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Hai conquistato ogni parte di me
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E-book345 pagine4 ore

Hai conquistato ogni parte di me

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Info su questo ebook

Dall'autrice di Le infinite probabilità dell'amore

Nicoletta Catullo lavora come giornalista per un noto settimanale italiano. Ha ambizioni letterarie e un libro nel cassetto che non ha mai avuto il coraggio di far leggere a nessuno. La sua vita cambia totalmente quando il suo direttore le commissiona un articolo molto particolare: intervistare il cast di una nuova fiction italiana sui Borgia. Nicoletta ha modo non solo di conoscere personaggi già famosi ma anche Luke Grady, un giovane attore che si sta facendo ammirare nel panorama cinematografico italiano. Al termine delle interviste per il suo articolo, la ragazza si ritrova però a firmare, senza saperlo, un documento che la legherà per i mesi a venire a Luke Grady: l'accordo "segreto" che siglerà la "costringerà" a vestire i panni della “finta fidanzata” dell'attore, fino al termine delle riprese della fiction...  
Alessandra Paoloni
vive e lavora in un piccolo paese alle porte di Roma. Le infinite probabilità dell’amore, precedentemente pubblicato con il titolo Ti regalo l'amore, è il suo esordio nella narrativa.
LinguaItaliano
Data di uscita13 feb 2017
ISBN9788822705877
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    Anteprima del libro

    Hai conquistato ogni parte di me - Alessandra Paoloni

    1643

    Prima edizione ebook: marzo 2017

    © 2016 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-227-0587-7

    Realizzazione a cura di The Bookmakers Studio editoriale, Roma

    www.newtoncompton.com

    Alessandra Paoloni

    Hai conquistato ogni parte di me

    Newton Compton editori

    Questo libro è per te, amico mio. Tu mi hai insegnato che l’amicizia è la favola d’amore più bella.

    Grazie per il bene che mi hai voluto.

    Io te ne vorrò sempre. Ciao, Angelo.

    Un giorno ci rivedremo e allora sfoglieremo queste pagine insieme.

    La maschera dei Borgia

    È verità universalmente nota che quando si ha fretta di salvare qualcosa al computer o si ha urgenza di stampare un documento importante, la tecnologia avverte l’ansia umana e rallenta le sue prestazioni. Infatti le porte dell’ascensore si aprirono più lentamente del solito, tanto da farle dubitare che si sarebbero bloccate a metà, impedendole di uscire. Le parve di sentirle ghignare soddisfatte mentre alla fine si spalancavano, dopo averle fatto temere il peggio.

    Nicoletta doveva farsi trovare nell’ufficio del direttore alle dieci in punto ed era già in ritardo di una manciata di minuti. Ora, grazie al maledetto ascensore, era in ritardo di una manciata di minuti e qualche altro prezioso secondo.

    Il corridoio del quarto piano era deserto ma dietro le porte chiuse, mentre lo attraversava, riusciva a sentire il picchiettare delle dita che viaggiavano veloci sulle tastiere dei pc. L’ultimo numero di «Ab Urbe Condita», secondo le statistiche di quella settimana, era stato al passo con le vendite di altre più longeve e famigerate riviste come «Panorama» o «l’Espresso». Un evento che il direttore editoriale Tommaso Torricelli aveva voluto festeggiare assegnando al suo team ore di lavoro extra. Perché l’onda si cavalca quando è alta, aveva detto con il suo inconfondibile accento milanese. Ma, a differenza di tutti gli altri suoi colleghi, soltanto Nicoletta era stata convocata nel suo ufficio. Era arrivata a scrivere poco più della metà del suo nuovo articolo, quando il cellulare aveva iniziato a vibrare sulla scrivania, provocando un ronzio fastidioso al quale Viola la Guercia rispose con la sua solita occhiata iraconda.

    Giulia, la segretaria ultraquarantenne di Torricelli, mentre ruminava un chewing gum, l’aveva informata che il direttore l’avrebbe attesa nel suo ufficio per le dieci e, visto che l’orologio segnava già le dieci meno quattro minuti, sarebbe stato meglio per lei affrettarsi a raggiungerlo.

