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Dall'eccidio Tellini all'invasione di Corfù
Dall'eccidio Tellini all'invasione di Corfù
Dall'eccidio Tellini all'invasione di Corfù
E-book187 pagine2 ore

Dall'eccidio Tellini all'invasione di Corfù

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Info su questo ebook

La mattina del 27 agosto 1923 sul confine greco-albanese la delegazione italiana incaricata dalla Conferenza degli Ambasciatori di tracciare i confini tra Grecia e Albania venne trucidata. A morire il generale Tellini, il maggiore Corti (medico della spedizione), il tenente Bonaccini, aiutante di campo di Tellini, l'autista Farnetti, e l'interprete albanese, Thanassi Gheziri, un epirota di Leskovik. Benito Mussolini, presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri in carica dal 31 ottobre 1922, accusò il governo di Atene inviando la flotta della Regia Marina, che dopo un breve bombardamento occupò l'isola di Corfù. L'Italia fu scossa da un impetuoso moto antiellenico e antislavo esposto in questo saggio grazie ai documenti d'archivio e ai giornali dell'epoca. Il governo di Roma pretese il pagamento di una ingente somma di denaro come risarcimento e l'umiliazione di Atene, mentre Londra e Parigi osservavano la prima uscita ufficiale di Mussolini in chiave internazionale.
LinguaItaliano
Data di uscita11 mar 2020
ISBN9788832281217
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    Anteprima del libro

    Dall'eccidio Tellini all'invasione di Corfù - Giannasi Andrea

    www.tralerighelibri.it

    Introduzione

    Il 1923 fu un anno importante per l’Italia. Sul campo della diplomazia internazionale si giocavano due grandi confronti. Il primo legato alle riparazioni di guerra richieste dai paesi alleati alla Germania (Questione della Ruhr). L’altro alla questione di Fiume, con la Jugoslavia che, appoggiata dalla Francia, non accettava le condizioni italiane.

    In questo contesto si inserì l’eccidio della delegazione italiana inviata sul confine greco albanese per dettare i confini tra i due stati balcanici. Anche in questo caso gli interessi internazionali erano molti, e mentre l’Italia appoggiava l’Albania e le sue richieste nei confronti di Grecia, Turchia e Jugoslavia, la Grecia rivendicava, seguita da Inghilterra e Francia, una maggior libertà nell’Epiro settentrionale.

    Mussolini, da pochi mesi presidente del consiglio, si trovò dunque a giocare una carta sullo scacchiere internazionale e l’eccidio Tellini, arrivò nel momento migliore. Il dittatore italiano raggiunse con un solo gesto due importanti e fondamentali obiettivi: quello di unire il paese e costruire un solido consenso interno, e quello di battere sul tavolo internazionale il pugno della romanità affinché fosse chiaro che Roma intendeva svolgere un ruolo determinante nel Mediterraneo.

    Dunque l’uccisione di Tellini divenne un vero e proprio casus belli e quella che doveva essere una missione di pace si trasformò nel primo atto di guerra del governo fascista. Un governo che in pochi mesi mutò in una feroce dittatura, edulcorata da nastrini colorati e funerali di stato, episodi per dettare regole e mostrare i muscoli.

    E Tellini, generale diplomatico – come venne definito in differenti occasioni – certamente non fascista (perché di solida fede monarchica), fu assunto al ruolo di memoria fascista e per questo destinato nel secondo dopo guerra al doloroso passo dell’oblio.

    Dunque nel 1923 tre questioni si intrecciarono passando da tre luoghi della storia: il bacino della Ruhr, Gianina e Fiume. E se D’Annunzio ebbe il ruolo primario nella vicenda dalmata, Tellini lo fu per quella greca. Suo malgrado.

    Nota per lo studioso

    Sull’eccidio della delegazione italiana in missione sul confine greco-albanese e sull’affare Corfù sono stati consultati:

    Archivio Centrale di Stato - Roma - Ministero degli Interni, Gabinetto Finzi, b2, fasc.

