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L'era del cinefumetto: Il modello dell'Universo Cinematografico Marvel nel panorama filmico internazionale
L'era del cinefumetto: Il modello dell'Universo Cinematografico Marvel nel panorama filmico internazionale
L'era del cinefumetto: Il modello dell'Universo Cinematografico Marvel nel panorama filmico internazionale
E-book245 pagine2 ore

L'era del cinefumetto: Il modello dell'Universo Cinematografico Marvel nel panorama filmico internazionale

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Info su questo ebook

L’ecosistema narrativo è un racconto che si dirama attraverso più media interconnessi tra loro, e l’esempio di maggiore successo è sicuramente l’Universo Cinematografico Marvel.
L’autore traccia un percorso che parte dall’influenza di franchise come Blade, X-Men, Spider-Man e Batman di Nolan, per poi analizzare criticamente significati e collegamenti interni ed esterni di ogni film della Saga dell’Infinito, testa di ponte dell’intera struttura filmica prodotta dalla Casa delle Idee a partire dal 2008.
LinguaItaliano
Data di uscita11 lug 2020
ISBN9788861558298
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    Anteprima del libro

    L'era del cinefumetto - Luigi Ercolani

    Luigi Ercolani

    L’ERA

    del

    CINEFUMETTO

    Il modello dell’Universo Cinematografico Marvel

    nel panorama filmico internazionale

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.

    commerciale@giraldieditore.it

    info@giraldieditore.it

    www.giraldieditore.it

    Segui Giraldi Editore su:

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    ISBN 978-88-6155-829-8

    Proprietà letteraria riservata

    © Giraldi Editore, 2020

    Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo

    Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti è puramente casuale o utilizzato dall’autore ai fini della creazione narrativa.

    A Silvia, per il suo sostegno

    Ringraziamenti

    Mi ritengo una persona cristallina, e intendo iniziare questo libro in modo cristallino: in sede di ringraziamenti, i primi vanno a chi in quel libro ha creduto. La pazienza di Rossella Bianco e Filippo Bortolin di Giraldi spero sia ripagata. Hanno rispettato i tempi che avevo dato, a me stesso e a loro, per la realizzazione, credendo nel mio progetto e nella mia visione per realizzarlo. È certo che senza di loro L’era del cinefumetto non avrebbe mai visto la luce, e non è retorico chiarire che io e la mia creatura dobbiamo molto a entrambi.

    Il rilancio di un progetto che avevo momentaneamente messo in soffitta in attesa di tempi migliori non sarebbe stato possibile senza l’intercessione di Gianluigi Schiavon, che mi ha offerto un’opportunità nel momento meno atteso. Una larga fetta di questo volume è merito suo.

    C’è poi chi mi ha incoraggiato a proseguire, a non demordere: il professor Daniele Donati, che mi ha concesso tempo nonostante all’epoca del concepimento di questo libro credessi terminata la mia carriera universitaria. L’Alma Mater Studiorum però evidentemente con me aveva ancora conti da saldare. Ed è stato un bene.

    Oltre a lui anche la mia famiglia. I miei genitori, Federico e Maria, le mie sorelle, Elisabetta e Anna, mia zia Barbara. Tutti preziosissimi, anche solo nel chiedermi E il tuo libro?. Meno male che qualcuno ogni tanto me lo ricordava, viste le tante attività a cui mi dedico non è facile nemmeno per me starmi dietro, figurarsi per loro.

    E a proposito di questo, sono fondamentali anche gli affetti. Silvia ha un posto di primo piano e lo sa, ma ci sono anche Giulia, Piero, Bianca, Matteo, Emanuele, Camilla, Daniela, Alessandro, Stefano e Stefano: alcuni li conosco da una o due vite, altri sono arrivati più recentemente ma sembrano esserci sempre stati. A loro va aggiunta Victoria, una studentessa spagnola che nella mia seconda carriera universitaria mi ha dimostrato più attenzione di molti compagni di corso connazionali.

