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Violet
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E-book428 pagine6 ore

Violet

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Info su questo ebook

The Fowler Sisters Series

Dall'autrice della serie One Week Girlfriend

«Questo è il libro più sexy che abbia mai scritto.»
Monica Murphy

Ho sempre vissuto facendo quello che ci si aspettava da me. Sono la brava ragazza che si è dedicata agli affari di famiglia. Ma c’è un uomo che il destino ha deciso di farmi incontrare. Ha una grande sete di successo ed è privo di scrupoli. Tutto quello che lo circonda è un mistero. Non so niente di Ryder McKay, so solo che mi fa vivere emozioni mai provate prima. Un momento rubato, un bacio, una carezza... e sono in trappola. 

«Violet è un bel romanzo erotico, come non se ne leggevano da un po’, e poi… lo stile della Murphy ci mancava.»
Crazyforromance
Monica Murphy
è autrice di diversi romanzi bestseller di «New York Times» e «USA Today». Oltre alla One Week Girlfriend, la Newton Compton ha pubblicato la Private Club Series e la Reverie Series.
LinguaItaliano
Data di uscita26 set 2017
ISBN9788822713056
Violet
Autore

Monica Murphy

Monica Murphy is a New York Times and USA Today bestselling author. Both traditionally and independently published, she writes mostly new adult and contemporary romance. She’s also written as USA Today bestselling author Karen Erickson. A native Californian, she lives in the middle of nowhere with her husband, children, one dog, and four cats. When she’s not writing, she’s thinking about writing. Or reading. Or binge-watching something. Or traveling. monicamurphyauthor.com

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    Anteprima del libro

    Violet - Monica Murphy

    1783

    Titolo originale: Owning Violet

    Copyright © 2014 Monica Murphy

    Traduzione dall’inglese di Mariacristina Cesa

    Prima edizione ebook: ottobre 2017

    © 2017 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-227-1305-6

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Monica Murphy

    Violet

    Indice

    Capitolo uno. Violet

    Capitolo due. Ryder

    Capitolo tre. Violet

    Capitolo quattro. Ryder

    Capitolo cinque. Violet

    Capitolo sei. Ryder

    Capitolo sette. Violet

    Capitolo otto. Ryder

    Capitolo nove. Violet

    Capitolo dieci. Ryder

    Capitolo undici. Violet

    Capitolo dodici. Ryder

    Capitolo tredici. Violet

    Capitolo quattordici. Ryder

    Capitolo quindici. Violet

    Capitolo sedici. Ryder

    Capitolo diciassette. Violet

    Capitolo diciotto. Ryder

    Capitolo diciannove. Violet

    Capitolo venti. Ryder

    Capitolo ventuno. Violet

    Capitolo ventidue. Ryder

    Capitolo ventitré. Violet

    Capitolo ventiquattro. Ryder

    Capitolo venticinque. Violet

    Capitolo ventisei. Ryder

    Capitolo ventisette. Violet

    Capitolo ventotto. Ryder

    Capitolo ventinove. Violet

    Capitolo trenta. Ryder

    Capitolo trentuno. Violet

    Capitolo trentadue. Ryder

    Capitolo trentatré. Violet

    Epilogo. Violet

    Ringraziamenti

    Alla mia partner critica, amica, mogliettina segreta,

    Katy Evans, per avermi incoraggiata

    durante tutta la stesura di questo libro

    e per aver desiderato un fidanzato come Ryder.

    Non ce l’avrei mai fatta senza di te, Katy! Ti voglio bene!

    Ma poi lei ti guarda e in te c’è sole, c’è amore, c’è vita.

    Federico Fellini

    Capitolo uno

    Violet

    Stasera la mia vita cambierà.

    Quindi, per essere degnamente preparata, ho trascorso tutta la giornata alla spa a coccolarmi con massaggi, pulizia del viso, ceretta e trattamento mani e piedi. Ho la pelle liscia, il viso pulito, le unghie dipinte di un rosa perfetto e discreto. I muscoli sono rilassati e sciolti, ma il cervello…

    Il cervello è iperattivo. Lo stomaco un fascio di nervi. Il mio aspetto esteriore è l’esatto opposto di ciò che provo interiormente, perché la posta in gioco è molto alta. Tutto ciò per cui ho lottato negli ultimi anni si realizzerà proprio stasera.

    Finalmente.

    Qualche giorno fa, da Barneys, ho trovato il vestito adatto per questa occasione speciale, che sicuramente Zachary approverà: un tubino blu navy che cade appena sopra il ginocchio e asseconda le mie curve, ma in modo velatamente provocante, perché a lui non piace niente di troppo esplicito o sfacciato.