    Perché voleva vedere proprio lei? Perché non Erino Tux, il vignettista satirico che sbeffeggiava politici, attori e calciatori? Torricelli non si decideva a licenziarlo solo per il numero spropositato di followers che aveva su Twitter e Facebook, i quali avrebbero scatenato una rivolta se qualcuno avesse toccato il loro beniamino.

    Eppure Nicoletta era convinta di aver scritto un ottimo articolo, la settimana precedente. Gran parte del successo della rivista era dovuto anche alla sua rubrica Storia di un passato presente. Il suo approfondimento sulla Porta Alchemica era stato uno dei pezzi più apprezzati delle ultime settimane. Che Torricelli volesse darle un aumento? Improbabile. Magari una promozione? Impensabile. Che volesse invitarla a cena fuori? Una pazzia. E con quella fantasticheria nella mente, si decise a bussare.

    «Avanti!». La voce di Torricelli suonava perentoria. Nicoletta l’aveva visto sorridere sì e no una dozzina di volte, da quando lavorava alla rivista. E di mesi oramai ne erano passati ben diciotto. Girò la maniglia senza esitazioni e, quando la porta si aprì sotto la sua spinta decisa, lo sguardo si arenò subito sulla figura del suo capo, trincerato dietro una scrivania piena di libri, quotidiani, plichi stampati, fogli sparsi e una lattina di Lemonsoda, che la sua segretaria gli faceva trovare fresca ogni mattina, anche d’inverno. Nicoletta si richiuse la porta alle spalle.

    «Buongiorno. Perdoni il...».

    «Si metta comoda, Catullo».

    Torricelli fece un gesto della mano indicandole la sedia girevole rossa davanti alla scrivania, posizionata esattamente al centro. Nicoletta si trovò a deglutire; aveva sperato di restare in piedi, in prossimità della porta, così da scappare via alla prima occasione. Invece si mosse per sprofondare nella sedia, anche se nel farlo le ruote slittarono all’indietro e lei fu quasi costretta ad aggrapparsi al bordo della scrivania per non sgommare verso un angolo imprecisato della stanza. Torricelli non s’accorse di quel movimento, ma solo perché era impegnato a sfogliare un plico di fogli che aveva sotto gli occhi.

    «Allora Catullo... a quale argomento sta lavorando attualmente?».

    Torricelli alzò gli occhi chiari sulla ragazza e richiuse il plico di fogli. Nicoletta s’accorse che erano spillati tutti insieme nell’angolo in alto a destra soltanto perché teneva lo sguardo fisso su di essi, anziché sull’uomo. Non appena focalizzò l’attenzione sulla domanda che lui le aveva rivolto, aggrottò la fronte. Non era stato Torricelli in persona a suggerirle di fare ricerche e scrivere sulla Cripta dei Cappuccini di via Veneto, adducendo come pretesto il fatto che il macabro e una collezione di teschi antichi avrebbero incuriosito i lettori? Nicoletta si decise finalmente a spostare lo sguardo su di lui e si schiarì la voce per rispondere, ignorando il volto glabro e gli occhi chiari che la fissavano da sotto le ciglia scure.

    «Sto lavorando all’argomento che mi è stato assegnato quando...». Torricelli non le fece completare la frase.

    «Si affretti a concludere, Catullo. Ho un nuovo argomento da affidarle, sul quale vorrei iniziasse a lavorare già da stasera».

    Torricelli sorrise, mostrando una bocca perfetta. Eppure oltre a essere perfetto, quel sorriso le sembrò anche furbesco.

    «Un... nuovo argomento?».

    Se da una parte era felice di poter terminare in fretta le sue improbabili riflessioni su ossa di frati morti e riesumati in epoche precedenti per abbellire le pareti di una cripta, dall’altra temeva quasi di sentir pronunciare il tema del suo prossimo articolo. Sul quale, era palese, questa volta non avrebbe avuto diritto di opinione. Torricelli la guardò con interesse, restando qualche secondo in silenzio. Da qualche parte un telefono squillò e Nicoletta sperò che fosse quello della segretaria del suo capo, che lo richiamava ad affari più urgenti, permettendole di tornarsene nel suo ufficio. Al contrario nessuno bussò alla porta e Torricelli riprese.

