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Quando la Sacre Taverna Chiude: Matthew Scudder, #6
Quando la Sacre Taverna Chiude: Matthew Scudder, #6
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E-book347 pagine4 ore

Quando la Sacre Taverna Chiude: Matthew Scudder, #6

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Info su questo ebook

QUANDO LA SACRA TAVERNA CHIUDE

Quando la sacra taverna chiude è il sesto romanzo il cui protagonista è Matthew Scudder, il personaggio più avvincente di Lawrence Block. In preda all'angoscia, Scudder ha lasciato moglie e figli in periferia e ha restituito il distintivo della polizia di New York. Ora conduce una vita monastica in un hotel di Hell's Kitchen e vive di bourbon e caffè al bar dietro l'angolo, il Jimmy Armstrong's Saloon. Guadagna i soldi che gli servono come investigatore privato senza licenza, facendo "favori agli amici".

 

In questo libro, spesso considerato il romanzo più ricco di Block, Scudder affronta tre casi che in cui sono coinvolte le sue amicizie.

Tommy Tillary, un amico da bar, viene accusato dell'omicidio della moglie e assume Scudder per scagionarlo. Il proprietario del 'Morrissey', legato all'IRA, lo ingaggia per rintracciare gli uomini che hanno rapinato il suo locale clandestino. Skip Devoe infine, proprietario di un altro locale, è ricattato da qualcuno che ha rubato i suoi libri contabili e assume Scudder per sistemare le cose.

#

"La scrittura è realistica nel senso migliore del termine", ha scritto Marilyn Stasio nella, New York Times Book Review. "Non ci sono eroismi artificiali, linee di dialogo forzate o mosse false. Block conosce New York e il modo in cui la gente parla. Questo è un romanzo scritto da un professionista di grande esperienza che sa esattamente cosa sta facendo".

 

Martin Cruz Smith, autore di Gorky Park, ha detto: "Molto più di un giallo. Un libro sugli uomini, sull'alcol, su New York, scritto da una delle voci più sicure e caratteristiche della narrativa americana".

LinguaItaliano
Data di uscita30 apr 2024
ISBN9798224298006
Quando la Sacre Taverna Chiude: Matthew Scudder, #6
Autore

Lawrence Block

Lawrence Block is one of the most widely recognized names in the mystery genre. He has been named a Grand Master of the Mystery Writers of America and is a four-time winner of the prestigious Edgar and Shamus Awards, as well as a recipient of prizes in France, Germany, and Japan. He received the Diamond Dagger from the British Crime Writers' Association—only the third American to be given this award. He is a prolific author, having written more than fifty books and numerous short stories, and is a devoted New Yorker and an enthusiastic global traveler.

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    Anteprima del libro

    Quando la Sacre Taverna Chiude - Lawrence Block

    Capitolo 1


    Le finestre del Morrissey erano dipinte di nero. L’esplosione fu abbastanza forte e vicina da farle tremare. Le conversazioni si interruppero di colpo, un cameriere si bloccò trasformandosi in una statua con un vassoio di bevande in spalla e un piede a mezz’aria. Il boato si spense come polvere che si deposita, e per un lungo momento la sala rimase silenziosa, quasi come in segno di rispetto. Qualcuno disse: Gesù Cristo, e molte persone ripresero a respirare. Al nostro tavolo, Bobby Ruslander prese una sigaretta e disse: Sembrava una bomba.

    Skip Devoe disse: Una bomba-carta.

    Solamente?

    È sufficiente, disse Skip. Una bomba-carta è un grosso petardo. Se la stessa carica avesse un involucro di metallo invece che di carta, avresti un’arma invece che un giocattolo. Se accendi anche solo un petardo e non lo getti ma lo tieni in mano, dovrai imparare a fare un bel po’ di cose con la mano sinistra.

    Sembrava qualcosa di più di un petardo, insistette Bobby. Come della dinamite, o una granata, o qualcosa del genere. Sembrava la terza guerra mondiale, se proprio devo dirlo.

    Che attore!, esclamò Skip con tono affettuoso. Non è simpatico il ragazzo? Combatte nelle trincee, assalta colline spazzate dal vento, si trascina nel fango. Bobby Ruslander, coperto di cicatrici, il veterano di cento battaglie.

