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Origini e storia della massoneria. Il Tempio e la Loggia
Origini e storia della massoneria. Il Tempio e la Loggia
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E-book464 pagine6 ore

Origini e storia della massoneria. Il Tempio e la Loggia

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Info su questo ebook

Un illuminante studio sulla Massoneria, di cui gli autori ricostruiscono le origini e gli sviluppi con un’indagine storica appassionante e accurata. Il saggio prende in esame un arco temporale molto vasto e si apre con i Templari in fuga dalle persecuzioni scatenate contro di loro da Filippo IV di Francia e dal papa Clemente V. Nel 1309 si rifugiarono in Scozia chiedendo protezione al re scomunicato Robert Bruce. L’eredità dei Templari fu tramandata da una rete di famiglie nobili, che contribuirono alla nascita della Massoneria: fin dall’inizio l’organizzazione poté quindi vantare rapporti privilegiati con le alte sfere del potere, e in particolare con il casato degli Stuart. La Massoneria si inserì nelle maggiori correnti del pensiero europeo, e pian piano venne avvolta dall’alone di mistero che ancora oggi la circonda. Dopo un’ininterrotta e secolare espansione, arrivò a lasciare tracce della propria presenza anche nell’Europa continentale: l’enigmatica Cappella Rosslyn e i segreti dell’elitaria guardia del corpo del re di Francia ne sono solo due esempi. Seguendo lo sviluppo della Massoneria attraverso il XVII e XVIII secolo, gli autori sottolineano il suo contributo alla promozione della tolleranza e dei valori progressisti. In Inghilterra l’azione delle logge fu determinante per assicurare la coesione sociale, scongiurando una rivoluzione del tipo di quella francese. L’influenza della Massoneria emerge in modo ancora più evidente nella formazione degli Stati Uniti d’America, incarnazione della “Repubblica massonica”. Dissipando la nebbia del mito, questo volume pone la Massoneria di oggi in una prospettiva del tutto nuova e ne riscrive la storia in un modo assolutamente originale e, per molti aspetti, controverso.



Michael Baigent

Michael Baigent e Richard Leigh hanno scritto (in collaborazione con Henry Lincoln) il controverso The Holy Blood and the Holy Grail e The Messianic Legacy. Di Michael Baigent e Richard Leigh la Newton Compton ha pubblicato I segreti della Germania nazista e Origini e storia della massoneria. Il tempio e la loggia.

Richard Leigh

Michael Baigent e Richard Leigh hanno scritto (in collaborazione con Henry Lincoln) il controverso The Holy Blood and the Holy Grail e The Messianic Legacy. Di Michael Baigent e Richard Leigh la Newton Compton ha pubblicato I segreti della Germania nazista e Origini della massoneria. Il tempio e la loggia.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854132740
Origini e storia della massoneria. Il Tempio e la Loggia

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    Anteprima del libro

    Origini e storia della massoneria. Il Tempio e la Loggia - Michael Baigent

    Introduzione

    In Gran Bretagna, negli ultimi anni, la Massoneria è diventata uno degli argomenti di conversazione preferiti e l'oggetto di appassionati dibattiti. In verità, molestare i massoni promette di diventare un vero e proprio sport cruento qui da noi, un po' come molestare i preti in Irlanda. Con malcelato entusiasmo e un Hallalì! quasi percepibile, i giornali si gettano su ogni nuovo scandalo massonico, ogni nuova accusa di corruzione massonica. I sinodi ecclesiastici meditano sulla compatibilità fra Massoneria e cristianesimo. Per pungolare gli avversari politici, i consigli locali propongono mozioni miranti a costringere i frammassoni a dichiararsi. Nei partiti, la Massoneria compare con una frequenza superata, probabilmente, solo dai servizi segreti britannici e dalla CIA. Anche la televisione ha dato il suo contributo, conducendo in seconda serata almeno un simposio sull'argomento e riuscendo addirittura a penetrare con le sue telecamere nell'ultimo rifugio della bestia, la Grande Loggia. Non trovando un drago, i commentatori, più che sollevati, sembravano delusi e irritati di essere stati in qualche modo frodati. Nel frattempo, naturalmente, la gente è rimasta affascinata. Bastava pronunciare la parola Massoneria in un pub, in un ristorante, nell'atrio di un albergo o in un altro luogo pubblico per vedere le teste drizzarsi di scatto, le facce voltarsi subito attente, gli orecchi tendersi ad origliare. Ogni nuovo exposé viene divorato con un'avidità, addirittura una goduria, riservata abitualmente alle indiscrezioni sulla famiglia reale, o ai pettegolezzi salaci.

    Questo libro non è un exposé. Non riguarda il ruolo o le attività, vere o immaginarie, della Massoneria nella società contemporanea; non vuol essere un'indagine sulle accuse non comprovate di cospirazione o di corruzione. Naturalmente, non è neppure un'apologia della Massoneria. Personalmente, non siamo massoni e non abbiamo alcun particolare interesse a discolpare l'istituzione dalle accuse che le vengono mosse. Il nostro orientamento è stato esclusivamente storico. Ci siamo sforzati di ricostruire gli antecedenti della Massoneria, di individuare le sue vere origini, di seguire la sua evoluzione e il suo sviluppo, di valutare la sua influenza sulla cultura britannica e americana durante i suoi anni di formazione, culminati con il tardo Settecento. Abbiamo anche provato a chiederci perché mai la Massoneria, vista oggi con tanto istintivo sospetto, derisione, ironia e condiscendenza, abbia goduto di tanto credito e ne goda ancora, malgrado i suoi detrattori.

