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La Notte e la Musica: Matthew Scudder, #18
La Notte e la Musica: Matthew Scudder, #18
La Notte e la Musica: Matthew Scudder, #18
E-book256 pagine3 ore

La Notte e la Musica: Matthew Scudder, #18

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Info su questo ebook

"Adoro la serie di Matthew Scudder e adoro le storie brevi; e questa è la collezione completa delle storie di Scudder. Una delle più belle è Alle prime luci dell'alba, vincitrice del premio Edgar Allan Poe."
- Otto Penzler, Los Angeles Times, Ten Most Wanted Books of 2011

"La mia favorita, penso, è la storia che dà il titolo alla raccolta, "La notte e la musica", che vede Matt e sua moglie Elaine parlare e ascoltare musica in vari locali nella loro zona di New York. Questa storia è così elegante ed evocativa che mi ricorda molto alcuni racconti di Irwin Shaw... Sempre in questo stile è la storia finale del libro, scritta recentemente e dall'adeguato titolo de "L'ultima notte al Grogan"; anche questo non è un giallo, o un poliziesco. Non so se Block scriverà ancora qualcosa con Scudder, e forse non lo sa dire nemmeno lui, ma "L'ultima notte al Grogan" ha un tono meravigliosamente elegiaco, e se sarà il racconto di addio della serie, è un bell'addio."
--James Reasoner, Rough Edges

I 17 romanzi di Lawrence Block con Matthew Scudder hanno conquistato il cuore dei lettori di tutto il mondo – oltre a una sfilza di premi, tra cui l'Edgar Allan Poe, lo Shamus, il Philip Marlowe (Germania), e il Falcone Maltese (Giappone). Ed è Matt Scudder il principale responsabile per i riconoscimenti che Block ha avuto nel corso della vita: Grand Master (dei Mystery Writers of America), The Eye (della Private Eye Writers of America), e il Cartier Diamond Dagger (della Crime Writers Association britannica).

Ma Scudder è apparso anche in racconti brevi, che sono tutti raccolti qua: da un paio di novellette della fine degli anni Settanta (Giù dalla finestra e Una candela per la barbona), e poi Alle prime luci dell'alba (premio Edgar), Il misericordioso angelo della morte (premio Shamus) fino ad arrivare a L'ultima notte al Grogan, una storia commovente ed elegiaca mai pubblicata prima. Sono stati i racconti brevi che hanno tenuta viva la serie in varie occasioni, quando la produzione dei romanzi si era interrotta, e che hanno portato Scudder verso nuove strade, mostrandoci una parte del suo mondo non ancora esplorata.

Alcune di queste storie sono comparse in riviste come la Alfred Hitchcock's Magazine, la Ellery Queen's Magazine e Playboy. Il breve cameo che dà il titolo alla raccolta, La notte e la musica, fu scritta per il programma di un festival jazz a New York City; un altro, Mick Ballou guarda lo schermo nero, era comparso solo come testo di un poster a tiratura limitata. E il racconto finale, che vede Matt e Elaine a un tavolo con Mick e Kristin Ballou in un locale ormai chiuso nella zona di Hell's Kitchen, fa la sua prima comparsa in questo volume.

Vari racconti si riferiscono ad avvenimenti del passato, e in essi Scudder ricorda casi della sua vita precedente come poliziotto: prima come agente di pattuglia in coppia con il leggendario Vince Mahaffey, poi come investigatore della polizia di New York che conduce una doppia vita. Ne In cerca di David, Matt ed Elaine sono in vacanza a Firenze, dove si imbattono un uomo che Matt aveva arrestato decenni prima. Ora finalmente Matt conosce il motivo di quel brutale omicidio.

Accanto alle undici storie e racconti brevi, La notte e la musica comprende un elenco dei diciassette romanzi in ordine cronologico, e una nota dell'Autore che spiega l'origine e i dettagli bibliografici di ognuna di esse.

Dulcis in fundo, Brian Koppelman, famoso sceneggiatore e regista (Solitary Man, Ocean's Thirteen, Il giocatore), nonché grande fan di Scudder, ha contribuito con una introduccione.

