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Una famiglia sotto l'albero: Harmony Bianca
Una famiglia sotto l'albero: Harmony Bianca
Una famiglia sotto l'albero: Harmony Bianca
E-book159 pagine2 ore

Una famiglia sotto l'albero: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Quando la passione per la medicina incontra le ragioni del cuore, la famiglia diventa il posto in cui sentirsi a casa

Dopo aver perso suo figlio il giorno di Natale e aver sacrificato la propria carriera, Emma cerca sempre di tenersi occupata con il lavoro nel periodo delle festività. Quest'anno le è stato chiesto di sostituire il capo reparto di un ospedale di Londra che ha dovuto prendere un congedo improvviso.

Emma è sconvolta nello scoprire che si tratta di Max Cunningham, l'uomo che con un unico bacio era riuscito letteralmente a stregarla. Adesso questo ex play-boy è il padre single di tre bambini ma è ancora dannatamente attraente. E quando lui gli apre le porte di casa sua, Emma si ritrova a desiderare che questa famiglia temporanea diventi la sua per sempre.
LinguaItaliano
Data di uscita21 dic 2020
ISBN9788830522770
Una famiglia sotto l'albero: Harmony Bianca
Autore

Alison Roberts

Tra le autrici amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una famiglia sotto l'albero - Alison Roberts

    successivo.

    1

    «Oh, no. Non può essere vero.»

    «Mi spiace, dottor Cunningham, ma è così. Sono sicura che comprenderà che un attacco acuto di appendicite non è una cosa che si può prevedere. Abbiamo fatto del nostro meglio per trovare una sostituzione, ma credo che non se ne possa parlare prima di inizio anno. Tutti vogliono stare con la propria famiglia durante le feste e ormai è troppo tardi. Siamo al venti di dicembre. Manca poco a Natale, sa?»

    Certo che lo sapeva. Tutto il Pronto Soccorso del Cheltenham Royal Hospital era addobbato con decorazioni natalizie, e, come se non bastasse, in un angolo della sala d'attesa brillava un piccolo albero di Natale. Fra il personale c'era chi indossava orecchini con una luce pulsante o un cappellino con corna di renna oppure un pompon rosso acceso. Aveva anche sentito qualcuno canticchiare canzoncine natalizie per i corridoi. E proprio quella mattina un uomo vestito da Babbo Natale era stato ricoverato per un sospetto infarto. Probabilmente si era affaticato troppo nel farsi fotografare con in braccio i bambini all'interno di un centro commerciale.

    Capiva benissimo che tutti volessero stare con la famiglia o si sentissero obbligati a farlo. Era proprio per questa ragione che Max Cunningham lavorava sempre durante le feste. E lo aveva fatto per così tanti anni che ormai non gli faceva più alcun effetto tutta la pubblicità che cercava di convincere le persone ad acquistare cose che avrebbero reso quei giorni indimenticabili. Per quel che lo riguardava, Babbo Natale era solo un un'attrazione commerciale come lo era per l'intera famiglia Cunningham.

    Lo sapevano tutti che loro la pensavano così. Poteva solo immaginare quante chiacchiere fossero girate per Upper Barnsley quando si era divulgata la notizia della terza tragedia che aveva colpito la famiglia Cunningham. Erano tutti discorsi su una storia che continuava a ripetersi. La maledizione natalizia dei Cunningham.

    Quando era morta sua madre, lui era troppo giovane per fare qualcos'altro che non fosse resistere.

    Era stato uno strazio quando la stessa sorte era toccata a suo fratello, ma in un modo o nell'altro era riuscito ad andare avanti. E la sua vita era continuata nel solito modo. Ma quest'anno era diverso. Tutto il suo mondo era stato messo sottosopra, e a giudicare dalla telefonata che aveva appena ricevuto, quello era solo l'inizio. Non era sicuro di sapere se questa volta sarebbe riuscito ad affrontare la situazione, e provava un senso di disagio nel pensare che niente sarebbe stato come prima.

    «Ehi, non può essere così grave.» Miriam, la caposala del reparto di Pronto Soccorso, entrò nello studio di Max. «Ecco qui una bella tazza di cioccolata. Ho pensato di portartela prima che quei mangioni dei nostri colleghi facessero fuori tutto.»

    Max scosse la testa. «No, grazie, non sono dell'umore giusto. Anzi, a essere sincero, ho un bel problema.»

    Miriam si sedette davanti alla scrivania e lo guardò con un sorriso comprensivo. «Ho sentito dire che ti era successo qualcosa. C'entrano tuo fratello e la sua famiglia, vero?»