    Tuttavia, strada facendo, siamo stati inevitabilmente costretti ad affrontare il genere di domande che aleggiano nella mente del pubblico di oggi e vengono poste così spesso dai media. La Massoneria è corrotta? È, ipotesi ancora più sinistra, una vasta cospirazione internazionale tesa a uno scopo oscuro e nefando (se la segretezza è un barometro della malvagità)? È un mezzo per ottenere vantaggi, favori, influenza e potere, penetrando nel cuore di istituzioni quali la City e la polizia? Più importante di tutto, forse, è veramente nemica del cristianesimo? Simili domande non sono direttamente attinenti alle pagine che seguono, ma sono di comprensibile interesse generale. Non sarà, quindi, fuori luogo esporre qui le risposte che sono emerse nel corso delle nostre ricerche.

    Si è raggiunto un grado di saggezza per cui, invece di esclamare: «Et tu, Brute!», si annuisce tristemente dicendo: «Sì, è normale». Data la natura umana, sarebbe sorprendente se non vi fosse almeno un certo grado di corruzione nelle istituzioni pubbliche e private, e se un po' di questa corruzione non coinvolgesse la Massoneria. Tuttavia, ci sarebbe da obiettare che questa corruzione è meno indicativa della Massoneria in sé che dei modi in cui la Massoneria, come qualsiasi altra struttura analoga, può essere usata male. L'avidità, la sete di prestigio, il favoritismo e simili sono mali endemici nella società umana fin dalla nascita della civiltà. Hanno sfruttato e adoperato attraverso ogni canale disponibile: consanguineità, un passato comune, legami formati nella scuola o nelle forze armate, mutui interessi, semplice amicizia, oltre, naturalmente, alla razza, religione e affiliazione politica. La Massoneria è accusata, ad esempio, di dispensare speciali favori ai propri adepti. Nell'Occidente cristiano, fino a pochissimo tempo fa, un uomo poteva aspettarsi dai suoi confratelli esattamente gli stessi speciali favori semplicemente in virtù della sua appartenenza alla Massoneria del cristianesimo: ossia, in virtù del fatto di non essere un indù, un musulmano, un buddista o un ebreo. La Massoneria è soltanto uno dei molti canali attraverso cui la corruzione e il favoritismo possono fiorire; ma se la Massoneria non esistesse, la corruzione e il favoritismo fiorirebbero ugualmente. Si possono trovare nelle scuole, nei reggimenti, nelle corporazioni, negli enti governativi, nei partiti politici, nelle sette e nelle chiese, in innumerevoli altre organizzazioni. Nessuna di queste è intrinsecamente reprensibile di per sé. Nessuno si sognerebbe di condannare un intero partito politico, o un'intera chiesa, perché alcuni dei suoi membri sono corrotti, o più ben disposti verso gli altri membri che verso gli estranei. Nessuno condannerebbe la famiglia come istituzione perché tende ad alimentare il nepotismo. Nel considerare l'aspetto morale della questione, è necessario avere qualche nozione di psicologia elementare e usare un po' di buon senso. Le istituzioni sono virtuose o colpevoli nella misura in cui lo sono gli individui che le compongono. Se un'istituzione può essere considerata intrinsecamente corrotta, lo può essere soltanto se trae profitto dalla corruzione dei suoi membri. Questo potrebbe applicarsi, diciamo, a una dittatura militare, a certi Stati totalitari o monopartitici, ma non certo alla Massoneria. Nessuno ha mai insinuato che la Massoneria abbia tratto qualche guadagno dalle trasgressioni dei suoi fratelli. Al contrario, le trasgressioni di singoli massoni sono totalmente egoistiche e interessate. La Massoneria nel suo insieme è danneggiata da simili trasgressioni, come il cristianesimo da quelle dei suoi aderenti. Nella questione della corruzione, quindi, la Massoneria non è di per se stessa colpevole, ma, al contrario, un'altra vittima di uomini senza scrupoli che sono pronti a sfruttarla per i propri fini, al pari di qualsiasi altra cosa.

    Un interrogativo più valido è la compatibilità, o meno, della Massoneria con il cristianesimo. Per sua stessa natura, questo interrogativo implica almeno un tentativo di stabilire che cosa sia realmente la Massoneria, piuttosto che i modi in cui può essere sfruttata o abusata. Ma, in ultima analisi, anche questo è un falso quesito. Come ben si sa, la Massoneria non ha la pretesa di essere una religione, ma semplicemente di richiamarsi a certi princìpi o verità, che possono in certo senso essere considerati religiosi, o forse spirituali. Può offrire una specie di metodologia, ma non pretende di offrire una teologia. Questa distinzione diventerà più chiara nelle pagine che seguono. Per il momento, basterà sottolineare due punti riguardanti l'attuale antipatia della Chiesa anglicana per la Massoneria. Tali punti vengono generalmente ignorati nell'odierna preoccupazione della Chiesa per la presenza di massoni nei suoi ranghi. Entrambi sono d'importanza cruciale.