    Cioè, odia tutto ciò che indossa, fa o dice mia sorella maggiore, ma non tollera più di tanto neanche il comportamento della minore, che è sempre troppo diretta.

    Ma va bene così. Stasera chiederà a me di sposarlo, non a Lily o a Rose.

    A me.

    In me non c’è niente di esplicito, anzi, mi si potrebbe definire il paradigma del sottotono. Sarei la moglie perfetta per un politico, sempre a un passo dal mio uomo, a offrirgli sostegno incondizionato, con l’immancabile sorriso di cui sono diventata esperta negli anni. Anche se in passato c’è stato qualche intoppo: una volta ho dovuto tirar fuori le unghie per davvero e lottare per la mia vita, ma sono sopravvissuta.

    Mio padre e mia nonna preferiscono far finta che non sia mai accaduto e Zachary neanche lo sa. È un trascorso della mia vita – precedente al nostro incontro – che la mia famiglia ha preferito nascondere sotto il tappeto.

    È bruttissimo, Violet, mi disse mio padre una volta. Perché non te ne dimentichi e basta?

    Perciò ci sto provando, per la mia famiglia.

    Zachary arriva nel mio appartamento in perfetto orario, il cielo non voglia che sia in ritardo. La puntualità è tra le qualità che più ammiro in lui. È puntuale, premuroso, efficiente, bello e brillante, estremamente brillante. Alcuni lo definiscono subdolo, altri spietato, e gira voce che abbia altre donne. Io non sono stupida, ho i miei sospetti, e alcuni potrebbero anche essere stati confermati un paio di volte, ma non appena ci fidanzeremo ufficialmente, non appena ci sposeremo…

    Le cose cambieranno. Devono cambiare.

    Zachary e io abbiamo un rapporto perfetto. Quel genere di rapporto che sogno da quando ero bambina e di cui Lily si prende sempre gioco. Ma che ne sa lei dell’amore?

    Se parliamo di sesso, rapporti morbosi e guai, è sicuramente un’esperta. Ma dell’amore? Penso che in vita sua non abbia mai avuto una relazione vera.

    Io sì, invece. Sono stata con diversi ragazzi, sia alle medie che alle superiori, ma il primo vero fidanzato l’ho avuto al college. Quello che all’inizio pensavo di sposare e con il quale, verso la metà del primo anno, persi la verginità. Fino a quel momento avevo resistito, tra la mia cerchia di amiche ero rimasta una delle ultime a essere ancora vergine.

    Mi piantò all’inizio del secondo anno. Appena dopo che era successo… tutto. L’incidente, come lo chiamo io. La cosa di cui nessuno vuole parlare e di cui, quindi, non parlo nemmeno io.

    Dopo esserci lasciati, sono rimasta single. Ho cercato di riprendermi da tutto ciò che era successo, concentrandomi sugli studi e poi sulla mia carriera alla Fleur Cosmetics, l’azienda di famiglia.

    Ho avuto un breve esaurimento nervoso, ma lo sanno in pochi perché lo abbiamo tenuto nascosto: mio padre non voleva altre umiliazioni pubbliche. Abbiamo perso mamma tanto tempo fa, e lui diceva sempre che io ero quella che le somigliava di più. Delicata ma determinata. Intelligente ma non sempre pratica.

    Per un breve e non bellissimo periodo sono stata all’altezza delle sue aspettative, ma ho avuto bisogno di una psicoterapia. Di cure. E, più di tutto, di stordirmi. Bramavo lo stordimento. Provare emozioni faceva solo male ed ero stufa di soffrire.

    Ma, di fatto, sapevo di dover imparare a farcela da sola.

    Dopo quel breve periodo di pausa, mio padre mi permise di tornare al lavoro. E due anni dopo, quando Zachary Lawrence iniziò a lavorare nell’azienda e lo conobbi, provai subito interesse per lui. Sono certa che fu reciproco. All’inizio non mi importava che mi rivolgesse la parola solo perché ero la figlia dell’amministratore delegato. Lo corteggiavo. Volevo la sua attenzione.

    E alla fine ci riuscii. Lo conquistai.

    Sapevo bene che uscire con un collega non era la mossa più intelligente da fare, ma non ne potei fare a meno. Dove altro avrei potuto incontrare un uomo con tali qualità? Qualcuno di cui potermi fidare? Faccio fatica a fidarmi delle persone, ma non è una novità visto quello che ho passato.

    Nonostante la maggior parte delle regole le detti mio padre, l’azienda è davvero un affare di famiglia. Anche Rose ci lavora, e perfino mia nonna, che pure ha ottantacinque anni ed è in pensione, continua a fare da consulente.

