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Misteri, segreti e storie insolite di New York
Misteri, segreti e storie insolite di New York
Misteri, segreti e storie insolite di New York
E-book243 pagine3 ore

Misteri, segreti e storie insolite di New York

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Info su questo ebook

Dai serial killer alle gang del Bronx, da Hell’s Kitchen alle leggende di Chinatown
Ogni pagina sulla Grande Mela è come un film

Tutte le curiosità sulla città che non dorme mai

La luce dei grattacieli sembra far risplendere tutto, eppure nelle vie di New York ci sono angoli bui difficili da illuminare. Sono luoghi misteriosi, spesso dannati: il volto oscuro della Grande Mela. Ma la città che non dorme mai è famosa anche per i suoi monumenti misteriosi e leggendari. Perché non esiste altro posto al mondo che possa raccontare più storie di New York: ogni sua pietra, albero, lampione ci dice qualcosa, così come ogni persona che abbia vissuto o che sia anche solo passata fugacemente per le sue strade. Gianfranco Cordara dipinge il ritratto di una New York insolita e segreta mai scoperta fino in fondo, dove i personaggi della letteratura e del cinema sfilano accanto alle persone reali, e tra i palazzi che si stagliano nel cielo e i cunicoli della città sotterranea vivono misteriose creature, gangster sanguinari, fantasmi del passato…


Gianfranco Cordara
Giornalista e sceneggiatore, vive tra Milano e New York. Nel corso degli anni si è dedicato alla scrittura creativa come autore di fumetti, cartoni animati, fiction televisive e saggi. È docente del corso di Scrittura del fumetto presso l’Università Cattolica di Milano. Attualmente è Global Publisher, nonché responsabile dello sviluppo di progetti editoriali e digitali. Con la Newton Compton ha pubblicato 101 cose da fare a New York almeno una volta nella vita.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854160071
Misteri, segreti e storie insolite di New York

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    Anteprima del libro

    Misteri, segreti e storie insolite di New York - Gianfranco Cordara

    EM181cover.jpgcollanamanuali

    181

    Prima edizione ebook: dicembre 2013

    © 2013 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    Cartine: © Adriana Farina

    ISBN 978-88-541-6007-1

    www.newtoncompton.com

    Edizione digitale a cura 

    del Service editoriale il Quadrotto, Roma

    fronte.pngmarchio.tif

    Newton Compton editori

    mappa_ny_isole_.tif

    Punti di interesse a Staten Island, Brooklyn e nella baia del fiume Hudson. Nel tondo sono indicati i punti di interesse nel Suffolk, a est di Brooklyn (qui e nelle pagine che seguono i numeri con le bandierine si riferiscono alla legenda delle pagine 10 e 11).

    mappa_ny_lowermanhattan_.tif

    Punti di interesse a Lower Manhattan.

    mappa_ny_uppermanhattan_.tif

    Punti di interesse nell’Upper Manhattan.

    SULLE TRACCE DEI

    MISTERI DI NEW YORK

    1. bandierina.tif Il fascino austero di una vecchia signora Europea (Statua della Libertà)

    2. bandierina.tif L’isola dei senza nome (Ellis Island)

    3. bandierina.tif Il cuore verde della città (Central Park)

    4. bandierina.tif Empty State Building

    5. bandierina.tif I misteri di Chinatown

    6. bandierina.tif I segreti del Waldorf Astoria

    7. bandierina.tif Il sapore unico dei bagel

    8. bandierina.tif Il sanguinoso intreccio di Five Points

    9a. bandierina.tif I tesori nascosti nei vicoli della città (Pomander Walk)

    9b. bandierina.tif I tesori nascosti nei vicoli della città (Lotus Garden)

    10. bandierina.tif Nuova Amsterdam, vecchia New York (Battery Park)

    11. bandierina.tif Il mondo parallelo di Kymaerica

    12a. bandierina.tif I segreti di ponti e tunnel (Brooklyn Bridge)

    12b. bandierina.tif I segreti di ponti e tunnel (Queensboro Bridge)

    12c. bandierina.tif I segreti di ponti e tunnel (Holland Tunnel)

    12d. bandierina.tif I segreti di ponti e tunnel (Lincoln Tunnel)

    12e. bandierina.tif I segreti di ponti e tunnel (Verrazzano Bridge)