    In primo luogo, la Massoneria e la Chiesa anglicana hanno coabitato amichevolmente fin dall'inizio del XVII secolo. Anzi, hanno fatto di più: hanno lavorato in tandem. Alcuni dei più importanti ecclesiastici anglicani degli ultimi quattro secoli provenivano dalla loggia; alcuni dei più eloquenti e influenti massoni provenivano dal clero. Mai, prima degli ultimi dieci o quindici anni, la Chiesa ha inveito contro la Massoneria, né ravvisato alcuna incompatibilità fra la Massoneria e i propri princìpi teologici. La Massoneria non è cambiata. A sua volta la Chiesa sostiene di non essere cambiata, almeno nei suoi princìpi fondamentali. Perché, allora, se non c'è mai stato conflitto nel passato, dovrebbe esserci ora? La risposta a questa domanda, a nostro avviso, non risiede tanto nella Massoneria quanto negli atteggiamenti e nella mentalità di certi ecclesiastici contemporanei.

    Il secondo punto che merita considerazione è, semmai, ancora più decisivo. Il capo ufficiale della Chiesa anglicana è il sovrano britannico. Dopo la deposizione di Giacomo II nel 1688, il rango teologico o le credenziali del sovrano non sono mai stati messi in discussione. Eppure, fin dall'inizio del XVII secolo, la monarchia britannica è stata anche strettamente collegata con la Massoneria. Almeno sei re, oltre a numerosi principi del sangue e principi consorti, erano massoni. Sarebbe stato possibile se esistesse realmente un'incompatibilità teologica fra la Massoneria e la Chiesa? Sostenere che esiste tale incompatibilità equivale, in effetti, a impugnare l'integrità religiosa della monarchia.

    Infine, secondo noi, l'attuale controversia sulla Massoneria è una tempesta in un bicchiere d'acqua, una quantità di argomenti falsi o inesistenti gonfiati molto più di quanto meritino. Verrebbe voglia di buttare lì una battuta e dire che la gente non ha niente di meglio da fare che inventare pretesti così labili per una controversia. Purtroppo, ha di meglio da fare. Certamente la Chiesa anglicana, con lo scisma incipiente nei suoi ranghi e una congregazione che va disastrosamente riducendosi, potrebbe impiegare la sua energia e le sue risorse in qualcosa di più costruttivo che orchestrare crociate contro un presunto nemico, che, in realtà, non è affatto tale. E mentre è quanto mai opportuno, anzi desiderabile, che i media scovino la corruzione, sarebbe molto più utile per tutti se fossero chiamati a rendere conto delle loro malefatte gli individui corrotti, anziché l'istituzione di cui si dà il caso facciano parte.

    Nel contempo, bisogna riconoscere che la Massoneria stessa ha fatto poco per migliorare la sua immagine agli occhi del pubblico. Anzi, con la sua ossessiva segretezza e il suo atteggiamento caparbiamente difensivo, non ha fatto altro che rafforzare la convinzione che abbia qualcosa da nascondere. Quanto poco abbia da nascondere in realtà apparirà chiaro nel corso di questo libro. Semmai, ha più di che essere orgogliosa di quanto non abbia da nascondere.

    Preambolo

    Alcuni anni fa, nella primavera del 1978, nel corso di una ricerca sui Cavalieri Templari per un documentario televisivo in progettazione, rimanemmo affascinati dalla storia dell'Ordine in Scozia.

    Rimanevano ben pochi documenti, ma la Scozia possedeva una profusione di leggende e tradizioni sui Templari superiore a quasi tutti gli altri luoghi. C'erano alcuni veri e propri misteri: enigmi insoluti che, in assenza di documenti attendibili, gli storici ortodossi hanno scarsamente tentato di sciogliere. Se potessimo svelare questi misteri, se potessimo trovare anche solo un nocciolo di verità nelle leggende e nelle tradizioni, le implicazioni sarebbero enormi, non soltanto per la storia dei Templari, ma andrebbero molto più in là.

    Una nostra conoscente si era trasferita recentemente ad Aberdeen con il marito. Tornati in visita a Londra, ci raccontarono una storia appresa da un uomo che aveva lavorato per un periodo in un albergo di un piccolo centro turistico, un'antica stazione termale vittoriana, sulla sponda occidentale di Loch Awe negli Highlands dell'Argyll. Loch Awe è un grande lago interno a circa venticinque miglia da Oban. Il lago di per sé è lungo ventotto miglia e ha una larghezza variabile quasi ovunque da mezzo miglio a un miglio. È disseminato di isole di varie dimensioni (quasi due dozzine), alcune naturali, altre artificiali e un tempo collegate con la riva da passerelle di pietre e tronchi ora sommerse. Al pari di Loch Ness, si suppone che Loch Awe ospiti un mostro, il Beathach Mór, descritto come una grande creatura simile a un serpente con una testa di cavallo e dodici zampe coperte di squame.