    «La famiglia Borgia. Voglio che scriva su di loro. Conosce la storia dei Borgia, Catullo?»

    «A grandi linee, ma sono pronta come sempre a fare delle ricerche più approfondite».

    Nicoletta si rilassò. Sui Borgia c’erano decine e decine di libri, sceneggiati, serie tv e internet doveva essere ricco di succosi siti dai quali estrapolare notizie. E poi Roma era stata la loro città; avrebbe trovato numerose testimonianze, se solo avesse cercato nei luoghi giusti. Si immaginava già davanti allo schermo del suo computer a fare ricerche, quando Torricelli aggiunse la più bislacca delle richieste.

    «Voglio, allegato alla ricerca, anche il resoconto della visita al cast di una troupe cinematografica che girerà nei prossimi mesi una fiction italiana sulla famiglia Borgia. Dovrà presentarsi negli studi Elios lunedì prossimo. Ho ottenuto già le dovute autorizzazioni. Avere queste interviste in esclusiva sarà per la nostra rivista la classica ciliegina sulla torta. Capisce cosa voglio dire?».

    Torricelli continuava a sorridere, gongolando. Battere sul tempo le altre testate giornalistiche era stato uno degli obiettivi che si era prefissato con l’inizio dell’anno nuovo, oltre a quello di ristrutturare il suo ufficio e divorziare dalla moglie. Per i primi due punti stava lavorando alla grande; l’ultimo doveva ancora trovare il coraggio di metterlo in atto.

    Nicoletta non si mostrò entusiasta della cosa ma nemmeno troppo preoccupata. Intervistare il cast di una fiction italiana non era di certo la fine del mondo. Pregò almeno che ci fosse Luca Argenteri tra gli attori principali. A questo proposito giudicò di fondamentale importanza documentarsi su chi avrebbe interpretato chi. Magari, se la fortuna fosse stata dalla sua parte, avrebbe fatto da comparsa anche qualche attore hollywoodiano.

    «Voglio il massimo riserbo su questa notizia», aggiunse Torricelli. «Domani mattina Giulia le consegnerà tutto il necessario per la sua visita e il suo articolo. Mi aspetto una prima bozza sulla mia scrivania nel giro di un paio di giorni al massimo, se sarò di buonumore».

    Nicoletta fece un cenno con la testa che stava a dire signor sì signore. Mancò poco che scattasse in piedi sull’attenti e facesse il saluto militare. In pratica doveva mantenere nascosta la notizia per poi spremersi le meningi e tirar fuori il miglior articolo che avesse mai scritto da quando lavorava alla rivista. Torricelli si aspettava grandi cose da lei e Nicoletta accettò ben volentieri la sfida. Chissà, magari quell’aumento sarebbe arrivato per davvero.

    Quando si congedò e tornò nel suo ufficio, Viola la Guercia la scrutò da dietro le lenti spesse degli occhiali, come se fosse in grado di leggerle nella testa il motivo della sua convocazione, che era curiosissima di conoscere. Tuttavia restò in silenzio e tornò a scribacchiare sulla tastiera del suo pc.

    Nicoletta fece lo stesso, fingendo di riprendere a scrivere l’articolo sui teschi dei frati, lasciato a metà. In realtà chiuse il documento e aprì Google per fare una ricerca veloce. Scrisse nella barra in alto Borgia fiction italiana ma le notizie che il mondo di internet le rivelò su quell’argomento furono poche. A quanto pareva il cast era davvero super segreto e forse ancora incompleto. Quello che riuscì a scovare, dopo quasi mezz’ora di ricerca, fu una discussione in un forum di fan fiction italiane e non. Una certa elisadirivombrosa81 scriveva, sotto la sezione nuove fiction:

    Buongiorno ragazze! Notizia incredibile! Forse il nostro Luke Grady interpreterà Cesare Borgia in una nuova fiction tutta italiana sulla famiglia del papa più chiacchierato della Storia!. EvaWLove rispondeva con una serie infinita di emoticon a forma di cuore e similari. La discussione era datata venti febbraio, dunque le prime notizie su quello che le ragazze del forum consideravano come un evento straordinario vagavano in rete in maniera frammentaria già da qualche settimana.

