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Con la pioggia d'autunno
Con la pioggia d'autunno
Con la pioggia d'autunno
E-book227 pagine3 ore

Con la pioggia d'autunno

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Info su questo ebook

Un viaggio, due mondi che si incontrano. Giulietta, giovane e arrabbiata con la vita, Jean uomo solitario e schivo. La Puglia, la pioggia, la famiglia, il passato e il presente che si incrociano in un puzzle di coincidenze che porteranno solo ad un punto, all’amore. A dispetto di ogni cosa, persino degli ostacoli del cuore e delle scelte obbligate, Giulietta e Jean si diranno mai “ti amo”? Capiranno che la vita è fatta di sorprese e di rinascita? Un sorta di favola in cui il tasto ON mette in circolo uno straordinario viaggio dentro sé stessi.
LinguaItaliano
Data di uscita9 ago 2019
ISBN9788831632232
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    Anteprima del libro

    Con la pioggia d'autunno - Paoletta Maizza

    Luna

    1

    Puglia

    Una meravigliosa brezza mi scompiglia i capelli appena fuori l'aeroporto di Bari. Sono atterrata da poco e già mi sento a casa. È una sensazione strana, non riesco a metterla giù in poche parole. Ci posso provare ma trovo una certa difficoltà. Chissà perché, in fondo qui non ci sono mai stata prima d'ora. Sono solo all'aeroporto e mi sento già così scombussolata, quando vedrò com'è fatta la casa in cui è cresciuta la mamma che cosa farò? E quando rivedrò lei cosa proverò? Non ho messo in conto tutto quello che potrebbe attraversare il mio cuore nel momento in cui la riabbraccerò, anche se il motivo che mi ha portato qui non è la nostra riconciliazione, tutt'altro. Sto solo adempiendo ai miei doveri di figlia e nipote raggiungendo le mie due sorelle maggiori Sophie e Eve che mi hanno imposto di partecipare al funerale di nonno Francesco. Non ho potuto rifiutare, anche se la tentazione di farlo è stata abbastanza forte e prepotente. Potevo far vincere il mio solito egoismo camuffato da timidezza, ma mio padre che è in giro per il mondo chissà dove, non poteva o forse non voleva venirci e io, in fondo in fondo, avevo voglia di rivedere la mamma e conoscere i nostri parenti italiani. Quale migliore occasione per fare il mio primo viaggio fuori Parigi? Un funerale...Giusto? Dovrei vergognarmi per non aver preso un aereo prima, ma meglio tardi che mai. Certe volte giustifico i miei comportamenti con la mia giovane età, ma arriverà il momento in cui questa scusa diventerà così patetica che nessuno ci crederà più, nemmeno io. E anche se insisto per sembrare sempre la solita ingenua Giulietta, alla fine il tempo scorre inesorabile anche nella mia vita e arriverò a guardarmi allo specchio e a deludermi da sola.

    Così eccomi qui, nel mio primo viaggio all'estero, pronta ad affrontare qualcosa di inaspettato e imprevedibile, sperando che accada davvero e sperando che ogni nuova esperienza sia ricca di così tante emozioni da farmi dimenticare cosa ho lasciato a casa. Qui è tutto diverso da Parigi. Lo percepisco già nell'aria. C'è un ritmo frenetico che mi trascina nella folla che si sta accalcando verso i taxi. Forse dovrei correre per recuperarne uno anche per me. Vedo gli altri che con passo accelerato vanno verso l'uscita. Cammino più svelta anche io ne è rimasto soltanto uno, lo vedo attraverso le porte scorrevoli. Afferro le valige pesanti e corro verso l'ultimo taxi disponibile ma inciampo nei miei stessi piedi mentre cerco invano di afferrare lo sportello su cui posa la mano un'altra persona. Direi che è un ottimo inizio per una vacanza forzata in un paese straniero. Mi ricompongo rendendomi conto di essere sembrata una pazza. L'altra persona è un uomo. Alto, coi capelli castani, arruffati dal vento. I suoi occhi sono camuffati da occhiali da sole a specchio in cui si riflettono le nuvole bianche di oggi. È elegante in un completo grigio e camicia bianca. Io resto mortificata per il mio gesto, ma voglio assolutamente prendere questo taxi, chissà quanto ci vorrà prima di trovarne un altro. Potrei chiederglielo, ma non conosco neanche una parola d'italiano. Che disdetta!

    - Dividiamo la corsa? - mi chiede lui per primo in tono gentile. Wow, parla francese che fortuna! Ma come sa che io sono francese? Ah sì, forse gli adesivi sulla valigia.

    - Sì, perché no... - rispondo impacciata provando a prendere le valige che ho lasciato per terra. Mi apre lo sportello e mi invita ad entrare per prima aiutandomi anche con i bagagli.