    In una di queste isole, secondo la storia udita dal nostro informatore, c'erano numerose tombe di Templari: più di quante sarebbe stato logico aspettarsi nel contesto della storia generalmente accettata, giacché non risulta che i Templari avessero operato nell'Argyll o negli Highlands occidentali. Nella stessa isola si supponeva inoltre che vi fossero le rovine di una Casa templare, che non figurava in alcuna delle nostre liste dei loro possedimenti. Come ci venne riferito, di ter za mano, il nome dell'isola suonava come Innis Shield, ma non potevamo essere certi che fosse proprio quello e meno ancora della sua ortografia.

    Queste informazioni frammentarie, sebbene non confermate e di una vaghezza frustrante, erano quanto mai stimolanti. Al pari di molti ricercatori prima di noi, eravamo a conoscenza di nebulosi resoconti che parlavano di bande di Templari sopravvissuti alla persecuzione e allo scioglimento ufficiale del loro Ordine fra il 1307 e il 1314. Conoscevamo le storie secondo cui un gruppo di quei Cavalieri, fuggendo dai loro torturatori sul continente e in Inghilterra, aveva perpetuato qualcosa delle istituzioni originarie. Ma sapevamo anche che gran parte di queste tradizioni proveniva dai frammassoni del XVIII secolo, che cercavano di crearsi una genealogia riallacciandosi direttamente ai Templari di quattro secoli prima. Di conseguenza, eravamo estremamente scettici. Sapevamo che non esisteva alcuna prova riconosciuta della sopravvivenza dei Templari in Scozia e che persino la Massoneria moderna tendeva, in generale, a respingere tutte le asserzioni contrarie come una pura invenzione e un pio desiderio.

    Eppure la storia dell'isola nel lago continuava a ossessionarci. Avevamo comunque programmato un viaggio di ricerca in Scozia quell'estate, sebbene molto più a est. Non sarebbe stato il caso di prendercela comoda e fare una deviazione verso ovest, non foss'altro per smentire la storia che avevamo udito e togliercela dalla testa una volta per tutte? Decidemmo quindi di prolungare il nostro viaggio di qualche giorno e tornare via Argyll.

    Arrivando a Loch Awe dal Nord, vedemmo subito all'estremità del lago, nascosto da folti abeti, Kilchurn, il grande castello quattrocentesco dei Campbell. Procedemmo lungo la sponda orientale e dopo una quindicina di miglia, apparve un'isola alla nostra destra, a circa cinquanta metri dalla riva. Su di essa sorgevano i ruderi del castello duecentesco di Innis Chonnell, che venne occupato, intorno al 1308, dall'intimo amico, alleato e cognato di Robert Bruce, sir Neil Campbell, e che durante il successivo secolo e mezzo fu una delle sedi principali del clan Campbell. Poi, quando venne costruito un nuovo castello a Inverary, in fondo a Loch Fyne, Innis Chonnell fu trasformato in una prigione per i nemici dei Campbell ovvero dei conti di Argyll, com'erano divenuti nel frattempo.

    Un miglio a sud di Innis Chonnell c'era un'isola più piccola, appena visibile dalla strada in mezzo agli alberi e ai cespugli che bordavano la riva. Quando ci fermammo, scorgemmo sull'isoletta i resti di una struttura di qualche tipo e pietre che sembravano tombali. Dall'altro lato della strada c'era il villaggio di Portinnisherrich. L'isola stessa, secondo le carte che consultammo, veniva variamente denominata Innis Searraiche o Innis Sea-ramhach. Saltammo subito alla conclusione che era questa la Innis Shield che stavamo cercando.

    L'isola distava circa quaranta metri dalla riva, lungo cui erano ormeggiate numerose barche, quasi tutte palesemente in buono stato e usate regolarmente. Sperando di noleggiarne una e di remare fino all'isola, andammo ad informarci all'emporio di Portinnisherrich. Ma incontrammo una strana evasività. Sebbene il paesaggio fosse da cartolina illustrata e gli abitanti del luogo dovessero contare almeno in certa misura sul turismo, non ci fecero sentire affatto i benvenuti. Perché, ci fu chiesto cautamente, volevamo noleggiare una barca? Per esplorare l'isola, rispondemmo. Ci fu detto che non c'era alcuna barca disponibile; la gente non noleggiava le barche. Potevamo assoldare qualcuno, con barca e tutto, per condurci fino all'isola? No, ci fu detto senza alcuna ulteriore spiegazione, non era possibile nemmeno quello.

    Frustrati e sempre più convinti che Innis Searraiche contenesse qualcosa d'importante, passeggiammo a piedi lungo la riva. Attraverso la striscia d'acqua intermedia, l'isola tentatrice ci chiamava, quasi a un tiro di sasso, eppure inaccessibile. Discutemmo sulla possibilità di andarci a nuoto e stavamo appunto considerando il fatto che l'acqua era probabilmente fredda quando, poco a nord del villaggio, incontrammo un'anziana coppia che aveva montato una tenda accanto a una roulotte. Dopo uno scambio di convenevoli, c'invitarono a prendere una tazza di tè. Risultò che anche loro erano di Londra. Tuttavia, venivano sempre in quello stesso posto ogni estate da circa quindici anni con la roulotte e si fermavano a pescare sulle rive di Loch Awe.