    Mia nonna ama la Fleur Cosmetics and Fragrance. Mia nonna è la Fleur Cosmetics and Fragrance. È lei ad aver fondato il marchio. Per moltissimo tempo è stato il suo volto ad apparire sulle riviste e sui cartelloni pubblicitari. Dahlia Fowler è una leggenda dell’industria cosmetica.

    E nonostante le mie debolezze e la totale mancanza di fiducia che mio padre nutre nei miei confronti, ciò che più desidero è seguire le sue orme. Con Zachary al mio fianco, naturalmente, visto che lavora nel marketing e ha grandi aspirazioni. Insieme possiamo far crescere la Fleur. Lo so io, e lo sa anche lui.

    Insieme abbiamo una forza da non sottovalutare. E una volta sposati…

    «Ti vedo pensierosa».

    La voce profonda di Zachary mi travolge. Sbatto le ciglia quando mi rendo conto che mi sta guardando con la fronte aggrottata e gli angoli della bocca rivolti all’ingiù. Sembra preoccupato.

    «Sto bene». Sorrido piena di speranza nel vedere i segni della preoccupazione svanire dai suoi bellissimi lineamenti. Ha gli occhi azzurri che brillano mentre allunga un braccio sul tavolo per prendermi la mano e stringermi delicatamente le dita.

    «C’è una cosa di cui vorrei parlarti», dice con quel tono di voce tutto suo, basso e rassicurante.

    Con un sorriso sempre più ampio, annuisco e ricambio la stretta. «Ora?»

    «Sì». Fa un profondo respiro e ritira la mano. Strano. «Lo so da un po’ e… ho dovuto raccogliere tutto il mio coraggio per dirtelo».

    Oh, che dolce. È agitato perché deve farmi la proposta. Zachary, che è sempre così sicuro in tutto… mi sorprende. «Dillo e basta, Zachary. Sono sicura che alla fine tutto andrà per il meglio».

    «Sono d’accordo, lo ha detto anche tuo padre».

    Ho un tuffo al cuore. Se ha parlato con mio padre è una cosa seria. Proprio ciò che aspetto da tantissimo tempo. Non riesco a crederci, mi tremano letteralmente le mani all’idea che stia per mettermi l’anello al dito. Mi chiedo quanto sia grande. Non mi piacciono i gioielli pacchiani, e nemmeno a Zachary. Il nostro stile è più delicato e raffinato. Magari ha parlato anche con mia nonna e lei gli ha dato il suo anello di fidanzamento, sebbene, di diritto, dovrebbe andare a Lily, la primogenita…

    «… e quindi mi ha chiesto di mettermi in gioco con un nuovo incarico a Londra e vedere come va. E io ho accettato».

    Aspetta, cosa? «I-incarico? A Londra? Ma di che stai parlando?». Mi schiarisco la voce, che con mia grande soddisfazione riesco a mantenere inalterata. Non voglio fare una scenata in uno dei ristoranti più eleganti di Manhattan. Mi sembra quasi di sentire la voce di mio padre.

    Violet, non si fa.

    «Tuo padre mi manderà nella sede di Londra, ma solo per un breve periodo. Visto che negli ultimi due anni siamo cresciuti molto in Gran Bretagna ed Europa, hanno bisogno di un nuovo responsabile. Sarò il nuovo direttore brand e marketing su Londra e Parigi. È un’opportunità incredibile, Violet, non potevo rifiutarla. Questa promozione potrebbe cambiare tutto». La determinazione che gli leggo negli occhi mi comunica che Zachary ha fatto la sua scelta e che non ho alcuna possibilità di fargli cambiare idea.

    «Ma… aspetta un attimo». Scuoto il capo con una risatina nervosa. Non può dire sul serio. È di questo che voleva parlarmi? Di una sua possibile promozione? A Londra? «E che mi dici di…».

    «Noi?», conclude la frase per me, con quel sorriso mesto e affascinante di chi sa di essere nel torto ma riuscirà a cavarsela. Come sempre. «Non starò via molto, solo qualche mese. Ehi, potresti venire a trovarmi un fine settimana. Vieni a Londra o, ancora meglio, a Parigi. Potremmo visitare la città insieme».

    Nessuna proposta di partire con lui e andare a vivere insieme – non che lo avrei fatto, dato che si tratta di una parentesi temporanea. Ma la possibilità che diventi una sistemazione definitiva e che si stabilisca lì comunque c’è. Non possiamo saperlo.

    Sarei partita per stare con Zachary? Solo se mi avesse promesso il matrimonio e giurato totale fedeltà. Qui mi sento al sicuro. Tutto quello che ho, la mia famiglia, i miei amici, la mia carriera, sono qui: a New York. Non a Londra o Parigi. E poi, l’anello? La proposta?

