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Senza colpa
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E-book348 pagine4 ore

Senza colpa

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Info su questo ebook

The Hacker Series 

Al 1° posto nella classifica del New York Times
2 milioni di copie e traduzioni in tutto il mondo
Un fenomeno internazionale
Una storia d’amore sensuale
Una serie che dà dipendenza

Nonostante i suoi modi arroganti, il giovane e ricco hacker Blake Landon ha ottenuto la fiducia della donna che ama. Erica Hathaway ha abbassato le difese che le impedivano di fidarsi di Blake e aprirgli il suo cuore. Adesso è pronta per iniziare questo nuovo capitolo della sua vita, e determinata a non lasciare che nulla si frapponga tra loro, anche se questo significa dare a Blake quel controllo che desidera ardentemente dentro e fuori dalla camera da letto. Ma quando i demoni del suo passato tornano a chiedere il conto, Erica prende una decisione che potrebbe cambiare le loro vite per sempre. 

«Meredith Wild, la self-publisher che ha fondato un’impresa editoriale con la vendita dei suoi romanzi erotici.» 
New York Times

«Dopo le Sfumature arriva The Hacker Series di Meredith Wild, la saga disinibita e con un tocco d’amore scritta da Meredith Wild, mamma scrittrice partita dal self-publishing e arrivata a fondare una sua casa editrice.»
tuttoLibri - La Stampa

«In meno di tre giorni l’ho letto tutto, gustandomi questa storia d’amore estremamente sensuale e pericolosa al tempo stesso. Ho adorato questo libro e i suoi due protagonisti!»

«Letto tutto d’un fiato! Storia avvincente, ricca di suspense e amore! Veramente top!»

«La carica sessuale che scorre tra Blake ed Erica è quasi tangibile, con tanto di scintille e incendi pieni di passione. Ho amato il gioco di potere che si instaura tra i due. Anche il finale è stato una grossa sorpresa… mi ha lasciata a bocca aperta… letteralmente! Un libro che regala sorrisi, occhi a cuoricino e forti emozioni!»

«Tanto sentimento, tanta passione, tante scintille… ma Meredith Wild non si ferma qui! Al suo dolce aggiunge anche una bella fetta di azione, battute taglienti, un pizzico di suspense che non guasta mai, il tutto impreziosito da uno stile semplice, scorrevole e lineare, che si legge con incredibile piacere.»
Meredith Wildè un’autrice bestseller del «New York Times» e di «USA Today», tradotta in molti Paesi. Vive a Boston con il marito e i loro tre figli. Ha esordito nel self-publishing prima di firmare un importante contratto con il gruppo editoriale Hachette. Nel 2015 ha fondato la Waterhouse Press, piccola ma aggressiva casa editrice indipendente. La Newton Compton ha pubblicato i primi romanzi della Hacker Series: Senza difese e Senza colpa.
LinguaItaliano
Data di uscita28 apr 2016
ISBN9788854195875
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    Anteprima del libro

    Senza colpa - Meredith Wild

    1292

    Questo libro è un’opera di fantasia.

    Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione

    dell’autrice o sono usati in maniera fittizia.

    Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone,

    reali, viventi o defunte è del tutto casuale.

    Titolo originale: Hardpressed

    Copyright © 2013 by Meredith Wild

    This edition published by arrangement with

    Grand Central Publishing, New York, New York,

    USA

    .

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Mariacristina Cesa

    Prima edizione ebook: giugno 2016

    © 2016 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-9587-5

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Progetto grafico: Sebastiano Barcaroli

    Foto: © Shutterstock.com

    Meredith Wild

    Senza colpa

    The Hacker Series

    A Jonathan

    Capitolo uno

    «Non riesco a crederci, ma lo sto facendo di nuovo».

    Blake fece scivolare il braccio intorno alle mie spalle. Mi tirò a sé e mi rilassai nel suo calore familiare. Uscimmo dal suo ufficio e camminammo lungo la strada per qualche isolato. Si chinò per darmi un bacio di conforto sulla guancia. «Niente trucchi stavolta, promesso», mi disse.