    Dentro la roulotte, dovemmo infilarci nello stretto spazio fra un tavolo e una lunga panca dove ci sedemmo. Da un lato, c'era un tavolo più piccolo, o una specie di ripiano, usato probabilmente per preparare il cibo. Su di esso giaceva un vecchio libro aperto a una pagina con quella che sembrava un'incisione di una tomba massonica: notammo infatti certi simboli massonici e un teschio e tibie incrociate. In seguito, ci rendemmo conto che quello che avevamo visto poteva essere un tavolo da ricalco massonico del tipo usato nel XVIII secolo. In ogni caso, indagammo in tono indifferente sulla prevalenza della Massoneria nella zona: al che il libro fu rapidamente chiuso con discrezione e la nostra domanda venne elusa con un'alzata di spalle.

    Chiedemmo ai nostri ospiti se potevano dirci qualcosa riguardo all'isola. Non molto, risposero. Sì, c'erano dei ruderi di qualche tipo là fuori. E sì, c'erano alcune tombe, ma non molte. E non molto vecchie. Anzi, ci disse la coppia, la maggior parte delle tombe era piuttosto recente. Ma l'isola, dissero, sembrava avere effettivamente una speciale importanza. Non si azzardarono a ipotizzare quale potesse essere. Ogni tanto, riferirono, venivano portati corpi da molto lontano per essere sepolti lì: a volte arrivavano persino in aereo attraverso l'Atlantico dagli Stati Uniti.

    Chiaramente tutto questo non aveva niente a che fare con i Templari del XIII o XIV secolo. Nondimeno, era interessante. Naturalmente, poteva trattarsi di una semplice tradizione delle famiglie locali, i cui discendenti, secondo un rituale o un uso ormai stabilito, venivano sepolti nel suolo natio. D'altro canto, c'era la possibilità che vi fosse sotto qualcosa di più, qualcosa in rapporto forse con la Massoneria, che i nostri ospiti erano palesemente poco inclini a discutere. Avevano una loro barca che usavano per pescare. Chiedemmo se potevamo noleggiarla, o se potevano portarci fino all'isola. Da principio, si mostrarono un po' riluttanti, asserendo nuovamente che non avremmo trovato nulla d'interessante, ma infine, forse contagiato dalla nostra curiosità, l'uomo si offrì di portarci all'isola mentre sua moglie preparava un altro bricco di tè.

    L'isola si rivelò una delusione. Era estremamente piccola, non più di trenta metri da un capo all'altro. Conteneva effettivamente i ruderi di una minuscola cappella, ma consistevano soltanto in qualche pezzo di muro sporgente pochi palmi da terra. Non c'era modo di stabilire se un tempo le poche rovine coperte di muschio fossero davvero una cappella dei Templari. Erano sicuramente troppo piccole per aver ospitato una comunità.

    Quanto alle tombe, la maggioranza era di data relativamente recente, come ci avevano detto. Le più antiche risalivano al 1732, le più recenti agli anni Sessanta. Ricorrevano alcuni cognomi: Jameson, McAllum, Sinclair. Su una lapide dell'epoca della prima guerra mondiale, c'erano una squadra e un compasso massonici. L'isola aveva ovviamente qualcosa a che fare con le famiglie locali, alcune delle quali, probabilmente per caso, erano legate alla Massoneria. Ma non c'era niente che si potesse collegare con i Templari, certamente niente che confermasse la storia di un loro cimitero. Ammesso che il luogo nascondesse qualche mistero, sembrava locale e di secondaria importanza.

    Delusi e frustrati, decidemmo di trovare un alloggio per la notte, riordinare le idee e, se possibile, capire come le informazioni che avevamo ricevuto potessero essere così palesemente inesatte. Proseguimmo lungo la riva orientale di Loch Awe, verso la strada che conduceva a Loch Fyne e poi a Glasgow. Ormai stava per fare buio. Ci fermammo in un villaggio chiamato Kilmartin oltre l'estremità meridionale del lago e chiedemmo dove potevamo trovare un posto per dormire. Venimmo indirizzati ad una grande casa trasformata in albergo, poche miglia oltre la cittadina, vicino ad alcuni antichi tumuli celtici. Dopo aver fissato una stanza, tornammo a Kilmartin per bere qualcosa al pub.

    Sebbene più grande di Portinnisherrich, anche Kilmartin era poco più di un villaggio, con una stazione di servizio, un pub, un buon ristorante e un paio di dozzine di case tutte concentrate su un lato della strada. Dall'altro lato sorgeva una grande chiesa parrocchiale con un campanile. L'intero edificio era stato costruito, o ampiamente restaurato durante il secolo scorso.

