Il palazzo dei sette portoni
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Anteprima del libro
Il palazzo dei sette portoni - Gabriele Giuliani
Kennedy
Capitolo I
Un nuovo affare
Il notaio Riccardo Luvini uscì dalla sede della Genomic Srl e attraversò l’atrio di quel grande palazzo guardandosi intorno interessato. Gli era stato descritto spesso come un complesso notevole, moderno e all’avanguardia, una struttura tutta in vetro e acciaio di cinque piani di altezza, dove lo spazio e la luce erano i padroni assoluti. Camminava verso l’uscita con la luce del giorno che filtrava attraverso le ampie vetrate e ammise che era davvero un bell’edificio, un tributo all’edilizia moderna. Però non lo avrebbe mai cambiato con il suo palazzo, sede storica dell'ufficio. Certamente non così moderno, nemmeno antico, forse non così bello; ma a lui molto caro.
Era un uomo di altezza media, leggermente rotondo, elegantemente vestito in blu, sempre perfettamente sbarbato e grazie ai capelli tinti di un castano chiaro, dimostrava meno dei suoi sessantatré anni. La fronte alta e gli occhi sempre attenti e vivaci di un marrone scuro lo rendevano un uomo interessante, nonostante i lineamenti duri che denotavano determinazione e personalità.
Due caratteristiche che il notaio Riccardo Luvini aveva sempre avuto. Era ciò che gli aveva permesso di percorrere tanta strada nella vita e di raggiungere i risultati che si era prefissato.
Mentre usciva all’esterno e si dirigeva verso l’auto, un sorriso soddisfatto si delineò sul volto pensando ai risultati che aveva raggiunto in tanti anni, e l’ultimo tassello era stato posto proprio quella mattina.
Arrivò alla sua berlina di lusso blu metallizzata e la ammirò serioso per qualche istante. Soddisfatto, si disse che per sei mesi poteva andare benone e poi l’avrebbe cambiata; mantenere sempre alta apparenza e stile, questo era uno dei suoi motti.
Fece manovra e uscì dal parcheggio immettendosi nella strada principale di quella piccola cittadina priva di traffico a quell’ora del mattino. Era una piccola città come tante se ne possono trovare lungo tutta la penisola e anche se non ci era nato, ormai la considerava casa sua. Abbastanza piccola per viverci bene, ma comunque vicina ai grandi centri finanziari e commerciali. Una cittadina che offriva, appena usciti dalle arterie principali, ancora grandi scorci di campagna placida e tranquilla. All’interno invece, si trovava la parte storica e la periferia moderna, dove ogni esigenza poteva essere soddisfatta. Non gli aggradava la grande metropoli, preferiva qualcosa di più gestibile e la sua personalità si rifletteva in questa scelta.
Dopo pochi minuti il telefono iniziò a squillare, guardò il display sul cruscotto e vide il nome del chiamante: Luca Morini. Se lo aspettava da un tipo così ansioso, voleva sicuramente avere rassicurazioni sull’esito dell’affare. Accettò la chiamata e rispose in modo diretto.
«Eccomi Luca, è tutto a posto.»
«Oh, finalmente. Quindi tutto bene?»
Odiava questa perenne ansietà di notizie e non mancò di farlo causticamente notare.
«E perché qualcosa sarebbe dovuto andare male, scusa?»
«Io non so come fai a essere sempre così calmo, accidenti a te. Ma lo sai quanto ci giochiamo questa volta? Almeno la metà del patrimonio.»
Che domanda retorica e scema
pensò, se non lo sapeva lui che aveva redatto l’atto di costituzione della nuova società, chi doveva saperlo?
«Tutto è andato come previsto, nessun intoppo e nessun problema. Puoi stare tranquillo.»
«Uff» sospirò Morini «bene, meno male. Senti, quella testa di legno ha detto qualcosa o si è mostrato dubbioso sul.. .»
«Luca!» lo interruppe seccamente e con voce autoritaria il notaio, «siamo al telefono.»