    Mi rendo conto che è brutto a dirsi, ma mi aspettavo altro: un magnifico solitario accompagnato dalla proposta di matrimonio, insieme alla promessa di amore e fedeltà eterni. È tutto quello che una ragazza può sopportare, e so che è stupido ma… io lo amo.

    Davvero.

    La delusione minaccia di prendere il sopravvento, ma riesco a tenerla a bada. Devo farlo.

    «Penso di sapere cosa ti aspettassi», dice dolcemente. «Ma che matrimonio sarebbe, stando in due continenti diversi? Non sarebbe giusto per nessuno dei due. Siamo ancora giovani, tesoro, soprattutto tu. Abbiamo tutto il tempo».

    «Ma stiamo insieme da due anni ormai…». La mia voce sfuma. Abbasso la testa e chiudo gli occhi per un lungo e straziante momento, per poi riaprirli. Mi rifiuto di piangere. Ho ventitré anni e mi rifiuto di frignare come una bambina.

    «Magari ne passerà un altro, forse due, ma ti prometto che ti sposerò». Il mio cuore sussulta a quelle parole. «Te lo giuro. Ho solo bisogno di… Questa promozione è importante per me e non sono l’unico che tuo padre sta prendendo in considerazione. Sono il favorito, ma comunque non ci sono garanzie. Per te è diverso. È la tua famiglia, ti daranno sempre tutto quello che vuoi», dice Zachary in tono irritato. Si sarà accorto di aver cambiato tono? «Ma io? Mi devo sudare tutto, sempre».

    Raddrizzo la schiena, offesa da quelle parole che mi descrivono come una ragazzina viziata che ottiene tutto quello che vuole ogni volta che vuole. «Ho lavorato sodo alla Fleur fin da quando ero ragazzina», dico risentita. «E lo sai».

    Agita una mano, ma non so bene se per cancellare la sua affermazione o la mia. «Sai cosa voglio dire. Solo… concedimi questo. Non sono un egoista, ma ho lavorato come un matto per fare carriera, Vi». Odio quando mi chiama Vi, e lo sa. «Ho quasi trent’anni e il momento di fare un passo del genere è adesso, prima di sposarti, avere figli e non essere più in grado di partire».

    A sentire lui, avere moglie e figli equivale a un freno. Cioè io e i nostri futuri bambini saremo una zavorra. Perché permetto a questo pensiero di infastidirmi? Sono troppo permalosa? Non è del tutto sciocco quello che dice: deve investire sulla carriera, lo capisco. Anch’io, però, ho bisogno di investire sulla mia carriera e sulla mia vita privata, con un matrimonio e dei figli, eppure…

    «Posso chiedere a mio padre di intervenire e darti una promozione qui…», propongo con voce incerta.

    «No. Mi rifiuto di ricevere favoritismi di questo genere. La promozione me la guadagnerò», dice con veemenza. «Voglio guadagnarmela. Io non cercherei mai di trattenerti, sai?»

    «È sleale da parte tua», mormoro guardandolo dritto negli occhi. Sento crescere dentro di me un misto di rabbia e tristezza, mentre lui non sembra minimamente rattristato. Anzi, sembra eccitato, come se non desiderasse altro, come se non avesse bisogno di altro.

    Significa che non è me che desidera? Che non ha bisogno di me?

    «È la verità», dice semplicemente. «E lo sai».

    Non mi aveva mai detto che stava sostenendo dei colloqui per quella posizione, e queste sono procedure che durano settimane, a volte mesi. Neanche mio padre me l’ha mai detto e l’idea che, pur sapendolo, non mi abbia avvertito, mi ferisce. Mai, però, quanto mi risulta insopportabile che lo stesso Zachary me l’abbia tenuto nascosto.

    A questo punto mi chiedo se mi nasconda altro.

    Non prenderti in giro. Ti ha tenuto nascoste un sacco di cose. Perché lo tolleri?

    Nella mente, sento il rimprovero di mia sorella Lily. Riesco quasi a vedere la sua espressione compiaciuta di quando mi dice di aver sempre sostenuto che Zachary Lawrence non mi merita. Me l’hanno detto e ripetuto, sia lei che Rose.

    A questo punto comincio a pensare che abbiano ragione.

    Poi una sguaiata risata femminile attira la mia attenzione. Sposto lo sguardo su un tavolo a pochi passi dal nostro, e quello che vedo mi fa salire l’acido. Mio dio, naturalmente c’è lui. Un milione di ristoranti in tutta Manhattan e deve farsi vedere qui. Il misterioso e arrogante Ryder McKay, dipendente della Fleur Cosmetics.