    - Grazie... - sempre più banale nella mia scelta di dialettica per sostenere un dialogo decente, mi infilo nell'abitacolo e lui mi sistema le valigie nel portabagagli. Poi sale anche lui. Ha un buon profumo, ma cerco di evitare di guardarlo di proposito, non voglio che ci siano equivoci né tanto meno agitazione da parte mia nell'incontrare un uomo. Dopo la brutta esperienza avuta a Parigi forse un po' di saggezza si è fatta strada in me. Poi quest'uomo sembra distinto, non cerca di guardarmi né tanto meno è espansivo. Meglio così. Ha preso un libro e lo legge dopo avermi chiesto di dare io per prima le indicazioni al tassista. Sbricio il titolo del libro Hemingway...Il vecchio e il mare. Deve essere interessante visto che non ha perso tempo a prenderlo e a immergersi nella lettura. Io guardo fuori dal finestrino il paesaggio che scorre sotto i miei occhi. Che meraviglia! Mai avrei pensato che esistesse un posto così bello al di fuori di Parigi, della Francia...ci sono ulivi dappertutto, distese immense. Uno spettacolo straordinario. In mezzo ai prati ci sono cavalli e di tanto in tanto mucche qua e là che brucano tranquille come se niente fosse. Qui sarà nella norma, per me invece è come essere finita in un'altra dimensione...un mondo delle meraviglie.

    Il cielo è così luminoso da abbagliare, per fortuna che ho messo i miei occhiali da sole. Mi sono serviti a proteggermi dal sole e anche dall'uomo seduto vicino a me. Ci fanno da schermo protettivo e io posso fingere di essere qualcun altro e non la solita Giulietta. Appoggio la testa al finestrino leggermente aperto mentre il vento continua a scompigliarmi i capelli. Penso un po' a tutto quello che mi è successo nelle ultime settimane e tiro un po' le somme. Cos'altro ho di meglio da fare mentre il taxi mi porta dai nonni? Potrei leggere anche io se fossi un'appassionata di lettura, ma non lo sono e anche se lo fossi leggere con gli occhiali da sole sarebbe una vera impresa. L'uomo misterioso li ha tenuti. Forse ha pensato la stessa cosa che è venuta in mente a me. Gli occhiali nascondono gli occhi e ti tengono lontano dal mondo reale per un bel po'. Lo guardo per un secondo, ha un profilo perfetto. Il mio cuore batte forte per qualche secondo. Mi rigiro verso il finestrino e faccio finta che non sia successo nulla. Meglio che il mio cuore sia fermo dov'è, indurito dal tempo e dalle circostanze. Meglio indurito che assente...ma questa sua presenza non è che sia tanto facile da gestire. Una contraddizione che diventa pericolosa.

    Meglio dormire qualche minuto e crogiolarmi in questa atmosfera magica. E sognare, sognare, e ancora sognare. Riapro gli occhi svegliata dal tocco leggero di una mano sul mio braccio. È l'uomo che siede accanto a me a riportarmi alla realtà.

    - Siamo arrivati... - sbadiglio e mi guardo attorno. Il taxi si è fermato. L'uomo scende e apre il portabagagli per prendere le valigie. Non ho mai visto nessuno così all'antica, sembra mio padre. Scendo anche io...sono un po' emozionata a dire il vero, fra poco rivedrò mia madre e conoscerò i miei parenti italiani e non ho idea di che cosa dire. Non conosco la lingua e non mi sono presa il disturbo di fare un ripasso, ma nel giro di ventiquattro ore non avrei potuto fare miracoli neanche se avessi voluto. Sono quasi scappata da Parigi, anzi non quasi, sono scappata!

    - Grazie... - dico all'uomo di cui non conosco nemmeno il nome. Per quanto sembri all'antica non si è presentato e la cosa mi da un po' fastidio, forse dovrei farlo io per prima? Ma no...meglio di no.

    - Di nulla, è stato un piacere... - mi risponde sorridendo. Sembra una brava persona, ma è come se nascondesse qualcosa nella sua anima, come se provasse nostalgia per qualcosa. Si toglie gli occhiali da sole, mentre una voce femminile grida un nome da lontano. Mi volto e vedo una donna, avrà avuto una settantina d'anni, coi capelli bianchi e lisci portati in un caschetto pettinato a dovere con una simpatica frangetta alla moda.

    - Jean! Che bello riaverti qui!! - la donna continua a dire allegramente mentre si avvicina a passo svelto anche se incerto, vista la sua età. Ma la cosa che mi meraviglia è che aspettassero l'arrivo di quest'uomo proprio qui! Non ci credo. Che coincidenza assurda! Non so cosa pensare...

