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Chi ha spento la luce del cielo?
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Chi ha spento la luce del cielo?
E-book245 pagine3 ore

Chi ha spento la luce del cielo?

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Info su questo ebook

Perduta al largo della costa del Messico, l’isola della Misericordia è un vero paradiso oceanico, un luogo distante dalla civiltà ordinaria, un minuscolo altrove in mezzo a un mare sconfinato. Chi la abita deve accettare i suoi ritmi languidi e dilatati, e abbandonarsi alla semplicità di un modo di vivere sospeso, insieme fragile e solenne, legato alla natura e alla contemplazione. Lungi dall’essere un semplice sfondo, l’isola è il reale protagonista del nuovo romanzo di Claudio Minoia: un poderoso spazio mentale, in cui gli individui possono smarrirsi per ritrovare dei nuovi sé.
Attorno al piccolo albergo sulla spiaggia, gestito da Giuppi assieme alla figlia Marta, si intrecciano, in un ricco ventaglio di situazioni, le storie di persone diverse, un po’ visitatori e un po’ naufraghi, giunte fin lì per tante vie, e ognuna impegnata nella propria intima ricerca.
Sarà l’amore, mistero assoluto e formidabile, a dominare su tutto, a sedurre con i suoi multiformi richiami e a spingere uomini e donne mediante sferzanti tempeste interiori verso forti rivelazioni. E poi, il riaprirsi di un dolore mai sopito, quello per la scomparsa dell’adorata moglie Melodie, scuoterà il cuore di Giuppi e lo condurrà, attraverso un intricato enigma, di nuovo nella luce del suo personale cielo.
Con sottigliezza e minuziosità, Claudio Minoia crea una sorta di dimensione alternativa di personaggi affascinanti, in cui i sentimenti vengono catturati con sensibilità, sviscerati fin nel loro cuore e infine magnificati in un ricco e avvincente dispiegarsi di situazioni.
LinguaItaliano
Data di uscita1 nov 2018
ISBN9788832922400
Chi ha spento la luce del cielo?

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    Chi ha spento la luce del cielo? - Claudio Minoia

    27.

    1

    La notte era fatta di sogni: Pietro continuava a credere che prima o poi si sarebbero realizzati. Il giorno era il contenitore dell’incertezza, di emozioni, della caduta nel vuoto.

    Una tempesta di stelle è caduta sulla Terra. La frase gli piacque: corrispondeva al vero. In fondo non è difficile chiamare le cose con il loro nome.

    C’erano dei momenti in cui Pietro pensava che lui e Tania si erano amati, e forse si amavano ancora. Ci credeva, ma allo stesso tempo pensava anche esattamente il contrario. Glielo confermava la distanza, l’assenza pressoché totale di scambi affettivi e di effusioni. In qualche parte del corpo di lei c’era qualcosa che stava lentamente scomparendo.

    Sarebbe facile pensare che siamo usciti di scena.

    Scartò l’idea, probabilmente un esito fatale come quello gli faceva paura.

    È bestiale combattere l’indifferenza di chi ti sta accanto. Troppe parole. Vorrei capire tutto quello che c’è da capire. Sono i lunghi silenzi le lame della ghigliottina. Torno di continuo sulla stessa scena, non riesco a rassegnarmi.

    Se non avesse fatto ricorso a queste riflessioni sarebbe sprofondato nelle sabbie mobili della depressione. Per questo continuava ad aggrapparsi ai ricordi. Sollecitarli di continuo equivaleva ad attenuarne i colori e ad accelerarne la scomparsa.

    Aveva provato a parlarle decine di volte, ma Tania aveva sempre evitato ogni forma di dialogo. Lei considerava la vita insoddisfacente, rifiutava tutto e tutti. Aspettava che il suo io svelasse il segreto di questo stato d’animo. Alcuni desideri importanti non si erano mai realizzati, e ciò le aveva scavato dentro un baratro. Per questo soffriva: ed era un dolore che comunque le serviva, perché confermava che una parte di lei continuava a esistere.

    Tania si nascondeva a se stessa e agli altri per paura di essere scoperta. Non voleva appartenere ad alcun rapporto, aveva bisogno di una libertà assoluta, con il rischio prima o poi di perdersi, continuando a cercarsi con ostinazione.