    E naturalmente è con… Pilar Vasquez, sua ex responsabile, presunta amante, amica o in qualsiasi modo la si voglia chiamare. La loro relazione è a dir poco anomala.

    Anomala perché né Pilar, né tantomeno Ryder ne parlano apertamente. Nessuno sa bene cosa ci sia tra quei due, ma tutti vorrebbero saperlo.

    Non che io voglia saperlo, o che me ne importi davvero. La sua arroganza, gli sguardi che lancia da quel viso così attraente, il modo in cui cammina per gli uffici come se fosse il padrone di tutto ciò che vede, mi fa impazzire.

    Se tutto va come dovrebbe, sarà Zachary un giorno ad avere il diritto di comportarsi così. È lui, senza ombra di dubbio, il futuro amministratore delegato della Fleur.

    Oppure io. Potrei anche diventarlo io. La nonna lo ha detto più di una volta e, se avessi la metà della sicurezza che ha lei, conquisterei il mondo.

    So solo che Ryder McKay non è assolutamente alla pari di Zachary e di tutta la sua esperienza. È entrato alla Fleur un po’ prima di lui, due anni e poco più, tramite Pilar, con cui lavorava in precedenza. Alla Fleur, in qualche modo, è riuscito a entrare nelle grazie di tutti i dirigenti con cui si è trovato a lavorare. Il suo fascino è pericoloso e, anche se mi fa fatica ammetterlo, è un impiegato prezioso.

    Il che lo rende letale, ma io mi rifiuto di cedere. Zachary lo odia dal profondo e, per quanto riguarda me, c’è qualcosa in lui che mi irrita.

    Ignorando il fastidio che mi scorre nelle vene, faccio del mio meglio per restare concentrata su Zachary, cercando di non pensare che la vita che avevo programmato mi sta crollando davanti agli occhi. Ma il telefono di Zachary squilla e lui risponde senza neanche chiedermi se mi dispiaccia. Come se non contassi nulla, ed è una cosa che non sopporto. Ancora meno tollero che si giri dall’altra parte mormorando per non farmi sentire.

    Ancora segreti. È di sicuro una donna, e il fatto che me ne resti qui a tollerare il suo comportamento mi fa venire voglia di dargli un pugno.

    O di darlo a me stessa.

    Sono perplessa. Non so che fare, come comportarmi e non posso fare a meno di riportare lo sguardo su Ryder. È disgustosamente magnifico nel suo vestito grigio antracite e camicia bianca inamidata, nonostante sia senza cravatta e con qualche bottone aperto a scoprire il collo sexy. I capelli castano scuro sono leggermente disordinati, come se ci avesse passato la mano in mezzo una miriade di volte. Il tutto contribuisce a dargli un’aria di dissolutezza, l’aspetto di chi se ne infischia di cosa pensi di lui la gente che lo vede in quel ristorante frequentato dalle persone più facoltose di Manhattan.

    Che poi è il tipico atteggiamento che Ryder McKay sembra avere sempre e che mi fa infuriare. Non che io abbia a che fare molto con lui. Qualche mese fa è stato promosso a direttore associato dello sviluppo del packaging e, in questo momento, non posso fare meno di chiedermi perché Zachary non abbia fatto domanda per quel ruolo. Certo, sarebbe stato un passo laterale più che in avanti, ma per lo meno sarebbe rimasto a New York.

    A meno che il suo desiderio non sia in realtà proprio quello di andar via da New York…

    Lo guardo in modo ancora più insistente, vorrei riuscire ad ascoltare la sua conversazione con Pilar ma non sento nulla. Il viso è in ombra, la fiamma balugina sulla piccola candela rossa al centro della tavola, spargendo la sua luce dorata. Mi pesa ammetterlo, ma è molto attraente. Con un sorriso malizioso a Pilar, si lascia andare a una risata aperta, assolutamente sgradevole, che percepisco sulla pelle come una miriade di scintille.

    Ma solo perché risuona decisamente fuori luogo e indubbiamente sconcia, non perché abbia qualche interesse per lui. È troppo calmo e anche troppo misterioso, troppo… oscuro e pieno di segreti. Quel sorriso malizioso continua e incurvargli le labbra carnose, mentre allunga la mano sul tavolo a prendere quella di Pilar, portandosela alle labbra per baciarla.

    Rapita, osservo Pilar ridere mentre sembra ammonirlo con voce roca. Lui si limita a rispondere scuotendo il capo e le lascia andare la mano mentre, per una frazione di secondo, sposta lo sguardo su di me.