    "Volevi dire il veterano di cento bottiglie", disse qualcuno.

    Maledetto attore, disse Skip, scompigliando i capelli di Bobby. "Sento il rombo del cannone. La conosci quella barzelletta?"

    Ero stato io a raccontartela.

    "Sento il rombo del cannone. Ma quando mai hai sentito davvero uno sparo? L’ultima volta che c’è stata una guerra, disse, Bobby aveva portato un biglietto del suo analista. ‘Caro Zio Sam, ti prego di scusare l’assenza di Bobby, ma le pallottole lo fanno impazzire’ ".

    Era stata un’idea del mio vecchio, disse Bobby.

    Ma tu hai cercato di convincerlo. ‘Dammi un fucile’, hai detto. ‘Voglio servire la patria’ .

    Bobby ridacchiò. Con un braccio stringeva la sua ragazza e con la mano libera prese il bicchiere.

    Ho detto soltanto che a me sembrava dinamite, disse.

    Skip scosse la testa. La dinamite è diversa. Sono tutte esplosioni diverse, e quella della dinamite è più forte e piatta di quella delle bombe-carta. Hanno tutte un suono diverso. Quello di una granata è ancora differente, è come un accordo.

    L’accordo perduto, disse qualcuno; e un altro aggiunse: Sentite, ma questa è poesia.

    Stavo quasi per chiamare il mio locale Ferri di Cavallo & Bombe a Mano, disse Skip. Sapete come si dice, quando si arriva al dunque contano solo i ferri dei cavalli e le bombe a mano.

    Un bel nome, disse Billie Keegan.

    Il mio socio lo odiava, ribatté Skip. Quell’idiota di Kasabian diceva che non era un nome adatto per un bar e sembrava quello di una qualche boutique di Soho, di quelle che vendono giocattoli ai ragazzini delle scuole private. Non so, eppure Ferri di Cavallo & Bombe a Mano mi piace ancora.

    Merda di Cavallo e Pompe a Mano, disse qualcuno.

    Forse Kasabian aveva ragione, se è così che tutti avrebbero finito per chiamarlo. A Bobby disse: Se vuoi parlare dei diversi suoni che fanno le esplosioni, dovresti sentire un mortaio. Un giorno fatti raccontare da Kasabian la storia del mortaio.

    Lo farò.

    Ferri di cavallo e bombe a mano, disse Skip. Invece lui e il suo socio avevano chiamato il loro locale ‘Miss Kitty’. La maggior parte della gente pensava a un riferimento a ‘Gunsmoke’, ma la loro ispirazione era stata un bordello di Saigon. La maggior parte delle mie bevute le facevo da Jimmy Armstrong, sulla Nona Avenue tra la Cinquantasettesima e la Cinquantottesima. Miss Kitty era sulla Nona, appena sotto la Cinquantaseiesima, ed era un po’ più grande e più chiassoso di quanto mi piacesse. Nei fine settimana ne stavo alla larga, ma nelle serate infrasettimanali, quando la folla si diradava e il livello di rumore si abbassava, non era un brutto posto in cui stare.

    Quella sera ero passato da Miss Kitty prima del solito. Prima ero stato da Armstrong, ma verso le due e mezzo eravamo rimasti in quattro: Billie Keegan dietro il bancone, io davanti a lui e due infermiere che ci davano dentro col Black Russians. Poi Billie aveva chiuso i battenti e le due infermiere erano uscite barcollando nella notte, mentre noi due avevamo preso la strada per Miss Kitty. Poco prima delle quattro aveva chiuso anche Skip e un gruppetto si era spostato da Morrissey.

    Morrissey avrebbe chiuso non prima delle nove o delle dieci del mattino. L’orario di chiusura legale dei bar a New York era alle quattro, e il sabato notte un’ora prima; ma Morrissey era un posto illegale e non era soggetto a simili regole. Si trovava in cima a una rampa di scale che dava sulla strada, in un isolato di case a tre piani sulla Cinquantunesima Strada, fra la Undicesima e la Dodicesima Avenue. Circa un terzo delle case dell’isolato erano abbandonate e avevano le finestre rotte o coperte di assi; alcuni ingressi erano sbarrati con mattoni di cemento.