    Risi e alzai gli occhi al cielo. «Davvero rassicurante».

    Gli credevo, però. Le ultime due settimane erano state intense, ma tra noi qualcosa era cambiato. Potevo scherzarci su, ma ormai aveva la mia totale fiducia. Dopo tutte le mie vivaci proteste e i disperati tentativi di resistere a quello che provavo nei suoi confronti, alla fine avevo ceduto. Avevo lasciato che si avvicinasse, perlomeno più di quanto avessi permesso a chiunque altro, e nessuna decisione mi era mai sembrata più giusta.

    Mi rivolse un sorriso malizioso. «Stai tranquilla. Non riuscirei mai a convincere Fiona a escogitare un altro stratagemma di quel tipo».

    Con un paio di pantaloni a pinocchietto bianchi e un top blu, Fiona, la sorella di Blake, ci aspettava davanti all’entrata di un caratteristico caffè. Ci fermammo all’altezza dell’ingresso. Sull’insegna si leggeva il nome

    MOCHA

    . Un giovane avventore aprì la porta, lasciando fuoriuscire un intenso aroma di caffè appena macinato e di cioccolata che appagò i miei sensi. Quasi mi dimenticai della nostra missione originaria, ma poi Fiona ci guidò verso una porta anonima accanto al caffè.

    «È di sopra». Ci spinse per una scala stretta che portava al secondo piano.

    «A chi appartiene l’edificio, Fiona?». Cercai di farla sembrare una domanda innocente, ma chi volevo prendere in giro? Il fatto che fossimo a pochi passi da una ricca fonte di caffeina era già un punto a suo favore, ma Fiona sapeva bene come la pensassi sul prendere in affitto locali da Blake o dai suoi soci. Mi fidavo di Blake, ma questo non significava che lui avesse smesso di considerarsi strettamente coinvolto nei miei affari in ogni minima occasione.

    Blake aveva le sue belle contraddizioni. Un attimo era dolce e di una tenerezza struggente, l’attimo dopo riusciva a mandarmi su tutte le furie con la sua mania di controllo compulsivo. Di giorno monitorava con estrema pignoleria la crescita della mia attività e poi, tutte le sere, era capace di scoparmi fino a farmi perdere la ragione nell’istante in cui varcavamo la soglia di casa. Devo dire che, a volte, avevo bisogno di entrambe le cose, ma non ero sicura di come mi sentivo riguardo a quella predominante presenza nella mia vita. Cedere totalmente mi spaventava, ma stavo imparando a essere più aperta, a fidarmi di lui il più possibile.

    Quel giorno, una parte di me, quella cui serviva distacco e indipendenza da Blake, voleva essere assolutamente certa che non mi stesse di nuovo incastrando.

    «Ti posso assicurare che Blake non ha nessuna quota in questa proprietà», mi rassicurò Fiona.

    Il che sembrava giusto e scontato ma, non molto tempo prima, mi aveva fatto prendere un bellissimo appartamento ristrutturato in un edificio in pietra arenaria a Commonwealth Avenue e Blake non solo era il proprietario del palazzo, ma anche un inquilino. La sottile linea di confine tra le nostre vite private e il lavoro era già abbastanza confusa. Su quello non trascendevo.

    «Mi fa piacere saperlo».

    Fiona rovistò nella borsa. Nonostante i miei timori, l’aspettativa cresceva. Aprì la porta ed entrammo. L’ambiente era lungo e stretto, quanto meno in confronto all’ufficio di Blake. L’aria era stantia e sembrava ci fosse bisogno di un urgente intervento di un’impresa di pulizie, tuttavia quello spazio mi apparve promettente. Alle mie spalle Blake sospirò.

    «Fiona, è davvero il meglio che hai trovato?».

    Lei gli scoccò un’occhiata infastidita.