    13. bandierina.tif La stazione che non c’è (Grand Central Station)

    14. bandierina.tif La sfida per l’anima della città (Washington Square)

    15. bandierina.tif Il parco sotto la città (The Lowline)

    16a. bandierina.tif Strange buildings (Guggenheim Museum)

    16b. bandierina.tif Strange buildings (Flatiron Bldg)

    16c. bandierina.tif Strange buildings (Austrian Cultural Forum)

    17. bandierina.tif La holding del crimine di Charlie Lucky

    18. bandierina.tif Con ogni mezzo necessario? (Teatro Audubon)

    19. bandierina.tif La terribile Summer of Sam

    20. bandierina.tif I Westies e le altre gang di strada (Hell’s Kitchen)

    21. bandierina.tif La tragica fine di John Lennon (Dakota Building)

    22. bandierina.tif La lunga notte di Rubulad

    23. bandierina.tif Si vola con i Bandaloop

    24. bandierina.tif Tutti dicono «INY» (MoMA)

    25. bandierina.tif Le misteriose frecce di Yellow Arrow

    26a. bandierina.tif L’esclusività del Made in ny (Tender Buttons)

    26b. bandierina.tif L’esclusività del Made in ny (Nat Sherman)

    26c. bandierina.tif L’esclusività del Made in ny (M&M’s Store)

    27. bandierina.tif La galleria dei sussurri (Grand Central Terminal)

    28a. bandierina.tif Il misterioso universo di Edgar Allan Poe (Edgar Allan Poe Cottage)

    28b. bandierina.tif Il misterioso universo di Edgar Allan Poe (The Village)

    29. bandierina.tif Il fantasma di Gertrude Tredwell

    30. bandierina.tif L’esoterismo della Theosophical Society

    31. bandierina.tif Le piccole, grandi magie di Houdini (Hippodrom Theatre)

    32a. bandierina.tif Lo straordinario fascino delle leggende ebraiche (Kabbalah Center)

    32b. bandierina.tif Lo straordinario fascino delle leggende ebraiche (B’nai B’rith)

    33a. bandierina.tif La triste parabola di Miss Manhattan (Civic Fame Statue)

    33b. bandierina.tif La triste parabola di Miss Manhattan (Memory Statue)

    33c. bandierina.tif La triste parabola di Miss Manhattan (Pomona Statue)

    34. bandierina.tif L’eterna domanda (Madison)

    35. bandierina.tif Una foto leggendaria (Times Square)

    36. bandierina.tif Amori e bande di quartiere in West Side Story

    37. bandierina.tif Lo straordinario connubio arte e vita di White&Angell (New Yorker Magazine)

    38. bandierina.tif Lo strano lavoro del Love Conductor

    39. bandierina.tif I segreti di Walt Whitman

    40. bandierina.tif La maledizione di Henry Clay Frick (Frick Collection)

    41. bandierina.tif La tragica vita di Dylan Thomas (Chelsea Hotel)

    42. bandierina.tif Il mistero delle opere scomparse di Salinger (Central Park Lake)

    43. bandierina.tif Il fantasma di Banksy (Village)

    44. bandierina.tif La maledizione del bambino (Yankee Stadium)

    45. bandierina.tif I famigerati coccodrilli bianchi delle fogne di New York

    46. bandierina.tif Broadway Horror Story (Majestic Theatre)

    47. bandierina.tif Cropsey, l’uomo nero dei boschi alla periferia di ny

    48. bandierina.tif L’elaborazione fantasmatica dell’11 settembre

    49. bandierina.tif Il mistero degli uomini talpa

    50. bandierina.tif Gli antichi misteri dei Cloisters

    51. bandierina.tif L’enigma delle bombole di azoto (Times Square)

    52. bandierina.tif Che cos’è una bodega?

    53. bandierina.tif Una questione di numeri (Lower-Lower Manhattan)

    54. bandierina.tif L’oro segreto di New York (Federal Reserve)

    55a. bandierina.tif Lo scrigno magico degli Indoor Gardens (IBM Plaza)

    55b. bandierina.tif Lo scrigno magico degli Indoor Gardens (Winter Garden Atrium)

    55c. bandierina.tif Lo scrigno magico degli Indoor Gardens (Trump Tower)

    56. bandierina.tif Perché i tombini fumano? (Con Edison)

    57. bandierina.tif Il parco senza nome

    58. bandierina.tif Alla ricerca del tempo in Union Square

    A mio nonno Achille, che mi ha insegnato l’amore per i viaggi e per le storie.