«Già, scusa hai ragione, ma non ci sono problemi, no? Quindi possiamo parlare liberamente o credi che sia meglio...»
«La prudenza non è mai troppa e non si parla di certe questioni al telefono. Sarò al Country Club tra trenta minuti, ci vediamo lì.» e riagganciò bruscamente premendo il tasto sul volante.
Scosse la testa, rimaneva poco convinto e infastidito dall’atteggiamento di Morini, lo considerava perlomeno imprudente, di sicuro superficiale. Lo conosceva da quindici anni ormai, ed era il presidente di una Holding capogruppo operativa, con cinque società controllate e ora, dopo l’operazione di stamattina, tutte sane e in attivo. Aveva redatto lui tutti gli atti delle società, era sempre stato il notaio di riferimento per la holding e le consociate a essa legate. Ma era anche molto più di questo.
Sorrise nel pensarci, ma non bastò a cancellare il senso di irritazione. Luca stava diventando avventato e nervoso e ciò poteva comportare dei rischi che lui non voleva assolutamente correre. Questo era il modo migliore per far nascere dei sospetti nell’Agenzia delle Entrate o nella Guardia di Finanza. Era giunto il momento di parlare chiaro con Luca o si sarebbe ritirato dal gioco. Era arrivato a quell'età senza mai una macchia o un problema e di certo non voleva rischiare tutto ora: il prestigio guadagnato, il rispetto, i soldi e il potere. Non aveva nessuna intenzione di perderli.
Si rilassò guidando fino fuori città, alla sede del club. Una costruzione in pietra piuttosto imponente, incastonata tra le colline, con ampi giardini, campi da tennis e piscina. Un’atmosfera da resort, che faceva ben capire il tenore di vita dei membri.
Non salutò il parcheggiatore e né lo guardò, entrò in modo diretto senza curarsi di nessuno, anche se al suo passaggio almeno tre deferenti «buongiorno dottore» lo accompagnarono nel suo ingresso.
Si accomodò all’ombra di un gazebo sulla veranda esterna, in un punto defilato e attese. Ordinò un Bacardi e coca, facendo solo un cenno di ringraziamento al cameriere che lo servì. Intanto che aspettava, rifletteva. Il panorama verde e lussureggiante del giardino del club, accompagnato dalle dolci colline con i grandi vigneti che si scorgevano in lontananza, gli ispirava spesso la riflessione.
Dopo qualche minuto Luca Morini arrivò e si sedette di fronte a lui.
Lo guardò per qualche istante e vide un uomo sempre in affanno, alla ricerca di un successo che non lo accontentava mai. Cinquant’anni, con i capelli ricci brizzolati perennemente spettinati e con una barba volutamente incolta, sembrava uscito da una fiction, non sembrando affatto un imprenditore senza scrupoli.
«Sei in ritardo» lo apostrofò immediatamente Riccardo.
«Sì, scusa, allora raccontami.»
«C’è poco da raccontare. La società S.r.l Laborius Group è stata costituita, è già attiva. Il capitale come concordato è di 100 mila euro, socio unico. Il prestanome non ha fatto storie, ha preso l’assegno e ha già firmato tutti i documenti e la delega, volendo possiamo farla entrare nella holding già domattina.»
«Oggi pomeriggio no? Sarebbe meglio, perché il consiglio domattina ha già un ordine del giorno molto pieno.»
«No, da domani in poi. Lo so che questa è una priorità per il consiglio, ma nel pomeriggio sarò impegnato.»
«Sì, va bene» fece Morini squadrandolo «tu sei sempre spietato, eh? O le cose si fanno come vuoi tu o niente.»
«Questione di priorità, amico mio e poi sei tu, anzi voi, che avete fretta, a me non cambia nulla lo sai.» «
Questa volta è diverso invece, se salta la holding ci perdiamo tutti.»