    «Io ed Erica abbiamo, discusso il budget, la posizione e la metratura e questo è un buon compromesso. Ovviamente ha bisogno di un po’ di cure, ma devi ammettere che ha potenziale».

    Mi guardai intorno attentamente, immaginando le varie possibilità. Ero stata così occupata a portare avanti le cose, tutto il tempo dietro alle assunzioni, che non avevo avuto occasione di concedermi l’emozione per quel trasloco. Ma sarebbe stato divertente.

    «Mi piacciono i pavimenti in legno».

    «Sono sudici». Blake strusciò la suola della scarpa lasciando una traccia sulla polvere.

    «Prova a usare l’immaginazione, Blake. Dobbiamo solo dargli una ripulita e, con qualche miglioria, potrebbe veramente avere l’aspetto di uno studio».

    «Esattamente. I mattoni a vista sono sempre di tendenza», aggiunse Fiona.

    «Un po’ vecchiotto». Blake storse il naso.

    Risi e gli diedi un colpetto sulla spalla. «Trovami un edificio a Boston che non lo sia».

    L’ambiente era ben diverso dagli uffici moderni e rinnovati del Landon Group, ma da parte mia avevo aspettative più modeste e realistiche. Lo stato attuale lasciava molto a desiderare, ma con olio di gomito e qualche aggiustamento, sarebbe andato bene.

    Ci fermammo di fronte alle grandi finestre che davano sulla strada. Mi sentivo eccitata. Dare all’azienda una propria sede era una svolta importante e faceva sembrare molto più reale tutto quello che avevamo fatto fino a quel momento.

    Mi voltai per valutare la reazione di Fiona. «Credo che mi piaccia. Che ne pensi?».

    Fiona protese le labbra e si guardò intorno. «Il prezzo è buono e le opzioni della locazione ti lasciano margine di crescita. Tutto considerato, direi che è un buon affare. Ti ci vedi qui?»

    «Sì». Sorrisi, con rinnovata fiducia nelle sue capacità di agente immobiliare. In fin dei conti, avevo bisogno di uno spazio di lavoro comodo e abbordabile per il nuovo team di Clozpin, il social network sulla moda al cui sviluppo avevo dedicato l’intero anno passato.

    «Fammi fare qualche telefonata e vediamo se riesco ad abbassare un po’ il prezzo. Perché Blake ha ragione, qui serve una bella ripulita. Se poi hai intenzione di ristrutturarlo abbiamo qualche carta da giocare per la trattativa». Fiona tirò fuori il telefono e uscì sull’ingresso lasciandoci soli.

    «Non hai chiesto il mio parere». Blake mi rivolse un sorriso sbilenco.

    «Perché so già quello che pensi».

    «Potrei darti il doppio dei metri quadri e non dovresti neanche uscire dall’edificio per venirmi a trovare. E poi avresti un prezzo di favore che non credo potresti trovare in questa parte della città».

    Blake e il suo aiuto non richiesto in qualunque questione erano una causa persa. Certo, era autoritario, compulsivo e insistente come il diavolo, ma soprattutto era uno che doveva sistemare sempre tutto. Quando le persone cui teneva si trovavano in difficoltà o avevano bisogno di qualcosa, arrivava lui in soccorso, senza badare a spese.

    «Apprezzo la tua offerta. Davvero. Ma l’indipendenza non ha prezzo, Blake». Avevamo già avuto una conversazione di questo tipo e io mantenevo la mia posizione. Doveva aver fiducia in me e lasciare che me la cavassi da sola. Il discorso sulla fiducia valeva per entrambe le parti.

    «Ma tu potrai essere indipendente. Lo metteremo per iscritto».

    «In base alla mia esperienza, metterlo per iscritto mi obbliga soltanto a dipendere dalle tue ampie risorse per almeno un dato lasso di tempo». Blake mi aveva già incastrato con un contratto di affitto di un anno per l’appartamento, sebbene non avesse ancora incassato i miei assegni.

