frequente era la guerra nel Continente, che si stava protraendo da oramai quindici anni.

    Ne discutevano soprattutto nel momento in cui i bambini erano a letto e, più volte, Solana li aveva sentiti litigare quand’era ormai prossima al sonno.

    Conclusa la sua colazione, la ragazzina si alzò e si avviò di nuovo verso l'esterno, seguita a ruota da Tyron.

    Come loro madre adorava ripetere, il fratellino era una sua copia in miniatura: occhi bicolore, il destro azzurro e il sinistro verde, capelli castano scuro e vistose orecchie a punta nascoste a malapena sotto la disordinata capigliatura.

    Fin dall’istante in cui aveva imparato a camminare, il fratello minore era divenuto la sua ombra.

    La seguiva ovunque: nel cortile, nel recinto dei draghi e persino sulla groppa di Neve.

    La ragazzina non ne era affatto infastidita, anzi, le faceva piacere che suo fratello pensasse a lei come a un esempio da seguire.

    «Cosa facciamo oggi?», chiese il piccolo ingenuamente. «Mi insegnerai a cavalcare Neve?»

    La maggiore negò con il capo: era meglio starsene sulla terra ferma per un po’, soprattutto dopo il disastro che lei e Neve avevano combinato.

    «Magari un altro giorno. Mamma è ancora arrabbiata per l'atterraggio nel campo di Oarfes.»

    Tyron sembrò deluso.

    «Se atterriamo nel recinto o nei nostri campi la mamma non verrà mai a saperlo!», ritentò il bambi­no, riservandole la sua migliore espressione di disappunto.

    Solana si morse le labbra, meditabonda.

    In fondo, il piccolo aveva ragione: non sarebbe accaduto nulla se fossero atterrati nei confini della loro proprietà.

    «Va bene!», acconsentì alla fine. «Ma non dovrai dirlo alla mamma per nessun motivo al mondo. Nemmeno se ti offre una fetta di dolce!»

    Il bambino deglutì forte e assentì, promettendole che dalla sua bocca non sarebbe uscito un solo fia­to sulla faccenda.

    La sorella sorrise e richiamò Neve con un fischio.

    Il drago trotterellò verso di lei e le saltò addos­so, leccandole il viso con la lingua umida.

    Solana rise per minuti interi, prima che la creatura concentrasse la sua attenzione su Tyron e ripetesse lo stesso gesto su di lui.

    Nel tentativo di sedare l'ultima risata, la ragazzina si asciugò il volto con la manica del vestito: il solletico era una delle poche cose a cui Solana non sapeva resistere, insieme alla compagnia dei draghi e ai dolci al miele.

    Nel momento in cui riconcentrò la sua attenzione sul drago, Neve aveva lavato il volto del fratellino con la sua saliva.

    Quando aveva chiesto informazioni a suo padre riguardo quel curioso comportamento, lui le aveva spiegato che per i draghi bianchi, la razza a cui apparteneva Neve, la saliva era un segno di ri­spetto e affetto, esattamente come nei cani.

    Per questo motivo, Solana la lasciava fare: se si trattata di un modo per dimostrare il suo affetto nei loro confronti, per lei andava più che bene.

    «Ti va di farci fare un volo sul Villaggio Ventoso?», chiese, accarezzandole il muso candido.

    Neve gettò un breve verso di assenso e si sdraiò con la pancia a terra, aspettando che i due fratellini prendessero posto sulla sua groppa, dov’era già stata sistemata la sella.

    Una volta che i due si furono sistemati sul suo dorso, il rettile alato tese le ampie ali e cominciò a bat­terle, fendendo l'aria.

    Qualche minuto più tardi, il drago aveva già spiccato il volo, raggiungendo una quota abbastanza elevata da permettere loro di osservare l'intero Villaggio Ventoso.

    Con le redini ben strette fra le mani, i timori che fino ad allora avevano accompagnato Solana si dissolsero completamente, rimpiazzati dalle emozioni di quel momento.

    Il panorama sottostante era davvero magnifico: le case erano divenute minuscole e il bosco che co­steggiava il villaggio sembrava un enorme mare dalle mille sfumature verdi.

    In lontananza, riusciva persino a scorgere le montagne che caratterizzavano la parte a ovest della selva, con le loro cime coperte di neve.

    La vista da lassù rendeva la sua monotona isola un mondo nuovo e inesplorato, tutto da scoprire.

    Neve, dal canto suo, si esibiva in complicate acrobazie, contenta di muoversi liberamente nel cielo terso senza le restrizioni e gli ordini che Lynon era solito darle.

    Restarono in volo per qualche ora, prima che un forte vento si alzasse da nord, compromettendo il volo del drago.

    «Atterriamo», ordinò subito la ragazzina, indicando il recinto dei draghi poco lontano.