Lui sorrise in modo sarcastico e rispose: «Oh no, io non perdo niente, io per voi attesto solo la pubblica fede e redigo gli atti di costituzione delle società. Se poi voi, ogni sei mesi ne fate fallire un paio e riversate i capitali in nuove imprese, non posso farci nulla. Non ho niente da dichiarare all’antiriciclaggio. Non posso attestare prima, che queste società siano fittizie. No, io non salto.»
Aveva parlato con sicurezza e in modo annoiato.
« Già, tu sei sempre al sicuro, ti sei trovato un bel cantuccio riparato. Quasi ti invidio.»
«Potevi studiare giurisprudenza anche tu» disse sorridendogli amabilmente «studiare economia e fare gli imprenditori non è l’unico mezzo per guadagnare soldi.»
«Me ne sono accorto. Comunque, siamo tutti dentro questa operazione; io, il consiglio di amministrazione e anche tu mio caro. Sì, ricordati dei soldi in nero che prendi ogni volta che creiamo una società, oltre al tuo normale onorario con fattura, si intende.»
Lui sorrise come si fa con un bambino. «È per questo che il nero tu me lo depositi nel conto off shore all’estero. Tranquillo, a me non risalgono, o perlomeno ci vorrebbero degli anni.» poi lo guardò serio. «Hai deciso di farmi incazzare oggi?»
Morini scoppiò in una risata. «No, tranquillo, volevo solo scuoterti un po’ il sistema nervoso, ma tanto con te è inutile, ci rinuncio.»
«Bravo e a proposito di pagamenti.. . hai provveduto?» «
Sì dottore, qui c’è l’assegno per la sua fattura, il bonifico è già partito, lo puoi controllare. È il solito venti per cento del capitale della nuova società.»
Lui assentiva con il capo.
«Ok, va bene, ma ricorda anche l’extra, dato che la nuova società Laborious Group entra a far parte della holding.»
«Sì, sì» fece con aria seccata Luca, «ce ne siamo mai dimenticati?»
«E vorrei vedere, chiudo gli occhi sull’antiriciclaggio, faccio finta di non sapere che le nuove società siano scatole vuote.. . trovalo un altro notaio così!»
E risero entrambi.
«Ti fermi a mangiare qui o vai a casa?» domandò Luca.
Lui sorrise con disprezzo.
«A casa a far che? Per vedere quella iena di mia moglie? No, vado da Mirella, oggi è mercoledì.»
«Stai ancora con quella ragazzina? Ma non ti annoi?»
«Non è una ragazzina, ha ventitré anni e non ci devo parlare di filosofia, me la porto solo a letto e lì non mi annoio.»
«Ti giuro che questa non l’ho mai capita.» gli rispose Morini serio. «Ma non ti costerebbe di meno una escort? Qui tra appartamento, regali e vacanze, spendi un capitale.»
«Premesso che non devo dare spiegazioni a te, una escort va con molti se non con tutti, lei viene solo con me. Ma tu cosa credi, perché pensi che mi servano i soldi? Da economista e imprenditore pensi ad accumulare solo denaro e oggetti di lusso. Sei limitato!»
«E tu invece?»
«Ancora non lo hai capito? Per avere potere.»
C’erano delle volte in cui, come questa, Morini aveva paura e soggezione del suo amico notaio. Ma lo poteva definire amico, poi? Si conoscevano da anni ormai, ma qualcosa nella sua persona era sempre impenetrabile, nascosto agli altri. Per quanto parlasse o raccontasse, certi aspetti di quella personalità rimanevano un mistero. A volte ne era affascinato, altre volte intimorito. Sapeva che possedeva più nozioni di alta finanza lui che tutti i membri del consiglio di amministrazione. Era un notaio sì, ma con competenze che andavano molto oltre. Ed era spietato. Un alleato prezioso da cui, spesso, si sentiva soggiogato.
Cercò di tornare sul discorso.
«E tu credi di avere il controllo di quella ragazzina? Che ne sai cosa fa quando non ci sei?»