    «Chiamalo un controllo sull’affitto. Tu blocchi la rata da fidanzata per, diciamo, venti anni e poi possiamo trattare». Mi prese tra le braccia, premendomi saldamento contro il petto, le sue labbra a pochi centimetri dalle mie.

    Il mio battito accelerò. Non era più uno dei nostri soliti battibecchi per cercare di averla vinta sull’altro. Stavamo insieme solo da poche settimane e lui già pensava a una relazione a lungo termine? Socchiusi leggermente le labbra nel tentativo di fare un respiro profondo. Le parole di Blake e la sua vicinanza mandavano il mio mondo sottosopra, ogni volta. Nessuno aveva mai avuto quell’effetto su di me e stavo gradualmente imparando a godermi quelle montagne russe.

    «Bel tentativo», sussurrai.

    Lui ringhiò e chiuse la bocca sulla mia. Mi reclamava con una frenesia gentile, stuzzicandomi con piccoli colpi di lingua.

    «Tu mi fai impazzire, Erica».

    «Ah sì?», ansimai, cercando di non gemere mentre mi mancava l’aria.

    «Sì, in ogni maniera possibile. Usciamo da qui. Ci penserà Fiona a preparare le carte, se sei intenzionata ad affittare questo buco».

    Mi afferrò per i fianchi e mi schiacciò tra il suo corpo solido e il muro alle mie spalle. Non sapevo ancora cosa significasse per lui premermi contro superfici dure, ma mi piaceva da impazzire. Infilai la mano nei suoi capelli e ricambiai il bacio senza poter fare altro, perdendomi con estrema facilità nel suo abbraccio.

    Che ora poteva essere? Dove dovevamo andare dopo? Percorsi mentalmente tutti gli eventuali ostacoli che avrebbero potuto frapporsi tra me e ritrovarmi nuda insieme a Blake.

    La sua coscia si fece strada tra le mie gambe, esercitando la pressione perfetta perché la cucitura dei jeans mi sfregasse attraverso gli slip.

    «Oddio».

    «Giuro, se ci fosse una superficie pulita qui dentro ti scoperei all’istante».

    Ridacchiai. «Sei cattivo».

    Il suo sguardo si incupì. «Non sai quanto».

    «Ehm».

    Sulla soglia apparve Fiona, con gli occhi sgranati.

    Blake fece un passo indietro di colpo, lasciandomi stordita e leggermente frastornata. Per la prima volta lo vidi arrossire e passarsi le dita tra i capelli, imbarazzato per il fatto di essere stato sorpreso dalla sorella minore mentre perdeva il controllo.

    «Se voi due avete finito, ho fatto scendere il prezzo di altri duecento dollari. Possiamo prendere una decisione o volete vedere altri appartamenti in altri quartieri?».

    Mi raddrizzai, allontanandomi da Blake per avvicinarmi a lei, sapendo che più gli stavo lontana e meglio riuscivo a pensare.

    «Ho deciso. Lo prendo».

    «Sei nuova di questa parti?».

    La prosperosa ragazza dai capelli rossi che mi servì due latti macchiati crème brûlée fumanti interruppe il mio fiume di pensieri mentre controllavo ossessivamente le mail.

    «In un certo senso. Ho preso in affitto un ufficio al piano di sopra».

    «Bene. Io sto qui da qualche anno. Ho aperto il caffè con i miei genitori, ma ora loro sono in pensione, così siamo solo io e il personale».

    «Wow, congratulazioni. Non avevo capito che eri la titolare». L’avevo vista diverse volte da quando esploravo il quartiere e provavo il tragitto verso il lavoro. Okay, a quel punto ero ancora più ansiosa di spostarmi nel nuovo ufficio e l’invitante profumo che arrivava dal Mocha mi attirava immancabilmente all’interno.

    «Succede alla maggior parte delle persone. Restano piuttosto sorprese quando chiedono di parlare con un responsabile e si trovano sempre di fronte me».