    Il drago candido ruggì in risposta ma, nel momento in cui si gettò in picchiata verso il recinto, Tyron scoppiò a piangere per lo spavento.

    Impaurita, Neve riprese velocemente quota per poi virare bruscamente e atterrare nell'orto confinante con un tonfo.

    Solana si rese conto soltanto allora del disastro che avevano combinato: il corpo dell'animale si era schiantato nella zona dell’orto in cui erano coltivati i cavoli di Oarfes.

    Smontò immediatamente e valutò sconvolta i danni che il loro atterraggio aveva provocato.

    I cavoli riportavano numerose ammaccature e un paio di ortaggi erano volati a qualche metro di distanza.

    Si voltò verso il fratellino e Neve, sconvolti quasi quanto lei.

    La disperazione stava per prendere il sopravvento, quando una voce stridula irruppe nel cortile.

    Atterrita, Solana realizzò con orrore che la figura anziana e piegata su sé stessa dello scorbutico vicino si stava avvicinando a loro, gli occhi fiammeggianti.

    «Quante volte vi ho detto di non atterrare nel mio campo!», sbraitò. «Mi avete già rovinato il raccolto di zucche!»

    La ragazzina abbassò gli occhi al suolo e si preparò a ricevere l'ennesima sgridata da parte dell'anziano.

    «Possibile che tu non abbia niente da fare che svolazzare su quel drago? Perché non ti dedichi al te­laio o ad altre cose frivole che piacciono tanto alle bambine come te?», sputò fuori il vecchio. «Ma se proprio vuoi perdere tempo così, cerca di atterrare da qualche altra parte!»

    «Mi dispiace tanto, signore», si scusò la giovane, mortificata. «Non volevamo atterrare qui. Una fo­lata di vento ci ha costretto a fermarci sul suo campo, tutto qui.»

    Concluse le sue scuse, sollevò lo sguardo dal terreno e osservò la reazione dell'anziano.

    Oarfes se ne stava appoggiato al suo bastone, tormentando con la mano libera la sua folta barba bianca.

    Poco dopo, sospirò e indicò il vecchio capanno dov'erano conservati i suoi utensili da lavoro.

    «Se mi aiuti a ripulire il magazzino da tutta la sporcizia accumulata, non riferirò niente ai tuoi genitori. Cosa ne dici?»

    Solana annuì un paio di volte, sollevata: mezza giornata di lavoro in un capanno era decisamente più sopportabile di una ramanzina lunga ore da parte di sua madre.

    L'anziano vicino la guidò verso il piccolo edificio con uno strano sorriso soddisfatto sul volto, seguita a poca distanza dal fratellino e da Neve.

    Aperta la porta, la giovane notò con sgomento che tutto il contenuto della stanzetta era rico­perto di polvere.

    Il pavimento, le mensole, le zappe, i falcetti e persino i cestini erano ingrigiti a causa della sporco.

    Ci vorrà ben più di un giorno per pulire tutta questa sporcizia pensò con rimorso.

    A quel punto, la ramanzina di sua madre non le sembrò poi così male.

    Purtroppo, aveva oramai dato la sua parola al vecchio Oarfes: tirarsi indietro sarebbe stato interpretato di certo come un gesto sgarbato.

    In fin dei conti, lui era uno delle poche persone che aveva mantenuto i contatti con suo padre dopo il matrimonio con sua madre.

    Non ne sapeva esattamente il motivo, ma gli elfi venivano trattati molto male lontano dalla Penisola Marittima, la Zona che abitavano da tempo immemore.

    «Cominciate pure a pulire gli utensili. Io intanto avverto vostra madre di non preoccuparsi per voi. Mi occuperò io del vostro pranzo», ordinò l'adulto, dopodiché diede loro le spalle e sparì nel campo.

    Beh, prima iniziamo, prima finiamo rifletté la giovane con un sospiro, rimboccandosi le maniche del vestito.

    Prese quindi a pulire i numerosi utensili con l’aiuto di uno straccio trovato lì vicino.

    Tyron fece lo stesso con una pala, starnutendo ogni tanto a causa della polvere.

    Neve, invece, si accucciò in un cantuccio dell'edificio, aspettando che Solana e Tyron la interpellassero.

    «Torna pure nel recinto, Neve», la congedò Solana con un sorriso. «Credo che tu non possa fare nulla per aiutarci.»

    Il drago batté più volte le palpebre, quasi a confermare ciò che la ragazzina le aveva detto, poi si avvicinò a lei e le leccò il viso con la lingua umida.

    Fatto questo, uscì e spiccò il volo verso il suo recinto.

    I due fratelli trascorsero il resto della mattinata impegnati nella sistemazione della rimessa del vicino, spolverando gli utensili e dividendoli sui diversi scaffali.

    Verso mezzogiorno, Oarfes si fece vivo portando con sé un vassoio con pane nero e latte di capra.