    Ministero degli Affari Esteri - I documenti diplomatici cit., VII, vol. II. pp. 270 sgg.;

    Documenti diplomatici italiani: Commissione per la pubblicazione dei documenti diplomatici, Roma, Ministero degli affari esteri, 1952

    Documenti Diplomatici Italiani: serie 7a,

    vol. 1, doc. 37, 46, 49, 54, 91, 96.

    vol. 2, doc. 195, 216, 235, 244.

    Documents on British Foreign Politicy, 1919-1939, The Corfù crisis, pp. 936-1115.

    Due saggi inoltre ci hanno aiutato ad affrontare la questione. Si tratta di: J. Barros, The Corfu incident: Mussolini and the League of Nations, Princeton, 1965; F.P. Walters, A history of League of Nations, London-New York-Toronto, 1960.

    Per i documenti essenziali si veda anche Società delle Nazioni. L’attività politica, Ginevra, 1925.

    1. La vita del Generale Enrico Tellini

    Enrico Tellini era nato a Castelnuovo di Garfagnana il 26 agosto 1871 (la ricostruzione della storia del Generale Tellini è stata permessa dopo l’incontro a Magnano in Garfagnana di una ultima erede della famiglia Tellini che cortesemente ha messo a disposizione il proprio archivio). I primi anni della sua vita li trascorse a Pontremoli, dove il padre si era trasferito come Giudice del tribunale del piccolo centro della Lunigiana. Qui seguì il corso elementare e frequentò la prima e la seconda classe del Ginnasio presso il Seminario Vescovile. A tredici anni superati gli esami di ammissione entrò nel Collegio Militare di Firenze, dove viveva lo zio, e nel 1884 prestò giuramento come allievo. Superati gli studi poi Enrico Tellini fu inserito nei primi mesi della sua esperienza militare nei reparti di artiglieria, poi divenne ufficiale di stato maggiore.

    Nel 1900 entrò all’ufficio ordinamento del Ministero della guerra a Roma. Scoppiata la guerra di Libia chiese di partecipare al conflitto e, come capitano, fu destinato quale sotto capo di Stato Maggiore della divisione militare di Derna (occupata il 18 ottobre 1911). Questa fu la sua prima esperienza sul campo di battaglia. La guerra del 1911 rientrava nell’attacco dell’Italia all’Impero Ottomano per un riequilibrio mondiale del nostro paese nei confronti della Francia sulle sponde del Mediterraneo. Il tutto era frutto dell’accordo italo-francese Prinetti-Delcassé del luglio 1902, che di fatto aveva suddiviso le zone di influenza dei due paesi.

    L’Italia preferì ad un conflitto diretto, una lenta penetrazione economica della Libia, ma si scontrò però ben presto con il governo di Costantinopoli. L’escalation del conflitto venne trovata nell’ingresso del piroscafo turco Derna, carico di armi e munizioni, nel porto di Tripoli il 26 settembre 1911. L’Italia dichiarò immediatamente guerra alla Sublime Porta (29 settembre) e sbarcò in più punti della Libia.

    La guerra in Africa settentrionale non fu facile e Tellini si trovò in una Derna minacciata dalle bande di libici ribelli guidate da abili ufficiali ottomani. La città per la sua bellezza venne chiamata in Italia la perla della Cirenaica ed assunse presto il simbolo, condiviso con Tripoli, del colonialismo italiano (erano lontani i tempi di Dogali e Adua).

    Date le caratteristiche topografiche della località, la sistemazione difensiva si presentava laboriosa, dovendo supplire, con lavori multipli, agli svantaggi naturali del terreno. Derna infatti si trova sulla costa al centro di una imponente oasi, e circondata da un altipiano che in più parti la domina.

    Le difficoltà furono comunque superate grazie all’opera del Colonnello Zuppelli e in breve fu compiuta una prima imbastitura di ridotte sul primo ciglione dell’altopiano, sufficiente a tutelare il possesso della città. Le operazioni che si effettuarono nelle settimane successive all’occupazione ebbero carattere difensivo, tendendo ad assicurare gli appoggi della base verso oriente e occidente e a proteggere la derivazione dell’acqua dell’uadi Derna, proveniente dall’altopiano. In questa fase fu prezioso il lavoro del giovane Tellini.