    Beccata. Resto intrappolata nel suo sguardo intenso e, per una lunga e colpevole manciata di secondi, lo sostengo. Da un lampo nei suoi occhi capisco che mi ha riconosciuto e distolgo rapidamente lo sguardo. Le guance in fiamme, contenta che alla luce fioca non possa vederle. Non pensa niente di me, ne sono certa. Sono a malapena un puntino sul suo radar ed è proprio ciò che voglio. Non desidero la sua attenzione.

    Il suo genere di attenzione… mi spaventa.

    Riportando lo sguardo al mio tavolo, agito la mano davanti al viso di Zachary, che però non mi vede. Lo chiamo con un sibilo, ma mi lancia un’occhiataccia e si gira di nuovo.

    Mi sta per sfuggire un sospiro ma mi irrigidisco: azzardo un’occhiata in direzione di Ryder e scopro che mi sta ancora osservando. E neanche lo distoglie, lo sguardo. Sorride dolcemente e si appoggia allo schienale. Ha l’atteggiamento sicuro dell’uomo che sa come compiacere una donna – un uomo che non si fa scrupoli a flirtare con una mentre è seduto al tavolo con un’altra.

    Cerco di ricordare a me stessa che non lo sopporto. Odio la sua arroganza. La sua sicurezza è fastidiosa e neanche Zachary la sopporta. Dovrei essere disgustata dal fatto che mi fissi in maniera così sfacciata… invece ne sono morbosamente affascinata.

    Che senso hanno questi pensieri? Queste sensazioni? Pilar sembra assolutamente eccitata all’idea di stare con lui, e questo non fa che confermare che tra loro c’è qualcosa. E non dubito che lui cercherà di toccarla in modo poco appropriato, se non l’ha già fatto. Probabilmente lei neanche protesterebbe. È un’insaziabile arrivista che non si fa problemi a calpestare la gente per ottenere quello che vuole, sia sul piano professionale che personale.

    Tuttavia sembra che loro due si stiano proprio godendo la serata. Mentre io sono tesa e depressa dall’apparente rifiuto di Zachary, loro ridono e vanno avanti come se non avessero preoccupazioni.

    È buffo, ma non posso fare a meno di pensare a quanto sia fortunata Pilar che può perdersi nella piacevole e maliziosa compagnia di Ryder, mentre io annego in un tumulto di emozioni al pensiero di Zachary che mi lascia sola.

    Di nuovo.

    Distogliendo lo sguardo da Ryder McKay, mi concentro su Zachary che, terminata la telefonata, mi osserva in attesa. «Allora, dove eravamo?», chiede con l’aria di chi è veramente confuso. Come può aver dimenticato di avermi appena dato una notizia che mi cambierà la vita?

    «Mi stavi dicendo della tua probabile promozione». Trattengo il fiato, conto fino a tre e poi espiro dolcemente. «Sono felice per te», dico alla fine, forzando un sorriso che, però, non sembra sincero. Le mie labbra tremano e lascio svanire il sorriso. «Congratulazioni, Zachary».

    «Lo sapevo che avresti capito. Tu capisci sempre. Tutto». Allunga di nuovo il braccio sul tavolo e mi stringe delicatamente la mano. «Se ottengo quel ruolo, prevedo di restare a Londra non più di due anni. Ce la faremo a farla funzionare, vero, cara?»

    «Ma certo», sussurro. Ma non ne sono sicura. Due anni in cui Zachary vivrà in un altro Paese dove incontrerà innumerevoli donne? O meglio, dove molto probabilmente andrà a letto con innumerevoli donne?

    Per quanto mi riguarda, potrebbe essere l’inizio della fine.

    Capitolo due

    Ryder

    «Riuscirò a sedurre Violet Fowler». Tengo lo sguardo fisso su di lei, rapito dal modo in cui si porta un ciuffo ribelle dei lucenti capelli castani dietro l’orecchio, rivolgendo il suo delizioso sorriso a quello stronzo del suo fidanzato.

    Cazzo, quanto odio Zachary Lawrence. E, cazzo, quanto desidero la sua ragazza.

    Al solo pensiero, la mia mente si trasforma in un turbine di idee. Ma credo che nessuna sia buona. «Assolutamente no».

    Distolgo rapidamente lo sguardo da Violet e fisso incredulo la mia ex superiore, nonché amante occasionale. «Come dici?»

    «Ma per favore, mi hai sentito benissimo». Mi guarda in cagnesco, le sue labbra rosso fuoco sono imbronciate in modo più che evidente. Perfino quando è arrabbiata, Pilar è di una bellezza sconcertante. Con quei lineamenti risalta su tutte le altre. «Ma come diavolo si fa a desiderare anche solo di toccare quella lì, per non dire di scoparsela? È di una noia mortale».

