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Una avventura: sulle tracce di Pietro da Bologna
Una avventura: sulle tracce di Pietro da Bologna
Una avventura: sulle tracce di Pietro da Bologna
E-book435 pagine5 ore

Una avventura: sulle tracce di Pietro da Bologna

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Info su questo ebook

Luca alla ricerca di qualcosa per il suo blog si imbatte in un manoscritto del settecento che parla di un frate templare, Pietro da Monte Acuto o da Bologna. Insieme a Vanessa, l’inseparabile amica di tante avventure, segue le tracce di questo Templare nella Francia del 1307, per loro pericolosa, quando Filippo il bello per impadronirsi del loro tesoro li fa arrestare. Pietro affronta il viaggio dalla magione di Bologna diretto alla corte papale di Poiters, affrontando insidie a ogni passo. Ha due misteriosi compiti da assolvere e sfrutta le sue doti di persona avveduta e razionale per portarli a temine con successo.
Luca e Vanessa, leggendo il vecchio manoscritto ripercorrono le strade di Pietro, inseguiti da una misteriosa e inquietante figura. Anche loro come Pietro devono scansare agguati e insidie.
Due storie in parallelo si snodano tra presente e passato.

LinguaItaliano
Data di uscita23 gen 2023
ISBN9798215416365
Una avventura: sulle tracce di Pietro da Bologna
Autore

Gian Paolo Marcolongo

Un giovane vecchio con la passione di scrivere. Amante delle letture cerca di trasmettere le proprie sensazioni con le parole. Laureato in Ingegneria. In pensione da qualche anno, ha riscoperto, dopo gli anni della gioventù, il gusto di scrivere poesie e racconti.Non ha pubblicato nulla con case editrici ma solo sulla piattaforma digitale di Smashwords e su quella di Lulu.

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    Anteprima del libro

    Una avventura - Gian Paolo Marcolongo

    Immagine1

    Una avventura

    Sulle tracce di Pietro da Bologna

    Gian Paolo Marcolongo

    Copyright © 2019/2021 Gian Paolo Marcolongo

    Design di copertina © 2021 Simona Fabiani detta Simox

    NOTA sul design di copertina

    Simona Fabiani è una bravissima disegnatrice. Nota nel mondo dei social come Simox. La potete incontrare su Istagram come simobyme.

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l’utilizzo della presente opera o di parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere richiesti all'autore.

    NOTE DELL’AUTORE

    Il presente romanzo è opera di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, indirizzi e-mail, siti web, numeri telefonici, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale e involontario.

    ISBN 9798215416365

    Casa editrice: Independently published

    Prefazione

    Non è un romanzo storico ma una storia tra passato e presente.

    Il passato è il templare bolognese Pietro, storicamente vissuto e uscito indenne nella bufera che ha annientato i Templari e il loro ordine.

    Di lui si sa poco e quel poco l’ho integrato con la fantasia.

    Il presente sono Vanessa e Luca che mossi dalla curiosità hanno ripercorso la strada di Pietro, vivendo una speciale avventura.

    1.

    Ferrara, 20 febbraio 2015 – Palazzo Paradiso

    Luca sta percorrendo Via Mazzini in una giornata dai contorni grigiastri. La temperatura non è né calda né fredda, diciamo anonima. Lo spolverino è rimasto nell'armadio. Indossa un completo pesante scuro e nient'altro, a differenza degli altri passanti ben infagottati. È assorto nei suoi pensieri. Luca è un ingegnere informatico col vizio della scrittura. A corto d’idee spera di trovare uno spunto interessante, visitando la Biblioteca Ariostea. Gli piace scrivere delle storie da pubblicare sul suo blog. La fantasia non gli fa difetto ma da qualche tempo sembra affetto dalla sindrome del foglio bianco. Ha provato a cercare nel suo PC qualche traccia utilizzabile o un qualsiasi incipit che potesse dare il là a un nuovo racconto. Tutto inutile. Le idee sono sparite, dissolte, mentre lui non è riuscito a mettere in piedi qualcosa che potesse essere uno straccio di trama.