    In fondo poteva essere questo il vero desiderio, una sorta di interpretazione del tempo infinito, che non la deludeva perché in fondo non conteneva rivelazioni. Era un modo per lasciare intatto il sogno, che finiva per assomigliare sempre più a un’allucinazione.

    La barca si stava avvicinando alla riva.

    Pietro osservò Tania: non riuscì a comprendere bene cosa provasse mentre si incamminava sulla passerella che dal traghetto li avrebbe sbarcati sulla terraferma. L’isola era davvero piccola.

    Vide un incredibile volo di gabbiani che si dirigeva verso il largo. Sembra un saluto di benvenuto. Speriamo! Ma se fosse stato un pittore, avrebbe dipinto la rassegnazione: Magari un monocromo, più nero della notte.

    Tania sembrava precipitata in un silenzio indifferente. In fondo non vorrei essere in questo luogo. Odiava il turismo programmato. Le piaceva incontrare nuove persone, ma la sua esigenza era che ciò accadesse in modo spontaneo.

    Una donna camminava innanzi a lei, cercando di gestire due bambini già abbastanza autonomi. Uno era biondo e dalla pelle chiara, e l’altro di carnagione olivastra e dai capelli color ebano. Forse figli di due diversi padri, azzardò Tania.

    Le parve di udire il rumore di una campana, e si voltò a guardare Pietro: Hai sentito anche tu?

    A cosa ti riferisci?

    Nulla, non è importante.

    Lui di rimando pensò che Tania, per l’ennesima volta, gettava il sasso nello stagno e poi nascondeva la mano. Certo che ho sentito, il rumore della campana. Mi ha fatto venire in mente quel paese in Messico dove siamo stati, replicò.

    Anch’io ci ho pensato. Abbiamo fatto una bevuta di tequila da paura. Ricordava bene.

    Quell’attimo sembrava una tregua, con coriandoli di tenerezza.

    Pietro considerò quanto fossero cambiate le cose. La carta brucia in fretta, e il diavolo ha sempre ragione, sospirò.

    Il tono della voce di Tania, da calmo e tranquillo, si fece addirittura sprezzante: Immagino che il riferimento mi riguardi. Detestava essere rimproverata.

    Probabilmente no, direi che mi riferisco a ciò che ero una volta.

    Allora, per cortesia, metti i puntini sulle i. È facile equivocare.

    Pietro si chiese ancora una volta il perché di quell’astio. Non vedi le farfalle, perché dovresti accorgerti degli elefanti? Hai iniziato una guerriglia contro di me, per te è diventata una specialità, ma se almeno una volta riuscissi a ripercorrere le situazioni che ci hanno segnato! Saresti certamente più buona. Erano pensieri lucidi, che però aumentavano il suo senso di confusione.

    L’hotel del Sol era in riva al mare, incastonato in un piccolo palmeto. Era una costruzione non così diversa dalle piccole case che erano state tirate su a un centinaio di metri dal mare: era giusto un po’ più spazioso, e aveva un aspetto molto fresco e curato. Date le dimensioni dell’isola, tutti gli edifici erano spesso esposti alle intemperie, ma raramente le onde arrivavano a lambirli. Alcune delle costruzioni avevano una tettoia sul davanti, e nei pressi due o tre palme che creavano qualche zona d’ombra: erano case povere ma dignitose.

    All’ingresso dell’hotel Tania e Pietro furono accolti da Giuppi, un uomo di mezz’età, che dell’hotel era proprietario e factotum. Chiamò un ragazzo per il bagaglio: probabilmente quel Paco, che da poche settimane doveva avere compiuto quattordici anni, si era appena svegliato.

    Giuppi offrì ai nuovi arrivati un aperitivo su un tavolino addossato a una parete sulla quale troneggiava un dipinto che raffigurava una donna dalle fattezze europee: aveva i capelli scuri e lisci e indossava un vestito bianco. Pietro rimase particolarmente colpito dalla luce nei suoi occhi.

    Vedo che ti piace molto quel dipinto. Quando lo guardi non perdi neppure per un attimo la voglia di sognare. Al solito il tono della voce di Tania risultò provocatorio, sembrava una forma morbosa di gelosia.

    A Pietro piacciono sempre le belle ragazze! scherzò Giuppi per allentare ogni tensione. Con un gesto invitò gli ospiti a seguirlo in un corridoio. In fondo a esso, spalancò la porta della camera: In questo albergo non abbiamo serrature e non ci sono segreti. Mi sembrate un po’ tristi, ma forse è la stanchezza del viaggio. Sono certo che riuscirete a ritrovarvi. Si congedò con un breve inchino e li lasciò con un sorriso quasi affettuoso.