    I fratelli Morrissey erano proprietari dell’edificio e non dovevano averlo pagato caro. Vivevano nei due piani superiori, il pianterreno lo avevano affittato a una compagnia di attori irlandesi non professionisti, e al primo piano vendevano birra e whisky fuori orario. Avevano abbattuto le pareti interne creando uno spazio aperto; un muro aveva i mattoni a vista, i pavimenti di legno erano stati levigati e trattati con resina trasparente ed era stato installato un sistema di illuminazione diffusa. Alle pareti erano appesi poster della Aer Lingus e una copia della proclamazione della Repubblica Irlandese di Pearse del 1916 (Donne e uomini dell’Irlanda, in nome di Dio e delle generazioni passate . . .). C’erano una trentina di tavoli quadrati con spessi ripiani di legno e il banco era sistemato lungo una parete.

    Eravamo seduti a due tavolini accostati. C’erano Skip Devoe, Billie Keegan, il barista notturno di Armstrong, Bobby Ruslander e la ragazza di quella sera di Bobby, una rossa dagli occhi assonnati di nome Helen. E poi Eddie Grillo, un tipo che gestiva il bar in un ristorante italiano verso la Quarantesima Ovest e un certo Vince, tecnico del suono, o qualcosa del genere, alla CBS Television.

    Io bevevo bourbon, con ogni probabilità Jack Daniel’s o Earl Times, dato che i Morrissey avevano solo quelle due marche. Tenevano anche tre o quattro scotch, Canadian Club, una marca di gin e una di vodka. Due birre, Bud e Heineken. Un cognac e un paio di cordiali, immagino Kahlùa, visto che quell’anno molti bevevano Black Russians. Tre tipi di whisky irlandese, Bushmills, Jameson e un altro, il Powers, che nessuno ordinava ma era il preferito dei fratelli Morrissey. Ci si sarebbe aspettato che tenessero birra irlandese, almeno la Guinness, ma Tim Pat Morrissey una volta mi aveva detto che non gradiva la Guinness imbottigliata. Beveva Stout alla spina, ma solo dall’altro lato dell’Atlantico.

    I Morrissey erano omaccioni dalla fronte alta e spaziosa e folte barbe rossicce. Portavano pantaloni neri, scarpe robuste e lucidissime, camicie bianche con le maniche arrotolate fin sopra il gomito e grembiuli bianchi da macellaio che arrivavano alle ginocchia. Il cameriere, un ragazzo snello e senza barba, era vestito nello stesso modo, ma dava l’idea di essere in costume. Credo si trattasse di un cugino; poteva esserlo, dato che per lavorare in quel posto bisognava avere qualche legame di sangue.

    Stavano aperti sette giorni alla settimana, dalle due del mattino fino alle nove o alle dieci. Un bicchiere costava tre dollari, più caro che nei bar, ma ragionevole se confrontato ai prezzi praticati dai locali aperti tutta la notte, e servivano roba buona. La birra costava due dollari. Facevano anche miscele con i liquori più comuni, ma non era un locale in cui chiedere un dopocaffè a più strati di liquori.

    Non mi risulta che la polizia abbia mai dato noia ai Morrissey. Benché non avesse insegne al neon, non era un locale clandestino, era anzi ben conosciuto nel circondario; i poliziotti lo sapevano e quella sera notai perfino un paio di agenti di pattuglia di Midtown North e un detective che avevo conosciuto anni prima a Brooklyn. Nella sala c’erano anche due neri e li riconobbi entrambi; uno l’avevo visto accanto al ring in occasione di svariati incontri, mentre il compagno era un senatore dello Stato. Sono certo che i Morrissey ungessero le ruote per stare aperti, ma al di là del denaro sborsato dovevano godere anche di agganci con politicanti locali.

    Non annacquavano i beveraggi e servivano buone dosi. Non erano forse queste le migliori referenze?

    ∗ ∗ ∗

    Fuori esplose un altro botto, ma era a un paio di isolati di distanza, e questa volta la porta non sbatté e non ci furono pause nella conversazione. Il tipo della CBS seduto al nostro tavolo si lamentò per l’anticipo sulle date bofonchiando: La Festa dell’Indipendenza è venerdì quattro, no? Oggi che giorno è, il primo del mese?

