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Effetti collaterali: Harmony Bianca
Effetti collaterali: Harmony Bianca
Effetti collaterali: Harmony Bianca
E-book147 pagine1 ora

Effetti collaterali: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Benvenuti al Sydney Harbour Hospital. Qui ognuno nasconde un segreto, ma i segreti non sono destinati a rimanere tali a lungo.

Il guru delle relazioni Ava Carmichael sa sempre come risolvere al meglio le crisi dei pazienti, ma non riesce a fare lo stesso con se stessa. Non trovando una cura in grado di salvare il suo matrimonio, e avendo ormai abbandonato la speranza, ha finito così con l'allontanare James dalla propria vita. Tuttavia, ora che suo marito è tornato per affrontare i loro problemi, Ava capisce che è giunto il momento di seguire il consiglio che spesso suggerisce ai suoi pazienti e applicarlo a se stessa.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2019
ISBN9788858992562
Effetti collaterali: Harmony Bianca
Autore

Carol Marinelli

Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.

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    Anteprima del libro

    Effetti collaterali - Carol Marinelli

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Sydney Harbour Hospital: Ava’s Re-Awakening

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2012 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Giacomo Boraschi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-256-2

    Prologo

    Gli avrebbe telefonato.

    Seduta nel proprio ufficio al Sydney Harbour Hospital, Ava Carmichael fissò il telefono, considerando l’idea di alzare il ricevitore e chiamare suo marito. Per quasi un’ora aveva dispensato consigli a una coppia... suggerendo di aprirsi, di comunicare, di parlare. Se fossero riusciti a stabilire un’autentica relazione, il loro rapporto sarebbe sicuramente migliorato.

    Come specialista di disfunzioni sessuali... o sessuologa, come la chiamavano tutti... Ava aveva dato quei consigli innumerevoli volte.

    Be’, era tempo che il medico prendesse la sua medicina, decise, quindi alzò il ricevitore e cominciò a comporre il numero. Ma all’ultimo momento cambiò idea, riattaccò e riprese ad attorcigliarsi sulle dita i lunghi capelli neri. Aveva un enorme problema: non sapeva che cosa dirgli.

    Che sentiva la sua mancanza?

    Che le dispiaceva?

    Non sapeva come cominciare.

    Suo marito James era a Brisbane da tre mesi. Aveva accettato un incarico temporaneo presso la locale facoltà di medicina, cosa che le sembrava assurda. Come oncologo, James era un professionista eccellente. Amava il suo lavoro e il contatto con i pazienti. Se si fosse trattato di ricerca, Ava avrebbe capito il motivo della sua assenza. Il budget del Sydney Harbour era piuttosto ristretto e James amava tenersi aggiornato sui progressi della medicina. Ma tre mesi d’insegnamento? No, Ava non capiva. James, il suo James, non era un insegnante.

    Sorrise al pensiero. Gli studenti si sarebbero dovuti sorbire i suoi sbalzi d’umore. James detestava spiegare le proprie decisioni.

    Era un uomo indipendente, un uomo meraviglioso, un uomo sincero e fedele che al ritorno dal lavoro a volte si sprofondava nel divano, e gemeva che all’ospedale avrebbe voluto essere solo con i pazienti, specialmente quando doveva dare una brutta notizia.

    «È un ospedale universitario» osservava Ava, stesa sul pavimento mentre faceva le flessioni. «Gli studenti devono imparare.»

    «Be’, ti piacerebbe avere due studenti che ti guardano mentre cerchi di spiegare a qualcuno perché i suoi organi sessuali non funzionano?»

    Era un modo un po’ riduttivo per descrivere il lavoro di Ava, ma lei doveva riconoscere che suo marito non aveva tutti i torti.

    Così avevano passato deliziose serate a parlare delle loro giornate, dei loro desideri, delle loro speranze. Ma ora quelle serate sembravano appartenere a un lontano passato.