    - Nonna Rosa! - risponde lui. Sembra stanco, i suoi occhi azzurri mi colpiscono subito quando li punta distrattamente nei miei. Guardo tutta la scena senza parlare, letteralmente a bocca aperta.

    - È la tua fidanzata? - chiede la donna nel suo perfetto francese.

    - Ma no, ma no...l'ho incontrata in aeroporto, veniva anche lei qui da voi... -

    - Oh, Santo cielo!! Sei...sei Giulietta?! - grida con tutto il fiato che ha in gola e mi abbraccia così forte da farmi mancare l'aria.

    Eccomi qui, finalmente arrivata a casa dei miei nonni. Questa donna è sicuramente nonna Rosa, mia nonna materna. Il suo profumo mi sembra famigliare, è piacevole stare stretta a lei. Quando finalmente mi lascia libera dal suo abbraccio mi guardo meglio attorno. Tutta la casa è circondata da rose rampicanti. Sono ovunque. Il loro profumo è intenso e meraviglioso e si mescola al vento che continua a muoversi fra i miei capelli biondi come quelli di mia madre. Lei si sentiva stretta fra le mura di questa casa vecchio stampo, piena di regole e di schemi a cui non voleva proprio dare ascolto. Mio padre è stato l'unico che l'abbia amata per quello che è, un'anima ribelle, libera. Poi è qui che è ritornata dopo la separazione. È davvero una donna strana! Ma dove sarà? La cerco con lo sguardo perso nel vuoto ma di lei non c'è neanche l'ombra.

    - La mamma non c'è... - dice mia nonna e mi guarda con aria tenera. Ma che novità! Una frase che mi sono sentita dire tante volte. Cosa mi aspettavo, che qui non capitasse? Che scema Giulietta, che scema.

    2

    La strana casa rosa

    Io e le mie sorelle siamo cresciute con la consapevolezza che le donne sono libere da ogni legame, e che una donna non debba mai farsi soggiogare da niente e da nessuno. Nemmeno dal matrimonio. Questa parola tanto importante non ha alcun significato per me e anche se mia sorella maggiore ha incontrato l'uomo giusto che poi è diventato suo marito, non ha mica scelto di sposarsi in chiesa. Lo hanno fatto senza dirci nulla, a Roma, città in cui vivono e da cui non hanno nessuna intenzione di andare via. Io potrei anche sembrare la peggiore cinica del mondo, una ragazza senza cuore, ma come avrei potuto crescere diversamente? Non è che mio padre abbia brillato di buon esempio. Una ragazza diversa ogni mese, viaggi lunghi settimane interminabili e per finire, un figlio che non abbiamo mai conosciuto con una donna americana. Famiglia allargata stile soap opera. Ma nella realtà le cose hanno un altro sapore e sicuramente non sono profumate come il sapone, prima o poi scoprirò perché le chiamano così. Intanto che mi perdo nelle mie assurde osservazioni, guardo anche la strana casa dove sono venuta. Ha una struttura che sembra diversa da quella delle case del paese. È come se avesse una dimensione a parte una volta attraversato il cancello. Le mura sono rosa sbiadito dal tempo, spero che non abbiamo scelto questo colore di proposito, sarebbe più strano della stessa casa. Le rose selvatiche che sembrano fare da padrone, sono bellissime e già mi piacciono. Un punto a favore di questo posto. Un altro punto a mia nonna che tanto carina mi tiene ancora la mano con le sue dita delicate e sottili.

    Vicino a lei, sembra proprio che i sentimenti non siano così complicati. È troppo strano, sono curiosa di conoscere tutto quello che mi aspetta in questa vacanza. Anche se a dire la verità la cosa un po' mi spaventa. La fontana scolorita dal tempo in cui zampilla acqua fresca e rumorosa e una sorta di piccola cappella ricavata in un rovo di rose rosse a ridosso del muro di cinta sono particolarissime, non avevo mai visto un posto così. Ma del resto se uno si rinchiude nella sua città senza mai viaggiare cosa vuole vedere del mondo? Osservo tutti gli altri parenti che ci vengono incontro. Hanno un'allegria contagiosa, non sembra che debbano celebrare un funerale domani. Sarà l'arrivo di noi ospiti, sarà che si respira un'aria particolare in questo posto. Chissà!? Non voglio farmi troppe domande, ma aspetto di sicuro le risposte. Semmai dovessero arrivare sicuramente mi renderanno più ricca sotto ogni punto di vista e meno incline a vedere sempre il lato negativo di ogni cosa. Mia nonna mi conduce piano dentro la piccola porta d'entrata e il profumo del pane appena sfornato mi trascina davvero attraverso un portale magico. Che straordinaria sensazione. Mentre ci immettiamo nel piccolo corridoio che porta nella cucina il braccio di Jean mi sfiora per sbaglio e io lo guardo per alcuni secondi. Lui non se n'è accorto e parla animatamente con la nonna, in italiano, per cui, non capisco nulla di quello che si stanno dicendo. In cucina, bianca e azzurra con mattonelle di ogni colore, ci accoglie una tavola imbandita con pietanze profumate e deliziose. I bagagli non so che fine abbiano fatto, ma non mi importa. Vedere questo spettacolo è più che sufficiente a farmi dimenticare che sono una straniera in casa dei miei parenti.