    Gli affetti però si possono trovare però anche al lavoro. Alessandro, Antonella, Franco, Donatella e Luca mi sono venuti incontro quando avevo bisogno, e conscio di questo non mi è mai pesato dover fare uno sforzo in più quando era necessario per il bene comune.

    Di libri sui film Marvel ne sono usciti tanti e continueranno a uscirne, visto che ormai il cinema della Casa delle Idee è parte integrante dell’immaginario colletivo globale. Se troverete questo meritevole anche solo per una pagina, sappiate che, oltre al merito dell’autore, c’è quello di tutte queste persone.

    Luigi Ercolani, ottobre 2019

    Introduzione

    Flashback: gennaio 2015, un amico di vecchia data organizza un aperitivo. Chiacchierando del più e del meno a un certo punto il discorso si sposta sui cinecomic, e il padrone di casa accenna un paio di volte alla trilogia Capitan America, che nel giro di un anno si sarebbe conclusa.

    Lì mi sento di fargli presente che il progetto legato al paladino a stelle e strisce non è impostato sullo schema di una trilogia come si è stati abituati con altri film, d’azione e non, ma che si è entrati nell’ambito di un universo cinematografico condiviso in cui ogni pellicola può sì funzionare singolarmente ma, soprattutto, ha una finalità in una realtà più ampia: gli eventi di ogni film influenzano le produzioni successive.

    Quella stessa sera scatta in me la curiosità di iniziare un approfondimento su quello che poi avrei scoperto avere la definizione di ecosistema narrativo. La mia sensazione è che l’Universo Cinematografico Marvel sia originale non solo per il genere a cui appartiene, ma anche proprio per la storia dell’industria hollywoodiana nel suo complesso. A rendere particolare la saga Marvel è la sua già descritta struttura, composta di tanti piccoli tasselli che compongono un mosaico unitario, ognuno funzionale al progetto, cosa che non era mai stata realizzata prima dell’avvento della realtà filmica della Casa delle Idee.

    Nel corso del tempo si sono infatti presentati esempi simili, ma non identici: ci sono stati mondi narrativi classici, come quello di Star Trek declinato in varie forme dagli anni Sessanta in poi, oppure convergenze di franchise differenti come Alien vs Predator (2004) per non dire del molto precedente Frankenstein contro l’Uomo Lupo (1943). Allo stesso tempo si è assistito più volte a serie tv con successivi spin-off in cui i personaggi dei vari filoni narrativi interagivano tra loro, e in questo senso torna in mente il cosiddetto Arrowverse (2012-).

    Ciò che rende originale l’Universo Cinematografico Marvel, tuttavia, è la sua capacità di unire la potenza narrativa dei blockbuster alla serialità televisiva, creando di fatto una realtà che è in grado contemporaneamente di impressionare grazie alla sua capacità di intrattenimento immediato di qualità e di fidelizzare grazie alla frequenza delle proprie uscite. Un ibrido che è riuscito, con il tempo, a far appassionare tantissime persone in tutto il mondo.

    È curioso come il volume che avete in mano nasca in un modo non dissimile, ovvero come una serie di scritti in successione che diventano un’opera unitaria: un’opera che non può certo essere esaustiva, vista la mole di materiale da analizzare e la quantità di punti di vista che si potrebbero prendere in considerazione.

    Questo libro si focalizza soprattutto sui significati e sulle interpretazioni che si possono attribuire alla narrazione del MCU. Se, come si dice, la vita è un cinema, allora questo mondo finzionale blockbuster è in grado di veicolare metafore potenti che lo spettatore più coinvolto non ha difficoltà a cogliere. Per rendere meno dispersiva e più fruibile l’opera è emersa la necessità di ridurre al solo medium cinematografico l’analisi, anche perché si tratta della testa di ponte dell’intero ecosistema narrativo, che a cascata influenza gli altri media.