    Chi era Luke Grady? Era più che certa di non averlo mai sentito nominare. Nicoletta posò gli occhi sulla sua compagna di ufficio, alla quale il direttore affidava sempre pezzi di attualità, e con cui non era solita chiacchierare. Notò che la ragazza distoglieva lo sguardo da lei proprio in quel momento, segno che la stava fissando già da un pezzo.

    «Viola, hai bisogno d’aiuto?», la provocò.

    «No. Ho bisogno di una pausa», rispose la ragazza, alzandosi in piedi e trascinando la sedia sul pavimento.

    Nicoletta notò che indossava lo stesso completo beige del giorno prima, e forse anche del giorno prima ancora. A rifletterci bene, Viola era solita cambiare abito ogni inizio settimana e lasciarselo addosso per i restanti giorni. Chissà, magari per non sbagliare, ci andava anche a dormire. Quando la sua collega lasciò l’ufficio gettando un’ultima occhiata alla sua postazione, Nicoletta si disse che di sicuro, davanti alla macchinetta del caffè, che non era mai deserta, avrebbe preso a spettegolare con gli altri della sua visita ai piani alti. C’era stato un tempo in cui qualcuno aveva osato dire che Torricelli elogiasse la sua rubrica sulla Storia non per gli articoli, ma per come Nicoletta sbattesse le ciglia ogni volta che incrociava il direttore per i corridoi. Maldicenze quelle che l’avevano resa odiosa agli occhi dei colleghi. Poco male: Nicoletta sperava un giorno di mollare tutto, mostrare il dito medio, trovare un buon editore e pubblicare finalmente il manoscritto che teneva segregato nel suo computer. Abbozzato e da correggere. Un proposito che avrebbe messo in atto. Prima o poi.

    Luke Grady. Questa volta nella barra di ricerca di Google scrisse quel nome e nella sezione notizie si menzionava, tra le altre cose più o meno importanti, una sua probabile partecipazione alla fiction sui Borgia. Quando poi Nicoletta cliccò sulla sezione immagini, la faccia o il mezzo busto di un ragazzo dalla fronte spaziosa, i capelli corti castani e gli occhi verdi, la fissarono dalle sue pose plastiche ed espressive. Tra tutte dominavano quelle di una pubblicità di strumenti agricoli e macchinari da giardinaggio. Di fronte a una foto del ragazzo che brandiva una motosega meglio di come avrebbe fatto Christian Bale in American Psycho, per poco non cadde dalla sedia. Dopo un’indagine più approfondita, Nicoletta scoprì che il fantomatico Luke Grady era un ragazzo nato a Londra da mamma italiana e papà inglese. Aveva partecipato come comparsa in uno spot pubblicitario con De Sica e recitato in L’occhio del male, interpretando uno dei due fratelli psicopatici della famiglia di psicopatici protagonisti della miniserie, andata in onda in seconda serata, se non terza, visto che la visione era adatta al solo pubblico adulto. Nicoletta scovò foto in internet dell’attore che veniva colto in flagrante mentre baciava una ragazza sconosciuta o mentre ne abbracciava un’altra diversa fuori da un locale. Magari, se lo avesse intervistato, gli avrebbe fatto qualche domanda sulla sua vita sentimentale. I lettori, anche quelli di articoli sulla storia, non disprezzavano mai un po’ di sano gossip. Chiuse la pagina web appena in tempo, prima che Viola tornasse nella stanza e la sorprendesse a sbirciare quelle foto.

    «Oggi non fai nemmeno una pausa», le disse in tono minaccioso.

    Nicoletta alzò gli occhi su di lei.

    «In realtà sì. Sto andando ora. Ti porto qualcosa?».