    Ridemmo e le tesi la mano. «Mi chiamo Erica».

    «Simone. Questi li offre la casa».

    «Fantastico, grazie».

    «Di niente». Ritornò al banco, con quelle sue curve che persino io invidiavo. Simone era una bella presenza in quel posto e faceva un ottimo latte macchiato, per cui non passava inosservata. I clienti intorno a me la seguirono con lo sguardo fino a che non tornò a essere ben nascosta dal bancone.

    Liz entrò nel locale e mi trovò al tavolo.

    «Wow, che abbronzatura», dissi ammirata dalla sua abilità di sembrare sempre una modella in copertina, presumibilmente senza alcuno sforzo. In un modo o nell’altro le morbide onde dei suoi capelli biondi sembravano più chiare rispetto all’ultima volta in cui ci eravamo viste per un caffè.

    Io, invece, li portavo raccolti in una crocchia disordinata e indossavo il mio adorato paio di jeans e un top tinto a nodi, già pronta per le pulizie dell’ufficio prima dell’arrivo dei mobili.

    «Grazie! Barcellona è meravigliosa. Ci devi andare prima o poi. I miei genitori hanno preso in affitto una villa e fondamentalmente sono stata in spiaggia quasi tutto il tempo. Una goduria assoluta».

    «Sembra magnifico».

    «Allora, che cosa fai in questo periodo?». Bevve un sorso di latte.

    «Ho avuto il finanziamento per l’azienda, così ho trovato un ufficio e ora sto rinnovando e assumendo».

    «Cavolo, congratulazioni!».

    «Grazie».

    «Che figure stai cercando?»

    «Abbiamo un paio di nuovi programmatori, ma sto faticando molto a scegliere un direttore marketing. Nessuno mi ha entusiasmato finora e devo trovarlo al più presto. Non posso concentrarmi solo su quello con tutte le altre cose che ci sono da fare».

    «Oh, mio Dio, conosco la persona perfetta per te». Batté le mani e iniziò a frugare nella borsa.

    «Davvero?»

    «La mia amica Risa. Ha lavorato per una società di marketing le ultime due estati. Si è laureata con noi e al momento sta cercando un impiego. Va pazza per la moda. Ti piacerà».

    Inarcai un sopracciglio. Non è che io amassi proprio la moda. Certo, gestivo un social network di moda, però era lavoro. Essere ossessionati dalla moda era roba da Alli ma, dal momento che era proprio Alli la persona che dovevo sostituire, forse valeva la pena parlarci.

    «Sto cercando di sostituire la mia socia che si è trasferita a New York per lavoro, quindi dovrà accettare di assumersi un sacco di responsabilità per un ben misero stipendio iniziale. Non è proprio il posto dei sogni».

    Liz scosse il capo, imperterrita. «È perfetta, davvero. Ci dovresti parlare. Potrei sbagliarmi su quello che sta cercando, ma mettervi in contatto non farà male. Non si può mai sapere».

    Feci spallucce. «Va bene, ma non posso promettere nulla, okay?»

    «Assolutamente. Siamo amiche, ma non così in confidenza, per cui, se non dovesse andare, nessuno ci resterà male».

    «Okay, va bene».

    Aspettai che mi passasse il contatto dal suo cellulare e lasciai vagare la mente su tutto quello che c’era da fare prima che potessimo approntare il locale al piano di sopra.

    «Sono davvero felice che ci siamo ritrovate, Erica». Liz sorrise dolcemente, riportandomi alla realtà.

    «Anch’io».

    «Ho pensato molto a quanto mi avevi detto, mentre sono stata fuori». La sua espressione cambiò, i lineamenti si addolcirono. «Avrei dovuto capire meglio la situazione nel suo insieme. Non avevo niente con cui fare il paragone, per cui probabilmente non ho reagito come avrei dovuto. Mi dispiace di non esserti stata d’aiuto a superare tutto, ma ora voglio provare a essere un’amica migliore, se non è troppo tardi». Aveva abbassato la voce, anche se il locale era un mormorio continuo di altra gente immersa nelle proprie conversazioni.