    Da quattro ore siamo nel secondo giorno.

    Allora mancano ancora due giorni. Che fretta c’è?

    Hanno quei dannati petardi e ci prendono gusto, borbottò Bobby Ruslander. E sapete chi sono i peggiori? Gli stramaledetti cinesi. Avevo una ragazza che viveva dalle parti di Chinatown, e nel pieno della notte scoppiavano mortaretti, petardi, di tutto. E non solo in luglio, ma tutto l’anno. Laggiù diventano tutti dei bambini quando si tratta di fuochi d’artificio.

    Il mio socio voleva chiamare il locale Little Saigon, disse Skip. E io gli ho detto: ‘John, perdio, la gente penserà a un ristorante cinese, ci capiteranno le famigliole da Rego Park con ordinazioni tipo pollo con funghi e verdure, e due piatti del menù delle combinazioni’. E lui mi ha risposto: ‘Che cosa c’entra la Cina con Saigon?’ E io di rimando: ‘John, tu e io lo sappiamo, ma per la gente di Rego Park, quelli con gli occhi a mandorla sono tutti uguali e verrebbero da noi a chiedere maiale in agrodolce.

    Billie si azzardò a dire: E quelli di Park Slope?

    Che cosa c’entrano quelli di Park Slope? Skip aggrottò le sopracciglia pensandoci. Quelli di Park Slope, disse, si possono fottere.

    Helen, la ragazza di Bobby, disse tutta seria che aveva una zia a Park Slope e Skip le lanciò un’occhiata. Io presi il mio bicchiere; era vuoto, per cui alzai lo sguardo alla ricerca del cameriere senza barba o di uno dei fratelli.

    Stavo guardando verso la porta quando essa si spalancò di colpo. Il fratello che stava alla porta sulla strada entrò barcollando e andò a sbattere contro un tavolino. Dei bicchieri si rovesciarono e una sedia finì a gambe all’aria.

    Due uomini irruppero nella stanza al suo seguito: uno era sul metro e settantacinque, l’altro più basso di tre o quattro centimetri. Erano entrambi snelli e indossavano blue jeans e scarpe da tennis. Quello più alto aveva un giubbotto da baseball, l’altro una giacca a vento di nylon blu. Avevano calcati in testa due cappelli da baseball e annodati attorno al viso dei fazzoletti rossi piegati a triangolo per nascondere bocca e guance.

    Entrambi impugnavano una pistola. Uno aveva un revolver a canna corta, l’altro un’automatica a canna lunga. Quello con l’automatica sollevò l’arma e sparò due colpi che andarono a conficcarsi sul soffitto metallico. La detonazione non somigliava a quella di una bomba carta né a quella di una bomba a mano.

    Entrarono e uscirono velocemente: uno andò dietro il bancone e ne uscì con la scatola di sigari Garcia y Vega dove Tim Pat teneva le entrate della notte. Sul banco c’era un barattolo di vetro con un biglietto scritto a mano che sollecitava contributi per le famiglie dei prigionieri dell’IRA in galera nell’Irlanda del Nord. Il tipo mascherato arraffò le banconote, lasciando le monete.

    Intanto, quello più alto teneva i Morrissey sotto tiro e ordinò loro di vuotare le tasche. Sfilò le banconote dai portafogli e prese un rotolo di soldi di Tim Pat. Il tipo più basso di statura posò la scatola di sigari e andò in fondo alla stanza dove staccò dal muro un manifesto incorniciato dell’Aer Lingus dedicato alle scogliere di Moher. Apparve un armadietto chiuso a chiave e il tipo lo aprì con un colpo di pistola. Ne estrasse una scatola di metallo che infilò sotto il braccio senza aprirla. Ritornò a prendere la scatola di sigari e infilò la porta, scendendo le scale a precipizio.

    Il suo collega continuò a tenere i Morrissey sotto tiro finché il compare non si fu allontanato. Puntava al petto di Tim Pat e per un momento pensai che gli avrebbe sparato. Aveva l’automatica a canna lunga ed era stato lui a conficcare le pallottole nel soffitto; se avesse sparato a Tim Pat difficilmente lo avrebbe mancato.

    Non potevo fare nulla.