LinguaItaliano
Data di uscita26 ago 2018
ISBN9781386789543
La Notte e la Musica: Matthew Scudder, #18
Autore

Lawrence Block

Lawrence Block has been writing award-winning mystery and suspense fiction for half a century. His newest book, pitched by his Hollywood agent as “James M. Cain on Viagra,” is The Girl with the Deep Blue Eyes. His other recent novels include The Burglar Who Counted The Spoons, featuring Bernie Rhodenbarr; Hit Me, featuring philatelist and assassin Keller; and A Drop Of The Hard Stuff, featuring Matthew Scudder, brilliantly embodied by Liam Neeson in the new film, A Walk Among The Tombstones.  Several of his other books have also been filmed, although not terribly well.  He's well known for his books for writers, including the classic Telling Lies For Fun & Profit and Write For Your Life, and has just published a collection of his writings about the mystery genre and its practitioners, The Crime Of Our Lives.  In addition to prose works, he has written episodic television (Tilt!) And the Wong Kar-wai film, My Blueberry Nights.  He is a modest and humble fellow, although you would never guess as much from this biographical note.

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    Anteprima del libro

    La Notte e la Musica - Lawrence Block

    Giù dalla finestra


    Non ci fu nulla di speciale nel suo ultimo giorno. Sembrava un po’ nervosa, preoccupata di qualcosa o di nulla. Ma per Paula era spesso così.

    Non era mai stata un granché come cameriera nei tre mesi che aveva passato all’Armstrong. Dimenticava alcuni ordini, o ne confondeva altri, e se volevi il conto o un altro giro di qualcosa da bere potevi diventare matto tentando di attirare la sua attenzione. C’erano dei giorni in cui faceva il suo turno camminando come uno spettro attraverso i muri, come se avesse imparato un’arcana tecnica di proiezione astrale, mandando la mente a spasso mentre il suo corpo alto e snello continuava a servire cibi e drink, e a pulire i tavoli liberi.

    Eppure si sforzava. Si sforzava eccome.

    Riusciva sempre a tirare fuori un sorriso. A volte il sorriso coraggioso di un ferito che pure vuole camminare, altre volte un sorriso fragile, a denti stretti dopo un paio di pastiglie di amfetamina; ma si prende quello che si può per riuscire a passare da un giorno all’altro, e qualunque sorriso è meglio di niente. Paula conosceva per nome la maggior parte dei clienti abituali dell’ Armstrong, e il suo saluto li faceva sentire come se fossero arrivati a casa. Quando quella è la sola casa che si ha, si tende ad apprezzare queste cose.

    E se la sua carriera non era perfetta, be’ certamente non era ciò che aveva in mente quando era arrivata a New York. Non ci si prefigge di diventare una cameriera in un piccolo bar della Nona Avenue più di quanto volontariamente non si diventa un ex-poliziotto che si trascina da un mese all’altro bevendo bourbon e caffè. Abbiamo in noi una specie di desiderio di grandezza. Quando sei giovane come Paula Wittlauer aspetti, sapendo che le cose miglioreranno. Quando si ha la mia età, si spera solo che non peggiorino troppo.

    Lei faceva il primo turno, da mezzogiorno alle otto, da martedì a sabato. Trina arrivava alle sei del pomeriggio, così c’erano due ragazze in sala per i clienti dell’ora di cena. Alle otto Paula andava dove doveva andare e Trina continuava a portare tazze di caffè e whisky per altre sei ore circa.

    L’ultimo giorno della vita di Paula fu un giovedì, verso la fine di settembre. Il caldo dell’estate iniziava a calare. C’era stata una pioggia rinfrescante quella mattina e il sole non si era fatto vedere. Io capitai al bar verso le quattro del pomeriggio con una copia del New York Post e lo lessi mentre prendevo il primo bicchiere della giornata. Alle otto stavo parlando con due infermiere del Roosevelt Hospital che si lamentavano di un loro dottore col complesso del Messia. Dicevo qualche parola di comprensione, quando Paula passò di fianco al nostro tavolo e mi augurò di passare una buona serata.

    Dissi, Anche tu, ragazza. La guardai? Ci sorridemmo? Diamine, non ricordo.

    Ci vediamo domani, Matt.

    Certo – dissi – Dio volendo.

    Ma Lui evidentemente non voleva. Verso le tre Justin chiuse e io girai attorno all’isolato verso il mio albergo. Non ci volle molto perché il caffè e il bourbon si annullassero a vicenda. Andai a letto e mi addormentai.