«Oh, sì che sono sicuro. Non ti preoccupare, ho tutto sotto controllo.»
«Mah... sei sempre stato un tipo strano.»
«No, solo ambizioso, è diverso.»
«Ma allora perché non ti separi da tua moglie?»
«E per cosa, per farmi portare via mezzo patrimonio? E poi lei non lo ha mai chiesto.»
«E questo non ti fa pensare nulla?»
«Cosa? Solo che a lei sta bene così. È la moglie di un rispettato notaio, ha denaro, case e le sue dannate partite a bridge e burraco, senza contare i maledetti comitati di beneficenza.»
«No, intendevo che forse Giulia è ancora innamorata di te.»
Lui fece un cenno di disinteresse con la mano, come se la cosa non lo riguardasse. Poi guardò l’orologio esclamando: «Accidenti, è già mezzogiorno e devo ancora comprare un regalo per Mirella. Che noia!»
«Puoi incaricare qualcuno del club. Chiamala e avverti che passerai dopo pranzo, così ne approfittiamo per mangiare insieme e fare due chiacchiere.»
Era un’idea, poteva cogliere l’occasione per discutere con Luca del suo atteggiamento e chiarire così la questione. Fece un cenno a un addetto del club, una giovane ragazza che si avvicinò rispettosamente al gazebo.
«Ho bisogno di un completo intimo femminile da regalare. Se ne occupi lei, lo compri dove vuole, per la taglia.. .» la squadrò un momento «più o meno come lei, solo un po’ più alta e con una terza di seno. Si sbrighi, tra un’ora devo andar via.» e gettò due banconote da cento euro sul tavolino.
La ragazza, arrossendo, prese i soldi e si allontanò a passi svelti.
Loro due si avviarono al ristorante interno. Nella grande sala con il pavimento di parquet in rovere, vennero accolti dal grande bancone di iroko scuro del bar, che si estendeva per quasi tutta la lunghezza della stanza, dove eleganti camerieri in giacca bianca si muovevano veloci e silenziosi, come se facessero parte dell’arredamento. Non si sentiva rumore di piatti o posate, ma solo lievi tintinnii.
Bastò un cenno al cameriere e un posto a un tavolo appartato fu subito pronto, nonostante l’affollamento di clienti. Nell’attesa dei piatti ordinati e mentre lui inviava un messaggio per avvertire del ritardo, Morini iniziò a parlare.
«Senti, c’è una cosa di cui voglio informarti. Giacomelli ha intenzione di creare due nuove società, una con un prestanome e un’altra.. .»
Lui lo interruppe subito con un gesto della mano e disse: «No!»
«Ma non sai nemmeno cosa stavo per dirti.»
«Non mi interessa. Non faccio affari con Giacomelli, è un cretino.»
« Cosa vuoi dire?»
« Voglio dire che non è una persona affidabile, è il prototipo dell’idiota, uno che pensa che giocare con le imprese e la finanza sia semplice, un tipo che si vuole arricchire facilmente. Scegliere i soci con cui fare affari è estremamente importante e io, con uno come lui non mi ci metto. Di sicuro dopo una sbronza o una tirata di coca, direbbe qualcosa di inopportuno alla persona sbagliata. È così che iniziano i problemi, con delle voci messe in giro che arrivano alle orecchie delle persone sbagliate. Ti prego di non parlare con lui di me.»
«Guarda che non è cretino come pensi, poi le percentuali sarebbero più alte e non ha un notaio di fiducia.»
«Faccia fare ogni atto da un notaio diverso.»
«Sai che non è il modo migliore per fare certe cose. E poi i soldi, scusa? Il trenta per cento del capitale di ogni società è un bel.. .»
Qui la risata del notaio Luvini lo interruppe e risuonò fragorosa in mezzo alla sala.
«Lo vedi che sei un cretino? È come ti dicevo prima, soldi, soldi.. . pensi solo a quelli, è per questo che ora sei nei