    Viola scosse la testa riccioluta. La permanente che si era fatta applicare qualche mese prima reggeva ancora in maniera stoica, viste le numerose volte in cui la ragazza si era divertita a torturare i riccioli scuri tra le dita. Viola la guardò torva come se sotto quella gentile richiesta ci fosse dell’altro e, di fronte a quell’occhiata truce, Nicoletta se la diede a gambe, letteralmente. Non si diresse alla macchinetta del caffè, sempre troppo affollata per i suoi gusti, ma decise di andare in bagno a rinfrescarsi. L’incarico che Torricelli le aveva assegnato diventava sempre più gravoso mano a mano che trascorrevano i minuti. Davanti allo specchio della toilette, frequentato sia da uomini che da donne, fissò la propria immagine riflessa che le restituì la figura di una ragazza sulla trentina, minuta, dai capelli corvini, lisci come spaghetti e lunghi fino alle scapole e gli occhi neri come pozzi. Si sciacquò il viso, cancellando gli ultimi residui di trucco che aveva applicato quella mattina.

    Borgia. Set televisivo. Attori. Luke Grady.

    Qualcosa nella testa le suggerì che quella sarebbe stata la grande occasione per mettersi in mostra agli occhi di Torricelli, più di quanto non avesse fatto fino a quel momento.

    Un amore di testimone

    Ada , o forse Elda, occupava il bagno da circa un quarto d’ora. Nicoletta ne aveva approfittato per distendersi sul divano e godere di una pace silenziosa che in quell’appartamento era merce rara da trovare. Le due gemelle ogni volta trasformavano quelle mura in un luogo chiassoso fatto di musica a tutto volume e lunghe chiacchierate al telefono per le quali non conoscevano il significato della parola privacy. Ma nonostante le due avessero delle abitudini particolari e il vizio di passarsi i ragazzi anche sotto le lenzuola, Nicoletta adorava la loro compagnia e più volte aveva ripetuto a tutti che non avrebbe potuto trovare coinquiline migliori. Ada frequentava la facoltà di Lettere e Filosofia alla Sapienza, mentre Elda sognava di viaggiare in giro per il mondo alla ricerca di reperti archeologici ancora sconosciuti alla razza umana. Anche se, per il momento, l’unico reperto storico che era riuscita a trovare era il suo attuale compagno, un ventitreenne con la fissa della giacca e del cravattino, che fumava il sigaro e sproloquiava di Kant e Schopenhauer. Ed era così impegnato a farlo che non si accorgeva mai di portarsi a letto ora una ora l’altra gemella, confermando la tesi che, per la maggior parte degli uomini, ogni buco è trincea e si sa, le trincee si assomigliano tutte.

    Lo sciacquone del bagno anticipò l’arrivo di Elda. La ragazza indossava un maxi maglione che le arrivava poco sotto le ginocchia e che le teneva le gambe scoperte. Nonostante quel mese di marzo presentasse già delle temperature primaverili sopra la media, Nicoletta non poté fare a meno di domandarsi se non avesse freddo.

    «Non sei andata a lezione?».

    Nicoletta aveva assunto un atteggiamento quasi materno nei confronti delle due gemelle. O quanto meno da sorella maggiore. A volte la differenza d’età le faceva venire dei cattivi pensieri. Loro erano delle ventenni iscritte all’università, puntualmente pagata da mamma e papà, che vivevano con l’unica preoccupazione di dare esami e uscire a divertirsi tra un appello e l’altro, mentre lei era la trentenne non totalmente realizzata dalla vita, con un sogno segreto nel cassetto e attualmente single.

    Elda posò gli occhi da cerbiatta su di lei. I capelli biondo cenere, arruffati sulla testa, erano segno che quel giorno non aveva messo il muso fuori dalla porta.

    «Non sto tanto bene. Temo di aver beccato un virus intestinale».

    Elda si lasciò cadere sul divano accanto a Nicoletta che, al contrario, schizzò in piedi. Virus intestinale? Eh no, lei doveva essere al massimo delle forze per quel lunedì.

    «Se ti coprissi di più, magari eviteresti di ammalarti».

    Ecco che l’istinto materno tornava a riemergere da chissà quali meandri della sua anima. Elda strizzò gli occhi come se non la mettesse bene a fuoco, domandandosi se per caso lì davanti a lei ci fosse sua madre, invece della sua coinquilina. Nicoletta si grattò una tempia e preferì indirizzare il discorso su altri argomenti, prima di scatenare una discussione della serie se volevo essere rimproverata, restavo a casa con i miei genitori invece di trasferirmi a Roma.