    «State facendo un ottimo lavoro», osservò ammirato, distribuendo le porzioni ai bambini.

    Il cibo sparì presto dalle ciotole e l'anziano fu costretto a riempirle un'altra volta di latte per col­mare i loro stomaci.

    Il pomeriggio trascorse in un lampo tra pulizie e risate, tanto che, allo spuntare della sera, il lavoro era già concluso.

    La baracca, ora che tutti gli oggetti erano disposti ordinatamente sugli scaffali e il pavimento in legno luccicava come uno specchio, era irriconoscibile.

    «Grazie per il servizio, ragazzi», li ringraziò Oarfes allora. «Ritenetevi perdonati per l'incidente dell'orto. Devo ammettere che siete davvero un’ottima squadra di pulizia e, se avrò bisogno di qualcuno che mi aiuti a pulire la casa, saprò a chi rivolgermi.»

    Speriamo non ne abbia mai bisogno pensò la ragazzina tra sé e sé, prima di congedarsi dal vicino e dirigersi verso casa in compagnia del fratellino.

    Quando giunsero nei pressi del loro cortile, Lynon, che stava sostituendo la paglia sporca del recinto con della nuova erba appena raccolta nel bosco, regalò loro un sorriso.

    «Vostra madre sta cucinando!», gridò per sovrastare il rumore prodotto dai draghi che stavano consumando la loro cena all’interno del recinto. «Dovreste andare a darle una mano!»

    Solana assentì e lasciò il fratellino in compagnia del padre, dirigendosi poi verso la cucina per aiutare la madre con la preparazione della cena.

    Tuttavia, poco prima di fare il suo ingresso nella cucina, tutta la stanchezza prodotta dalla dura giornata di pulizie iniziò a farsi sentire.

    Sicura che sarebbe stata più d’impiccio che d’aiuto, tirò dritto verso la sua camera, intenzionata a trascorrere qualche buona ora di sonno ristoratore prima di cena.

    Si richiuse la porta alle spalle e si gettò sul letto a peso morto, dopodiché chiuse gli occhi e si addormentò profondamente, vestita ancora di tutto punto.

    II

    Gallian e Atlas

    Dalla ripulita del capanno, Solana aveva prestato particolare attenzione a non atterrare più nel campo di Oarfes, chiedendo a Neve di sorvolare il bosco e fermarsi sempre in un luogo molto distante dall’orto del vicino.

    Questo piccolo accorgimento aveva migliorato molto il rapporto con l’anziano uomo fino al punto che, durante una delle numerose fiere agricole a cui aveva partecipato, Oarfes aveva acquistato e successivamente regalato ai due bambini delle radici di liquirizia dolce, ideali per tenere i denti puliti.

    Con il trascorrere dell'autunno e l'arrivo dell'inverno, il tempo da trascorrere all'aperto diminuì drasticamente e i due fratelli furono costretti a rinunciare ai loro giochi per aiutare i genitori con le faccende domestiche.

    Quindi, mentre Solana e Lynon si occupavano della paglia e seccavano la carne che sarebbe servita ai draghi per l'inverno, Idala e Tyron s'impegnarono nella preparazione delle provviste che avrebbero consumato nella stagione fredda.

    Giunse presto la prima nevicata invernale e Solana iniziò ad avere strani problemi con i sogni.

    Ogni notte, un particolare incubo s'insinuava nei suoi sogni: dinanzi a lei si stagliava un maestoso albero bianco, privo di foglie, circondato da una levitante orbita di cinque gemme dai colori differenti: giallo, blu, rosso, verde e viola.

    Di fianco a lei, vi erano tre strani personaggi.

    Il primo era un giovane elfo vestito di nero, con corti capelli castani e grandi ed espressivi occhi color zaffiro.

    Portava una spada appesa al fianco e un tascapane a tracolla da cui sbucavano alcuni rotoli di pergamena decorati da nastri colorati.

    La seconda era una ragazza molto bassa, forse uno dei numerosi gnomi che abitavano nel Continente, con lunghi capelli biondi e occhi cerulei, con indosso un paio di pantaloni neri e una tunica azzurra.

    Sul suo fianco destro era agganciata una spada dall’elsa meravigliosamente lavorata e, sul lato opposto, un piccolo pugnale altrettanto decorato.

    Il terzo, un uomo dall'altezza simile a quella della ragazza, possedeva cortissimi capelli castani, piccoli occhi scuri e una folta barba.

    Numerose cicatrici solcavano il suo viso, deformando le guance.

    Portava un’ascia a tracolla sopra una corta casacca di pelle marrone e una cintura in cuoio dove spiccavano numerosi coltelli da lancio.

    Tuttavia, nell’istante in cui Solana tentava di proferire parola, una risata roca irrompeva nella quiete di quel misterioso luogo.