    Non ci aspettavamo di scoprire niente d'importante a Kilmartin ed entrammo nel cimitero per pura curiosità. Invece lì, non su un'isola in un lago, ma nel cimitero di una chiesa parrocchiale, erano file e file ordinate di pietre tombali orizzontali, molto rovinate dalle intemperie. Ce n'erano più di ottanta. Alcune erano talmente affondate nel terreno che l'erba vi stava già crescendo sopra. Altre erano ancora intatte e spiccavano in mezzo alle lapidi verticali e alle tombe di famiglia più moderne. Molte pietre, specie quelle più recenti e meglio conservate, erano riccamente scolpite: motivi decorativi, emblemi di famiglia o di clan, un guazzabuglio di simboli massonici. Altre erano completamente levigate dal tempo. Ma a noi interessavano quelle che avevano come unica decorazione una semplice e austera spada diritta.

    Queste spade variavano di dimensioni e a volte di disegno, seppure leggermente. Secondo l'uso dell'epoca, la spada del morto veniva deposta sulla tomba e il suo contorno veniva inciso nella pietra e poi cesellato. Quindi, l'intaglio rispecchiava esattamente le dimensioni, la forma e lo stile dell'arma originaria. Era questa nuda spada anonima che contrassegnava le pietre più antiche, quelle più consunte, patinate ed erose dalle intemperie. Su quelle più recenti, alla spada erano stati aggiunti nomi e date, poi motivi decorativi, emblemi di famiglia e di clan, simboli massonici. C'erano persino alcune tombe di donne. Sembrava proprio che avessimo trovato il cimitero dei Templari che stavamo cercando.

    La semplice esistenza delle file di tombe ben allineate a Kilmartin doveva sicuramente aver indotto altri visitatori a porsi delle domande. Chi erano i guerrieri sepolti lì? Perché ce n'erano tanti in un luogo così sperduto? Quali spiegazioni ne davano le autorità locali e gli studiosi di antichità? La targa nella chiesa faceva scarsa luce sulla questione. Diceva soltanto che le lastre di pietra più antiche risalivano al Trecento circa, le più recenti all'inizio del Settecento. «Quasi tutte», concludeva la targa, «sono opera di un gruppo di scultori che lavorava intorno a Loch Awe alla fine del XIV e XV secolo». Quale gruppo di scultori? Se si sapeva che avevano costituito un vero e proprio gruppo organizzato, come tutto faceva pensare, sicuramente si doveva sapere qualcosa di più su di loro. E non era piuttosto insolito per degli scultori di riunirsi in gruppi, se non per uno scopo specifico o sotto una specifica egida: ad esempio, quella di una corte regale o aristocratica, o di un ordine religioso? In ogni caso, se la targa era vaga su chi aveva scolpito le pietre, era ancora più vaga su chi vi era sepolto sotto. Non diceva nulla.

    Anche se i libri, i film e la storia romanzata possono dare un'altra impressione, le spade erano oggetti rari e costosi all'inizio del XIV secolo. Ogni guerriero non ne possedeva necessariamente una. Molti erano troppo poveri e dovevano usare asce o lance. Né, se per quello, esisteva una fiorente industria delle armi in Scozia a quell'epoca, e specialmente in questa parte della Scozia. Quasi tutte le lame allora in uso nel paese dovevano essere importate e questo le rendeva ancora più costose. Considerati tutti questi fatti, le tombe di Kilmartin non potevano essere quelle di semplici fantaccini, l'equivalente trecentesco della carne da cannone. Al contrario, gli uomini commemorati dalle lapidi dovevano appartenere a una classe sociale abbastanza elevata: persone ricche, possidenti agiati, se non cavalieri a pieno titolo.

    Ma era plausibile che uomini ricchi e di classe sociale elevata venissero sepolti in tombe anonime? Molto più di oggi, le persone importanti nel XIV secolo si gloriavano della loro famiglia, dei loro antenati, del loro lignaggio; e questo era vero soprattutto in Scozia, dove le affiliazioni e i rapporti di clan avevano un peso particolare e dove veniva talvolta attribuita un'importanza ossessiva all'identità e alla discendenza. Simili cose venivano insistentemente sottolineate durante la vita e debitamente ricordate dopo la morte.

    Infine, perché a Kilmartin le tombe più antiche - quelle anonime, contrassegnate soltanto dalla spada - erano del tutto prive di simboli cristiani, persino di un simbolo basilare come la croce? In un'epoca in cui l'egemonia della Chiesa sull'Europa occidentale era praticamente assoluta, soltanto le tombe con effìgi scolpite non venivano adornate con l'iconografia cristiana; e tali tombe si trovavano invariabilmente nelle chiese o nelle cappelle. Le tombe di Kilmartin, invece, erano situate all'aperto, erano prive di effigi e tuttavia erano prive di decorazioni religiose. L'elsa della spada stava forse a indicare una croce? O erano tombe di uomini considerati, in un senso o nell'altro, non proprio cristiani?

    Dal 1296 in poi, sir Neil Campbell, l'amico, alleato e poi cognato di Bruce, era stato balivo di Kilmartin e Loch Awe, e dato che una delle sue sedi era proprio Kilmartin, sarebbe stato logico supporre che le tombe più antiche fossero quelle degli uomini di sir Neil. Ma questo non varrebbe a spiegare il loro anonimato, né l'assenza di simboli cristiani. A meno che, naturalmente, gli uomini che servivano sotto di lui non fossero nativi del luogo, non fossero cristiani nel senso convenzionale del termine e avessero qualche ragione per mantenere l'anonimato, anche dopo morti.