    Allo stesso modo, proprio perché l’universo cinematografico della Casa delle Idee si inserisce in un genere definito e sviluppato, bisognava contestualizzarlo temporalmente, evidenziando i predecessori che ne hanno poi permesso lo sviluppo. Ecco perché prima di addentrarcisi, si è fatto tappa su Blade e X-Men, Spider-Man e il Batman di Nolan, contributi cruciali nel percorso verso la legittimazione di un genere ancora sottostimato.

    Ultima avvertenza: il titolo del libro è L’Era del Cinefumetto per orientare il lettore sul contenuto e sulla tipologia di film analizzati. Chi scrive ha molte perplessità, sulla definizione cinefumetto o cinecomic preferendo viceversa, a livello personale, far rientrare tutto sotto la generica definizione-ombrello di fantascienza. Questo perché, anche restando al solo cinema statunitense, film come 300, V per Vendetta o Sin City sono tratti da fumetti. Avendo tuttavia toni e dinamiche parecchio differenti rispetto a quelli del Marvel Cinematic Universe o i relativi antenati.

    1

    LA PRIMA FASE DEL CINEFUMETTO

    SOMMARIO: 1.Le origini. 2. Superman. 3. Batman.

    1.1. Le origini

    Storicamente, la trasposizione dei fumetti di supereroi su cellulosa è più o meno contemporanea all’uscita dei primi comic book stessi, segno che questi due linguaggi sono andati sviluppandosi grossomodo in parallelo. Se l’esordio in cartaceo del capostipite, Superman, è datato 1938, dopo il quale nascerà una serie di altri paladini, le prime pellicole basate sui superumani seguono a breve distanza, prediligendo inizialmente la struttura del serial. Ecco quindi arrivare Capitan Marvel (1941, uscito come fumetto l’anno prima), Batman (1943), Capitan America (1943), Superman (1948) Batman and Robin (1949), Atom Man vs Superman (1950) e Superman and the Mole Men (1951). Questa prima era del genere, tuttavia, così come i film che seguiranno, è contraddistinta da dozzinali effetti speciali che determinano, molto probabilmente, l’appiattimento delle vicende narrate.

    Nel giro di un ventennio il progresso tecnologico e l’aumento notevole dei budget a disposizione daranno vita a un nuovo tipo di cinematografia, la cui nascita simbolica coinciderà con l’uscita di Star Wars (1977). Con la saga ideata da George Lucas si apre simbolicamente un’epoca in cui l’industria cinematografica statunitense si orienta verso un modello in cui, come nota Riccardo Fassone, il blockbuster da una parte fa leva su strategie di massimizzazione del profitto che garantiscono il successo del film mentre dall’altra l’incontro tra plots relativamente poco elaborati e allusioni complesse sembra rispondere alla necessità di produrre film capaci di interpellare pubblici diversi e di affrontare tematiche rilevanti nei discorsi sociali.¹

    Da Star Wars però il mercato si è evoluto ulteriormente, portando alla creazione di franchise che grazie al transmedia storytelling teorizzato da Jenkins sono presenti su numerosi tipi di media che comunicano tra loro andando a formare strutture complesse che Guglielmo Pescatore chiama ecosistemi narrativi.

    Paola Brembilla, a tal proposito, evidenzia:

    Robert Iger (cit. in Siklos, 2009), CEO della Disney, definisce il franchising come qualcosa che crea valore attraverso business e territori multipli su un lungo periodo di tempo. La definizione evidenzia la trasformazione che il termine ha subito negli anni Ottanta, quando indicava principalmente una forma di affiliazione commerciale in cui un’impresa o una persona fisica acquista la licenza di vendita dei prodotti di una compagnia dal marchio già consolidato. L’uso del termine si estende al settore dei media a seguito della deregulation, quando liberalizzazione e merger-mania pongono le condizioni industriali per dei cambiamenti strutturali nella produzione di contenuti. Questi cambiamenti permettono di sviluppare brand declinabili in diversi prodotti sfruttando delle economie ad ampio raggio².

