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Lune Nuove
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E-book189 pagine2 ore

Lune Nuove

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Info su questo ebook

Lune nuove è un racconto ambientato a Bologna, fra due abitazioni situate nella stessa via ma con destini diversi. È un libro di strade, case, giardini, segreti e rivelazioni. Al centro della storia si muove Costanza, madre e insegnante, donna attiva e impegnata, che si trova costretta ad affrontare da sola le emergenze e gli sconvolgimenti dentro e fuori casa. I suoi figli, Agata, Arturo e Athena – rispettivamente diciotto, quattordici e sei anni – condividono molto del loro tempo con Misal e Mohammed, figli di genitori marocchini, buoni vicini di casa. Il gruppo dei ragazzi più grandi custodisce un segreto e una preoccupazione importante legata a Misal, a cui cerca di far fronte in modo piuttosto inusuale. Poiché inusuale è proprio Misal Birbouz, marocchina di origine e italiana di nascita, diciotto anni, genio della matematica, una passione per l’astronomia che la porta a vagare più fra le stelle che sulla Terra, scienziata in erba ma ancora con molti ostacoli da superare prima di veder realizzati i suoi sogni. Dentro di lei si agita un disagio personale e una difficile decisione da prendere che non riesce a condividere con la sua famiglia. Intorno a lei si stringe il gruppo e si dipana la storia.
Nell’incedere del racconto si alternano i punti di vista degli adulti e quelli variegati degli adolescenti, a volte in modo conflittuale, altre volte seguendo il proprio corso, ma mai in maniera separata. Le differenze e le fatiche generazionali si vanno ad incrociare e creano interdipendenza, fino ad estendersi al mondo dell’infanzia con le domande universali che spiazzano, e agli anni della senilità che donano ricordi, dimenticanze ma anche improvvise rivelazioni.
Un libro dove si ama, si soffre, ci si dispera e si spera, si è diversi ma si lotta insieme.
LinguaItaliano
Data di uscita15 mag 2018
ISBN9788861557413
Lune Nuove

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    Anteprima del libro

    Lune Nuove - Maria Beatrice Masella

    Maria Beatrice Masella

    Lune nuove

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.

    commerciale@giraldieditore.it

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    ISBN 978-88-6155-741-3

    Immagine di copertina:

    rielaborazione grafica di un’illustrazione di Marlene Telljohann

    Proprietà letteraria riservata

    © Giraldi Editore, 2018

    Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo

    Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti è puramente casuale o utilizzato dall’autore ai fini della creazione narrativa.

    Non esiste una vita trasparente.

    Ogni donna ha un segreto, per piccolo che sia.

    (Marcela Serrano, da Noi che ci vogliamo così bene)

    L’inizio

    Eclissi lunare

    Quando Costanza infilò le chiavi nel cancello di casa, al numero 7 di via Audinot, la giornata era già nata storta.

    A scuola, durante la prima ora di lezione, aveva avuto una discussione accesa con un alunno di quarta che l’aveva lasciata in uno stato di persistente nervosismo, in autobus si era sorbita letteralmente sui piedi una mandria di studenti in gita e, per finire, sua madre le aveva fatto una di quelle telefonate fiume in cui analizzava i pro e i contro del suo matrimonio a partire da quando aveva conosciuto suo padre.

    Mamma, non credi che non sia più un punto all’ordine del giorno? le aveva risposto con un tono esasperato nella voce mentre in bus cercava di mettere al riparo le proprie gambe dai calci dei ragazzini imbizzarriti.

    Mhmm... aveva semplicemente mormorato sua madre lasciandola in balia dei sensi di colpa. Suo padre era morto un anno prima e non voleva di certo essere lei a ricordarlo a sua madre, ma a volte...

    Ora la chiave non voleva girare, sembrava si infilasse storta proprio come quella giornata iniziata male.

    Improvvisamente ricordò. Vide suo marito la sera prima in maniche di camicia, leggermente arrossato, mentre estraeva il bussolotto della serratura con aria soddisfatta e le diceva contento: Questa buona azione mi varrà un bonus di ricordo positivo almeno per una settimana dalla mia partenza.