    Nel corso della nostra ricerca avevamo esplorato quasi tutti i ruderi delle Case templari ancora esistenti in Inghilterra e molti di quelli situati in Francia, Spagna e Medio Oriente. Conoscevamo, quasi a sazietà, tutte le varietà di scultura templare, emblemi templari, ornamenti templari e, nei pochi luoghi dove si potevano ancora trovare, tombe templari. Tali tombe mostravano le stesse caratteristiche di quelle di Kilmartin. Erano invariabilmente semplici, austere, prive di decorazioni. Spesso, ma non sempre, erano contrassegnate dalla semplice spada diritta. Erano sempre anonime. In realtà, era proprio il loro anonimato a distinguere le tombe dei Templari dai monumenti e dai sarcofaghi di altri nobili, ornati d'iscrizioni e decorazioni elaborate. I Templari erano, dopo tutto, un ordine monastico, una società di monaci guerrieri, di mistici soldati. Si presumeva che, sia pure in teoria, avessero rinunciato, almeno come individui, ai simboli e alle vanità del mondo materiale. Quando una persona entrava nel Tempio, rinunciava effettivamente alla propria identità e si assoggettava alla regola dell'Ordine. L'immagine nuda e disadorna della spada voleva essere una testimonianza della pietà ascetica e dell'abnegazione che regnavano fra i membri dell'Ordine.

    Gli storici, specialmente quelli massoni, avevano tentato lungamente di confermare o smentire una volta per tutte la teoria secondo cui i Templari erano sopravvissuti in Scozia dopo che l'Ordine era stato ufficialmente soppresso altrove. Ma questi storici si erano limitati a cercare (ed esaminare) documenti, non avevano svolto ricerche sul campo. Non stupisce il fatto che non trovassero alcuna prova conclusiva in un senso o nell'altro, giacché quasi tutta la relativa documentazione era andata perduta o distrutta, ovvero era stata soppressa, falsificata o deliberatamente screditata. D'altro canto, gli storici dell'Argyll, che conoscevano l'esistenza delle tombe a Kilmartin, non avevano avuto motivo di pensare ai Templari, giacché non risultava che fossero stati attivi, e nemmeno presenti, nella regione. Per quanto riguardava le loro basi europee, i Templari erano più forti in Francia, Spagna, Germania, Italia e Inghilterra. I loro possedimenti ufficiali in Scozia erano, almeno secondo gli archivi facilmente accessibili, molto più a est, nei pressi di Edimburgo e Aberdeen. Non ci sarebbe stato motivo di supporre che un'enclave dell'Ordine fosse esistita nell'Argyll, a meno di non effettuare una ricerca specifica. Sembrava, quindi, che le tombe di Kilmartin avessero serbato il loro segreto, sfuggendo ai ricercatori storici di entrambi i campi: i cronisti dei Templari e della Massoneria da un lato e, dall'altro, i cronisti della regione circostante, che non avevano ragione neppure di pensare ai Templari.

    Inutile dire che eravamo molto eccitati dalla nostra scoperta. E ci appariva tanto più significativa in quanto sembrava che non riguardasse soltanto i Templari. A Kilmartin, un filo logico collegava apparentemente le tombe più antiche (le presunte tombe di Templari) con quelle più recenti, ornate con blasoni di famiglia, emblemi di clan e simboli massonici. Le più antiche sembravano sfumare gradatamente nelle più recenti, o piuttosto sembrava che le più recenti fossero derivate dalle più antiche attraverso un processo evolutivo di assimilazione e accrescimento. I motivi ornamentali erano essenzialmente gli stessi che diventavano semplicemente più elaborati con il passare degli anni; le decorazioni più recenti non rimpiazzavano la spada, ma si aggiungevano ad essa. Le tombe di Kilmartin sembravano una muta ma eloquente testimonianza di un progressivo sviluppo: l'attestato di una storia che abbracciava quattro secoli, dall'inizio del Trecento all'inizio del Settecento. Quella sera, al pub, tentammo di decifrare la cronaca scolpita nelle pietre.

    Potevamo esserci realmente imbattuti in un'enclave di Templari fuggiaschi che, dopo lo scioglimento dell'Ordine, avevano trovato rifugio in quella che era allora la selvaggia regione dell' Argyll? Potevano aver accolto altri profughi dall'estero? L'Argyll, sebbene difficile da raggiungere via terra all'inizio del Trecento, era facilmente accessibile dal mare e i Templari possedevano una considerevole flotta che non fu mai trovata dai loro persecutori in Europa. Le verdi colline e le vallette boscose intorno a noi avevano forse ospitato un tempo un'intera comunità di Cavalieri dal bianco mantello, come una tribù perduta o una città perduta in un romanzo d'avventura; e l'Ordine si era forse perpetuato qui, con tutti i suoi rituali e le sue osservanze? Ma perché si perpetuasse oltre una singola generazione, i Cavalieri avrebbero dovuto secolarizzarsi, o almeno avrebbero dovuto abrogare il loro voto di castità e sposarsi. Questo faceva forse parte del processo che le tombe testimoniavano: il graduale matrimonio di Templari fuggiaschi con membri del sistema dei clan? E da quell'alleanza fra i Templari e i clan dell'Argyll poteva essere nato uno degli intricati viluppi che avevano portato più tardi alla Massoneria? A Kilmartin non potevamo forse trovarci di fronte a una concreta risposta a uno dei più complessi quesiti della storia europea: le origini e lo sviluppo della Massoneria stessa?

