L'opera incompiuta
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L'opera incompiuta - Renato Benini
XIII
CAPITOLO I
Nel centro di Milano, si trovava a suo agio. Secondogenito di una famiglia benestante! Tredici anni, nato di mercoledì 4 febbraio 1948 alle ore 8.30, il bel Giuseppe. Il fratello, più vecchio di lui di 5 anni, era nato di lunedì 6 settembre 1943 alle ore 13.10. In pieno secondo conflitto mondiale, all’inizio di una settimana, senza però renderla pubblica, cruciale per il conflitto stesso, infatti l’8 settembre 1943 il Maresciallo Pietro Badoglio annunciava al Governo dell’entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile, firmato appunto dal Governo Badoglio con gli Anglo Americani, senza però renderlo pubblico. E fu così che tra il 5 e il 7 settembre 1943 l’Italia si beccò intensi bombardamenti da parte degli Alleati, i bombardamenti stessi interessarono per lo più le grandi città. Questo solo perché non era stata resa pubblica, da parte del Maresciallo Badoglio l’entrata in vigore dell’armistizio di Cassibile. Perdurando l'incertezza da parte italiana, gli Alleati decisero di annunciare autonomamente l'avvenuto armistizio: l'8 settembre, alle ore 17:30. Poco più di un'ora dopo, Badoglio fece il suo annuncio da Roma. E fu così che il povero Benito venne al mondo il 6 settembre 1943 nel pieno dei bombardamenti sulla nostra penisola. Il nome la dice lunga sul pensiero politico della famiglia Brambilla.
La mamma Antonia Cavazzoni in Brambilla, 45 anni compiuti, attualmente professoressa di latino alle scuole magistrali in un istituto di Milano, il padre Olivo Brambilla, 46 anni compiuti, ingegnere assunto in una delle poche ditte edili di Milano. Scampato alla chiamata alle armi perché già orfano di guerra; mai conosciuto il padre, perché quando il padre partì per la grande guerra, la moglie era al terzo mese di gravidanza. Il padre morì nella triste disfatta di Caporetto. Antonia e Olivo si laurearono all’inizio del secondo conflitto mondiale, fidanzati già da 4 anni si sposarono sabato 13 aprile 1940. Benito Mussolini annunciò al popolo italiano l’entrata in guerra il 10 giugno 1940.Furono anni difficili per la famiglia Brambilla, come per tutti del resto. Ne riuscirono comunque, in mezzo a tanta miseria e disperazione a mettere al mondo prima un figlio, nel 1943 e poi Giuseppe nel 1948. La fortuna volle che papà Olivo trovò subito lavoro, durante la guerra, come ingegnere edile non tanto per costruire, ma per gestire le emergenze dopo i bombardamenti. La mamma invece trovò lavoro finita la guerra, in un istituto non molto lontano da casa loro, dovette solo staccare per circa un anno, per la nascita di Giuseppe.
La vita della famiglia Brambilla, quando Benito aveva già circa 18 anni e Giuseppe 13, scorreva tranquilla e serena, Giuseppe frequentava la terza media, e si era già iscritto al Liceo Scientifico. Giocava per le strade e per i campi di una Milano ancora in pieno sviluppo. Benito invece frequentava il quarto anno al Liceo Artistico, ragazzo tranquillo, molto legato a papà. La mamma Antonia nel frattempo era politicamente passata alla Democrazia Cristiana con tanto di tessera, mentre il marito Olivo era ancora fortemente ancorato agli ideali fascisti.
Solo un tragico incidente automobilistico ruppe questa serenità, era il 28 luglio 1961, ore 16 circa, quando la Fiat 600 guidata da Olivo, con a fianco Benito, si schiantò contro un vecchio platano in Via Domenico Millelire. Forse un malore, una manovra errata. Entrambi morirono sul colpo! Olivo Brambilla 46 anni e il figlio Benito che avrebbe compiuto i 18 anni il 6 settembre.
Spesso le famiglie vengono distrutte, da simili tragedie inaspettate, e il dolore è forte, il senso di smarrimento prevale. Senso di solitudine, una vita spesa a progettare per dare il meglio ai propri figli, per un futuro e un mondo migliore. Ci sono anche famiglie che vengono spezzate piano piano, una lenta agonia. Queste forse sono più preparate al triste evento, ma la sostanza poco cambia.
Cosi mamma Antonia si ritrovò da sola a crescere Giuseppe, i nonni paterni e materni erano già passati ad altra vita ed i parenti più stretti si erano trasferiti tutti a Roma. Erano giusto risaliti la settimana della tragica disgrazia, per dar conforto ad Antonia e Giuseppe.
Giuseppe ogni volta che passava con il tram per Via Domenico Millelire, non poteva non guardare quel platano gigante che gli aveva sconvolto la vita. In ogni caso in famiglia Brambilla, anche dopo la tragica scomparsa di Olivo e di Benito, non mancava nulla, c’era sempre il necessario per vivere. Del resto non è che Antonia e Giuseppe sperperassero soldi in cose di lusso, non si era mai fatto in famiglia Brambilla; certo rispetto a prima qualcosa era cambiato. Antonia che già era patentata, acquistò una Fiat 500 usata, non molto vecchia, tra l’altro lei la usava proprio in rari casi. Questi erano: uscire di domenica ogni tanto fuoriporta con Giuseppe, andare a farsi qualche giro nelle valli bergamasche o sul lago di Como. Nel frattempo Giuseppe cresceva, e chiaramente a volte per lui quelle uscite significavano far compagnia a mamma, lui si era creato una cerchia di amici, qualcuno all’oratorio e altri erano compagni di Liceo, con cui avrebbe passato volentieri la domenica.
Giuseppe sentiva sempre più forte in lui la voglia di imparare musica, imparare a suonare uno strumento. Lo strumento che gli interessava era il pianoforte, ma era consapevole che forse era troppo eccessivo il costo per le loro possibilità, sia per l’acquisto dello strumento che per le lezioni. Non sapeva come dirlo a mamma, spesso la vedeva stanca e triste, anche se affezionata ai suoi alunni.
Mamma Antonia (invece) notava spesso Giuseppe, guardare i concerti d’orchestra alla televisione, specie quelli della domenica mattina, dove solitamente c’era come solista il maestro al pianoforte, che Giuseppe ascoltava estasiato.
Una domenica mattina mamma Antonia chiese improvvisamente a Giuseppe: ma perché non hai fatto Conservatorio invece del Liceo Scientifico? Anche se comunque per ora i tuoi risultati sono buoni
Giuseppe rimase senza parole, poi velatamente rispose: è un qualcosa che mi sta crescendo dentro ora, mi affascina il suono del pianoforte, ma so che per noi è troppo costoso in più dovrei andare a lezione, mamma sai cosa vuol dire?
Giuseppe non ti preoccupare ho giusto una collega che vorrebbe liberarsi del suo pianoforte a muro che ha in casa, certo non è un pianoforte a coda, ma per le prime lezioni potrebbe andar bene. Lei vuole liberarsene perché ha acquistato da poco quello a coda. Lei è l’insegnante di musica nel mio stesso istituto e magari potremmo chiederle uno sconto che dici?
Giuseppe per un attimo non disse nulla, ma una lacrima gli scese dall’occhio sinistro. Pensò a papà a Benito alla Fiat 600, a quella bestia di