    1.2. Superman

    Anticipato da una campagna pubblicitaria senza precedenti, Superman (Donner 1978) segue di un anno Guerre Stellari e ne è un naturale proseguimento, nell’inaugurazione del filone dei blockbuster. Il film comincia con un omaggio all’epigono fumettistico dell’eroe, mettendolo in relazione con il lungometraggio a cui lo spettatore sta per assistere: la scena iniziale vede infatti aprirsi il sipario, come a mettere in evidenza che si tratta di un’opera cinematografica, per poi sentire la voce un bambino narrare quanto accaduto durante la crisi economica degli anni Trenta, mentre la sua mano sfoglia un fumetto Action Comics, preludendo alle prime sequenze ambientate su Krypton.

    In questa introduzione si legge tutta la volontà di mantenere un legame coerente tra la versione cartacea e quella su cellulosa dell’Uomo d’Acciaio, in cui la prima viene sempre e comunque riconosciuta come fonte e punto di riferimento della seconda. Lo sfogliare del comic book, tra l’altro, è quasi certamente alla base del logo Marvel che, a partire da Spider-Man fino alla nuova versione lanciata con Captain America: Civil War, ha accompagnato tutti i film basati su personaggi della Casa delle Idee, che vede proprio le immagini scorrere fino a formare il logo della Casa della Idee, con fruscio di pagine sfogliate che via via diventa quello del videoproiettore, quasi a rinsaldare il rapporto tra un medium e l’altro³.

    Superman si presenta sin da subito come un film di origini. Viene mostrata la nascita dell’eroe, la distruzione del pianeta natio, l’arrivo sulla Terra, la maturazione, la riscoperta delle sue radici nella Fortezza della Solitudine e, infine, la consacrazione a Metropolis come supereroe. Il lungometraggio è a tal punto focalizzato sull’eroe da rendere complessivamente marginale la figura del suo alter ego Clark Kent, qui quasi solo una sorta di copertura. Si tratta forse delle poche differenze sostanziali con il fumetto, nel quale viceversa la fragilità del giornalista del Daily Planet ha la funzione di contrappeso della forza dell’eroe.

    Ciò che spicca qui, invece, è una sorta di utilizzo dell’identità segreta di Clark Kent da parte di Superman, che sceglie di mettere i suoi poteri al servizio della comunità e, per poter svolgere questo compito al meglio, decidere di vivere dentro la comunità stessa sotto mentite spoglie, o meglio, con la sua identità terrestre. E questa sarà una costante anche dei sequel (Superman II, Superman III, Superman IV), i quali di fatto renderanno questa serie di film la prima saga kolossal del cinema incentrato sui superuomini, anche se gli ultimi due non saranno all’altezza delle aspettative.

    Una chiave di lettura relativa all’Uomo d’Acciaio è quella che vedrebbe il primo supereroe della storia come una metafora messianica: il personaggio è infatti figlio di esseri dalle capacità sovrannaturali, è cresciuto in una piccola città, ha perso il padre adottivo, è legatissimo alla madre, e per compiere il suo destino di salvezza per le persone deve recarsi nella capitale economica e culturale del proprio paese. Superman e i suoi seguiti riprendono esplicitamente questa interpretazione, tracciando una parabola che tocca tutti i punti appena descritti, fino ad arrivare persino a una sequenza di (apparente) morte e resurrezione in Superman Returns. La pellicola diretta da Bryan Singer si pone come terzo capitolo ufficiale della saga dopo Superman e Superman II, saggiamente cancellando dalla saga, se non dalla memoria dello spettatore, i poco esaltanti risultati della seconda metà della quadrilogia cinematografica⁴. Anche se uscita nel 2006, in quella che è di fatto la seconda fase del cinema supereroistico, l’opera di Singer infatti ha tutta l’intenzione di iscriversi nella prima, a cominciare dal titolo che sembra rifarsi a quel Batman Returns (in italiano Batman – Il ritorno) che è il secondo episodio dedicato da Tim Burton al Cavaliere Oscuro.

    Il lungometraggio richiama esplicitamente i canoni che facevano parte dei primi due film: l’eroe come protettore della città

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