    Cammina svelto, anche se non è in ritardo. Tra pochi minuti la biblioteca aprirà e lui potrà dedicarsi alla ricerca di qualcosa che gli possa dare la spinta per iniziare.

    Cosa? Si chiede corrugando la fronte. Non ho la più pallida idea da dove cominciare.

    Scuote la testa, non si accorge degli sguardi incuriositi dei passanti che lo incrociano. È teso, concentrato su se stesso. Cammina come un automa, caricato a molla. Non ama darsi per vinto.

    Arrivato all'ingresso di Palazzo Paradiso, che ospita la biblioteca, la trova ancora chiusa. Consulta l'orologio. Mancano pochi minuti. Osserva intorno e nota alcune ragazze che come lui aspettano l'apertura. Chiacchierano sottovoce. Non è in grado di captare cosa si dicono, salvo frasi smozzicate.

    "Chissà cosa cercano. Forse sono studentesse che stanno preparando la tesi di laurea". Alterna il peso del corpo da una gamba all'altra.

    Il tempo scorre, mentre il numero delle persone in attesa cresce. Perde di vista quelle che erano di fianco a lui fino a qualche istante prima. Si apre il portone e una piccola folla sciama all'interno, sistemandosi senza un ordine preciso nelle grandi sale.

    Si guarda in giro. Non vede nulla d’interessante, mentre va verso la sala dei manoscritti antichi.

    Forse lì, trovo qualcosa. Passa in rassegna qualche titolo. L'occhio cade su un volume in cuoio rosso con descrizioni dorate. 'Chronicae' legge. In piccolo vede dei numeri romani ‘MDCCXIV’. Prende nota dei codici per chiedere la lettura.

    Oggi è venerdì. Mi devo sbrigare perché alle 13 e 30 si chiude riflette, avviandosi alla postazione per richiedere il volume.

    Si sistema nella sala in un angolo defilato nell'attesa. Controlla se ha tutto: il piccolo scanner manuale per i libri, lo smartphone. Sa che non sarebbe possibile usarli ma spera nella buona stella. Con un pizzico di fortuna e un po' di faccia tosta, forse ce la faccio a ricavare qualche pagina, se le trovo apprezzabili riflette, mentre un inserviente gli consegna il libro.

    «Faccia attenzione» lo ammonisce, posando il volume con delicatezza sul piano del tavolo.

    «Sarò attentissimo» e Luca gli dispensa un gran sorriso.

    L'autore è anonimo, inizio settecento. Il testo pare scritto in un italiano ubriaco. Consulta l'indice. ‘Mutinae chronicae’ è la prima parte del volume. Lo sfoglia. Nulla di particolare. La solita disfida della secchia rapita tra i modenesi e i bolognesi, cronache del ducato estense di Modena. Nessuno spunto degno di essere scannerizzato. Passa alla seconda parte ‘Bonomiae chronicae’. Incomincia con la storia del tempio di Osiride, dove poi è sorta la chiesa di Santo Stefano. La legge con curiosità: è scritta in un italiano approssimativo. Conosce la vicenda in parte. Ha letto qualcosa ma nulla che possa essere usato per costruire una storia di qualche puntata per il suo blog, al massimo un post. Sfoglia le pagine, finché non si ferma. Il titolo è promettente. ‘Tesauri de Militiae Templi’. Un campanello squilla nella testa, attivando la sua attenzione. Luca osserva intorno. Solo una ragazza all'altra estremità del lungo tavolo e pare concentrata nel prendere appunti. Nessun altro nella stanza.

    Perfetto. Se ho la necessità di qualche foto o eseguire lo scanner delle pagine, la situazione è ideale pensa sfoderando un bel sorriso. Osserva l'ora. Sono le undici. Due ore abbondanti di tempo riflette, mentre si appresta alla lettura.