    «Elda... conosci per caso, per sentito dire, l’attore Luke Grady?».

    Nicoletta l’aveva buttata lì, nella speranza che la ragazza sapesse risponderle. L’espressione che si dipinse sul suo viso le confermò di aver fatto strike.

    «Certo che sì! Ho letto un articolo su di lui proprio l’altro giorno mentre Ada mi metteva il colorante per capelli».

    «Hai conservato il giornale, per caso?»

    «Credo di sì. Prova a vedere nella pattumiera. Devo averci incartato la confezione di ammoniaca, quando l’ho buttata».

    Prima di farle notare che quello non era proprio il modo adatto per conservare una rivista, Nicoletta si era già spostata nell’angolo cottura. Elda, sopraffatta dalla curiosità, si alzò e barcollando sulle gambe nude, la seguì.

    «Perché ti interessa?».

    Nicoletta recuperò il secchio della spazzatura e si domandò se fosse una buona idea immergerci le mani, solo per cercare altre informazioni su quel tizio. La verità era che non voleva arrivare impreparata alla sua intervista. Dopo aver completato le ricerche su di lui, sarebbe passata al resto del cast, nella speranza di trovare delle notizie più specifiche e qualche nome più noto.

    «Una questione di lavoro».

    «Ah».

    Per sua fortuna, Elda non indagò oltre. L’influenza doveva davvero averla messa al tappeto visto che non era partita a raffica con le domande, come era solita fare. A riprova di quanto Nicoletta stava pensando, la ragazza si allontanò di corsa per correre in bagno. Se avesse continuato in quel modo, le avrebbe consigliato di chiamare un medico.

    Nel tentativo di scacciare quanti più germi o virus dall’appartamento e scongiurare un possibile contagio, Nicoletta spalancò la finestra. Aveva ritrovato l’articolo incastrato tra una buccia di patata e una lametta per le gambe. Per sua fortuna era ancora leggibile. Poggiò i gomiti sul davanzale della finestra, facendo entrare aria pulita nei polmoni. Si parlava di una nuova probabile fiamma dell’attore il quale, secondo quanto asseriva con convinzione il giornalista, era in netta ascesa nel panorama televisivo italiano. La rivista di gossip dava per certa la sua interpretazione di Cesare Borgia, e in un trafiletto a lato rivelava i nomi degli altri attori del cast. A vestire i panni di papa Alessandro vi sarebbe stato niente meno che Ennio De Medici. Nicoletta, a quel nome, sussultò. Lui sì che era un attore italiano con gli attributi! Per quanto ne sapeva aveva recitato anche in qualche film straniero, ed era apprezzato sia dal pubblico che dalla critica. Con i suoi cinquant’anni suonati ma portati con eleganza e stile, e la stazza taurina, sarebbe stato perfetto come Rodrigo Borgia. Si rimproverò di non aver prestato troppa attenzione alle ricerche condotte al pc qualche ora prima, poiché era più che sicura che, se l’avesse fatto, quel nome sarebbe uscito fuori. Considerata la presenza di un attore di quel calibro, Nicoletta realizzò di avere tra le mani non solo una grande opportunità, ma anche una grande responsabilità. Ospitare un’intervista di Ennio De Medici su «Ab Urbe Condita» significava un aumento delle vendite vertiginoso. Il titolo del suo pezzo sarebbe stato esposto in prima pagina e non era escluso che Torricelli decidesse di mettere una gigantografia dell’attore in copertina. I suoi colleghi, già invidiosi del suo lavoro, l’avrebbero odiata a vita. Decise di conservare l’articolo che esibiva uno scatto di Luke Grady avvinghiato alla modella di turno in una delle sue cartelline da lavoro.

    «Elda, tutto ok?», domandò bussando alla porta del bagno, prima di dirigersi nella sua stanza.

