La tua vita: Le cose che abbiamo non sono per sempre
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Anteprima del libro
La tua vita - Nicola Lippolis
casuale.
MARIA E SAM
Maria si è alzata presto come ogni giorno, davanti alla sua tazza fumante di latte e caffè è intenta ad organizzare la sua giornata lavorativa tra incontri con clienti, riunioni con i partner e qualche piccolo spazio da dedicare a se stessa. È molto contenta della sua carriera nello studio legale Hogan & Marrel, da otto mesi ed a soli trentadue anni, ne è diventata socia. Nessuno in quel prestigioso studio legale di Miami aveva avuto una carriera così veloce, ma Maria Barret si era dimostrata subito molto capace nel suo lavoro, con una dedizione maniacale ai casi più complessi in cui riusciva sovente a trovare il cavillo legale per farla fare franca anche a chi sapeva essere un vero criminale. Era il suo lavoro, lo amava e le dava una sensazione di grandissimo piacere vincere e guadagnare prestigio.
Aveva preparato la colazione anche per Sam: latte di riso con cereali integrali. Sam aspettava sempre cinque minuti in più sotto le lenzuola, attendendo di sentire espandersi per tutta la casa l’odore del caffè, che Maria faceva per sé, poi si alzava e l’abbracciava mentre era seduta al tavolo, le baciava il collo, le odorava i capelli e le diceva «Buongiorno mio amore.» Maria attendeva quei pochi secondi di coccole ogni mattina, le davano la carica giusta per affrontare la giornata e le ricordavano quanto fosse fortunata ad essere amata da un uomo eccezionale come Sam.
Si erano incontrati all’università. Lei frequentava il master per la specializzazione in diritto penale, lui era specializzando in chirurgia estetica. Entrambi molto sportivi, la mattina usavano percorrere qualche chilometro di corsa lungo la spiaggia. Una domenica Sam stava correndo come suo solito con il suo IPod e le cuffiette mentre scorse seduto su una panchina un bambino di circa quattro anni in compagnia del padre, mangiavano degli enormi gelati. Il bambino non smetteva di ridere a crepa pelle per le facce buffe che faceva il padre tanto che il gelato gli si stava sciogliendo in mano. Sam, che non aveva mai conosciuto i suoi veri genitori, rimase rapito da quel quadro, tanto da non badare più alla sua corsa e, senza volerlo, si scontrò con un'altra runner che correva nel senso opposto: Maria. Fortunatamente nessuno dei due si fece molto male e Sam si adoperò immediatamente per darle soccorso chiedendo ripetutamente scusa mentre lei continuava a rispondere «È tutto okay, tranquillo.» Si misero seduti su un muretto che costeggiava la spiaggia. «Scusami, non so a cosa stessi pensando, mi sono distratto un attimo e... mi chiamo Sam, Sam Collins…» In quel momento Sam guardò per la prima volta gli occhi di Maria e se ne innamorò. Gli sembrò bellissima: abbronzata, due occhi neri profondissimi e lunghi capelli corvini tenuti con una coda. Anche per Maria l’incontro\scontro con Sam fu interessante
e non si fece pregare quando lui la invitò a cena per farsi perdonare dell’accaduto. Da allora i due non si erano praticamente mai più separati. Non potevano più fare a meno l'una dell'altro.
Terminati gli studi, entrambi avevano intrapreso la loro attività professionale con successo. Maria iniziò prima come tirocinante nello studio Hogan & Marell dove poi fu assunta a tempo indeterminato, mentre Sam lavorava come chirurgo estetico in una famosa clinica di Miami.
Il matrimonio fu celebrato dopo due anni di convivenza.
Sam era per Maria il faro in mezzo al mare, qualsiasi problema lei avesse, quando era con lui tutto si ridimensionava. Le sue attenzioni, le sue premure, il suo corpo caldo accanto a lei quando erano accoccolati sotto le lenzuola, le davano sicurezza e si sentiva protetta dal mondo.
IL PROGETTO
14 febbraio, Sam prepara a casa una cena a lume di candela. Maria ama mangiare il pesce e lui è stato attento a tutti i dettagli: antipasti di crudo di mare, linguine con polpa di aragosta, orata al sale, vino toscano delle campagne del Chianti
. Maria ha la mamma di origine italiana e preferisce mangiare piatti italiani. Per brindare uno spumante di altissima qualità.