    Era allora che i tre individui digrignavano i denti, estraevano le loro armi… e lei si svegliava di soprassalto, con la fronte sudata e il fiato grosso.

    In seguito al quinto giorno in cui lo stesso incubo venne a farle visita, la ragazzina decise finalmente di chiedere aiuto a sua madre.

    Ma, quando le descrisse il sogno nei minimi particolari, l'elfa manifestò la più particolare delle reazioni: il volto le si adombrò e le ordinò con freddezza di dimenticarsi tutto, classificando la faccenda come una stupida fantasia infantile.

    A quel punto, Solana non sapeva proprio cosa pensare: sua madre, una delle donne più sagge che conoscesse, le consigliava semplicemente di lasciar perdere!

    Nei giorni successivi, Solana cercò di parlarne anche con suo padre, ma Idala tendeva a proporre nuovi spunti di conversazione ogni volta che quell'argomento veniva nominato.

    Alla fine si ritrovò, suo malgrado, a rinunciare e mettere da parte quello strano sogno.

    Fortunatamente, il consiglio di sua madre sembrò dare i suoi frutti: con la fine del grande freddo, il sogno smise di tormentarla.

    Al contrario, i litigi tra i suoi genitori non fecero altro che aumentare, tanto che i due arrivarono persino a discutere dinanzi ai figli per i pretesti più futili.

    Durante una notte d'inizio primavera, Solana fu svegliata a causa delle urla provenienti dal piano inferiore.

    Cosa succede? si domandò con le palpebre ancora chiuse. Mamma e papà non sono mai svegli a quest’ora.

    Aprì gli occhi, scalciò la coperta di vello di pecora e si diresse in punta di piedi verso il pianterreno.

    Curiosa, appoggiò l'orecchio sulla porta della camera dei suoi genitori e origliò la loro conversazione.

    «Posso conoscere il motivo di questa tua stupida paura?»

    «Solana ha cominciato a fare dei sogni strani. Sono sicura che sia uno dei segnali che dicono che lei non è normale.»

    «Solo perché fa dei sogni strani non significa che abbia poteri magici!»

    «Lynon, non capisci! Nostra figlia parla con i draghi e accende fuochi verdi schioccando le dita! Ho paura che sia lei la preda che Shinan desidera così ardentemente.»

    La ragazzina staccò l'orecchio dalla superficie legnosa e si morse le labbra, sforzandosi di non scoppiare a piangere per lo spavento.

    Ripensando alle parole della madre, si accorse che, nell'ultimo autunno, quei poteri magici si erano manifestati in due diverse occasioni: aveva percepito di nuovo i pensieri di uno dei draghi dell’allevamento e, imitando i gesti che Idala era solita ripetere in una fredda giornata piovosa, era riuscita ad accendere un fuoco dalle tonalità smeraldine.

    Non aveva riflettuto molto su quegli avvenimenti, dal momento che le sembrava naturale possedere quelle capacità magiche.

    In fondo, sua madre era in grado di accendere un fuoco con lo schiocco delle dita e far svanire la polvere nel nulla.

    Aggrottò le sopracciglia, confusa.

    Le sue capacità erano davvero tanto inusuali?

    Qualche istante più tardi, i suoi genitori ripresero la loro discussione e Solana riaccostò l'orecchio alla porta, sperando disperatamente di cogliere qualche altra preziosa informazione.

    «Magari ha ereditato i tuoi poteri magici… Tuo padre è rimasto da solo con lei, quand’era neonata… Forse le ha donato qualche strana capacità o che so io...»

    «Gli elfi non possono cambiare colore alle fiamme e soprattutto non parlano con i draghi. Anche se mio padre le avesse trasferito dei poteri, non sarebbero mai stati così strani e potenti!»

    «Pensi che non lo sappia! Credo solo che quel bastardo di Shinan non si stia preparando a devastare la nostra isola soltanto per rapire nostra figlia!»

    «Domani prepariamo i bagagli e partiamo per Talema, lì la gente vive ancora bene.»

    Silenzio per qualche attimo, poi suo padre mormorò: «Fa come vuoi. Io resto qui con i draghi. La gente avrà bisogno di loro per fuggire dall'isola quando l'esercito di Shinan giungerà qui.»

    Conclusa quella frase, Solana udì dei passi avvicinarsi rapidamente alla porta.

    Presa alla sprovvista, salì a due a due le scale e rientrò nella sua camera, chiudendosi l'uscio alle spalle.

    Raggiunse il suo letto in un attimo e si portò le coperte fin sopra la testa, serrando gli occhi.

    Un fiume di pensieri le invase la mente.

    L'esercito di Shinan si faceva largo verso la sua isola per stanare lei…

    Era lei, dunque, la causa delle numerose battaglie che si stavano combattendo nel Continente?

    Perché proprio una semplice ragazzina proveniente da un’isoletta sperduta in mezzo all’oceano?