    Il mio hotel è nella 57esima Strada tra l’Ottava e la Nona Avenue. E’ sul lato dell’isolato che da’ verso il centro e la mia finestra guarda a Sud. Posso vedere il World Trade Center in cima a Manhattan.

    Posso anche vedere l’edificio dove abitava Paula. E’ sul lato opposto della 57esima circa cento metri verso est, una costruzione alta che, se fosse stata proprio di fronte a me, mi avrebbe impedito la vista del World Trade Center. Viveva al diciassettesimo piano. In qualche momento dopo le quattro cadde da una finestra. Finì oltre il marciapiede, atterrando nella strada a circa un metro dal bordo, tra due auto parcheggiate.

    A scuola vi insegnano che un corpo che cade accelera a una velocità di quasi dieci metri al secondo. Quindi sarebbe caduta per circa 10 metri nel primo secondo, altri 20 nel secondo successivo, 30 nel terzo. Siccome cadde da un’altezza di circa 60 metri, non penso che fossero stati necessari più di quattro secondi per la caduta vera e propria. Ma le dovevano essere sembrati molto più lunghi di così.

    Io mi alzai verso le dieci, dieci e mezza. Quando mi fermai al banco per ritirare la mia posta, Vinnie mi disse che qualcuno si era buttato, durante la notte, dall’altro lato della strada. Una signorina – disse, con un termine che non si sente quasi più – Si è buttata senza uno straccio addosso. Così si può morire.

    Lo guardai.

    E’ atterrata sulla strada, sfiorando la Cadillac di qualcuno. Ti piacerebbe trovarti sul tetto un trofeo simile? Mi chiedo se l’assicurazione pagherebbe. Come lo chiameresti? Un intervento divino?

    Uscì da dietro il banco e mi accompagnò fino all’uscita.

    Laggiù – disse indicandomi – Il furgoncino del fiorista copre il punto dove si è schiantata. Niente da vedere, comunque. L’hanno raccolta con una pala e una spugna, e hanno pulito tutto con un getto d’acqua. Quando ho iniziato il turno non si vedeva più nessuna traccia.

    Chi era?

    E chi lo sa?

    Avevo da fare quel mattino, ma ogni tanto pensavo alla suicida che si era buttata. Non sono così rari, e di solito lo fanno nelle ore che precedono l’alba. Dicono che siano le più scure.

    Nel pomeriggio, a un certo punto passai davanti all’ Armstrong e mi fermai per un bicchierino. Al bancone, mi guardai attorno per salutare Paula, ma non c’era. Il suo turno lo stava facendo una rossa grassottella di nome Rita. Al bar c’era Dean, e gli chiesi dove fosse Paula.

    Ha marinato la scuola, oggi?

    Non hai sentito?

    Jimmy l’ha licenziata?

    Scosse la testa, e prima che potessi avanzare altre ipotesi, me lo disse.

    Bevvi. Avevo un appuntamento con qualcuno, per fare qualcosa, ma di colpo non mi sembrò più importante. Misi una moneta nel telefono e annullai l’appuntamento, poi tornai al banco e ordinai ancora da bere.

    La mano mi tremava leggermente quando presi il bicchiere. Era un po’ più ferma quando lo posai. Attraversai la Nona Avenue e andai a sedermi nella chiesa di S. Paolo. Dieci o venti minuti, una cosa così. Accesi una candela per Paula e altre per qualche altro cadavere, e stetti lì a pensare alla vita, alla morte e alle finestre dei piani alti. Più o meno quando lasciai il corpo di Polizia scoprii che le chiese sono posti molto adatti per pensare a questo genere di cose.

    Dopo un po’ andai fino all’edificio dove abitava e mi fermai sul marciapiede davanti ad esso. Il furgone del fiorista era andato via ed esaminai il punto della strada dove lei era piombata. Come Vinnie mi aveva assicurato, non vi era traccia dell’accaduto. Piegai la testa per guardare in su, chiedendomi da quale finestra fosse caduta, poi guardai al marciapiede, e poi ancora in su, e un improvviso attacco di vertigini mi fece girare la testa.