Quando Maria rincasò, prima di aprire la porta aveva già capito che il suo uomo era ai fornelli; sul pianerottolo l’odore del sugo all’aragosta le aveva solleticato le papille gustative che già erano in festa.
Buon San Valentino mia adorata. Sam le porse un bouquet di dodici rose rosse.
Maria aprì la bocca ma non riuscì a dire nulla, allora gli balzò addosso e gli baciò la faccia con tanti piccoli e velocissimi baci facendogli cadere gli occhiali.
Buon San Valentino anche a te mio adorato. Maria tirò fuori dalla sua borsetta un biglietto ripiegato su se stesso. Lo diede a Sam: Facciamo un figlio?
scritto con inchiostro blu e circondato da tanti cuoricini rossi. Sam guardò Maria, riguardò il biglietto.
La cena può aspettare. Sam baciò appassionatamente Maria e mentre le sbottonava la camicetta e le baciava il seno diceva ripetutamente e dolcemente Sì… sì… sì… sì.
Fecero l’amore con passione travolgente e, per la prima volta da quando si conoscevano, non usarono precauzioni. Fu stappato lo spumante e mangiarono il crudo. Poi rifecero l’amore ancora e ancora.
Le settimane successive furono piene di sesso. Quando si rivedevano la sera non si salutavano neanche. Appena chiusa la porta i vestiti volavano via e si dava inizio alla festa per il bambino
.
Maria ebbe il ciclo regolarmente qualche settimana dopo.
Inizialmente la cosa turbò un po’ la coppia, ma non si preoccuparono più di tanto. Sapevano che non sempre si riesce subito ad avere un figlio. Continuarono nel loro progetto per le settimane successive, con meno ardore, con più tranquillità, con più attenzioni. Sam era sempre stato molto premuroso con Maria e lo diventò ancora di più cercando di non farle pesare un eventuale nuovo fallimento
. Prima o poi sarebbe successo, avrebbero avuto il loro bambino.
SUELLEN COLLINS
Sam aveva sempre desiderato avere una famiglia numerosa, lui che era stato allevato da un solo genitore, peraltro adottivo: Suellen Collins.
Suellen era una ragazza cattolica molto attiva nella sua comunità a sostegno dei più poveri. Faceva l’insegnante, ma dei soldi che guadagnava dal suo lavoro teneva per sé l’indispensabile, il resto lo utilizzava per aiutare le famiglie più in difficoltà, specie quelle dove c’erano bambini. Un giorno sentì suonare il campanello della sua porta, aprì e trovò un carrozzino sgangherato con dentro un bambino appena nato. Su un biglietto legato alla tutina del bimbo c’era scritto: Con te starà bene. Abbine cura. Per me è troppo
.
«Per me è troppo? Cosa vuol dire? Perché l’hanno portato a me questo bambino? Oh mio Dio.» Dopo aver avvisato la polizia, Suellen avviò subito le pratiche per l’affidamento, lo fece d’istinto, convincendosi subito che fosse la cosa più giusta per il bambino. Chiunque glielo avesse portato voleva che lo crescesse lei. Dal canto suo Suellen desiderava essere madre. Il bambino le fu assegnato prima in custodia e, dopo due anni, definitivamente. Non si sposò mai. L’unico uomo della sua vita fu Sam a cui dedicò ogni minuto della sua esistenza. Gli fece da madre e da padre ed era orgogliosa di suo figlio che la ricambiava con altrettanto amore e soddisfazioni. Riuscì a farlo studiare e a fargli guadagnare un posto di rispetto nella società
come usava dire lei.
Purtroppo Suellen scomparse prematuramente a causa di un male incurabile poco dopo che Sam ebbe raggiunto l’obiettivo di laurearsi medico chirurgo.