    «Mio fratello Andy è morto giusto un anno fa in un incidente stradale.» Max aveva giurato a se stesso di non rivelare mai a nessuno i particolari della sua vita privata, ma, con la sua aria materna, Miriam era il tipo di donna che ispirava fiducia a tutti. Inoltre era anche un'ottima ascoltatrice, e con tutta l'esperienza che aveva alle spalle sapeva sempre dare qualche consiglio utile a chiunque glielo chiedesse. E lui aveva bisogno di un buon consiglio in quel momento.

    «Questa volta si tratta di sua moglie» continuò Max. «O meglio della sua ex moglie. Non ho più visto i miei nipoti dal giorno del suo funerale, e non sapevo che ce ne fosse un terzo in arrivo.»

    «Davvero? E come mai?»

    Max sospirò. «Il matrimonio di mio fratello è naufragato miseramente, e lui era alle prese con un grosso problema che riguardava la custodia dei figli. Non sapeva che sua moglie fosse incinta quando se n'era andata, e lei aveva rotto con la nostra famiglia dopo la sua morte. Si era trasferita da qualche parte a Nord di Glasgow.»

    «E adesso è lei che è morta?»

    «Sì. Stava accompagnando il figlio maggiore a scuola. C'era ghiaccio e un'auto è scivolata sull'asfalto finendo sul marciapiede. Lei è riuscita a proteggere il bambino, ma è rimasta uccisa sul colpo. Una mia vecchia zia si è occupata dei funerali, ma non è in grado di tenere i bambini. E in questo momento loro sono in un istituto in attesa di trovare una famiglia a cui affidarli.»

    «E tu sei diventato il loro tutore?»

    «Così sembra. Andy è morto prima che le pratiche per il divorzio fossero giunte al termine. Ma va bene così, perché sarebbe stato terribile che i figli di Andy fossero dati in affido a qualche sconosciuto, visto che hanno uno zio e un nonno che possono prendersi cura di loro.»

    Già... poterlo fare era un conto, essere davvero in grado gli sembrava decisamente più difficile.

    «Tuo padre è il medico di base di Upper Barnsley, vero?»

    «Sì, e vive in una casa decisamente troppo grande per una persona sola, ma è quella che la mia famiglia possiede da generazioni, e lui dice sempre che la lascerà solo da morto.» Max si lasciò sfuggire un sorriso. «In realtà è un bene che abiti lì, perché ci sono un mucchio di stanze per i bambini. La sua colf si è prestata volentieri a fare qualche ora in più per preparare le loro stanze, e avevo trovato anche una tata per accoglierli al loro arrivo.»

    «Mi sembra che sia tutto controllo, allora» osservò Miriam.

    «Lo pensavo anch'io» gemette Max, «ma ho appena ricevuto una telefonata dall'agenzia. La tata è stata ricoverata due ore fa in ospedale con un attacco di appendicite. Probabilmente in questo momento è già in sala operatoria... e quelli dell'agenzia mi hanno detto che non hanno nessuno che la sostituisca prima della fine dell'anno.»

    «Oh, no!» Il tono di Miriam era lo stesso che aveva usato lui quando aveva saputo la notizia. «Vorrei poterti dare una mano, ma quest'anno tocca a me ospitare il pranzo di famiglia. Devo mettere a tavola quattordici persone e ho solo un giorno libero per fare la spesa e preparare tutto. Una specie di incubo.» Ma il suo sorriso gli fece capire che forse era in grado di trovare una soluzione. «Però ho un'idea.»

    In quel momento Max era aperto a qualsiasi suggerimento, visto che non sapeva dove sbattere la testa, e continuava a chiedersi cosa potesse succedere ancora, dopo l'incidente che due settimane prima aveva ucciso la sua ex cognata.

    «Spara.»

    «C'è un'agenzia su cui ci siamo appoggiati altre volte. È specializzata nel fornire medici con contratto a breve termine e, anche se siamo sotto le feste e c'è così poco preavviso, varrebbe la pena fare un tentativo. Vuoi che provi a chiamarli?»

    «Ma io ho bisogno di una tata, non di un sostituto medico.»

    Miriam gli sorrise con gentilezza. «Non pensi che sia meglio che a occuparsi di quei poveri piccoli sia uno di famiglia, invece di un'estranea? Perché non trovare un medico che prenda il tuo posto per il tempo che sarà necessario? Così potresti esserci tu ad accoglierli, quando arriveranno. Chissà come sono spaventati, dopo tutto quello che hanno passato.»

    Max fece un lungo sospiro. A essere onesti, anche lui era un po' spaventato. Non che non amasse i suoi nipoti. Il ruolo di zio gli piaceva, ed era stato in sala parto anche lui quando erano nati i primi due figli di suo fratello, ma non aveva mai pensato di avere dei bambini suoi.