    Sembra gelosa, e non è certo una sorpresa: Pilar ha degli artigli affilatissimi e non ha paura di usarli. «È proprio quello a intrigarmi». Ho la netta sensazione che, in mano all’uomo giusto, Violet Fowler sarebbe tutt’altro che noiosa.

    «La vuoi solo perché è fuori dalla tua portata. Tipico del maschio». Pilar agita una mano come a chiudere la questione. «Possiamo parlare d’altro?»

    «Va bene». La fisso, so che è in possesso di informazioni di cui ho bisogno, motivo per cui l’ho invitata a cena stasera. «Parliamo di Zachary».

    Pilar arriccia le labbra esibendo il sorriso tipico di chi ha fatto centro. Adesso sto decisamente parlando la sua lingua. «Cosa vuoi sapere?». Dal tono sembra annoiata, ma lei adora queste cose. Lo vedo dal luccichio dei suoi occhi bruno-dorati che sta provando tutto tranne che noia.

    «Ho sentito dire che lo mandano a Londra», dico.

    «Sì, è vero».

    «A fare una sorta di periodo di prova come direttore del global marketing, che è un ruolo che hanno appena istituito», continuo.

    «Sì, è un’eccellente opportunità. Fa gola a molti», dice con quel tono dannatamente compiaciuto che sa bene che mi fa ribollire il sangue.

    Sto quasi per sbottare. «Infatti. Anche a me. Lo voglio io quel ruolo», dichiaro in modo così severo che mi sembra già di poterlo assaporare quel lavoro. Sono veramente bravo in ciò che faccio, tant’è vero che alla Fleur ho scalato posizioni a una velocità sorprendente.

    Pilar alza gli occhi al cielo. «Evidentemente non te lo sei meritato».

    «Mi sono fatto il culo, invece. Me lo merito molto più di quel fottuto di un Lawrence, ma l’opportunità l’hanno offerta a lui solo perché sta insieme alla persona giusta». Non riesco neanche a chiamarlo per nome. Zachary vuole esser chiamato, quanto non lo sopporto! Sembra una femminuccia. Bastardo pomposo. «L’ho detto anche a Fowler».

    Pilar si fa seria e lo sguardo si incupisce. Il luccichio eccitato sparisce in un lampo. «Detto cosa?»

    «Che voglio quel ruolo».

    Appare sconcertata. Bene. È raro che qualcuno riesca a sorprenderla.

    «Dimostra quanto vali, figliolo. Testuale». Mi chino sul tavolo e la guardo dritto negli occhi. «Ed è quello che ho intenzione di fare».

    Pilar inarca un sopracciglio. «E come? Entrando nei mutandoni di nonna Violet? Ma per favore, quella piccola puritana non ti permetterà neanche di guardarla. Come pensi di riuscire a mettere le tue zampacce su quel corpicino così puro?».

    Non ci avevo ancora pensato, ma non ha importanza. Una volta che mi metto in testa una cosa, ottengo sempre quello che voglio. O per lo meno adesso. Da piccolo decisamente no: imploravo, rubavo, fottevo pur di ottenere quello che volevo. Ma alla fine questo modo di fare mi ha solo reso più tenace, più determinato.

    E adesso, per qualche ragione, il solo guardare Violet Fowler seduta lì con quel suo bel corpicino dentro un grazioso vestito a tollerare che quello stronzo di Lawrence la ignori chiacchierando al telefono… mi fa venire voglia di saltarle addosso e dimostrarle quello che un vero uomo farebbe per lei.

    Probabilmente la spaventerei a morte. Cavolo, potrebbe essere interessante spaventarla a morte.

    Ma, si sa, la mia è una mente contorta.

    «Se quello stronzo del suo fidanzato non se la porta dietro, sono sicuro che qualcosa riesco a inventarmi». Faccio spallucce. «Sarà sola e vulnerabile, avrà nostalgia di Lawrence. Posso farmi avanti e lenire la sua sofferenza».

    «Audace, eh?», mormora Pilar. «E io? Si suppone che debba restarmene seduta senza protestare mentre tu vai a scopare con un’altra?»

    «Lo hai già fatto altre volte. Non siamo mica impegnati». La nostra non è una relazione che definirei convenzionale. Il legame c’è, ma non è per sempre.

    Pilar mi sfrutta e basta, e anche io. È per questo che funziona bene tra noi, sia sul piano personale che professionale.

    Ultimamente, però, sono combattuto. Da una parte sono pronto a mettere un punto alla mia relazione sessuale con Pilar, dall’altra mi rendo conto che abbiamo una storia e che è l’unica donna alla quale sia importato qualcosa di me, quindi anche a me importa di lei.