    Non sono molte da scannerizzare: una trentina o poco più. Nel giro di una decina di minuti posso compiere l'operazione. Estrae lo scanner portatile dalla tasca interna della giacca.

    Passa con cautela lo strumento sulla pagina. Sa per esperienza, che deve procedere lentamente con mano ferma e senza movimenti bruschi, tenendo lo strumento sempre allineato alla riga. Ha una certa pratica. A operazione conclusa otterrà l'immagine della pagina, che analizzerà con un software OCR. Foglio per foglio ripete la manovra e al termine lo ripone nella tasca. Prende lo smartphone e li fotografa tutti. Se la riproduzione dello scanner non fosse perfetta, si farà aiutare delle immagini. Sono le dodici, quando completa l’operazione. Riprova a leggerle. L'anonimo autore ha trascritto un documento coevo del trecento, scritto in latino, e lo ha elaborato sotto forma di storia in un linguaggio maccheronico, misto di parole latine e italiane. Ne ha ricavato un thriller medievale. Il testo è oscuro. Luca pensa che si riferisca come i templari abbiano posto in salvo il loro tesoro. Proverò a decifrare il testo a casa riflette passando al secondo pezzo. La cronaca si trasferisce nel seicento e tratta di questo mitico tesoro, ricercato da un monaco domenicano, frate Bartolomeo, che lo vuole restituire al Papa. Non capisce molto, perché la storia appare ingarbugliata tra citazioni latine e parole italiane. Intuisce che la ricerca è stata un flop.

    Luca decide di fotocopiare anche questo testo a memoria futura. Come usarlo? Non lo so ma si può ricavare qualcosa di buono. Se sono svelto, ce la faccio si dice, cominciando a fotografare tutte le pagine col telefono e con lo scanner.

    Alle tredici si alza per riconsegnare il volume. Prende nota di titolo e codice, qualora avesse la necessità di consultarlo nei prossimi giorni.

    Non vede l'ora di arrivare a casa, per scaricare sul PC il materiale. L'impazienza gli ha fatto passare la fame. Inizia l'esame, attivando il software OCR per trasformarlo in un documento, leggibile con LibreOffice.

    Come previsto, gli errori si sprecano. Le foto l'aiutano nella trascrizione corretta del testo. È buio, quando finisce di sistemarlo. Lo stomaco reclama, perché il pranzo è saltato.

    Dopo una frugale cena comincia a leggere il documento, che gli appare oscuro. Il suo latinorum è scarso e molte parole italiane sono ben lontane da quelle attuali. Prova a prendere appunti, mettere in fila gli avvenimenti ma si ritrova a mezzanotte con un testo che gli appare ancora più criptico di quando aveva cominciato.

    «Qui serve Vanessa!» esclama, mentre si alza per migliorare la circolazione del sangue. Salvo una breve interruzione sono quasi dieci ore che è seduto davanti al PC.

    Vanessa è l'amica di Bologna, che si è laureata in filologia. Ama il mondo medievale e tutte le sue implicazioni. L'ultima volta che ha avuto a che fare con lei sono volati fuori dalla finestra gli stracci con la canonica frase 'con te ho chiuso! Non azzardarti di chiamarmi ancora'. Glielo aveva detto chiaro e tondo sul muso.

    «In effetti non aveva tutti i torti» ammette, mentre cammina nervoso in mansarda. «C'è mancato un pelo che non siamo finiti dietro le sbarre!»

    Ricorda l'episodio. Avevo sottratto un libro antico dalla biblioteca di un conoscente fingendo che fosse mio. Quel fetente ci ha denunciati per furto. I carabinieri perquisirono le nostre abitazioni senza trovarlo, perché in modo fortunoso ero riuscito a rimetterlo al suo posto con la complicità della figlia. Che sia benedetta! La denuncia finì nel nulla ma Vanessa s'infuriò come un toro davanti al drappo rosso. Aveva tutte le ragioni del mondo per chiudere i ponti con me.