    Sì, James amava stare con i pazienti. Allora perché aveva accettato quell’incarico a Brisbane? Ava credeva di conoscere il vero motivo, benché non ne avessero mai parlato. Entrambi avevano bisogno di stare soli per schiarirsi le idee. James e Ava erano sposati da sette anni ma facevano coppia da molto tempo prima. Si erano conosciuti all’università e a diciotto anni la timida Ava Marwood aveva scoperto l’amore. A quell’epoca James aveva ventun anni. Era bello, intelligente e voleva stare con lei. Anche Ava era figlia unica, ma a differenza di James, cresciuto con genitori che lo adoravano, in famiglia era considerata un incidente... o peggio ancora, un inconveniente. Così era stata affidata a una serie di bambinaie. I suoi genitori erano troppo occupati con le rispettive carriere e con le avventure extraconiugali che, dal loro punto di vista, rendevano più stimolante la relazione di coppia.

    La sua era stata un’infanzia solitaria, ma quando aveva conosciuto James, il suo mondo era cambiato. Ava aveva scoperto l’amore. Era stata una sorpresa, ma nessuno di loro due aveva mai dubitato di avere trovato l’anima gemella. Tutti li consideravano una coppia indistruttibile e per molto tempo lo erano stati. A trentasei anni James era ancora attraente come a ventuno. Sebbene non fosse particolarmente romantico, Ava aveva sempre pensato che il loro amore fosse eterno. Ma negli ultimi due anni il loro matrimonio aveva cominciato a sfaldarsi. Purtroppo Ava sembrava incapace di portare a termine una gravidanza e ogni aborto aveva approfondito il solco che li separava. Da quando James era partito per Brisbane, non si erano quasi mai parlati per telefono, limitandosi a scrivere qualche e-mail.

    Continuando ad attorcigliarsi i capelli sulle dita, Ava guardò il computer, poi rilesse l’ultima e-mail che lui le aveva inviato.

    Riguardava i particolari del suo volo di ritorno, un messaggio impersonale come una comunicazione di lavoro. Odiandosi per i propri sospetti, Ava controllò nuovamente il loro conto in banca. Quando vide i negozi che lui aveva visitato, non credette ai suoi occhi. James nelle boutiques di moda maschile! Il suo James, che aggiornava il proprio guardaroba soltanto a Natale e al compleanno quando lei gli regalava qualche indumento, nelle ultime settimane aveva fatto shopping in boutiques di lusso. E a giudicare dalle somme che aveva speso, doveva averle saccheggiate!

    E tutti quei soldi ritirati al bancomat?

    James, che non usava quasi mai contanti, aveva prelevato duecento dollari qui, duecento dollari là. E che cos’era quel prelievo automatico settimanale? Le bastò una breve ricerca per scoprirlo.

    Suo marito, che adorava sprofondarsi nel divano e la prendeva in giro quando lei faceva ginnastica, si era iscritto a una palestra.

    Era stata un’ingenua a credere che James non potesse tradirla? In ogni caso la situazione era grave, visto che lei stava perfino considerando l’idea di chiedere consiglio a sua madre!

    Chiamalo, si consigliò Ava. Chiamalo subito dall’ufficio. Perché ogni sera a casa allungava la mano verso il telefono, poi cambiava idea e passava la notte in lacrime. Seduta alla scrivania, forse sarebbe stata più padrona di se stessa.

    Più coraggiosa, più esplicita.

    «Ciao» lo salutò con il suo tono più vivace quando lui rispose al telefono.

    «Ava?» James parve stupito. Be’, in fin dei conti erano le sei di sera e lei non gli telefonava quasi mai. «Tutto bene?»

    «Certamente. Occorre un problema per fare due chiacchiere?»

    «Ehm... no» borbottò lui.

    Ava avvertì la sua cautela, ma continuò ugualmente a parlare. «Guarda, so che la situazione non...»

    «Scusa, posso richiamarti?»

    James sembrava imbarazzato, un’altra cosa molto strana. Ava aveva scelto con cura il momento della chiamata. Sapeva che a quell’ora lui non insegnava.