    Non includemmo alcuna delle nostre scoperte nella sceneggiatura del film che, ormai, era già stata parzialmente scritta. Inoltre, il documentario era orientato principalmente verso i Templari della Terra Santa e della Francia. E se quello che avevamo scoperto in Scozia fosse risultato valido, avrebbe meritato, a nostro giudizio, un film a parte. Per il momento, tuttavia, avevamo soltanto una teoria plausibile che non eravamo in grado di confermare, in mancanza di una documentazione immediatamente accessibile.

    Nel frattempo erano intervenuti altri progetti, altri impegni e le nostre scoperte in Scozia vennero messe ancora più in disparte. Ma non le perdemmo mai di vista. Continuavano a ossessionarci e a catturare la nostra immaginazione. Durante i nove anni successivi, continuammo a raccogliere ulteriori informazioni, sia pure in modo saltuario.

    Consultammo l'opera di Marion Campbell, probabilmente la più importante storica locale della regione, e avviammo una corrispondenza personale con lei. Ci consigliò di andare cauti e non giungere a conclusioni premature, ma trovò interessante la nostra teoria. Se negli archivi non esisteva traccia di possedimenti terrieri dei Templari nell'Argyll, disse, questo indicava più probabilmente una mancanza di documentazione che un'assenza dei Templari. E riteneva effettivamente possibile che l'arrivo dei Templari nella regione servisse a spiegare l'improvvisa apparizione della spada anonima fra le decorazioni e i motivi celtici più tradizionali e familiari.¹

    Consultammo anche le altre pubblicazioni esistenti sulle pietre di Kilmartin, dalle ricerche degli studiosi di antichità dell'Ottocento a un'opera più recente, pubblicata nel 1977 sotto gli auspici della Regia Commissione per i Monumenti Antichi e Storici della Scozia.² Con nostro disappunto, quasi tutto questo materiale si concentrava principalmente sulle pietre più recenti e più riccamente decorate. Quelle più antiche, contrassegnate dalla semplice spada anonima, venivano largamente ignorate, non foss'altro perché non se ne sapeva nulla e nessuno aveva granché da dire in proposito. Nondimeno, alcuni fatti importanti emersero. Apprendemmo da Marion Campbell, ad esempio, che originariamente le pietre nel cimitero di Kilmartin non erano situate lì. Alcune erano all'interno della chiesa, o piuttosto all'interno di una chiesa molto più antica. Altre erano sparse in tutta la campagna circostante ed erano state trasferite nel cimitero soltanto in un secondo tempo. Apprendemmo anche che Kilmartin non era l'unico cimitero del genere nella regione. In realtà, ce n'erano ben sedici. Ma sembrava che a Kilmartin vi fosse la massima concentrazione di pietre antiche, contrassegnate dalla spada anonima.

    Si potevano trarre solo tre conclusioni sicure. La prima era che l'origine degli intagli, soprattutto di quelli più antichi, rimaneva un mistero. La seconda, su cui concordavano praticamente tutti, era che questi intagli più antichi datavano dall'inizio del XIV secolo: l'epoca di Robert Bruce in Scozia e della soppressione dei Cavalieri Templari altrove in Europa. La terza conclusione era che le tombe con la spada anonima rappresentavano uno stile nuovo, un nuovo sviluppo nella regione che era apparso all'improvviso e inspiegabilmente, sebbene le comunità dei Templari altrove usassero quel disegno prima della sua improvvisa comparsa nell'Argyll. Lo avevamo già visto, in un contesto precedente alle pietre più antiche di Kilmartin, in un luogo vicino a noi come Tempie Garway, in Herefordshire, che era indiscutibilmente templare.³

    In Incised Effigial Slabs in Latin Christendom* (1976), il defunto F.A. Greenhill pubblicò i risultati di una vita intera spesa a catalogare le tombe medievali in tutta Europa, dal Baltico al Mediterraneo, da Riga a Cipro. Fra le 4460 tombe elencate e descritte, ne trovò alcune senza iscrizioni, ma erano estremamente rare. Le pietre tombali militari erano ancora più rare. In Inghilterra, ad esempio, ne aveva trovate soltanto quattro, senza contare quella di Garway, di cui non era a conoscenza. In Irlanda ne aveva trovato una sola. In tutta la Scozia eccetto l'Argyll, ne aveva trovato ugualmente una. Nell'Argyll aveva trovato sessanta pietre tombali militari anonime. Era quindi chiaro che la concentrazione di pietre a Kilmartin e luoghi adiacenti era veramente unica. Quasi altrettanto unica era la straordinaria concentrazione di tombe massoniche.

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