    Nella notte dall’11 al 12 febbraio 1912 il nemico sferrò un violento attacco contro le ridotte Lombardia e Calabria, ma fu contenuto e respinto. Il 3 marzo il capo delle forze arabo-turche Enver Bey, con circa 9000 uomini, attaccò nuovamente le ridotte cercando di riprendere la città, ma anche in questa occasione il nemico dovette ritirarsi.

    Questo combattimento, che sarà ricordato negli annali militari come la battaglia di Sidi Abdalla, fu il battesimo di fuoco del Capitano Tellini.

    Enrico Tellini partecipò poi alla spedizione della colonna del Generale Giulio Cesare Tassoni (comandante della 4a divisione) attraverso la Cirenaica. Questa portò gli italiani alla combattuta e vittoriosa avanzata da Tolmetta (lo sbarco nel centro della Cirenaica era avvenuto l’11 aprile) fin a Merg, a Cirene e a Marsa Susa.

    La partecipazione alla spedizione del giovane capitano toscano fu però legata ad un fatto assai fortunoso. Infatti in tale occasione, essendosi ammalato il capo di stato maggiore della spedizione, Maggiore Bruno, il Tellini lo sostituì nelle funzioni, risultando prezioso collaboratore del Generale Tassoni. Rimase capo di stato maggiore della divisione nel periodo di tempo successivo alle imprese citate e partecipò, sempre con la colonna del Generale Tassoni, alle azioni verso Ain Mara e verso Ettangi, in collaborazione con l’azione della colonna del Generale Salsa, effettuata da Derna.

    Il 18 giugno 1913 fu insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia.

    Infatti la divisione del Generale Salsa da Derna si spinse verso Ettangi, sbaragliando le truppe nemiche e congiungendosi con la divisione del Tassoni, fu completata la penetrazione italiana nel settore orientale della Cirenaica.

    Di fatto l’Impero Ottomano aveva ritirato le proprie truppe dalla Tripolitania, lasciando però consiglieri militari e contingenti in Cirenaica, in risposta all’occupazione del Dodecanneso da parte italiana.

    In quei mesi ci fu anche un incidente diplomatico con la Francia che ebbe sicuramente effetti nel proseguo della carriera del Tellini, così come di molti altri ufficiali italiani. Nelle acque della Sardegna la flotta italiana bloccò e sequestrò le navi francesi Carthage e Manouba che trasportavano proprio armi dirette ai turchi in Africa settentrionale. La Francia se da una parte aveva lasciato campo libero al governo di Roma verso la conquista della Libia, dall’altra difendeva la sua amicizia con la Turchia, in chiave anti-italiana.

    Fu chiara per tutti la diplomazia internazionale fondata su solide basi nazionaliste. Poi nel 1914 avvenne l’attentato di Sarajevo, dove il serbo Gavrilo Princip uccise l’Arciduca Ferdinando, relegò la questione libica in secondo piano. L’Europa fu percorsa da venti di guerra e l’Italia dovette prepararsi al conflitto.

    Fu così che allo scoppio della Prima guerra mondiale furono richiamati in patria numerosi contingenti di forze, mentre il Generale Tassoni diventò Governatore in Tripolitania.

    Di ritorno dopo le imprese nella guerra italo-turca, Enrico Tellini fu promosso Maggiore e fu chiamato presso l’Ambasciata italiana a Vienna per ricoprire il ruolo di addetto militare. Infatti, a seguito dello scoppio della Prima guerra mondiale e della successiva dichiarazione di neutralità del nostro paese, fu deciso di richiamare in patria l’addetto a Vienna, Colonnello Albricci, perché era diventata scomoda la sua permanenza nella capitale dell’impero austro-ungarico. Il Maggiore Tellini fu ricevuto dall’imperatore, Francesco Giuseppe, e durante l‘udienza i due ebbero occasione di parlare dell’andamento del conflitto nel settore orientale.

    Scoppiata la guerra il Maggiore fu poi richiamato a Roma e destinato, come capo in sottordine, all’ufficio situazione del Comando supremo, anche se ben presto fu promosso a dirigere l’importante ufficio militare. Il suo compito era quello di preparare dettagliati bilanci e dati base sull’andamento delle operazioni.