    «No che non è tardi. Non preoccuparti».

    Respinsi le sue scuse e l’emozione che minacciavano di portare. Uno dei motivi per cui ci eravamo allontanate, tanto per cominciare, era il costante ricordo del periodo difficile della mia vita che avevo condiviso con lei. Volevo davvero dare alla nostra amicizia un’altra possibilità, ma speravo seriamente che non significasse dover rivivere il passato a ogni nostro incontro.

    «È una storia vecchia, Liz. L’ho superata e non mi interessa ritornarci sopra. Ho un milione di altre cose cui pensare ora».

    «Giusto», annuì. «Non so come fai. Non riesco a immaginare di gestire un’azienda. Non saprei neanche da che parte cominciare».

    «C’è sicuramente una curva di apprendimento, ma questo si può dire di qualsiasi cosa, immagino. Il tuo lavoro, invece, come va?». Da quello che sapevo, aveva da poco cominciato in una delle più grandi società di finanziamenti della città.

    «Benissimo, in effetti, a parte che in questo momento sono nell’inferno dei fogli contabili. Ma imparo un sacco di cose e cerco di cavarmela. Penso che mi piaccia. E poi nella società ci sono ragazzi attraenti a bizzeffe. È un bonus aggiunto».

    Risi, ricordando quanto andasse pazza per i ragazzi quando condividevamo la camera nel dormitorio al nostro primo anno. In effetti era stato proprio il suo amore per i ragazzi e per le feste a portarci, una notte, fuori dal campus in una casa di una confraternita. Scossi il capo, distogliendo il pensiero da quella terribile notte con Mark.

    Ora che conoscevo l’identità dell’uomo che mi aveva violentato, ero ancora più determinata a non farmi influenzare da quell’esperienza. Ero più forte del dolore che mi aveva provocato ed ero andata troppo avanti per lamentare l’innocenza rubata.

    «Un giorno mi piacerebbe venire a vedere il nuovo ufficio», disse.

    «Certo, non appena avremo sistemato tutto dovresti proprio venire a trovarci. E, a proposito, devo assolutamente scappare. Domani mi portano i mobili e mi si prospetta una lunga notte di pulizie».

    «Non preoccuparti. È stato bellissimo vederti».

    «Anche per me». Sorrisi e la strinsi in un rapido abbraccio.

    Mi avviai di corsa al secondo piano. Non avevo più visto l’appartamento da quando avevo preso la decisione di affittarlo. Ero emozionata all’idea di iniziare a renderlo nostro, anche se avrebbe significato sporcarsi un po’.

    Mi fermai davanti alla porta. Era totalmente irriconoscibile rispetto a quella di pochi giorni prima. Il legno era stato dipinto di un grigio satinato e il vetro sabbiato, con la silhouette trasparente del nostro logo. Infilai la chiave nella toppa cromata e l’aprii.

    I pavimenti originari erano splendenti e sembravano nuovi dopo essere stati lamati e lucidati. Eleganti stucchi bianchi correvano lungo le finestre e sugli spigoli tra le pareti e il soffitto. Un ventilatore a pale e i faretti nuovi proiettavano tutto l’ambiente nel Ventunesimo secolo.

    Presi il cellulare e chiamai Fiona.

    «Ciao, Erica».

    «C’è qualcosa che devi dirmi?»

    «Cosa? Ah».

    «Pensavo che ne avessimo già parlato». Cercai di mantenere il tono della voce normale; ma quando avrebbe imparato a tenere Blake fuori dai miei affari?

    «Erica, è mio fratello maggiore. Cosa vuoi che faccia? Voleva darti una mano. Lo sai com’è fatto».