    Quel momento passò. L’uomo con la pistola emise un forte respiro che gonfiò il fazzoletto rosso. Indietreggiò fino alla porta e scese le scale di corsa.

    Nessuno si mosse.

    Tim Pat confabulò brevemente con il fratello che era stato di guardia alla porta di sotto. Questi annuì e si diresse all’armadietto aperto; lo richiuse e quindi rimise al suo posto il manifesto con le scogliere di Moher.

    Tim Pat parlò con l’altro fratello e poi si schiarì la gola. Signori, disse lisciandosi la barba con la grossa mano, vorrei spiegare il senso della scena alla quale avete assistito. Due cari amici sono venuti a chiederci un prestito di qualche dollaro e noi glieli abbiamo dati con piacere. Non li abbiamo riconosciuti e non abbiamo fatto caso a quale aspetto avessero. Sono certo che nessuno dei presenti in questa sala li riconoscerebbe se capitasse, per volontà di Dio, di imbattersi in uno di loro. Si passò le dita sulla fronte e si lisciò di nuovo la barba. Signori, concluse, io e i miei fratelli saremmo onorati se ci beveste sopra con noi.

    I Morrissey offrirono un giro a spese della casa. Bourbon per me, Jameson per Billie Keegan, scotch per Skip, brandy per Bobby e uno scotch allungato per l’amica. Birra per il tipo della CBS e brandy per Eddie, il barista. Venne dato da bere a tutti, piedipiatti, politicanti neri, camerieri, baristi e nottambuli. Nessuno se ne andò via: offriva la casa e poi fuori c’erano quei tipi mascherati e armati.

    Il cugino senza barba e i due fratelli servirono da bere. Tim Pat se ne stava in piedi con le braccia conserte sul grembiule bianco e il volto non tradiva emozioni. Quando tutti furono serviti, uno dei fratelli gli sussurrò qualcosa mostrandogli il barattolo vuoto, fatta eccezione per una manciata di monetine. La faccia di Tim Pat si rabbuiò.

    Signori, esordì, e nella sala si fece silenzio. Signori, nella confusione sono spariti anche i contributi per il Norad, quattrini per il soccorso alle mogli e ai figli dei prigionieri politici nel Nord. Le nostre perdite riguardano solo noi, e non intendiamo spendere un’altra parola, ma quelli del Nord non hanno nemmeno il denaro per mangiare . . . Si interruppe per riprendere fiato e proseguì con un tono più basso. Faremo circolare il barattolo in mezzo a voi, soggiunse, e il cielo benedica quelli che vorranno contribuire.

    ∗ ∗ ∗

    Io rimasi forse un’altra mezz’ora o poco più. Bevvi il bicchiere offerto da Tim Pat e un altro ancora, poi ne ebbi abbastanza. Billie e Skip uscirono con me. Bobby e la sua ragazza restarono ancora, Vince se ne era già andato ed Eddie si era trasferito a un altro tavolo, cercando di far colpo su una ragazza alta che faceva la cameriera da O’Neil’s.

    Il cielo era ormai chiaro, e le strade vuote e immerse nel silenzio dell’alba. Skip esclamò: Per il Norad è andata bene. Non poteva essere una gran cifra quella che Frank e Jesse hanno arraffato dal barattolo, e i clienti l’hanno riempito di nuovo.

    Frank e Jesse? chiesi.

    Ma sì, quelli con il fazzoletto rosso, santo cielo. Quella specie di Jesse James col fratello Frank. E poi nel barattolo c’erano biglietti da uno e da cinque, adesso invece è colmo di banconote da dieci e da venti. Le povere mogli e i bambini là nel Nord non avranno di che lamentarsi.

    Billie gli chiese: Quanto pensi che abbiano perso i Morrissey?

    Gesù, non saprei, rispose Skip. Magari nella scatola c’erano santini e polizze d’assicurazione, ma temo che pochi da queste parti sarebbero disposti a giurarlo. Io sono pronto a scommettere che avevano da parte una sommetta per mandare una qualche partita di armi ai ragazzi del Derry e di Belfast.

    Credi che i rapinatori fossero dell’IRA?

    Diavolo, imprecò Skip gettando il mozzicone in un tombino. Io credo che lo siano i Morrissey e che i loro soldi vadano a finire tutti là. Immagino . . .