    Era troppo per crederla vera; così complicata,immensa, insondabile. E così bella, vista da lontano: canyon d’ombra e di luce, scoppi di sole sulle facciate in cristallo, e il crepuscolo rosa che incorona i grattacieli come ombre senza sfondo drappeggiate su potenti abissi.

    Jack Kerouac, Sulla strada

    INTRODUZIONE

    New York è una città costruita sulle storie. Quelle sussurrate dalle nonne ebree nei piccoli appartamenti del Lower East Side e quelle urlate dai tassisti pachistani che corrono sulle avenue, nelle notti illuminate dalle luci dei grattacieli; quelle eroiche dei wasp dell’Upper West Side, che raccontano come questa metropoli sia stata costruita di cemento e sogni, e quelle di battaglia, tramandate da italiani e irlandesi, che ricordano i tempi in cui anche un mancato saluto poteva portare a una guerra di strada; vicende misteriose, narrate in dialetti incomprensibili, intorno a una tazza di tè a Chinatown e imprese gloriose di campioni, martiri e guerrieri, come quelle incise sulle targhe, sulle statue e sulle steli sparse ovunque, in una città fatta di pietra.

    E non potrebbe essere altrimenti, per una metropoli che è stata edificata da gente che arrivava da ogni parte del mondo. Persone che portavano storie da terre lontane e mai dimenticate. Uomini e donne che arrivavano in vista di Lady Liberty con un paio di valigie di cartone e la speranza di una vita migliore. E ciascuna di queste storie si è fusa in una narrazione comunitaria, che ha dato alla Grande Mela un’identità precisa, e non l’ha resa semplicemente un porto di mare attraversato da mille etnie.

    Se chiedete a un newyorker da dove provenga, vi risponderà quasi con ovvietà «New York», anche se è arrivato in città due anni prima. E quelli che sono qui da generazioni preferiscono sempre dire che sono di New York, piuttosto che statunitensi, come se essere cittadini della Grande Mela segnasse una differenza ontologica con il resto del Paese. Del resto, perfino gli onnipresenti turisti hanno sempre delle storie da raccontare. Non conosco nessuno che sia stato a New York e non abbia almeno un aneddoto da condividere ogni volta che si parla di questo posto…

    E se si pensa al cinema, o ai romanzi, quante storie legate a New York ci vengono in mente? Che sia il giovane Holden Caulfield a passeggio per la città o il brutale Travis Bickle sul suo taxi, due innamorati che pattinano al Rockefeller Center o che si incontrano sulla cima dell’Empire State Building, non c’è inquadratura di questa metropoli che non abbia colonizzato il nostro immaginario collettivo.

    La spiegazione è semplice: ogni epoca ha bisogno di un posto che incarni ciò che Stephen King semplicemente definisce la «culla dei sogni». New York oggi è questo: il posto dove le cose succedono o dove vorremmo che succedessero. Dove l’insieme dei nostri sogni si nutre delle vite di ognuno. E poco importa se le singole vicende facciano parte della storia con la s maiuscola – come l’omicidio di John Lennon o l’attentato dell’11 settembre – oppure siano piccoli aneddoti di quartiere o leggende metropolitane raccontate da homeless ubriachi nel mezzanino di una metropolitana.

    New York è il crucible, il fulcro del nostro immaginario collettivo, ed è proprio da questo spunto che partiremo nel nostro viaggio raccontando storie inspiegabili e oscure, delitti e misteri, ma anche amori e vicende esemplari che questa città racconta a ogni angolo, su ogni pietra e in ogni cuore.

    Partiamo, allora, per questo viaggio, che ci porterà nei luoghi simbolo della Grande Mela, per conoscere le sue celebri star e perfino i criminali più sanguinari. Ma sarà soprattutto un viaggio virtuale nella narrazione perenne di questa città, come se alla fine di una storia passassimo alla successiva senza soluzione di continuità. Proprio come quando da un sogno si scivola dentro un altro…

    I SEGRETI DEI LUOGHI DA CARTOLINA

    IL FASCINO AUSTERO DI UNA VECCHIA SIGNORA EUROPEA

    Arrivare oggi nella Grande Mela in aereo toglie decisamente un elemento di grande appeal, di cui godevano invece i viaggiatori sulle navi in ingresso nel porto di New York, e con esso nel Nuovo Mondo: essere accolti da Lady Liberty. La storia della Libertà che illumina il mondo è certamente nota: regalata dalla Francia agli Stati Uniti nel 1886, oggi la Statua della Libertà è certamente uno dei simboli più conosciuti universalmente.