    La ragazza le rispose che il pericolo era rientrato, ma preferiva aspettare qualche altro minuto prima di cantare vittoria. Tranquillizzata dalle sue parole, e decisa a restarle lontana per limitare il contatto e il contagio, Nicoletta si chiuse in camera sua, più piccola rispetto a quella delle due gemelle ma senz’altro più ordinata. Come accadeva ogni volta che metteva piede in quella stanza, gli occhi si posarono subito sulla cornice in legno rettangolare che faceva bella mostra di sé sul comodino accanto al letto. Nella foto una Nicoletta bambina sorrideva tra le braccia di una donna, sua madre, a cui le sembrava di somigliare sempre di più mano a mano che passavano gli anni. E di anni, dalla dipartita della donna, ne erano trascorsi ben cinque.

    Quando spostò lo sguardo, lo posò sul suo portatile abbandonato sul letto. Fece quasi per accenderlo e cliccare su quel file che più volte aveva aperto e davanti al quale aveva indugiato senza mai cambiare una virgola o un punto. Non che il suo manoscritto fosse così perfetto da non aver bisogno di una correzione, ma lei era troppo codarda anche solo per togliere un avverbio o cercare il sinonimo di un aggettivo che suonasse meglio nella frase e nel contesto. Scrivere un articolo assegnato da Torricelli era un conto, permettere a qualche estraneo di leggere il suo romanzo, su cui aveva riversato molto di se stessa e dei suoi pensieri, era un altro paio di maniche.

    Il suo cellulare, a ogni modo, la riscosse con il suo trillo insistente e acuto. Ada le aveva scaricato sul telefono una dozzina di suonerie, motivetti pop e sigle di telefilm, ma lei non si decideva a togliere il classico drin drin. Sul display il nome di Stefania sembrava lampeggiare con insistenza. Ancora prima di rispondere, Nicoletta sapeva ciò che la sua amica stava per riferirle.

    «Dimmi che avete fissato una data», la precedette sedendosi accanto al suo portatile, che non degnò di un’occhiata.

    Stefania, dall’altra parte della cornetta, le rispose con uno strillo acuto, seguito subito da un singhiozzo.

    «Tra sei settimane mi sposo!».

    Nicoletta strabuzzò gli occhi e fu una fortuna che la sua amica non potesse vedere la sua espressione in quel momento.

    «Sei settimane? Accidenti, allora fate sul serio».

    Sperò che Stefania non avesse colto il tono sarcastico. Ma dall’altra parte arrivò solo un breve silenzio, interrotto poi da una rivelazione.

    «Nicol... voglio che tua sia la mia testimone».

    Nicoletta si era aspettata quella richiesta. Anzi in cuor suo, per quanto non approvasse il compagno della sua amica, ci sperava. Aveva sempre immaginato Stefania accanto a un ragazzo acqua e sapone, un tipo alla mano, che ride di fronte alle battute e che si infila ancora le dita nel naso di nascosto. Al contrario ad attenderla sull’altare ci sarebbe stato un avvocato divorzista, il che era già tutto dire, al quale qualcuno doveva aver infilato dalla nascita il manico di una scopa nel deretano.

    «Ne sono onorata... anzi mi sarei offesa, se non me l’avessi chiesto».

    «Grazie, grazie, grazie! Dimmi quando possiamo vederci per provare l’abito».

    «Ti sei fatta già un’idea di come lo vorresti?»

    «Ma no Nicol, io l’abito già ce l’ho. La mamma di Sergio ha già provveduto ad acquistarlo non appena abbiamo deciso i particolari. Parlavo del tuo di abito!».

    Nicoletta aggrottò la fronte e badò bene a non dire ad alta voce quello che stava pensando. Non solo la famiglia di Sergio pretendeva di manipolare l’outfit della sposa, ma anche quello della testimone. Stefania stava cadendo in una pericolosa trappola. O meglio stava per finire in gabbia. Una gabbia di matti, nello specifico. E lei sarebbe stata costretta a seguirla. Si massaggiò la fronte e cercò di mostrarsi rilassata. Quel giorno c’erano state fin troppe novità nella sua vita.

    «Sabato mattina dovrei avere qualche ora libera. Dove vuoi che ci vediamo?»

    «A casa mia andrà più che bene».

    Nicoletta tirò un sospiro di sollievo. Se non altro non avrebbe dovuto presentarsi nell’attico di Sergio ai Parioli e sentirsi ogni volta come quella che veniva

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