    Sì, lo sapevo com’era fatto e quanto fosse impossibile dirgli di no, soprattutto una volta che aveva messo gli occhi su qualcosa. Feci un giro per vedere quanto fosse cambiato l’ambiente rispetto all’ultima volta che ci ero stata. Non avrei potuto immaginare niente di meglio. Tutto quello che ero riuscita a pensare era a come sistemare i mobili. Blake aveva fatto il resto. Maledizione.

    «Beh, è meraviglioso. Perfetto».

    «Lo so. Ho dato una sbirciatina prima di consegnarti le chiavi. Ha fatto un gran lavoro. Proprio quello che avevo immaginato». La sua titubanza alla mia reazione era chiaramente diminuita e si faceva strada l’eccitazione.

    Sospirai e battei il piede a terra. Maledizione, ero eccitata anch’io.

    «Va bene, ma sono ancora arrabbiata con te», dissi in maniera tutt’altro che convincente.

    «Ti offrirò da bere così dimenticherai tutto».

    «Di solito per dimenticare mi servono un paio di drink».

    Rise. «Niente in contrario. Be’, goditi il tuo spazio. Congratulazioni».

    «Grazie, ci sentiamo».

    Posai a terra la borsa – appesantita da detersivi che ora non servivano più. Sedetti a gambe incrociate al centro della stanza, guardandomi intorno.

    Ogni piccolo passo che avevamo compiuto con la nostra azienda nelle ultime settimane sembrava sopraffarmi e Blake non mancava mai di alzare sempre tutto di una tacca.

    Proprio in quel momento la porta si aprì e la sagoma di Blake si stagliò sulla soglia. Aveva entrambe le mani occupate da una bottiglia di champagne, una coperta e una busta di carta marrone. Un sorriso eloquente gli incurvava le labbra.

    «Come sta il mio boss preferito?»

    «Non mi lamento», dissi piatta, guardando la sua immensa figura che incombeva su di me.

    Lui srotolò la coperta, si sedette e batté la mano accanto a lui perché mi avvicinassi.

    «Che cosa sarebbe?»

    «Ho pensato di fare un picnic in ufficio per festeggiare la nuova sede».

    Fece un sorrisetto e stappò la bottiglia di champagne, poi lo versò in due calici che tirò fuori dalla busta.

    I nostri sguardi si incrociarono. Stava valutando il mio umore.

    «Arrabbiata?»

    «Forse», mentii. Per fortuna aveva fatto un lavoro talmente bello che avevo già perdonato lui e la sua complice.

    Inarcò le sopracciglia come se si aspettasse una mia reazione. Mi persi per qualche istante nei suoi occhi. Le sue magnifiche iridi nocciola sotto ciglia lunghe e folte erano il pezzo forte di un viso che mi toglieva il respiro con preoccupante regolarità. La linea netta della sua mascella, la pelle leggermente abbronzata e le labbra succulenti che mi ricordavano le cose terribili e meravigliose che erano in grado di farmi. Avrei potuto guardarlo per ore e non stancarmi mai del modo in cui mi faceva sentire. Posseduta e ossessionata. Non mi ero mai sentita così desiderata o rapita da un altro essere umano. Blake era meraviglioso ed esasperante, ma amavo tutto il pacchetto.

    Sospirai, sperando di non far trasparire quanto fossi innamorata persa. «Sto accettando la tua follia».

    «Brava». Si rilassò visibilmente e mi scoccò un sorriso.

    Ansiosa di stargli vicino, accettai l’invito di poco prima e lo raggiunsi sulla coperta. Presi il bicchiere di champagne che mi porgeva e ne bevvi un sorso.

    «Ti piace?»

    «Lo adoro». Nonostante i suoi dubbi sull’appartamento, a quanto pareva vi aveva visto del potenziale, dopotutto.

    «Ci speravo».

    «Come mai hai cambiato di idea?».

    Si accigliò. «Che vuoi dire?»

    «Quando siamo venuti a vederlo non hai fatto niente per nascondere quanto non ti piacesse».