    Intanto avevo attirato l’attenzione del portiere dell’edificio, che uscì sul marciapiede desideroso di parlare della sua ex-inquilina. Era un uomo di colore, circa della mia età, che sembrava fiero della sua uniforme come il ragazzo del manifesto che invita ad arruolarsi nei Marines. Era una bella divisa, in toni di marrone, con spalline e bottoni di ottone lucido.

    Una cosa terribile – disse – una ragazza così giovane, con tutta la vita davanti.

    La conoscevate bene?

    Scosse la testa Mi sorrideva, mi salutava, mi chiamava sempre per nome. Sempre di fretta, quando entrava e quando usciva. Sembrava che non avesse nessuna preoccupazione al mondo. Ma non si può mai sapere.

    No, non si può mai.

    Stava al diciassettesimo piano. Io non vivrei così in alto nemmeno se mi dessero l’appartamento gratis.

    L’altezza vi dà fastidio?

    Non so se sentì la domanda. Io vivo al piano rialzato, e mi va benissimo. Niente ascensore, e niente finestre in alto.

    Si rannuvolò e sembrò che volesse aggiungere qualcosa; ma poi qualcuno stava entrando nell’atrio del palazzo, ed egli si mosse per intercettarlo. Io guardai ancora in su, cercando di contare le finestre fino al diciassettesimo piano, ma mi tornò il capogiro e rinunciai.

    Siete voi Mattew Scudder?

    Alzai lo sguardo. La ragazza che aveva posto la domanda era giovanissima, con lunghi capelli castani e lisci e due enormi occhi marrone chiaro. Aveva un volto aperto e indifeso e il suo labbro inferiore tremava. Dissi che Mattew Scudder ero io, e le indicai la sedia che avevo di fronte. Lei rimase in piedi.

    Io sono Ruth Wittlauer, disse.

    Il nome non mi disse nulla fino a che aggiunse: La sorella di Paula.

    Feci un cenno di assenso e le studiai la faccia in cerca di una somiglianza di famiglia. Se vi era, non la vidi. Erano le dieci di sera, Paula Wittlauer era morta da diciotto ore e sua sorella era di fronte a me con aria d’attesa, sul volto una curiosa mescolanza di determinazione e incertezza.

    Dissi Mi spiace. Non volete sedervi? E vorreste qualcosa da bere?

    Non bevo.

    Del caffè?

    E’ tutto il giorno che bevo caffè. Sono nervosissima per tutto quel dannato caffè. Devo proprio ordinare qualcosa?

    Era al limite, chiaramente. Dissi: No, naturalmente; non dovete ordinare per forza.

    Colsi lo sguardo di Trina e le feci cenno di allontanarsi. Lei assentì e ci lasciò da soli.

    Sorseggiai il mio caffè osservando Ruth Wittlauer sopra l’orlo della tazza.

    Conoscevate mia sorella, Mr Scudder.

    In modo superficiale, come un cliente conosce una cameriera.

    La polizia dice che si è uccisa.

    E voi non ci credete?

    Io so che non lo ha fatto.

    La guardavo negli occhi mentre parlava ed ero disposto a credere che pensasse veramente ciò che diceva. Non credeva che Paula fosse precipitata dalla finestra di sua volontà, nemmeno un po’. Ma naturalmente, ciò non voleva dire che avesse ragione.

    Che cosa pensate che sia accaduto?

    E’ stata uccisa. Fece questa affermazione come se fosse scontata. Io so che è stata uccisa. Penso di sapere chi è stato.

    Chi?

    Cary McCloud.

    Non lo conosco.

    Ma potrebbe essere stato anche qualcun altro. continuò.

    Si accese una sigaretta, e fumò in silenzio per qualche istante.

    Ma sono sicura che è stato Cary, disse.

    Perché?

    Vivevano insieme. Si accigliò, come riconoscendo il fatto che la coabitazione valeva poco come prova di un omicidio. Poteva farlo, disse lentamente.

    E’ per questo che penso che sia stato lui. Non penso che chiunque potrebbe commettere un omicidio. Nella furia del momento, certo, immagino che la gente esca di testa; ma farlo deliberatamente, e gettare qualcuno da una . . . da una . . . gettare deliberatamente qualcuno da . . .

    Misi la mia mano sulle sue. Aveva delle mani lunghe, dalle ossa sottili, e la sua pelle era fresca e asciutta al tatto.

    Pensai che stesse per piangere o per scoppiare, invece no. Solo, non le era possibile pronunciare la parola finestra e si bloccava ogni volta che ci arrivava.