    Ehi, gente! Aspettate!

    Ci voltammo. Il tipo di nome Tom Tillary ci chiamava a gran voce dalla porta di casa Morrissey Era un uomo robusto, con le guance e la mascella pesanti e il petto e lo stomaco prominenti. Indossava un blazer estivo e un paio di pantaloni bianchi. Portava anche la cravatta. La metteva quasi sempre.

    La donna al suo fianco era piccola e snella, con capelli castani dai riflessi rossastri; aveva un paio di jeans che la fasciavano stretta e una camicetta rosa con le maniche arrotolate. Sembrava piuttosto stanca e un po’ brilla.

    Lui ci apostrofò dicendo: Ragazzi, conoscete Carolyn, vero? La salutammo tutti, poi Tom soggiunse: Ho l’automobile parcheggiata dietro l’angolo e c’è posto per tutti. Se volete vi porto a casa io.

    È un bel mattino, gli rispose Billie. Preferisco fare una passeggiata, Tommy.

    Ah sì?

    Skip e io gli facemmo eco. Camminiamo per smaltire un po’ la sbornia, disse Skip. Poi andiamo a letto.

    Sicuri? Per me non è un fastidio accompagnarvi a casa. Eravamo sicuri. Non vi dispiace venire con me fino all’automobile? Scenette come quella di prima rendono nervosi, vi pare?

    Di sicuro, Tom.

    Un bel mattino, vero? proseguì Tom. La giornata sarà calda, ma per il momento si sta bene. Ero pronto a scommettere che avrebbe sparato a quel, come si chiama, Tim Pat. Avete notato lo sguardo di quel tipo verso la fine?

    C’è stato un momento, disse Billie, in cui ho pensato che potesse finir male.

    Io, se ci fosse stata una sparatoria, avrei cercato un tavolo sotto cui ripararmi. Ma quei tavolini non erano un granché come protezione, vi pare?

    Già, non erano un granché.

    E io sono un bersaglio piuttosto grosso, no? Che cosa fumi, Skip, Camel? Ti dispiacerebbe darmene una? Io fumo col filtro e a quest’ora della notte non sanno più di niente. Grazie. Me lo sono immaginato, o c’erano dei poliziotti nella sala?

    Ce n’era qualcuno, rispose Skip.

    Sono tenuti a tenere l’arma anche quando non sono in servizio, non è vero?

    Si era rivolto a me e io annuii dicendo che era previsto dai regolamenti.

    Secondo te, avrebbero dovuto fare qualcosa?

    Intendi dire sparare addosso ai rapinatori?

    Qualcosa del genere.

    Sparando in una sala affollata come quella, gli risposi, era possibile ammazzare qualcuno.

    C’era anche il pericolo delle pallottole di rimbalzo, suggerì Tom.

    Perché lo dici? gli chiesi con durezza.

    Lui mi guardò, sorpreso per il mio tono. Be’, i muri di mattoni, per esempio, rispose. Anche sparando contro il soffitto di metallo, come hanno fatto, una pallottola avrebbe potuto rimbalzare e fare dei danni, non credi?

    Sì, immagino di sì, dissi. Un taxi fuori servizio ci passò accanto, con un passeggero davanti assieme all’autista. Io dissi: Un poliziotto, in servizio o meno, in quella situazione è tenuto a non far nulla, almeno finché qualcuno non cominci a sparare. I poliziotti che stanotte si trovavano in quella sala, verso la fine, avranno portato le mani sulle pistole. Se quel tipo avesse sparato a Tim Pat, avrebbe dovuto correre verso la porta scansando le loro pallottole. Ammesso, beninteso, che fossero in una posizione adatta per sparare.

    E che fossero abbastanza sobri da vederci chiaro, soggiunse Skip.

    Mi sembra giusto. Ma tu, Matt, non hai sventato una rapina in un bar un paio d’anni fa? L’ho sentito dire da qualcuno, mi chiese Tom.

    Era un po’ diverso, risposi. Prima ancora che mi muovessi avevano già ammazzato il barista, e poi non ho sventagliato pallottole all’interno, li ho inseguiti per la strada. Ripensando a quella vicenda persi qualche brano di conversazione. Mi riscossi dalle mie memorie mentre Tommy dichiarava che aveva temuto di essere rapinato a sua volta.