    «Ovviamente avrei voluto che fossi più vicina. Ma questo era quello che volevi. Tu stai accettando la mia follia, come la chiami tu, e io sto accettando la tua ostinazione».

    Lo guardai per un momento. Non potevo obiettare al modo in cui mi aveva definito. «Si potrebbe dire che è un passo avanti».

    Il modo in cui mi sorrise mi fece capire che nessuna si era mai spinta così avanti con lui prima di allora. Non ne avevamo mai parlato, ma Blake non mi dava l’idea di scendere spesso a compromessi. Francamente, nessuno di noi due lo faceva, ma in qualche modo ci stavamo adattando. Ristrutturare l’ufficio andava oltre ogni limite, ma accettare la mia decisione era stato senz’altro un passo nella direzione giusta.

    Sorseggiai le bollicine ghiacciate. Nella stanza piombò il silenzio. «Devi farmi incontrare qualche difficoltà, lo sai».

    Fece un’espressione sorpresa. «Ma lo senti quello che dici?»

    «Sì. E so che non crescerò mai se ogni volta ti intrometti prima che possa mettermi alla prova o sbagliare. Voglio avere questa possibilità, altrimenti rimarrò impantanata in questo mondo fantastico in cui tu risolvi tutti i problemi e io non saprò mai cosa vuol dire veramente gestire un’azienda».

    Sospirò. «Va bene, allora. Quanto vuoi che io sia coinvolto?»

    «Che ne dici di aspettare che sia io a chiederti aiuto?».

    Scosse il capo. «Non lo farai mai».

    Alzai gli occhi al cielo, ma in parte aveva ragione. Ero testarda come un mulo e raramente chiedevo aiuto.

    «Ehi». Mi prese il mento, girandomi verso di lui. «Sono orgoglioso di te».

    «Per cosa? Per averti tirato dentro per quattro milioni di dollari?».

    Rise. «Se faceva tutto parte del tuo piano iniziale, allora sì, sono estremamente orgoglioso perché non me ne sono accorto».

    Sorrisi, nonostante tutto. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di evitare di prendere i suoi soldi e lo sapeva.

    «Davvero, però. È un passo importante. Vorrei che ti ricordassi di goderti questo momento».

    E così feci. Stare con Blake rendeva qualsiasi istante più dolce. Molto più dolce. Infondeva su tutto una sorta di meraviglia e mi domandavo come avessi fatto a sopravvivere alla noiosa esistenza che chiamavo vita prima che arrivasse lui e la sconvolgesse completamente.

    «Lo faccio, grazie a te». Mi protesi verso di lui e trovai la sua bocca. Mi prese il viso nella mano e fece scorrere la lingua sulle mie labbra, forzandole ad aprirsi ed entrando con morbidi colpi.

    «Non mi chiedi cosa c’è nella busta?».

    Mi tirai via per una frazione di secondo, senza fiato e un po’ stordita dal suo sapore e profumo. Pulito, rude e maschio, assolutamente da Blake. Si girò e svelò il contenuto della busta. Tirò fuori una confezione di fragole, un po’ di panna montata e un barattolino di cioccolato fuso.

    «Che tipo di picnic hai in mente?».

    Prese il barattolino. «Qui sotto versano questa delizia al cioccolato sul latte e sui dolci. Non credo che la vendano, ma quando ho educatamente spiegato che volevo leccarla dal tuo corpo nudo per inaugurare il nuovo ufficio, alla fine hanno acconsentito».

    Ridacchiai e cercai di immaginare quell’improbabile conversazione tra lui e Simone.

    Tolse il coperchio e mi offrì il contenuto. Infilai il dito nella cioccolata e poi in bocca. Il sapore mi avvolse il palato, un gusto antico e divino, un’esperienza superata solo dalla certezza che Blake avrebbe messo in pratica il suo piano molto presto.

    «Pensavo fossi contrario al sesso in ufficio»,

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