    In quell'attimo, la conclusione a cui era giunta sua madre le tornò repentina alla mente: lei non era normale.

    E se lo affermava la sua mamma, era davvero così.

    Nascose il viso sotto il cuscino e prese a piangere.

    Era davvero colpa sua se l'esercito nemico si stava avvicinando all'Isola Levante!

    Iniziò a singhiozzare, quando percepì i passi familiari di sua madre avvicinarsi alla porta della sua camera e, poco dopo, aprire l’uscio con il solito cigolio sinistro.

    Si immobilizzò sotto le coperte e si portò le dita alle labbra per soffocare un possibile singhiozzo.

    Per fortuna, la donna si limitò ad assicurarsi che i bambini dormissero per poi sospirare stanca e tornare al pianoterra.

    Solana riemerse dalle coltri soltanto quando i passi di Idala si furono estinti completamente nel corridoio.

    Non riuscì a chiudere occhio per il resto della notte, immersa com'era nei suoi pensieri e, nel momento in cui il gallo di Oarfes cantò l'arrivo dell'alba, la giovane si alzò e si vestì con una canottiera, una casacca a maniche lunghe, un paio di pantaloni di cotone e stivali neri che le nascondevano le gambe fino alle ginocchia.

    Scese in punta di piedi le scale per non svegliare i suoi genitori e uscì di casa, dirigendosi verso il bosco che costeggiava la sua abitazione.

    Aveva bisogno di restare sola per qualche ora, in modo da rimettere ordine tra i suoi pensieri.

    Si addentrò dunque all'interno della selva, portando con sé l'ascia consunta di suo padre: in caso sua madre le avesse chiesto il perché si fosse allontanata da casa così presto, avrebbe avuto una scusa pronta.

    Difatti, era proprio lei a lamentarsi costantemente della mancanza di legna nel capanno.

    Solana camminò per circa un'ora, fino a giungere nei pressi della quercia più imponente del bosco.

    Gli abitanti dell'Isola Levante lo chiamavano Gigante della Vita, basandosi su una vecchia leggenda che gli anziani amavano ancora raccontare nelle lunghe notti invernali.

    Stando al mito, quel grande albero era in contatto con ogni pianta, animale e abitante della foresta e, nel caso esso si fosse spento, tutti gli esseri a lui collegati sarebbero deceduti in breve tempo.

    Alzò gli occhi sulla quercia e si ritrovò a scuotere la testa con forza; quell’albero non sarebbe mai morto.

    Ora, le lunghe fronde bianche erano immobili, incuranti del freddo vento che spirava da nord, mentre il tronco, come nelle belle mattine d’estate, era ricoperto di minuscole gocce di rugiada che luccicavano al tiepido sole d'inizio primavera.

    Appoggiò la schiena al tronco e abbandonò l'ascia accanto a sé.

    Quello splendido luogo, lontano dal suo caotico villaggio, era il rifugio perfetto per riordinare le idee e trascorrere un po' di tempo in solitudine.

    Il cicaleccio degli insetti, il canto degli uccelli e il fruscio del vento tra le fronde degli alberi circostanti riuscivano a rilassarla e rassicurarla allo stesso tempo.

    Chiuse gli occhi e ripensò alla discussione che i suoi genitori avevano avuto la notte precedente.

    Fin da quando riusciva a ricordare, aveva capito di non essere una normale abitante del Villaggio Ventoso a causa degli occhi bicolore e delle orecchie affusolate e puntute, ma definirla addirittura fuori dal comune era un'esagerazione.

    Certo, possedeva alcuni poteri magici simili a quelli degli elfi, ma perché Shinan avrebbe dovuto cercare una ragazzina come lei?

    Restò in quella posizione con gli occhi serrati per molto tempo, beandosi della quiete del luogo, finché delle grida non la riportarono alla realtà.

    Si rialzò di scatto e afferrò l'ascia, tutti i sensi all’erta.

    La natura circostante, però, era placida.

    Scosse di nuovo la testa e si chiese se non si fosse trattato di uno scherzo della sua immaginazione, quando udì un secondo urlo, seguito a ruota da un ringhio sommesso.

    Strinse d'istinto la presa sull'impugnatura dell'arma e prese a correre verso la fonte di quelle grida.

    Con l'avvicinarsi alla meta, il battito del suo cuore accelerò, realizzando soltanto allora che stava correndo incontro a qualcosa di molto pericoloso.

    Lei era solo una ragazzina, cos’avrebbe potuto fare?

    Diminuì la velocità e si domandò se non fosse meglio tornare indietro e chiedere aiuto a suo padre, quando un altro grido straziante ruppe nuovamente la quiete della selva.

    No, non disponeva di abbastanza tempo per ritornare all’allevamento di draghi e riferire il tutto ai suoi genitori.