    Mia madre è morta quando ero piccolo, non me la ricordo neanche. Mio padre, invece, è stato una presenza intermittente nella mia vita fino ai quindici anni; non è mai stato un genitore vero e proprio, più che altro un coinquilino. Si portava le prostitute a casa e mi ha fatto bere il primo alcolico quando avevo appena dodici anni. Un padre davvero esemplare.

    Quando Pilar è entrata nella mia vita e con una semplice occhiata ha deciso che sarei diventato il suo piccolo progetto personale, mi sono sentito sollevato. E riconoscente, cazzo.

    Quando ci siamo conosciuti non ero altro che uno stupido e sporco ragazzino di strada, diciannove anni e qualche problema di droga. Nessun lavoro, né un posto dove vivere. Di notte dormivo sulla panchina di un parco pubblico e di giorno ciondolavo da Starbucks che, per lo meno, aveva il riscaldamento. Allora potevo permettermi appena un caffè lungo e un bicchiere d’acqua del rubinetto. Sorseggiavo quella robaccia tutto il santo giorno, ma non mi importava.

    Ogni mattina Pilar entrava da Starbucks come se fosse la proprietaria. A volte la vedevo, altre volte no. Una mattina in particolare, incrociai il suo sguardo e lei mi scrutò come se fossi un insetto da osservare al microscopio. Si avvicinò senza mai abbassare lo sguardo. Era più grande di me, era bellissima e irradiava così tanta sicurezza che ne fui catturato. Diavolo, volevo essere catturato.

    Mi portò a casa sua e mi ripulì. Il suo appartamento sembrava una reggia: ordinato, con dei mobili nuovi e un frigorifero pieno; un bagno con lo sciacquone, una doccia con l’acqua calda e degli asciugamani morbidi. E un letto caldo in cui dormire la notte. Un paradiso.

    Quando poi mi propose di farmi assumere come suo assistente, accettai. Quel lavoro era più di quanto mi avessero mai offerto. E i pasti che mi passava? Mangiai più di quanto avessi mai fatto in tutta la mia fottuta vita. Addirittura la prima notte che passai da lei arrivai a vomitare per quanto avevo mangiato. Ricordo di aver pensato che fosse davvero uno spreco stare lì piegato sul water a dare di stomaco.

    Fino a quel momento nessuno mi aveva mai voluto, a nessuno era mai fregato un cazzo di me. Quando non hai mai ricevuto niente, mai in tutta la tua vita, e d’improvviso arriva qualcuno che non solo ti dà ciò di cui hai bisogno, ma anche ciò che desideri… non lo dimentichi. È vero, quello che abbiamo condiviso io e Pilar non è stato il massimo, ma è stato più di quanto avessi mai sperato.

    Il suo interesse per me mi faceva scoppiare la testa, e ce la misi tutta per dimostrarle che potevo arrivare da qualche parte. Lei mi ricompensò, prima con il sesso, poi con un’opportunità lavorativa che mi permise di dimostrare il mio valore. Ecco perché, anche se non sono più alle sue dirette dipendenze, le sono di fatto ancora debitore.

    Sono pronto, però, a ripagarla del tutto.

    «Non ho intenzione di restare seduta a guardare mentre te la scopi. Ti ha dato di volta il cervello? Pensi davvero che portandoti a letto Violet Fowler avrai automaticamente la promozione? Forrest Fowler è estremamente protettivo nei confronti delle figlie, sai. Probabilmente te lo taglierebbe se scoprisse che ti scopi la sua bambina», puntualizza Pilar. «Soprattutto visto che, tra le tre, Violet è quella più fragile».

    L’amministratore delegato della Fleur è estremamente protettivo nei confronti delle figlie più piccole. Lily, la primogenita, è un disastro ambulante, ma anche la più sexy. La maggior parte del tempo lo passa alle feste, ubriaca e mezza nuda, e ogni volta finisce su quegli schifosi siti di gossip.

    Violet, invece, è quella riservata, sensibile. Gira voce che, per un certo periodo, sia stata anche ricoverata in psichiatria. Pare che sia proprio come sua madre, che si è suicidata quando le figlie erano piccole. Vulnerabile. Instabile.

    Un disastro.

    La vittima perfetta, insomma. Da assaporare e risputare senza problemi.

    «Voglio entrare nelle sue grazie», insisto, perché cos’altro potrei dire? So che a Violet Fowler non gliene frega un cazzo di me. Il fatto che qualche minuto fa l’abbia beccata a fissarmi, infatti, mi ha totalmente sorpreso. «E poi, tu

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