    Eppure, anche uno dei monumenti più celebri nasconde segreti e misteri… Per esempio, quello che riguarda l’errore, commesso in fase di progettazione, nella scelta del materiale con cui rivestire la struttura portante. No, il verde smeraldo non era voluto sin dal principio: la statua doveva essere di bronzo, di un bel marrone caldo, così che, per chi la vedeva giungendo dal mare, potesse distinguersi dal profilo delle onde e riflettere il sole. Nonostante una meticolosa opera di realizzazione, il processo di ossidazione e la salinità del mare hanno velocemente corroso e indebolito le placche, mutandone il colore in quel verde rame che per noi, turisti di oggi, rappresenta Lady Liberty. E pensare che questi pannelli, così sottili e fragili, furono sostituiti nel tempo andando a recuperare le lastre dai tetti delle fabbriche del New Jersey, che per la loro vicinanza al mare avevano assunto lo stesso colore.

    Quella della Statua della Libertà a New York è una storia, come si è visto, abbastanza recente: il brevetto numero 11.023 venne registrato nel febbraio del 1879, ma i lavori iniziarono nei magazzini della Gaget, Gauthier & Cie nel 1875. Per oltre dieci anni, lavorarono alla realizzazione della Statua nella sua versione grande, perché quella piccola si può trovare in due copie sulle sponde della Senna, a Parigi: presso i giardini del Lussemburgo e vicino al Pont de Grenelle. E anche le prime versioni in miniatura della Statua furono commercializzate proprio dalla ditta Gaget, Gauthier & Cie, da cui pare che sia derivato in seguito il sostantivo inglese gadget.

    A New York una riproduzione di più modeste dimensioni era stata commissionata da William H. Flattau come decorazione per la propria abitazione, ed è rimasta esposta fino al 2002 sulla Sessantaquattresima strada West di Manhattan, prima di essere spostata nel museo di Brooklyn. Oggi, dopo la tragedia del 2001, la Statua è stata dedicata a tutti i vigili del fuoco che hanno fornito il loro aiuto durante le operazioni di salvataggio delle vittime del World Trade Center.

    Quando la statua, quella grande, fu ultimata nel cantiere francese, venne smantellata per permetterne il trasporto via nave fino a New York. Furono necessarie duecentoquattordicii casse, per un totale di trecentocinquanta pezzi. La Statua, secondo il progetto francese, era priva del basamento su cui è attualmente collocata a Liberty Island. In un primo progetto era prevista la realizzazione in granito ma, per via dell’oneroso costo dei materiali, l’approvazione dei lavori tardava ad arrivare. Fu necessario l’impegno di Joseph Pulitzer che, dalle pagine del suo giornale, il «New York World», invitò i cittadini a partecipare economicamente alla costruzione almeno del basamento, affinché la Statua diventasse davvero il simbolo della città e dei suoi abitanti. La volontà del famoso giornalista era che Lady Liberty non restasse solo un omaggio dei miliardari francesi che avevano sovvenzionato il progetto, ma diventasse il regalo di un popolo a un altro: una solidarietà che attraversava e univa i due Paesi, nonostante la distanza oceanica.

    La campagna di sensibilizzazione promossa da Pulitzer consentì di raccogliere i centomila dollari necessari per la realizzazione del piedistallo, che nel 1885 iniziò a prendere forma. La partecipazione alla costruzione della Statua fu stimata in ottantatré centesimi dell’epoca per ogni cittadino americano. Sul basamento gira una leggenda che ha un gusto tutto italiano: si dice, infatti, che il marmo adoperato fosse dell’isola della Maddalena, in Sardegna. L’anno del centenario, nel 1986, un sopralluogo del proprietario delle cave di Santo Stefano, Pasqualino Serra, ha smentito questa leggenda, che voleva in qualche modo legare a doppio filo il simbolo della città con l’Italia. Presso gli archivi, infatti, non si trova traccia di un solo documento che attesti il trasporto, la consegna, la partenza del carico di marmo. In verità, il materiale era stato prelevato dalla cava granitica di Stony Creek, in Connecticut.