    Che cosa dice la polizia?

    Suicidio. Dicono che si è ammazzata. Tirò un fiato dalla sigaretta. Ma non la conoscono, non l’hanno mai conosciuta. Se Paula avesse voluto uccidersi avrebbe preso delle pillole. A lei piacevano le pillole.

    Immaginavo che prendesse degli stimolanti.

    Stimolanti, tranquillanti, barbiturici. Fumava erba e le piaceva bere. Abbassò gli occhi. La mia mano era ancora sulle sue. Lei le guardò e io la ritrassi.

    Io non faccio uso di quella roba. Bevo del caffè, è il mio solo vizio, e nemmeno troppo perché mi agita. E’ per il caffè che sono nervosa stanotte. Non per… tutte le cose che sono successe.

    Va bene.

    Aveva ventiquattro anni. Io ne ho venti. La sorellina minore, la sorellina normale, ma che è così che lei mi ha sempre voluta. Lei faceva tutte queste cose e contemporaneamente mi diceva di non farle, che era un casino. Penso che mi abbia mantenuta nella normalità, davvero. Non tanto per quello che mi diceva, quanto perché vedevo come viveva e cosa faceva a sé stessa, e io non volevo tutto ciò anche per me. Penso che quello che si faceva fosse una follia, ma nello stesso tempo credo che la adorassi, lei era sempre la mia eroina. Le volevo bene, Dio, glie ne volevo davvero, capisco solo adesso quanto; e adesso è morta, e lui l’ha ammazzata, so che l’ha ammazzata, lo so.

    Dopo un po’ le chiesi che cosa voleva che facessi.

    Siete un detective.

    Non in modo ufficiale. Una volta ero un poliziotto.

    Potreste . . . scoprire che cosa è successo?

    Non lo so.

    Ho provato a parlare con la polizia. E’ come parlare a un muro. Non posso andarmene e basta, e non fare nulla. Mi capite?

    Credo di sì. Ma supponiamo che io me ne interessi, e continui a sembrare un suicidio . . .

    Lei non si è uccisa.

    Be’, supponiamo che alla fine io finisca per pensarlo.

    Ci pensò. Io non sarei obbligata a crederlo.

    No – concessi – dobbiamo scegliere in cosa credere.

    Ho del denaro. Appoggiò la borsa sulla tavola.

    Io sono la sorella per bene, lavoro in un ufficio, metto da parte un po’ di risparmi. Ho qua cinquecento dollari.

    E’ troppo denaro per portarselo in tasca in questo quartiere.

    E’ abbastanza per assumervi?

    Non volevo il suo denaro. Aveva cinquecento dollari e una sorella morta, e quei soldi non l’avrebbero fatta tornare in vita. Avrei lavorato anche gratis, ma non sarebbe stato un bene, perché nessuno dei due l’avrebbe presa abbastanza sul serio.

    E poi ho due figli da mantenere, un affitto da pagare e quello che devo all’Armstrong per il caffè e il whisky. Le presi quattro biglietti da cinquanta e le dissi che avrei fatto del mio meglio per guadagnarmeli.

    Quando Paula Wittlauer si era schiantata sull’asfalto, un’auto della polizia aveva preso la chiamata e si era incaricata del caso. Uno dei poliziotti nell’auto era un tizio di nome Guzik. Non lo avevo conosciuto mentre ero in forze, ma in seguito ci eravamo incontrati. Non mi era simpatico, e penso che anche a lui non importasse nulla di me, ma era ragionevolmente onesto e mi aveva colpito la sua competenza. La mattina seguente riuscii a parlargli al telefono e gli offrii un pranzo.

    Ci trovammo in un ristorante italiano nella 56esima. Lui prese vitello con peperoni e un paio di bicchieri di vino rosso. Io non avevo fame ma mi sforzai di mangiare una piccola bistecca.

    Tra un boccone di carne e l’altro disse: "La sorellina, eh? Le ho parlato, sai? E’ così carina e pulita che se ti lasci andare ti spezza il cuore. E naturalmente non vuole credere che la sorella abbia fatto il salto. Le ho chiesto se era cattolica, perché allora c’è anche l’aspetto religioso, ma non lo era.