    «C’è qualcuno?» chiese.

    Le rispose un lungo silenzio.

    «Ti richiamo fra dieci minuti» promise lui alla fine.

    Lei cercò d’ignorare l’angoscia che da qualche giorno era diventata la sua compagna. Forse James era con un collega, si disse, ma questo non gli aveva mai impedito di parlare.

    «Scusami » disse James dieci minuti dopo, quando la richiamò.

    «Perché non potevi parlare?»

    «Perché...» Le parve di vederlo scrollare le ampie spalle. «Perché mi hai telefonato?»

    «Perché...»

    Anche lei scrollò le spalle.

    «Ava.» Lei avvertì la sua irritazione. «Scusami se prima non ho potuto parlare, ma era un brutto momento.»

    «Qual è il buon momento, allora?» domandò lei. «Nemmeno l’altro giorno potevi parlare.»

    Ava gli aveva telefonato alle sette del mattino e lui non aveva risposto, così lo aveva richiamato e lui aveva finalmente alzato il ricevitore, fingendo di avere dormito. Ma il suo respiro affannoso lo aveva tradito. Ava sapeva che lui aveva una relazione, anche se avrebbe preferito ignorarlo. Aveva sempre pensato che la fine del matrimonio dovesse riguardare soltanto loro due. Doveva essere una faccenda privata, senza interferenze esterne. Tuttavia non era ingenua. Non facevano l’amore da Dio sapeva quanto tempo... più di un anno come minimo. Era chiaro che James se la stava spassando. Sarebbe stata pazza a pensare diversamente.

    «Vuoi che ordini una torta per il compleanno di tua madre?» chiese invece.

    «Sì, grazie.»

    «E come regalo?»

    «Non lo so, vedi tu.»

    Anche quella risposta ebbe il potere d’irritarla. Veronica Carmichael aveva un carattere spigoloso e non era mai andata molto d’accordo con Ava. Vedova, aveva soltanto James e detestava la donna che, ai suoi occhi, glielo aveva rubato. Una donna che oltre a tutto non poteva dargli figli. Per i sessant’anni di Veronica, Ava aveva organizzato un piccolo party in famiglia e sabato intendeva comprarle un bel regalo, qualcosa di veramente carino. Veronica avrebbe aperto il pacco e ringraziato James, dicendo che aveva il figlio più premuroso del mondo. Ma se fosse stato per lui, si sarebbe limitato a mandarle un biglietto di auguri senza organizzare nessuna festa.

    Così parlò per altri trenta secondi del suo volo di ritorno il prossimo lunedì, poi riagganciò e fissò il panorama che amava. Il Sydney Harbour Hospital dominava il porto di Sydney e il centro di terapia per le disfunzioni sessuali si trovava a uno dei piani più alti, insieme con il Consultorio Familiare. Nessuno sarebbe salito a quel piano per altri motivi, scherzava James quando andava a trovarla all’ora di pranzo... un’altra cosa che non faceva da tempo. Ogni mattina, quando andava al lavoro, Ava indugiava ad ammirare la splendida vista con il ponte e il Teatro dell’Opera, aspettando che le calmasse i nervi.

    Funzionava sempre.

    Fu la stessa vista che ammirò il mattino seguente quando Ginny, la segretaria, entrò in ufficio con un gran mazzo di fiori da parte di James.

    «Ahhh» sorrise, porgendole i fiori. «Che marito romantico!»

    Per Ava fu la conferma che lui aveva una relazione. Capì di non essere semplicemente paranoica. In sette anni di matrimonio James non le aveva mai regalato fiori, nemmeno quando erano fidanzati. Li considerava inutili. Perché dovrei mandare fiori?, domandava scrollando le spalle. Non ho fatto niente di male.

    Ava lesse il biglietto di accompagnamento. Mi manchi. A lunedì. James.

    Lei ricordò un episodio di due... forse tre anni prima. Sì, tre anni. Era il loro anniversario di nozze e avevano deciso che erano pronti per avere un figlio. La

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