    Che posto insolito! La voce di Tania aveva ora un tono accomodante e quasi dolce.

    Un senso di pace rimbalzava da una parete all’altra, bene attento a non uscire dalla finestra. All’esterno dominava il colore verde e una sottile brezza giocava con le fronde delle palme che, quasi emulando i movimenti delle mani di un direttore di orchestra, gareggiavano in una gara di inchini.

    In altri momenti mi avrebbe insultato per la scelta di questo hotel. Oggi, anche se solo a tratti, mi sembra una persona diversa. A Pietro piaceva giocare con i pensieri.

    Non ho fame.

    Qualcosa devi pure mangiare.

    Tania non gli rispose, semplicemente non ne aveva voglia. Aveva ingurgitato emozioni negative per settimane ed era sazia di sogni sbocconcellati nel piatto del finto piacere.

    Il mio senso di amore si perde nel momento in cui nasce, viene deluso da uno scontro frontale tra il mio immaginario e ciò che Pietro crede di capire di me. In realtà lui non mi comprende affatto, non sa riconoscere ciò che voglio, da lui e da noi. Vorrei volare e non precipitare al suolo ogni volta che ci provo.

    Le piacque il silenzio della stanza e pensò alle tenerezze e al desiderio che molte donne si erano scambiate con i loro uomini tra quelle mura.

    Pietro le chiese se voleva qualcos’altro da bere. Perché no? rispose. Magari un bicchiere di vino bianco secco ghiacciato. L’importante è che non sia il solito intruglio di frutta.

    Uscì dalla camera alla ricerca di Giuppi. Lo trovò al banco del ricevimento: seduto alla scrivania stava tuffando ripetutamente una penna bianca in un calamaio; ne aveva tre accanto al foglio, con inchiostri di colore nero, rosso e blu.

    Giuppi lo guardò dritto negli occhi: Spero che la camera sia di vostro gradimento.

    Aveva un’espressione rassicurante. Eppure, dalle rughe scolpite sulla fronte e attorno agli occhi, Pietro ritenne che in quell’uomo la vita avesse scavato solchi profondi. Una sorta di spartiacque tra male e bene, tra gioia e dolore.

    Mia figlia sarà qui a momenti, è andata a fare spese al mercatino... Oh, eccola! La voce di Giuppi cambiò tono, una musica parve inondare la stanza. La luminosità che gli invase il volto sembrò provenire da ogni cellula del suo corpo: Sei finalmente tornata! Hai fatto dei buoni acquisti?

    Della verdura e della bella frutta. Ninos mi ha detto che domani ci terrà da parte del pesce.

    Ma lei è...

    Voltandosi, Giuppi colse lo stupore sul volto dell’ospite: Mia figlia, sono lieta di fartela conoscere.

    Volevo dire... È la stessa persona del dipinto, forse solo con qualche anno in meno, davvero impressionante.

    Quella nel dipinto è sua madre, Melodie. Fu lei stessa a farlo. Era una pittrice formidabile. Lei è venuta a mancare, e mi è rimasta Marta. Questo quadro è un autoritratto di mia moglie, e in buona parte anche un ritratto di mia figlia. Lei ha gli stessi occhi... Non concluse la frase, e sembrò che fosse sul punto di essere travolto dall’emozione.

    Io sono Pietro. Nella fugace stretta di mano entrambi riconobbero qualcosa che non riuscirono a comprendere.

    Che strano incontro, quello con Giuppi e Marta .

    Pietro era rimasto colpito da entrambi. Gli sembrava di essere precipitato in un altro tempo: l’hotel del Sol, più che un albergo, gli pareva la casa dell’ospitalità. Se avesse visto, appeso da qualche parte, il cartello qui si curano le ferite dell’anima non ne sarebbe rimasto particolarmente stupito.

    C’erano solo altri due clienti, turisti che sarebbero partiti il giorno dopo. Persone anonime, si erano salutati senza alcun commento.

    Cenarono tutti insieme quella sera. Giuppi fu un padrone di casa eccellente, raccontandosi e facendo agli ospiti solo qualche domanda, di cui con ogni probabilità conosceva già la risposta.