    Scaccia i dubbi, formando il suo numero. La sua abilità nel leggere correttamente tra le righe i testi antichi è veramente superba! Non posso rinunciare alla sua preziosa opera.

    «Dai, rispondi» fa, mentre sente il segnale di libero.

    Si sta rassegnando a chiudere la comunicazione prima che scatti la segreteria, quando sente aprire la conversazione.

    «Ciao, Vanessa. Sono Luca».

    «Sgrrr» è l'unico suono che percepisce. Un grugnito più animalesco che umano.

    «Disturbo?»

    «Sì!»

    2.

    Bologna, 21 febbraio, 2015 – ore una

    Vanessa vive a Bologna in un grazioso trilocale nel centro città. È single nonostante sia una bella ragazza. Non ha trovato ancora l'anima gemella. Uno spirito libero che scoraggia i pretendenti col suo ruvido carattere per nulla accondiscendente. Ha avuto diverse storie ma nulla d’importante. Laureata in filologia, svolge piccoli lavoretti senza un'occupazione fissa. Dà ripetizioni ad alunni svogliati e poco predisposti allo studio. Questo le permette di sopravvivere senza l'aiuto dei genitori, che hanno rimesso in ordine l'appartamento, dove vive, ereditato dalla nonna materna. L'edificio che lo ospita è un vecchio palazzo dell'ottocento ristrutturato. La nonna le ha lasciato anche un po’ di denaro.

    Conosce Luca dai tempi delle medie, quando lei viveva a Ferrara. Si sono tenuti in contatto frequentandosi a Bologna, mentre lui si preparava a diventare ingegnere. Si sono laureati nello stesso periodo. Tra loro non è mai scattata la scintilla dell'innamoramento ma c’è stata la complicità nel finire in situazioni critiche e pericolose. Con l'ultima volta secondo lei si è superato il livello di guardia e per questo ha detto 'basta'.

    È a letto col suo ragazzo, quando sente vibrare lo smartphone.

    «Chi è che rompe?» dice Franz infastidito, perché lo squillo ha interrotto la loro intimità.

    «Non lo so» ribatte Vanessa, ignorando le sue proteste. Ha visto chi sta chiamando.

    «Chiudi. Non rispondere» le ordina secco, tentando di strapparle il telefono.

    «No» afferma con una punta di fastidio.

    La ragazza apre la comunicazione, sistemandosi comodamente.

    «Sgrrr» grugnisce al saluto di Luca.

    «Disturbo?» le chiede.

    «Sì!» replica secca.

    Luca rimane in silenzio e riflette. Se disturbo perché ha risposto anziché far scattare la segreteria?

    «Ti ho detto di non rispondere».

    Luca sente una voce maschile dall'inconfondibile cadenza bolognese, che sta parlando. Non comprende perché Vanessa abbia risposto alla sua chiamata.

    «Tu non intrometterti su quello che devo o non devo fare. Chiaro?»

    Più esplicito di così si muore! pensa Luca.

    «Non sono il tuo zerbino» replica la voce maschile infastidita e alterata.

    «Se non ti va, puoi uscire dal letto e andartene. Della mia vita dispongo io e non accetto prediche!» esclama furiosa Vanessa.

    Diamine! Lo mette alla porta senza tante perifrasi ridacchia Luca. Vorrebbe dire qualcosa per chiudere la conversazione, quando ascolta il rumore secco di uno schiaffo. Lei o lui? si domanda.

    Risposta immediata. «Non ci provare una seconda volta! E adesso smamma! Togliti dai coglioni e non farti più vedere!» Ascolta la voce infuriata di Vanessa, che soffia come un gatto inferocito.

    Amico, un consiglio. Ascoltala, se vuoi tornare integro a casa! Tu non la conosci bene. Quando è in queste condizioni, conviene girarci al largo riflette Luca, che continua a ridere in silenzio. Adesso sente dei rumori e qualche parola non percettibile. Infine una porta, che si chiude con un botto, e poi silenzio.