    Diede fondo al suo coraggio e riprese a correre.

    Nel momento in cui vi giunse, si ritrovò dinanzi una scena straziante: quattro lupi dal pelo fulvo e le fauci spalancate stavano attaccando a turno due ragazzini.

    Entrambe le vittime, tremanti e raggomitolate su loro stesse, sarebbero presto state sovrastate da quelle fiere.

    Prima che la paura prendesse il sopravvento su di lei, Solana si gettò nella mischia.

    Facendo roteare l'ascia, colpì il primo dei lupi nell'incavo fra il capo e il dorso e una cascata di sangue zampillò dalla ferita.

    L’animale, furioso, si gettò verso di lei con un guaito.

    La ragazza non si fece trovare impreparata e, nell'attimo in cui il lupo le fu a qualche centimetro dal viso, lo colpì direttamente sul muso.

    Percepì chiaramente le ossa del cranio spaccarsi e l'animale cadde a terra con un tonfo sordo, morto.

    Spaventati, due dei lupi scapparono verso l'interno della selva.

    L'ultimo, al contrario, l'attaccò furiosamente, saltandole addosso.

    Solana cadde all’indietro, la sua schiena batté violentemente contro il terreno umido, mentre l’ascia le sfuggì dalle mani.

    L'arma si conficcò a qualche metro di distanza, in un vecchio tronco abbattuto da un fulmine diversi anni prima.

    L'animale le fu subito addosso e addentò la sua gamba, provocandole delle terribili fitte di dolore.

    All'improvviso, mentre Solana gridava e lottava per liberarsi dalla morsa del lupo, i suoi poteri scaturirono autonomamente dalle sue mani: una piccola sfera verde smeraldo le comparve nel palmo sinistro, crescendo man mano che il tempo passava.

    Cercando d'ignorare il dolore lancinante alla gamba, la ragazzina concentrò la sua attenzione sulla sfera e, quando questa ebbe raggiunto le dimensioni di una mela, la scagliò contro il lupo.

    Colpito il muso dell'animale, il globo d'energia esplose in un piccolo scoppio di luce accecante.

    La fiera guaì forte e fuggì verso la parte più interna della foresta, lasciando dietro di lei il cadavere ancora sanguinante del suo simile.

    Scomparsa totalmente la luce generata dalla sua sfera d'energia, Solana si rialzò a fatica, in attesa che la ferita presentasse le sue conseguenze.

    Al contrario, avvertì soltanto un pizzicore, come se una zanzara l’avesse appena punta.

    Diede un’occhiata alla gamba lesa e, sbalordita, notò che le lacerazioni provocate dal morso del lupo si erano velocemente cicatrizzate, trasformandosi in alcuni tagli superficiali che sarebbero guariti da soli nel giro di pochi giorni.

    Che quello fosse un altro potere?

    Un pianto sommesso la riportò alla realtà, costringendola a distogliere lo sguardo dalla sua ferita e concentrarsi sui poveri ragazzi che aveva appena salvato.

    Poco lontano dalla carcassa del lupo, le due vittime tremavano ancora per la paura, raggomitolate su loro stesse.

    Si diresse verso di loro con passo deciso, un sorriso comprensivo sul volto.

    «I lupi sono fuggiti. Adesso siete al sicuro», esclamò, porgendo una mano al più piccolo.

    Fu allora che Solana osservò che entrambi possedevano luccicanti occhi zaffiro e piccole orecchie a punta che comparivano appena sotto i capelli.

    I lineamenti del viso del più piccolo erano dolci e leggermente paffuti, incorniciati da corti e disordinati capelli biondi.

    Il volto del secondo, invece, era contraddistinto da lineamenti seri e spigolosi.

    I lunghi capelli castano scuro erano raccolti sulla nuca da un sottile anello di metallo e giacevano abbandonati sulla schiena, a pochi centimetri da una faretra vuota.

    Accortosi che il pericolo era ormai passato, l'elfo più giovane si rialzò e avvolse Solana in uno stretto abbraccio, affondando il viso rigato di lacrime nella sua casacca.

    «Tranquillo, piccolo. Tutto a posto», mormorò Solana dolcemente, carezzandogli i capelli. «I lupi sono lontani, adesso.»

    Nel frattempo, il maggiore si era rialzato e li aveva raggiunti con passo malfermo, la mano destra appoggiata sull'avambraccio sinistro nel tentativo di bloccare il flusso di sangue che fuoriusciva copioso.

    «Grazie per averci salvato. Dimmi, saresti così gentile da indicarci in che direzione si trova il Villaggio Ventoso?», le domandò, ignorando il dolore al braccio.

    Le sue parole caddero nell’inascoltato, dato che tutta l'attenzione di Solana era concentrata sulla sua ferita.