    Tania era deliziata dall’insolita accoglienza e si convinse che quello strano albergatore sapesse comprendere bene le persone senza chiedere nulla.

    Giuppi amava narrare aneddoti della sua vita. Quando la conversazione cadde sulle barche con cui ci si poteva spostare tra le isole, non esitò a raccontare una sua esperienza: Circa sette anni fa avevo una barca a vela, l’avevo chiamata Esperantia. Ci avevo investito quasi tutti i pochi risparmi che eravamo riusciti a mettere da parte. Scorrazzavo con Marta su e giù per il golfo, lei aveva persino imparato a condurre l’imbarcazione e mi aiutava nelle manovre. Era uno spettacolo quando procedeva di gran lasco. Una volta portai due persone in barca con noi e a un miglio dal pontile rischiai di cadere in acqua per una manovra sbagliata. Ebbi paura e mi venne quasi un attacco di panico. Non avevo mai pensato che avrei potuto annegare. Ma dovevo pensare a Marta, e così dopo una settimana vendetti la barca a un pescatore.

    A quel punto Marta si intromise nella conversazione: La verità è che la vendette per stare più tempo con i suoi complicati pensieri. Solo che non gli andava di ammetterlo così chiaramente.

    Risero tutti insieme. La ragazza guardò il padre, nei suoi occhi c’erano stima e ammirazione. Osservandola con attenzione, Pietro si convinse che in quella donna, anche se giovane, erano racchiusi tesori immensi.

    Tania provò invece un fugace senso di invidia e qualche strano brivido, quasi che il tempo fosse sul punto di cambiare drasticamente. Non comprese però se si trattava di un’improvvisa variazione delle condizioni meteorologiche oppure se fosse qualcosa che interessava il rapporto con Pietro. Qualcosa in lei si stava svegliando, di questo ne era assolutamente certa.

    Giuppi colse ciò che le stava accadendo per cui iniziò a parlarle. Inizialmente diffidente, Tania rispose con monosillabi, ma poi cedette alle domande che l’uomo le faceva.

    Sono nata a Dublino e mio padre era un fisico che studiava i buchi neri nello spazio. Non chiedetemi di spiegarvi cosa sono, non ci ho mai capito granché.

    Quindi avrai vissuto in diverse città.

    È così. Boston, Filadelfia, New York e altre ancora. La nostra casa cambiava di continuo: a volte era molto ampia, ma altre era un monolocale, non sempre adatto per una famiglia. Comunque, anche quando mi affezionavo a un posto, dopo qualche mese eravamo di nuovo sul punto di traslocare. Se mi guardavo allo specchio mi vedevo non per quello che ero, ma come avrei voluto essere.

    Cioè? Giuppi seguiva le parole della ragazza con curiosità: attraverso ciò che le persone dicevano, cercava sempre di capire ciò che invece nascondevano tra le pieghe dei discorsi.

    Credo che avrei voluto essere un quadrifoglio, una sorta di simbolo della fortuna, che per me sembrava inesistente. Mi sarebbe piaciuto mangiare caldarroste davanti ai grandi magazzini in inverno, con mio padre seduto accanto...

    Un’immagine più che eloquente della semplicità, fu il commento di Giuppi.

    Mia madre ci lasciò che avevo dieci anni. La voce di Marta suonava ferma e sicura: disse poi che aveva imparato a gestire il dolore e la delusione soprattutto grazie all’aiuto del padre. Ci lasciò per un cacciatore che portava i turisti a sparare ai leoni per hobby. Non la vidi mai più. Mi sarebbe piaciuto incontrarla di nuovo, spiegarle chi ero diventata. Avrei trovato la risposta a tante domande che mi sono fatta in questi anni.

    Suonò una campana in lontananza, come era accaduto la mattina quando erano arrivati all’isola.

    Non fateci caso più di tanto, disse Giuppi in un sospiro, è la piccola campana di una casa nobile disabitata da decenni. A volte è il vento che la fa suonare, anche se...

    Anche se? Tania si mostrò interessata.

    Un’antica leggenda sostiene che a chi la sente sta per accadere qualcosa di importante.

    Davvero? L’abbiamo sentita quando siamo arrivati e anche adesso, intervenne Pietro.

    Non credo alle leggende, penso che ci sia una spiegazione più semplice. Tania era decisamente scettica.