    «Disturbo?» azzarda a chiederle.

    «Disturbi? Certamente!» dice con la voce incollerita Vanessa.

    «Per caso eri a letto?»

    «Si dice di sì».

    «Uhm! Mi dispiace. Posso chiamarti anche domani mattina» replica con tono falsamente dispiaciuto Luca.

    «Non farmeli girare anche tu! Che vuoi?» fa Vanessa, venendo al sodo.

    «Uhm! Non so da dove cominciare» afferma Luca, che cerca le parole giuste per introdurre il discorso.

    «Senti, bel tomo! Ero a letto che facevo all'amore. Mi hai interrotto sul più bello. Ho litigato con Franz. E tu mi proponi degli indovinelli? Fuori il rospo. Ormai la voglia di sesso è passata. Dormire non se ne parla. Quindi parla e in fretta!» dice tutto d'un fiato.

    «Ecco. Ho trovato una storia interessante in un manoscritto del settecento…».

    «Alt!» lo interrompe bruscamente Vanessa. «Non voglio essere coinvolta nei tuoi casini. Mi è stato sufficiente quel volume del seicento».

    «Ma Van…».

    «Ricordi quel che ti ho detto?»

    «Certamente ma è tutto diverso» si schernisce Luca.

    «Perché?»

    «In primis il volume non ce l'ho materialmente. È in biblioteca a Ferrara» fa Luca rinfrancato.

    «E mi telefoni alle due di notte per dirmi questo?» esclama basita Vanessa.

    «Veramente ho il testo trascritto nel mio PC».

    «E allora?» dice con voce più addolcita.

    «Chiedo se mi puoi dare una mano a leggerlo correttamente».

    «E mi rompi le scatole a quest'ora?»

    «Non pensavo che stavi…» si blocca Luca, prima di aggiungere qualche parola di troppo. Infuriata com'è, è più prudente non innervosirla.

    «Devo mandarti un messaggio, pregandoti di non disturbarmi, mentre faccio sesso? Sul tipo 'Ripassa fra cinque minuti, quando sono venuta'?»

    «No, non volevo dire questo!» Luca sta in silenzio per un attimo e, prima che Vanessa risponda, riprende a parlare: «Ti chiedo se sei libera domani. Prendo con me il PC e lo leggiamo insieme».

    La ragazza riflette. Di dormire non se ne parla. Aspettare fino a domani neppure. La curiosità ha cancellato rabbia e nervosismo. Meglio battere il ferro quando è caldo. Gli lancia una proposta.

    «Vengo io o vieni tu?» chiede, lasciando intendere che se si muove lui è meglio.

    Luca intuisce cosa deve fare. È già vestito. Basta prendere la macchina e in meno di quaranta minuti è a casa di Vanessa.

    «Vengo io» replica pronto.

    «Ciao». E chiude la comunicazione.

    Scende dal letto e cerca qualcosa da indossare. In pratica è nuda. Si era spogliata all’arrivo di Franz. Infila gli slip, una felpa e i pantaloni della tuta. Accende il riscaldamento, perché la casa si è raffreddata e si rischia di congelare. A febbraio le notti sono ancora rigide. Prepara la moka sul fuoco, che accenderà all'arrivo di Luca. Apre il frigo e controlla, se c'è qualcosa da mangiucchiare durante la notte, che si preannuncia lunga e intrigante.

    Nell'attesa accende la televisione. A quell'ora ci sono programmi hot o repliche della giornata. Fa zapping da un canale all'altro annoiata, scartando quelli che trasmettono film a luci rosse. La spegne e ripensa alla voglia che aveva di fare sesso e come è finita ma sarebbe un'inutile tortura.

    Sente squillare il campanello di casa. È volato l'uomo! si dice osservando nello schermo del videocitofono il bel viso di Luca.

    Un pensiero lussurioso si affaccia impertinente ma lo scaccia senza pentimenti. Sarebbe incesto pensa mentre apre. Van, non pensarlo più! Luca è tuo fratello e sarebbe incesto se vai a letto con lui. È all'ingresso, quando lo vede comparire trafelato dalle scale.