    Doveva assolutamente trovare un modo per fasciare quella lacerazione prima che si infettasse, altrimenti sarebbe stato necessario mettere dei punti…o peggio.

    Cercò con lo sguardo qualcosa che potesse legare intorno alla lacerazione, ma l'unica soluzione idonea che trovò fu la sua casacca.

    Si sfilò l'indumento in tutta fretta, lasciando solo la leggera canottiera sottostante a proteggerla dal freddo.

    Strappò in fretta una manica con l'aiuto dell'ascia e la legò attorno al braccio dell'elfo bruno, il tutto sotto lo sguardo curioso del più piccolo.

    Una volta che la ferita fu medicata alla meglio, Solana si offrì di condurli al Villaggio Ventoso.

    I due elfi accettarono di buon grado e seguirono la ragazzina attraverso la selva.

    Fu l'elfo più piccolo a rompere il silenzio per primo.

    «Di che razza sei? Non ho mai visto un essere come te.»

    Solana sorrise imbarazzata e si portò una ciocca sfuggita dall'alta coda dietro l'orecchio sinistro.

    «Mia madre è un elfo e mio padre è un dragen. Non so esattamente come si chiamino quelli della mia razza», rispose poi.

    «Quindi sei un edran?», intervenne il più grande, osservandola con ammirazione. «Non ne avevo mai visto uno!»

    Solana si accigliò, infastidita. Cosa c’era di così strano nel suo aspetto?

    «Posso sapere come vi chiamate?», chiese, nel tentativo di cambiare argomento.

    «Io mi chiamo Atlas. Lui invece è Gallian, mio fratello maggiore», spiegò il più piccolo, indicando prima se stesso e poi il ragazzo accanto a lui.

    Sono davvero fratelli? pensò tra sé e sé, palleggiando lo sguardo da un elfo all’altro. Non si somigliano per niente.

    «Non ci somigliamo perché noi siamo fratellastri», commentò Gallian scocciato, intuendo i suoi pensieri.

    La ragazza boccheggiò, colta in flagrante.

    Che quell'elfo riuscisse a leggere la sua mente?

    Arrossì vistosamente quando sentì su di sé lo sguardo di entrambi i fratelli.

    Voltò loro le spalle per nascondere il suo imbarazzo e accelerò il passo, diretta verso la sua abitazione.

    Il resto del viaggio trascorse in completo silenzio, finché l’allevamento dei draghi di Lynon fece la sua comparsa nel verde della pianura.

    «Quella è la mia casa», indicò l'edran. «Potete stare da noi per stanotte. Sono sicura che i miei genitori non si opporranno.»

    Gallian non ebbe il tempo di controbattere che una voce stridula giunse alle loro orecchie.

    «Si può sapere cosa ti è saltato in mente? Ti abbiamo cercato dappertutto! Credevamo che qualcuno ti avesse rapito o che fossi caduta in qualche burrone! Potevi farti male in quella foresta...», la rimproverò sua madre tutto d'un fiato, non curandosi della presenza dei due elfi.

    La giovane sopportò la ramanzina con il capo chino e l'espressione mortificata, annuendo qualvolta Idala si fermava per riprendere fiato.

    Lynon, invece, si soffermò sui due ospiti che la figlia aveva portato con sé e, nel momento in cui la moglie si fermò per l’ennesima volta a riprendere fiato, le indicò la profonda lacerazione che spiccava sul braccio dell’elfo.

    Lo spirito materno di Idala subentrò all'arrabbiatura e Solana ringraziò mentalmente la prontezza di suo padre.

    La donna afferrò il braccio di Gallian con gentilezza e osservò la ferita da vicino, dopodiché riprese a parlare: «Vieni con me. Devo curarti questa ferita prima che si infetti.»

    Afferrò l'elfo per il braccio buono e lo accompagnò verso l'abitazione, seguita dal resto della compagnia a breve distanza.

    Durante la medicazione, Solana raccontò per sommi capi ai genitori dove aveva incontrato i due elfi e perché avesse deciso di accompagnarli al Villaggio Ventoso, omettendo di proposito la sua ferita e come fosse guarita nel giro di qualche attimo per non preoccuparli ulteriormente.

    L’aggiunta di un nuovo potere alla lista delle sue stranezze avrebbe soltanto accentuato i loro dubbi e le loro paranoie.

    «Sei stata davvero coraggiosa, figliola», si congratulò suo padre, battendole una mano sulla spalla. «Sono fiero di te.»

    La figlia assentì contenta, fiera di se stessa.

    «Non volevamo provocarvi tutto questo disturbo», si scusò Gallian mentre Idala terminava il bendaggio. «Se ci indicherete dove si trova il Villaggio Ventoso, alloggeremmo con piacere in qualche granaio.»

    La padrona di casa scosse la testa.

    «Non dire sciocchezze. Voi due resterete a casa nostra finché non ti sarai ripreso completamente», affermò risoluta.