    Contemporaneamente alla nomina nel nuovo incarico fu promosso Tenente Colonnello e inviato con il medesimo compito nelle zone di operazioni. Visse così nel 1916 l’offensiva del Trentino e, tra il maggio ed il giugno, operò nell’Ufficio informazioni del Comando supremo, tenendosi in diretto contatto con l’Ufficio informazioni delle armate schierate sui settori. In pratica si trovò a comandare i servizi segreti militari, raccogliendo ed elaborando tutte le informazioni carpite al nemico.

    Fu in quei mesi che visse la dura sconfitta della Strafexpedition.

    Nel settore della I armata erano giunte notizie di una prossima offensiva austriaca e dai primi giorni di aprile le informazioni si fecero più precise ed allarmanti. L’Ufficio informazioni della 1a armata, la più direttamente soggetta alla minaccia austriaca, incaricato di vagliarle, le ritenne veritiere e ammonitrici. Invece l’Ufficio informazioni del Comando supremo non dette loro molta importanza, ricevendo ogni giorno numerose segnalazioni contraddittorie da diversi fronti. A questo punto le diverse concezioni sull’utilità della I armata posta a difesa del settore trentino avvantaggiarono gli attaccanti. Infatti il Generale Brusati era convinto che la funzione della sua armata dovesse essere offensiva, quindi riteneva di dover avanzare in Valsugana fino a conquistare Trento. Il Generale Cadorna invece aveva nei piani l’idea di mantenere la I armata con uno schieramento prettamente difensivo e di protezione alle armate schierate sul fronte giulio. Quindi, quando giunsero le notizie di una prossima offensiva austriaca, l’ordine di rafforzare la linea italiana fu interpretato in modo differente dai diversi comandi. Cadorna inviò altre truppe con l’ordine di rafforzare linee secondarie alla prima, mentre il Generale Brusati utilizzò le riserve per consolidare la linea più avanzata. In pochi giorni furono schierati 76 battaglioni sulla linea avanzata e solo 40 sulla linea arretrata.

    A complicare la questione intervenne la visita del Generale Cadorna al settore della I armata. Questi espresse la propria insoddisfazione per l’organizzazione della difesa e sostituì Brusati, che si era dimostrato molto preoccupato per un possibile attacco nemico. Ancora una volta l’ufficio del Tellini ricevette note su movimenti e ammassamenti di truppe nemiche, ma non fu presa alcuna decisione.

    Il passaggio di consegne con il Generale Pecori Giraldi avvenne solo pochi giorni prima dell’offensiva nemica. Fu così che il 15 maggio 1916 l’artiglieria austriaca sconvolse le linee italiane sull’altipiano di Asiago e Tonezza e lanciò l’attacco che aprì un varco nella linea difensiva della I armata. Fortunatamente in Galizia i russi sferrarono una offensiva il 4 giugno che costrinse il Comando supremo di Vienna a dover precipitosamente ritirare truppe dall’Italia per arginare i russi nel settore orientale. Il Generale Brusati poteva aver visto giusto, ma a fallire fu sicuramente il Generale Cadorna e l’Ufficio informazioni.

    In Italia a quel punto le truppe austro-ungariche si ritirarono in ordine sulle posizioni preventivamente allestite. La Strafexpedition era fallita. E con essa era naufragata la strategia del suo ideatore, Conrad von Hotzendorff, che aveva studiato la possibilità di raggiungere l’Adriatico tagliando fuori il Veneto, in una gigantesca sacca che avrebbe contenuto tutto l’esercito di Cadorna.

    L’Italia fu scossa da una grave crisi politico-militare che portò alla caduta del governo retto da Salandra e a diverse promozioni. Sul campo infatti non esistono esoneri o licenziamenti per destituire chi in quell’incarico ha di fatto fallito, ma solo le promozioni. Un sistema assai singolare, ma ancora utilizzato.

    Fu così che, al termine della difficile situazione, il Tenente Colonnello Tellini fu promosso Colonnello per merito di guerra e destinato a nuovo comando. Sollevato dall’incarico che ricopriva all’Ufficio

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