VENEZIA
Sam e Maria organizzarono un viaggio di alcuni giorni a Venezia, avevano bisogno di staccare la spina, di svagarsi. Maria stava affrontando un nuovo caso molto complicato e, per la prima volta, era un po’ angosciata e preoccupata. Non aveva mai avuto timore di affrontare alla pari i criminali che doveva difendere, ma questa volta era diverso. Tim Millighan le incuteva una strana sensazione mista di paura e ansia. L’aveva visto una sola volta in cella ed il suo volto deturpato, mal celato dietro un foulard, l’aveva parecchio impressionata e i suoi occhi e il suo sguardo le si erano conficcati nell’animo; non riusciva a toglierselo dalla testa. Aveva organizzato tutto Sam in modo da distrarre Maria che gli aveva raccontato di queste sue sensazioni negative derivanti da Tim Millighan. Maria non era mai stata a Venezia, invece Sam la conosceva molto bene perché uno dei suoi migliori amici di università era veneziano e per un paio di anni lo aveva ospitato a casa sua per le vacanze estive. Tra le meraviglie della città lagunare, un giro in gondola e cene romantiche, Maria riuscì a non pensare al caso Millighan. In Piazza San Marco ai due sembrava di essere a Babilonia. C’era gente proveniente da tutto il mondo, si potevano ascoltare contemporaneamente tante lingue diverse. Maria si soffermò a guardare alcuni visi, erano perlopiù sorridenti. Dietro ognuno di essi si chiedeva quale fosse la storia da raccontare. Si chiedeva se fosse normale amarsi come lei e Sam, se ci fossero modi diversi di amare, se ognuno sentiva che la propria storia d’amore fosse la più speciale. E forse era proprio così, ognuno viveva la propria esperienza di coppia nel modo che sentiva più speciale. Maria si mise sottobraccio a Sam, lo strinse forte e gli accostò la testa sul petto. «Sono così felice, Sam ferma qui il tempo ti prego.» Lui la prese in braccio e le fece fare un giro che spaventò i numerosi piccioni vicino a loro che presero subito il volo. Maria e Sam erano in aeroporto in attesa del volo di ritorno quando sul telefono di Maria arrivò un sms. Era la segretaria dello studio legale che l’avvisava che l’indomani avrebbe dovuto essere alle 14.00 a casa di Tim Millighan per stendere la linea difensiva; il suo cliente aveva ottenuto la libertà su cauzione. Il volto di Maria si fece teso. «(Si torna a casa. Caro Tim sono pronta a cacciarti fuori dai guai).»
TIM MILLIGHAN
Tim Millighan era un esponente di spicco nella malavita locale. Era stato già in galera varie volte, ma sempre per reati minori, sospettato di molti omicidi, anche come mandante, per i quali la polizia non era mai riuscita ad incastrarlo. Questa volta era stato accusato di aver torturato ed ucciso Lucas Forrest, un suo collaboratore
che lo aveva tradito fornendo informazioni alla polizia. Era stato molto attento nell’organizzare il delitto, ma sfortunatamente il corpo del malcapitato era stato rinvenuto a seguito delle forti piogge che avevano eroso il campo in cui era stato seppellito e che ne aveva fatto emergere una mano.
Sul corpo della vittima erano stati rilevati dei morsi umani e la polizia aveva utilizzato questa pista per risalire a Tim Millighan, sospettando già che il carnefice fosse lui dato che Lucas Forrest era un loro infiltrato. Le tracce di saliva trovate nelle ferite provocate dai morsi appartenevano a Tim Millighan ed anche la conformazione delle arcate dentarie, rinvenibili soprattutto sulla testa, combaciavano perfettamente con le sue. L’impianto accusatorio era molto pesante e ci voleva un vero miracolo legale per evitargli l’ergastolo.
Tim Millighan era un uomo spietato, senza alcun rispetto per la vita. Gli piacevano il potere e il denaro. Aveva avviato diverse attività imprenditoriali per riciclare il denaro sporco derivante dalla vendita di droga e armi. Amava le donne, ma nessuna in particolare. Non voleva legami, sapeva che era pericoloso averne poiché si diventava facilmente ricattabili. Non aveva vicino a sé neanche sua madre, Hanna Millighan. La donna viveva da sola alla periferia di Miami, non era molto anziana ma portava male la sua età. Una vita difficile fatta di stenti e sacrifici l’avevano segnata. Tim andava a trovare sua madre sempre in momenti diversi e le portava la spesa, le dava qualche banconota e dopo pochi minuti andava via. Con lei aveva un rapporto di amore e odio.