    «Ciao, bellissima». Due casti baci sulle guance suggellano l'incontro.

    «Ciao» fa senza ricambiare i baci. Il pensiero di finire a letto con Luca la sfiora ancora. È un ragazzo dal viso simpatico, gentile e premuroso. Molto di più di quella manica di uomini che le ronzano intorno, che hanno un'idea fissa: scoparla.

    «Ti va un caffè?» gli chiede.

    «Ottima idea!» risponde Luca, che si muove come se fosse a casa sua. Collega alla rete il PC. Sistema sul tavolo le stampe dei documenti.

    «Ho preparato qualche tramezzino, se per caso ci viene fame» dice Vanessa, che tiene in mano un vassoio.

    «Quasi quasi ti sposerei!» esclama allegro.

    «Bada a come parli! Posso prenderti in parola!» replica divertita, ponendo i piatti sul tavolo.

    «Domani mattina vado in comune per le pubblicazioni» afferma serio Luca.

    Vanessa lo stringe con affetto e lo bacia con trasporto. Un brivido corre tra le gambe.

    «Dicevi che hai trovato dei documenti interessanti?» cambia argomento sedendosi accanto, per scacciare i pensieri lussuriosi che non l'hanno abbandonata.

    «Sì ma non ci ho capito molto» dichiara Luca, assumendo un tono serio. Si sistema sulla sedia, scostandosi dal corpo di Vanessa. Certe tentazioni possono essere pericolose.

    Sciocco! Se ci provi, l'incesto sarebbe consumato riflette, mentre inizia la lettura del documento.

    «Mentre leggi, recupero il caffè» dice Luca che in un attimo sparisce in cucina.

    Vanessa si immerge nella lettura, mentre i pensieri arrapati svaniscono e si nascondono in un angolo. Luca compare con due tazze che fumano e odorano di buon caffè. In silenzio le deposita sul tavolo. Non vuole toglierle la concentrazione.

    «Uhm!» mugola Vanessa sorseggiando il caffè.

    «Si direbbe che sia una vecchia cronaca. Dei primi del trecento e per di più si svolge qui, a Bologna» dice, senza alzare il viso dai fogli, mostrando interesse alla lettura.

    «Sì. In strada Maestra. Sai dov'è?» chiede Luca, mentre beve il suo caffè.

    «Certamente! È il vecchio nome di Strada Maggiore».

    «Sarei curioso di vedere di persona il palazzo» dice il ragazzo.

    «Ho l'impressione che vedresti poco e male. La strada è un enorme cantiere per la nuova tramvia. Dubito che riusciresti ad arrivarci. Forse fra qualche settimana, ma oggi proprio no» asserisce Vanessa senza staccare gli occhi dal documento.

    «Hai capito di cosa si tratta?» chiede Luca.

    «In linea di massima sì. È una storia che inizia nell'ottobre del 1307 e che arriva al 1313».

    «Bene. La leggiamo insieme?»

    «Va bene» dice Vanessa.

    3.

    Bologna, 28 ottobre 1307, ora prima delle Vigilie, anno secondo di papa Clemente V

    Un cavaliere bussa al portone della magione di Strada Maestra. Porta un mantello bianco, che un tempo era candido, dove si notano ancora i segni di una croce malamente strappata. Sotto s'intravvede un'armatura impolverata e in alcuni punti lacerata.

    Un frate socchiude il battente di rovere, mentre il servo illumina con una torcia l'esterno.

    «Chi siete?» domanda, ponendo la mano sul pomo della spada che porta sul fianco.

    «Sono fratello Henri de Caron e vengo dalla Torre del Tempio di Parigi e porto gravi notizie» risponde con tono affaticato.

    «Perché non portate il mantello con le insegne dei Cavalieri del Tempio?» gli chiede, insospettito per l'orario e la mancanza dei segni consueti per riconoscere un confratello.