    Comunque un prete, mediamente, chiuderebbe un occhio. Sono i migliori avvocati che ci siano, cazzo, duemila anni di pratica, lo sono per forza.

    Ho adottato questo comportamento anch’io. Le dissi ‘Guardate, ci sono tutte queste pillole. Mettiamo che vostra sorella ne abbia presa qualcuna, e poi abbia bevuto un po’ di vino, e poi si sia fatta uno spinello; poi è andata alla finestra per avere un po’ di aria fresca. E poi si è sentita stordita, e magari ha perso i sensi, e probabilmente non si è nemmeno resa conto di quello che succedeva.’ Matt, qua non c’è nessun problema di assicurazioni, quindi se lei vuole pensare che sia stato un incidente io non le grido certo suicidio nelle orecchie. Ma questo è quello che c’è scritto nel rapporto."

    Caso chiuso?

    Certo. Nessun dubbio.

    Lei pensa a un omicidio.

    Assentì. Dimmi qualcosa di nuovo. Dice che è stato questo McCloud. L’amico della sorella.

    Fatto sta che lui era in un locale after-hour tra la 53esima e la Dodicesima più o meno quando la sorella stava volando.

    Lo confermi?

    Alzò le spalle. Non al cento per cento. Entrava e usciva, poteva forse andare e tornare, ma c’è tutta la faccenda con la porta.

    Che faccenda?

    Lei non te l’ha detto? L’appartamento di Paula Wittlauer era chiuso a chiave e c’era la catena di sicurezza. L’addetto alla manutenzione del condominio ci ha aperto con la chiave, ma abbiamo dovuto rimandarlo a prendere un tronchese per potere tagliare la catena. La catena si può bloccare solo dall’interno, dopo di che puoi aprire la porta solo qualche centimetro; perciò, o la Wittlauer si è buttata da sola, oppure è stato Plastic Man, che poi è scivolato fuori dalla porta senza sbloccare la catena.

    Oppure l’assassino non è mai uscito dall’appartamento.

    Eh?

    Avete perquisito l’appartamento dopo che hanno tagliato la catena e siete entrati?

    Ovviamente abbiamo guardato in giro. C’era una finestra aperta, con una pila di vestiti di fianco. Sai che si è buttata giù nuda, vero?

    Eh, sì.

    Non c’era un grosso killer acquattato tra i cespugli, se è quello a cui vuoi arrivare.

    Avete guardato con cura?

    Sappiamo fare il nostro lavoro.

    Già. Sotto il letto?

    Era un letto di quelli su pedana, senza spazio sotto dove strisciare.

    E gli armadi?

    Lui bevve un po’ di vino, sbatté il bicchiere sul tavolo e mi fissò.

    Dove cavolo vuoi arrivare? Hai motivi per credere che ci fosse qualcuno nell’appartamento quando ci siamo entrati?

    Sto solo pensando a delle possibilità.

    Cristo, pensi veramente che qualcuno sia tanto stupido da restare nella casa dopo averla buttata giù? Deve essere stata sulla carreggiata per dieci minuti prima che arrivassimo noi. Se qualcuno l’ha fatta fuori, cosa che non è successa, ma se qualcuno l’aveva fatto poteva essere a metà strada da qui al Texas prima che arrivassimo alla porta, e non è più logico questo, che pensare che sia saltato in un armadio nascondendosi dietro le giacche?

    A meno che l’assassino non volesse farsi vedere dal portiere.

    Aveva ancora tutto l’edificio dove nascondersi. Quell’unico uomo è tutta la sicurezza dell’edificio, e che cosa vuoi che faccia? E supponi che questo tale si nasconda nell’appartamento, e noi lo troviamo. Come finisce? Sulla forca.

    Solo che non l’avete trovato.

    Perché non c’era; e se comincio a vedere gli omini verdi che non ci sono, allora metto giù la tessera e abbandono il Dipartimento.

    C’era una sfida sottintesa nelle sue parole. Perché io avevo lasciato il Dipartimento, ma non perché vedevo gli omini. Qualche anno fa intervenni durante una rapina a un bar, e inseguii per la strada i due che avevano ammazzato il barista. Uno dei miei colpi andò fuori bersaglio e una bambina morì. Dopo quel giorno, non vedevo omini verdi né sentivo le voci, non proprio, ma lasciai mia moglie, i miei figli e

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