    In quella sala c’era parecchia gente, stava dicendo. Gente che lavora di notte, altri che avevano appena chiuso i propri locali portando con sé l’incasso. Avrebbero potuto far girare il cappello a tutti, non vi pare?

    Immagino che andassero di fretta, disse Skip.

    Io avevo solo poche centinaia di dollari addosso, ma sono ben felice di averli ancora, e non averli consegnati a quel tizio col fazzoletto sulla faccia. Ero così sollevato per non essere stato derubato che quando sono passati con il barattolo per il, come si chiama, Norad, sono stato generoso e ho mollato venti dollari per le vedove e gli orfani, senza pensarci due volte.

    Era tutto combinato, suggerì Billie Keegan. I ragazzi coi fazzoletti sono amici dei gestori, e fanno la messinscena ogni qualche settimana proprio per incrementare i contributi al Norad.

    Gesù, esclamò Tommy ridendo. Non sarebbe una brutta idea, vi pare? Ecco la mia automobile, questo barcone potrebbe portarvi tutti comodamente a casa, se volete cambiare opinione.

    Mantenemmo tutti la decisione di fare una passeggiata. Lui aveva una Buick Riviera marrone con le finiture interne di cuoio bianco. Fece salire Carolyn, poi girò attorno all’automobile e aprì l’altra portiera. Fece una smorfia perché la ragazza non gliel’aveva aperta dal di dentro.

    Dopo che se ne furono andati, Billie disse: Erano da Armstrong fino all’una e mezza e non mi aspettavo di rivederli stanotte. Mi auguro solo che lui non debba guidare fino a Brooklyn.

    Vivono là?

    Ci vive lui, lo informò Skip. La ragazza invece abita da queste parti. Tommy è sposato, non ha l’anello?

    Non l’ho mai notato.

    Caro-lyn della Caro-lina, disse Billie. È così che la presenta. Aveva un’aria proprio stanca stasera, vero? Qualche ora fa, quando ho visto Tom che se ne andava, avevo pensato che l’avrebbe portata a casa . . . adesso che ci penso, deve averlo fatto. Stanotte, prima, lei indossava un altro vestito, ricordi, Matt?

    Non ricordo.

    Potrei giurarci. Indossava un abito da ufficio, non i jeans e la maglietta che portava ora. L’avrà accompagnata a casa, avranno fatto quattro salti, poi avranno avuto sete, ma dato che a quell’ora i bar sono chiusi, avranno pensato di venire in un locale aperto tutta la notte, cioè quello dei Morrissey. Che ne dici, Matt? Ho la stoffa dell’investigatore?

    Te la cavi.

    Lui si è rimesso lo stesso abito, ma lei si è cambiata, continuò Billie. La domanda ora è se adesso torna a casa dalla moglie o resta a dormire da Carolyn. In questo caso dovrebbe presentarsi sul lavoro con gli stessi abiti. Ma il vero problema è: e chi se ne frega?

    Stavo appunto per dirlo, affermò Skip.

    Già, soggiunse Billie. Mi chiedo anch’io quello che si è chiesto lui. Perché non hanno rapinato anche i clienti, stanotte. Ci devono essere state diverse persone con due o trecento dollari a testa, e forse un paio potevano averne anche di più.

    Non ne valeva la pena, argomentò Skip.

    Stiamo parlando di qualche migliaio di dollari.

    Lo so, ribatté Skip. Ma avrebbero dovuto perdere altri venti minuti, e il tutto in una stanza piena di ubriachi, molti dei quali armati. Scommetterei che in quella sala c’erano una quindicina di pistole.

    Dici sul serio? gli chiese Billie.

    Certo, e forse anche di più. Prima di tutto c’erano tre o quattro poliziotti. Ed Eddie Grillo era al nostro stesso tavolo.

    Eddie gira armato?

    Eddie circola con certa gente . . ., dichiarò Skip. Per non parlare del proprietario del locale dove lavora. Poi c’era quel tizio che si chiama Chuck. Non lo conosco, so però che lavora da Polly Cage . . .

    Ho capito di chi stai parlando. E ha una pistola?

    O è così, o ha un’erezione permanente, rispose Skip. "Credimi, un sacco di gente

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