    3

    Settembre

    Non racconterò nei dettagli il funerale di mio nonno. Sarebbe superfluo e inutile. Ma è stato così commovente che mi è sembrato di conoscerlo da sempre anche se lo avevo incontrato solo una volta quando avevo poco più che 4 anni. Di lui ho un vago ricordo misto a fantasia, tanto che mi è difficile mettere a fuoco quali dei ricordi sia reale o meno. Sicuramente era una persona ben voluta.

    Ci sono così tanti parenti che non mi meraviglierò se un giorno non ricorderò i nomi di tutti quelli che si sono avvicinati e presentati e fatto le loro dovute condoglianze. Ho scoperto intanto che quell'uomo che era con me in taxi è parigino anche lui come me. È un po' troppo chiuso e silenzioso, se ne sta sempre per i fatti suoi. Non ho capito perché sia qui, ma sembra che la nonna lo adori. Mia madre non è arrivata neanche per il giorno del funerale, è fuori per una mostra d'arte con il suo nuovo compagno. Non che la cosa mi meravigli più di tanto. Solo lei poteva lavorare in un giorno come questo, solo lei poteva fare un torto del genere alla sua famiglia. E ora? Mi toccherà conoscere il suo nuovo fidanzatino? Sai che bello? Una nuova ed esilarante esperienza mi aspetta quando rientreranno qui in paese. Sophie e Eve come al solito sono splendide e piene di loro. La forza delle sorelle maggiori è questa o no? Io che sono la più piccola mi sento sempre a disagio di fronte a loro e alla loro bellezza prepotente. Certe volte il disagio è così forte che non vedo l'ora di stare senza di loro, ma la solitudine che segue subito dopo è ancora più pesante da sopportare. Se dovessi paragonarmi a qualcosa...direi che sono come un frullatore pronto a tritare tutte le emozioni che mi attraversano confondendomi in una marea di sensazioni che non riesco a mettere a fuoco. Il risultato? Un disastro totale. Meglio evitare di rifletterci su. Diventa tutto ancora più disastroso visto che non so riflettere.

    - Giulietta... - Eve mi chiama e mi prende per mano mentre usciamo dalla chiesa alla fine della commemorazione.

    - Io e Sophie facciamo ritorno a casa nostra già domani...te la caverai qui da sola? - la guardo sbalordita. E io che pensavo che si sarebbero trattenute qualche altro giorno. Povera illusa, non avrai nessun sostegno!

    - Domani? Non ci vediamo da una vita e ve ne andate così? -

    - Non fare la bambina, noi abbiamo un lavoro...non siamo studentesse come te...un vantaggio dei tuoi vent'anni, no? - mi da un pizzicotto sulla guancia. Se sapessero che non studio più da un bel pezzo...eviterebbero di fare tanto le sorelle maggiori.

    - Ahi! - dico infastidita e mi accorgo che Jean mi sta guardando. La cosa mi imbarazza e mi infastidisce allo stesso tempo. Trattata così in mezzo alla gente non è il massimo. Ed essere osservata da un uomo è ancora peggio.

    - Mentre gli altri vanno al cimitero, noi intratteniamoci un po' assieme per fare colazione...che ne dici? - Eve mi strizza l'occhio e senza darmi il tempo di risponderle mi trascina verso Sophie e suo marito, Giorgio, un medico italiano che ha conosciuto quando studiava a Roma. Ed è lì che vivono ormai da sei anni, niente figli, una gran carriera e sembra che si amino molto e che non abbiano in programma di allargare la loro ristretta famiglia. La folla si dilegua e io mi guardo intorno. Jean è solo e non credo che andrà con gli altri verso il cimitero.

    - Perché non invitiamo anche lui? - dico senza neanche sapere il perché.

    - Chi? - Sophie mi guarda stranita. Indico Jean che si accende una sigaretta e si rimette gli occhiali da sole.

    - Ah lui! - dice Eve con aria sprezzante.

    - Cos'ha che non va? - chiedo incuriosita.

    - Nulla, nulla...ma non è una buona idea...non lo conosciamo neanche...meglio stare fra noi, così ci salutiamo per bene e Eve può raccontarci come va la sua vita a Monaco. - taglia corto Sophie ignorando completamente la mia faccia che sta implorando una spiegazione logica. Ma tanto non ne avrò, tanto meno da loro

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