    Quindi, a dieci anni dall’inizio della costruzione nel cantiere in Francia, Lady Liberty era pronta a ergersi sul mare per indicare la rotta verso New York: come un palazzo di ventidue piani, trecentocinquantaquattro gradini per salire dai piedi fino in cima. La Statua è ricca di simboli, a partire dalla corona dai sette raggi, che rappresentano i sette mari. Uno di questi elementi, proprio perché isolato dal resto della struttura, in un giorno di forte vento andò a cozzare contro il braccio che sostiene la fiaccola: se sollecitato da raffiche intense, infatti, può oscillare fino a dodici centimetri, sufficienti a spostarlo e così a danneggiarlo a causa dell’urto. Ma a parte questo episodio isolato, la Statua, nonostante la struttura sia interamente cava e i pannelli di rivestimento molto sottili, non ha riportato altri danni.

    In fase di progettazione, la Statua della Libertà avrebbe dovuto fungere da faro per le navi in arrivo a ny ma, anche a seguito delle implementazioni all’impianto elettrico, la fiaccola risultò troppo delicata e non riusciva illuminare a sufficienza. A peggiorare la situazione, nel 1916 un gruppo di incursori tedeschi la sabotò facendo esplodere delle cariche proprio nella mano. Oggi la fiaccola originaria è in mostra nel museo dell’isola ed è stata sostituita da una copia.

    Nella mano sinistra, Liberty regge una tavola sulla quale è incisa la data in numeri romani della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America, simbolo della legge. Il viso così serio e sicuro e la posa tanto autoritaria sono state ispirate dalla madre di Bartholdi, lo scultore autore dell’opera. Si dice, però, che la madre si ritenesse troppo anziana per fungere da modella. Al suo posto, Bartholdi utilizzò allora la cameriera personale della madre, e poi la sposò in seconde nozze.

    Lo scultore, fervente repubblicano, fu iniziato nel 1875 al rito massonico, e una leggenda lega strettamente le sembianze da lui donate alla Statua all’interpretazione biblica della città di Babilonia. Secondo questa teoria recente, infatti, il volto della Statua della Libertà sarebbe molto simile alla rappresentazione della divinità babilonese Ishtar, dea dell’amore e della guerra, derivata dall’omologa dea sumera Inanna. In molti si sono espressi sulle teorie massoniche presenti nell’architettura e nella progettazione urbanistica delle città americane. Ma in questo caso particolare, è stato il giornalista Richard Coombes a individuare in Liberty Lady la rappresentazione della dea babilonese. I simboli che la identificherebbero sarebbero, oltre alla corona a sette raggi, anche la torcia della libertà che illumina il mondo e, ancora, la sua posizione sull’isola lambita dall’oceano e il basamento a forma di stella a sei punte.

    L'ISOLA DEI SENZA NOME

    Se la Statua della Libertà era la prima cosa che gli immigrati in cerca di fortuna vedevano del Nuovo Mondo, il primo contatto con gli Stati Uniti era generalmente più traumatico, e rispondeva certamente al famigerato nome di Ellis Island: undicimila tra uomini, donne e bambini vi approdavano ogni giorno, con la speranza di poter entrare negli usa . Tra il 1892 e il 1924 era questa la media delle persone che sbarcava sull’isolotto, vera e propria porta d’accesso a un sogno. Si stima che in totale oltre dieci milioni di persone abbiano percorso quei corridoi e che circa tremilacinquecento bambini siano nati da madri in attesa di ottenere il tanto agognato visto verso la libertà.

    Oggi Ellis Island è uno straordinario museo dedicato alla costruzione della Land of the Free, con una grande biblioteca dove si può cercare per nome, cognome, città o Paese di provenienza gli immigrati che hanno transitato per l’enorme sala bianca cui si accede dalla banchina. E per chi non ha la fortuna di provare di persona le emozioni chiuse in quella mura, Ellis Island offre sul suo sito internet lo stesso servizio. Ma se percorrete quelle stanze, non potete non immaginare la Great Hall gremita di una folla urlante, come in una moderna Torre di Babele, che veniva via via smistata in dodici file, al termine delle quali un impiegato e un timbro

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