    L'elfo fece per rifiutare, ma venne anticipato dal brontolio del suo stomaco.

    Lynon sorrise e apparecchiò la tavola con carne, latte, pane, frutta e tutte le altre leccornie che avevano in dispensa.

    I due fratelli gustarono con piacere il pranzo, rispondendo con cenni della testa alle mille domande che la donna porgeva loro.

    Solo dopo che la terza porzione di latte fu consumata da entrambi, Lynon intervenne in loro difesa.

    «Non ti sembra di star assillando questi poveri ragazzi?», chiese alla moglie, cercando di risultare il più serio possibile. «Ci racconteranno tutto non appena saranno pronti.»

    Idala si morse il labbro e non ribatté, anche se il suo desiderio di conoscere la storia dei due elfi fosse ormai irrefrenabile.

    Dopo pranzo, Solana venne spedita da Oarfes per aiutare Tyron e l’anziano vicino nelle pulizie di casa d'inizio primavera.

    Ai due fratelli, invece, venne affidata la camera degli ospiti al piano superiore con l’ordine di riposare per riprendersi alla meglio dallo spavento delle ultime ore.

    Gallian notò con piacere che la stanza era piccola, ma accogliente.

    Vi erano due comodi letti ricoperti da morbidi velli di pecora, un armadio in legno bianco e una piccola mensola dov'erano riposti numerosi libri sull'allevamento dei draghi, provenienti da ogni angolo del Continente.

    La padrona di casa consigliò loro di riporre i loro vestiti nell'armadio e diede loro delle camicie da notte prima di allontanarsi lungo il corridoio, chiudendosi la porta alle spalle.

    Rimasti soli nella camera, il maggiore aiutò il fratellino a cambiarsi e infilarsi sotto le coperte.

    «Mi racconti una fiaba?», domandò Atlas, una volta che anche Gallian si fu infilato la camicia da notte.

    «Non adesso, piccolo. Sono molto stanco e quello che voglio fare adesso è chiudere gli occhi e dormire fino a domani.»

    Il minore sembrò deluso dalla sua risposta, ma si limitò ad annuire e sistemarsi ben bene sotto le coperte.

    L'ultima cosa che avvertì prima di scivolare nel sonno furono le labbra calde del fratello maggiore sulla sua fronte.

    * * *

    Nei due mesi che seguirono, Gallian e Atlas furono ospiti presso l’allevamento di draghi.

    Nel corso della prima settimana, i due fratelli trascorsero gran parte del tempo nella loro camera, al piano superiore.

    Comunicavano lo stretto necessario con la famiglia che li ospitava, rispondendo alle domande della padrona di casa con poche, ma gentili parole.

    Giunto l'ottavo giorno, Idala iniziò a spazientirsi: la curiosità sull'origine dei due elfi stava ormai traboccando da ogni poro del suo corpo tanto che, a ogni pasto, Lynon era costretto a zittire la moglie con occhiatacce o calcetti tiratole sotto il tavolo per ammonirla.

    Solo dopo la seconda settimana, i due fratelli cominciarono ad aprirsi con i componenti della famiglia, soprattutto con i due ragazzi.

    Atlas aveva subito allacciato un forte legame di amicizia con Tyron: dal momento che possedevano un'età molto vicina, i due trascorrevano la maggior parte del tempo giocando assieme nelle vicinanze dell’allevamento.

    Solana e Gallian, invece, si prendevano cura insieme dei draghi e spesso si abbandonavano a lunghe conversazioni, accomodati sul tappeto d’erba antistante il recinto.

    Alla ragazzina piaceva davvero la compagnia dell'elfo: conosceva numerosi aneddoti sul Continente e sulla guerra che Shinan aveva scatenato in tutta Ryuhan, ma le sue storie preferite riguardavano gli eroi che combattevano nell’esercito dei Ribelli.

    Con il passare delle settimane, Solana iniziò ad allenarsi con l'elfo in ogni momento libero.

    Il ragazzo le insegnò le basi della scherma e del tiro con l'arco e, in cambio, lei gli mostrò come accendere il fuoco con l'aiuto della magia.

    In quel periodo, Solana scoprì di essere davvero abile nel tiro con l’arco grazie alla sua buona mira mentre lasciava molto a desiderare nella scherma.

    Costatò con sorpresa che, al contrario di tutti gli elfi che aveva conosciuto fino ad allora, Gallian non sembrava possedere un potenziale magico molto spiccato: accendere una piccola fiamma gli costava un enorme sforzo quando, a lei, bastava un semplice schiocco delle dita.

    Il tempo trascorso insieme li fece avvicinare sempre più, fino a considerarsi dei buoni amici.

    I due avevano persino preso l’abitudine di godersi insieme il tramonto, seduti sull’erba.

    L’elfo, notato l’interesse della ragazzina per le

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