    Lei lo aveva accarezzato su una guancia: Certo, ora però vai a farti una doccia veloce se non vuoi perdere l’aereo.

    Erano almeno sei mesi che gli chiedeva di cambiare quella serratura difettosa che li avrebbe lasciati prima o poi con una chiave spezzata in mano. Ora si domandava, stizzita, perché mai lui avesse voluto farlo proprio un’ora prima di partire per l’Australia, due mesi di trasferta per lavoro, quando nella confusione generale lei aveva dimenticato di mettere la nuova chiave nel mazzo.

    È inutile piangersi addosso. Pensiamo a una soluzione, sentì la voce interna di sua madre farsi largo nella disperazione. Guardò il cancelletto e la bassa staccionata che separava il giardino dalla strada. C’era un’unica soluzione: scavalcare.

    Ci sono momenti in cui una donna non deve curarsi delle sue calze di seta. La vocetta saccente continuava a picchiettare. Le sue non erano di seta ma le aveva comprate in un negozio esclusivo e le sarebbe dispiaciuto rovinarle. Sospirò. Poi con energia inaspettata, ma neanche tanto considerando che frequentava una palestra vicino casa due volte la settimana, sollevò una gamba, si mise cavalcioni sul cancello rimanendo in un equilibrio precario e non proprio onorevole, e infine con un salto atterrò sulla ghiaia. Si guardò intorno. Nessuno aveva assistito alla sua entrata da ladra di appartamenti. Si sistemò i vestiti soddisfatta, osservò le calze intatte e infilò le chiavi di casa, quelle giuste questa volta, nella serratura del portone che dolcemente cedette, riconoscendola come legittima proprietaria al primo tocco.

    ***

    Avevano scelto un tiglio per la loro riunione. Si erano seduti a gambe incrociate sul prato, all’ombra dell’albero, e Agata aveva dichiarato aperta la seduta mettendo il berretto al centro.

    Stiamo discutendo da una settimana e non siamo riusciti a concludere niente. I giorni volano e la situazione si fa più complicata senza pensare che non ci rimane tanto tempo. Non potremo essere utili così a Misal.

    Misal se ne stava a braccia conserte senza dire nulla, un paio di jeans e una maglietta arancione troppo larga. Aveva chiesto aiuto al gruppo. Non ce la faceva proprio da sola.

    A meno che non abbia già deciso lei... provò Arturo facendo roteare il frisbee sull’indice.

    Misal si limitò a fare di no con il capo. Che profumo questo tiglio... disse poi guardando in alto. Polvere di stelle... aggiunse, raccogliendo fra le dita le gialle briciole dei fiori.

    Gli altri registrarono che non aveva deciso e che aveva ancora la testa fra le nuvole in un mondo tutto suo. Come sempre, del resto.

    Forse dovremmo arrivare a delle forme più concrete di decisione sparò Luc. Frequentava l’ultima classe di liceo con Agata e Misal. Luc stava insieme ad Agata da un anno e Agata era la migliore amica di Misal dalla prima elementare.

    Quindi ribadì: Forme più concrete e democratiche.

    Cioè? chiese Arturo lanciando in aria il frisbee e riprendendolo al volo.

    Vuoi smetterla con quel disco? lo rimproverò Agata. Era pur sempre la sorella maggiore e, anche se crescevano entrambi, la distanza fra loro non cambiava. Arturo si mise il frisbee fra i denti ed emise un grrr.

    Cioè penso proprio che dovremmo votare rispose Luc.

    Votare? chiese Misal ridestandosi dalla sua aria vaga. Aveva chiesto aiuto ai suoi amici perché da sola non riusciva a prendere una decisione così difficile ma non pensava di andare ai voti.

    Votare? ripeté Agata guardando il suo fidanzato come se lo vedesse per la prima volta.

    Conoscete un’altra regola della democrazia che faccia arrivare a una decisione della maggioranza in breve tempo? incalzò Luc. Dopo la scuola voleva iscriversi a Scienze politiche, quella facoltà che non serve a niente come asseriva suo padre, quella facoltà che ti consente di fare tutto come sperava sua madre. Lui aveva una vera passione per la Società. La guardava da fuori, non si era ancora posto il problema di come volesse entrarci davvero dentro.