    Quando si vive con la paura, si bada molto a ciò che accade intorno. La voce di Marta era tranquilla, ma il tono con cui aveva espresso la sua opinione contrastava con fermezza quanto la compagna di Pietro aveva appena sostenuto.

    Giuppi cercò di riempire il silenzio che aleggiò per qualche istante: Vedremo che succederà!

    Equilibrato ma possibilista. Tania considerò così il gestore dell’hotel del Sol e decise di restare in silenzio: A volte basta osservare per riuscire a capire.

    2

    Nessuno dormì quella notte all’hotel del Sol. Ognuno rigurgitava pensieri profondi, e tutti, come se la suggestione della campana fosse stata reale, avvertivano un cambiamento vicino, quasi a portata di mano.

    Frotte di domande agitarono Tania per tutta la notte. Spesso cercava di indovinare come sarebbe stata la sua vita se avesse avuto la madre accanto. Non ne ricordava neppure i lineamenti del viso, il tono della voce e la gestualità.

    Nella stanza in penombra Giuppi era seduto sulla poltrona preferita, in legno di bambù.

    Quando arrivano nuovi ospiti la vita torna a fluire tra queste pareti in modo copioso. Ma non è detto: ci sono persone che arrivano all’hotel del Sol già morte dentro. Tania combatte la morte, e non penso alla morte fisica, ma allo spirito ingessato, alle fratture dei pensieri e della positività; a subire la disperazione è invece Pietro. Questa è la mia impressione.

    Si chiese se non fosse eccessivamente cattivo per questi giudizi troppo perentori.

    Donne e uomini, quando stanno male, non sanno più che fare per vivere la realtà.

    Chiuse gli occhi e rivide il film della sua esistenza, all’inizio a colori e poi in bianco e nero. La pellicola finiva sempre per strapparsi nello stesso punto. Una, due manciate di terra buttate simbolicamente sul coperchio di una bara vuota. Ricordi che non si sarebbero mai spenti e forse neanche riaccesi.

    Il rifugio di Giuppi era il sorriso della figlia. Tutto il suo mondo si era concentrato in lei, come il senso del tempo che gli restava da vivere.

    Le riflessioni di Marta erano molto lucide: aveva imparato dal padre a non nascondersi mai nella giungla e nel deserto dei pensieri.

    Sono convinta che Pietro sia cosciente che se continuasse a esistere o scomparisse sarebbe la stessa cosa. Deve essere diverso da come appare. Non so se migliore. Ha dentro un dolore incredibile e la sua donna è sempre pronta a trafiggerlo. Magari lui desidera che il loro rapporto esploda, e se non accade, non potrà più credere nei sentimenti di amore. Così vive camminando nel fango, tra cattivi pensieri e nessuna prospettiva. Tania sembra avere smarrito la bussola dei sentimenti, deve ancora arrivare al limite del precipizio per scoprire se vuole amare o meno: potrebbe scaraventare via il suo uomo e dopo buttarsi anche lei nel burrone per recuperarlo. È una tigre in gabbia : sente il bisogno di scappare da un mondo troppo circoscritto, che non esiste, in cui lei e solo lei ha stabilito di essere prigioniera. Pietro è diventato per lei una falsa gabbia: quella vera è la stessa Tania. Si potrebbe anche sostenere che vive di illusioni anche se è convinta che sia padrona del suo io. Quei due non sono esseri stupidi. C’è in loro il tentativo continuo di catturare l’altro, e allo stesso tempo il timore di confrontarsi con nuove realtà. Direi che il gioco dei sentimenti è pericoloso se qualcuno ci crede davvero. Ma dove è finito l’amore, quello vero, il desiderio di condividere una famiglia? Che strada hanno scelto quella donna e l’uomo che le sta vicino?

    Marta pensò a sua madre Melodie, al fatto che non sarebbe esistita se lei e suo padre non si fossero amati come invece era accaduto: Non sarò mai le due parti di una mela, ma lo stesso frutto!

    Quando Pietro sentì il canto del gallo pensò di stare ancora sognando. Invece doveva trattarsi di un pennuto assai robusto, almeno per il chiasso che faceva. Stonava e non poco con il quieto paesaggio circostante.

    Insensibile al fascino primitivo di quell’animale, con il quale avrebbe piuttosto ingaggiato volentieri un combattimento armata di badile, Tania proferì parole senza senso,

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