    Mai.

    La perdita di sua madre, che era stata il punto di riferimento di tutta la famiglia, lo aveva segnato in modo indelebile. Aveva capito fin da subito che suo padre, affranto com'era, non ce l'avrebbe mai fatta a prendersi cura di lui e suo fratello, così, senza aspettarsi un aiuto da nessuno, si era preso in carico i bisogni di Andy.

    Crescendo, Max aveva trovato un piacevole equilibrio fra la sua passione per il lavoro e la voglia di divertirsi il più possibile durante il tempo libero – cosa che comprendeva sempre la presenza di una bella ragazza al suo fianco. Sapeva come far sentire speciale una donna, ma naturalmente solo per un periodo di tempo limitato. E non voleva che la sua felicità fosse legata alle gioie di una famiglia, perché, come aveva imparato da bambino, tutto poteva andare distrutto in qualunque momento. E la morte di suo fratello un anno prima non aveva fatto che rinforzare quella certezza.

    Però, adesso, i suoi nipoti stavano per arrivare a casa di suo padre e chissà come erano traumatizzati. Le bambine erano troppo piccole per ricordare la perdita del padre, ma Ben aveva sei anni quando Andy era morto, e forse stava già cercando di assumere il ruolo di difensore delle sorelline, compito che Max sapeva bene quanto potesse essere difficile.

    Miriam aveva ragione. Non era accettabile lasciare che fosse un'estranea a occuparsi di tre bambini che avevano appena perso la madre.

    «Ed è Natale» aggiunse Miriam alzandosi in piedi come per chiudere il discorso. «Hanno bisogno di te.»

    «Pronto, Emma?»

    «Ciao, Julie.» Emma Moretti si fermò fra gli alberi spogli di Hyde Park per rispondere al cellulare. «Spero che tu abbia qualche buona notizia per me.»

    Julie era la direttrice della London Locums, un'agenzia di reclutamento di personale medico per cui Emma lavorava da qualche anno.

    «Non ci crederai mai. Ricordi che ti avevo detto che non avevo avuto nessuna richiesta per il periodo di Natale? Be', ho appena ricevuto una telefonata da Cheltenham. Cercano disperatamente qualcuno per sostituire il primario del Pronto Soccorso. Sembra che abbia dei problemi in famiglia che lo terranno impegnato fino ai primi di gennaio.»

    «Wow! Il Pronto Soccorso? È il mio reparto preferito.» Emma fece un sospiro di sollievo. Stava cercando in ogni modo di non dover rimanere a Londra per i giorni di Natale. Aveva ancora troppi ricordi che la facevano stare male, e quell'anno sembrava che fossero ancora più difficili da sopportare. Forse perché non aveva superato del tutto i traumi che aveva vissuto cinque anni prima – come invece si era illusa di avere fatto. Oppure perché nel giorno del suo trentaseiesimo compleanno si era ricordata che la possibilità di avere quella famiglia che aveva sempre desiderato stava svanendo definitivamente. Senza contare che non era per niente convinta di apprezzare lo stato di single in cui si era ridotta.

    «Sicura di voler accettare, Em? Non credo che loro si aspettino di trovare qualcuno con un così breve preavviso. E poi sai che inferno diventa il Pronto Soccorso in questo periodo. La gente beve senza misura, e alla fine si verificano incidenti assurdi che con un po' di attenzione si potrebbero evitare. Se proprio vuoi andartene da Londra sotto le feste, perché non prendi in considerazione una bella vacanza in qualche posto caldo tipo l'Australia o le Maldive? Qui le previsioni danno neve nei prossimi giorni.»

    L'idea di andare in vacanza da sola le sembrava una soluzione orribile. «Mi conosci, no? Lo sai che sono un po' strana.»

    «E l'Italia, allora?» le chiese Julie che, oltre a essere la sua datrice di lavoro, era anche un'amica. «Quando è stata l'ultima volta che hai passato il Natale con i tuoi?»

    Molto tempo prima, pensò lei, ma non abbastanza per sentirsi pronta a ritrovarsi con tutta la sua famiglia italiana.

    «Scherzi?» Emma cercò di usare un tono allegro. «Mio cugino ha appena avuto due gemelli e mia madre si metterà a piangere in un angolo quando verrà a sapere che sono ancora single e che forse non le darò mai un nipotino. Di sicuro cercheranno di trovarmi un fidanzato e farmi sposare al volo. No, no. Preferisco il caos del Pronto Soccorso. E poi i miei sanno che a Natale lavoro

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