    Sì che c’è: partecipazione dal basso. Non troppo dal basso, però, perché quando si ha fretta ci vuole qualcuno che metta la palla nel cesto. Arturo giocava a basket e aveva le regole dello sport in cima alle altre.

    Ok, ragazzi, proviamoci subito allora. Dobbiamo anche lavorare sulla tesina se vogliamo passare l’esame disse Agata.

    Misal ebbe un sussulto. L’esame. Come era lontano in quel momento. Il suo massimo desiderio sarebbe stato studiare Astronomia all’università e aveva cominciato una tesina sulle macchie solari... per ora di macchie ne vedeva un sacco, tutte sulla Terra però.

    Luc aveva strappato quattro fogli da un blocchetto e poi li aveva distribuiti.

    Ecco, scriviamo solo SÌ o NO senza firmare e senza segni di riconoscimento. Il voto deve essere segreto per essere libero da ogni condizionamento. Poi lo pieghiamo e lo ficchiamo nel berretto di Agata spiegò.

    Tirarono fuori le penne dagli astucci, misero il foglietto fra le gambe e scrissero.

    E ora? chiese Misal quando tutti avevano lanciato il foglietto piegato nel cappello.

    Ora si scrutina rispose Luc.

    Non esagerare, sono solo quattro voti! Lo faccio io stabilì Agata riappropriandosi del berretto con il suo contenuto.

    Ci fu silenzio. Il silenzio dell’attesa. Misal muoveva nervosamente le gambe. Ali di farfalla spaventata.

    SÌ, SÌ, NO, NO lesse Agata a voce alta.

    Pareggio! esclamò Arturo lanciando il frisbee in aria.

    Ma com’è possibile? chiese Misal.

    Anche la democrazia ha le sue imperfezioni sospirò Luc. Dovremo fare altre votazioni fino a quando non arriveremo a una maggioranza o ancora meglio all’unanimità.

    Basta, non ce la faccio più crollò Misal nascondendo il viso fra le mani.

    Arturo si mise il frisbee davanti agli occhi. Non sopportava di guardare in faccia la disperazione.

    La seduta è tolta. Andiamo a studiare e rimandiamo a domani ordinò Agata rimettendosi il berretto in testa e stringendosi alla sua migliore amica.

    ***

    Venerdì andò incontro a Costanza con passo felino e festoso. Era felice che la sua mamma umana avesse ritrovato la strada di casa.

    Oh, tesoro, hai fame? chiese Costanza dirigendosi verso il sacchetto dei croccantini senza attendere la risposta. Subito dopo tolse la vecchia chiave del cancello dal mazzo di casa sostituendola con quella nuova appoggiata sulla mensola dell’entrata. Fece un grande sospiro. Sapeva di avere un paio di ore tutte per sé e quel pensiero aveva il potere di dissolvere ogni tensione.

    Agata era rimasta a scuola a preparare la sua tesina per l’esame di maturità, Arturo partecipava a un torneo di frisbee per tutta la giornata con la classe e Athena sarebbe uscita da scuola alle 16.30 come al solito. Le avanzavano esattamente due ore nonostante i piccoli contrattempi. Aprì il frigorifero in cerca di qualcosa di frugale da mettere nello stomaco. Quando era sola non cucinava mai e godeva di un piacere sottile a risparmiare quel tempo per dedicarlo alle letture preferite.

    L’insalata del giorno prima con un pezzo di formaggio e un succo di frutta sarebbe andata bene. Anzi, ancora meglio, si sarebbe concessa un bicchiere di vino bianco fresco. Se lo meritava e aveva sete. Il caldo della primavera si stava facendo sentire e la stanchezza della fine dell’anno scolastico faceva il resto. Caricò il vassoio, si levò le scarpe e scivolò sul divano accanto a Venerdì.

    Non dire a nessuno che mangiamo sul divano gli sussurrò piano nell’orecchio sentendosi una ragazzina impertinente. Il gatto si strusciò complice sulle sue gambe.

    Quando il campanello di casa trillò, Costanza non aveva neppure letto una pagina del romanzo che desiderava concludere e non aveva ancora ingoiato il primo boccone. Sollevò gli occhi dal libro infastidita. Chi poteva essere? Un venditore porta a porta? O forse la signora Birbouz che le chiedeva di prendere anche Mohammed da scuola insieme ad Athena? Accadeva sempre più spesso ultimamente. D’altra parte bisognava capirla, aveva già il ventre gonfio per una nuova gravidanza, sua figlia Misal doveva pensare all’esame e, come non bastasse, il marito lavorava di notte e di giorno dormiva... Il campanello suonò di nuovo con un’intensità che non le piacque. Insomma, la signora Birbouz a volte aveva un’insistenza che le dava sui nervi.

    Aprì la porta con gesti bruschi, pronta comunque a recuperare un sorriso da buona vicina.

    Oh... ciao cara! esclamò invece, sorpresa di vedere Allegra sui gradini di casa. Arturo non c’è, è a fare un torneo di frisbee si affrettò ad aggiungere.

    Allegra se ne stava zitta tormentandosi le dita.

    Non cercavo Arturo... si decise a rispondere.

    Ah no? chiese sorpresa Costanza senza capire.

    Volevo parlare con te chiarì Allegra abbassando lo sguardo.

    Certo, entra rispose di slancio Costanza. Ogni adolescente che aveva chiesto di parlarle aveva ricevuto accoglienza e Allegra, oltre a essere compagna di classe di Arturo, era anche la figlia di Fulvia, una delle sue più care amiche, quindi per lei accoglienza doppia.

    Hai mangiato? le chiese mentre la faceva accomodare in cucina.

    Sono a posto, grazie rispose la ragazza. In quel momento Costanza la guardò in viso: non le parve tanto a posto, aveva gli occhi arrossati ed era di una magrezza eccessiva. È vero che aveva il colorito di una norvegese e gli occhi chiarissimi che la facevano apparire fragile ed eterea come un bicchiere di cristallo, ma... chissà. Forse aveva solo qualche problema scolastico ed era venuta a chiederle di darle una mano, come era già successo altre volte. Arturo le aveva riferito che ultimamente si era beccata qualche brutto voto. Sua madre faceva il medico e suo padre l’avvocato, di certo i suoi genitori non avevano il tempo per dedicarsi ai suoi compiti. Attese pazientemente con le mani in grembo.

    Volevo chiederti se potevo stare qui da voi per un po’ di tempo.

    Costanza ebbe uno scatto in avanti imprevisto e si aggrappò al tavolo per non cadere dalla sedia.

    In che senso? le partì la domanda che più spesso i suoi figli rivolgevano a lei in risposta a ogni sua ovvia richiesta, provocandole grande irritazione.

    Nel senso di venire a vivere da voi, per un po’... spiegò Allegra, più che altro ribadendo il concetto.

    Ma... Costanza stava nuovamente per domandare in che senso. Si trattenne mordendosi le labbra.

    A casa mia non riesco più a starci. I miei litigano continuamente.

    Ecco il senso, si disse Costanza. Ultimamente Fulvia le aveva riferito di una crisi di coppia, ma non pensava fino a quel punto.

    Certo, capisco rispose un po’ vaga, perché quello che ancora le sfuggiva era il significato di per un po’. Poteva trattarsi di due giorni come di un mese o addirittura di un anno, e quindi: IN CHE SENSO, IN CHE SENSO, IN CHE SENSO?

    Allegra però taceva. Sembrava aver consumato tutte le sue energie. Oppure non osava chiedere altro.

    D’accordo. Credo che si possa fare si decise a rispondere Costanza, mentre già andava con il pensiero alle possibili soluzioni abitative e alle probabili obiezioni dei suoi figli. Naturalmente prima dovrò parlare con i tuoi genitori per sentire cosa ne pensano azzardò a porre una timida condizione per lasciarsi uno spazio di manovra.

    Allegra alzò le spalle come a dire: "I miei genitori sono incapaci di pensare in questo momento, ma fai pure, se ci

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