    «È storia lunga e dolorosa. Non posso raccontarla qui fuori. Ci sono orecchie lunghe e gole profonde» replica il cavaliere, che accenna a smontare da cavallo.

    «Chi c'è fuori, fratello Azzo?» chiede una voce cupa dall'interno della magione.

    «Un cavaliere. Afferma di venire da Parigi, recando gravi notizie, fratello Alberto» risponde il guardiano.

    Il nuovo arrivato riflette se dare ospitalità al forestiero. Vista l'ora e il buio ormai netto con la nottata che si preannuncia gelida e l'aspetto di chi ha percorso molte miglia a cavallo, decide di dare ricovero al bisognoso per carità cristiana.

    «Fattelo entrare, dopo che ha deposto la spada fuori, accanto al portone» ordina deciso frate Alberto.

    «Avete ascoltato, cavaliere?» chiede fratello Azzo poco convinto che la decisione sia giusta.

    «Sì. Ho deposto l'arma accanto al battente. Il cavallo è sfinito. Avrebbe necessità di ristoro» ribatte il viaggiatore sollevato.

    «Non preoccupatevi. Presto sarà al sicuro nelle stalle insieme alla vostra spada» dice il guardiano, spalancando il portone, che si richiude rumorosamente alle loro spalle.

    «Venite. Vi accompagno dal fratello Giovanni, il nostro precettore» dice Alberto, facendo un cenno di seguirlo. «Così potete riferire la vostra ambasciata».

    Saliti al piano superiore, incrociano frate Pietro da Monte Acuto, che si accoda alla coppia. Giunto sulla soglia della cella, frate Alberto degli Arienti fa un cenno al cavaliere di attendere fuori insieme al confratello.

    Bussa alla porta e attende qualche attimo prima di entrare. Giovanni, il vecchio precettore della magione, alza gli occhi interrogativi, distogliendoli dalla lettura di una Sacra Scrittura. Alberto avanza fino al modesto tavolo, illuminato da una grossa candela.

    «Maestro Giovanni, fuori dall'uscio c'è un cavaliere che afferma di essere un nostro confratello della commenda primaria di Parigi, la Torre del Tempio. Porterebbe gravi notizie dalla Francia» dice il frate, attendendo una risposta.

    Il precettore resta in silenzio per un attimo e accenna col capo di ricevere il messaggero.

    Alberto fa un segno ai due, che aspettano fuori, di entrare.

    Il cavaliere si inginocchia dinnanzi a Giovanni in attesa che il Maestro gli conceda la parola.

    «Alzatevi e raccontate quello che avete da dire» fa il precettore.

    «Maestro, io sono Henri de Caron, fratello di Raimbaud de Caron, il gran commendatore dell'ordine. Nel novembre dell’anno primo di Clemente quinto siamo partiti da Cipro con il gran Maestro, Jacques de Molay, su ordine del nostro amato papa. Siamo stati ricevuti a Limonum ai primi di maggio. Io facevo parte della ristretta cerchia che ha accompagnato il Gran Maestro dal sommo pontefice».

    Giovanni gli fa un cenno d’interrompere la narrazione. Non comprende, perché fratello Henri stia facendo questa lunga digressione. Pietro è sempre in silenzio accanto al cavaliere e ascolta con interesse il racconto. Aveva sentito delle voci in tal senso ma aveva dato scarso peso, perché le riteneva pettegolezzi di anime grette e senza rispetto verso il Gran Maestro e il papa. Alberto è annoiato, vorrebbe che il visitatore andasse al sodo senza lunghi giri di parole per tornare nella sua cella.

    «Dunque voi avete visto il nostro Gran Maestro?» chiede frate Giovanni.

    «Sì, ma ora è prigioniero nella Torre del Tempio, su ordine di Filippo quarto, il Capeto, re di Francia con l'accusa di eresia e sodomia» risponde frate Henri.

    Il gelo della cella si solidifica in un blocco di ghiaccio a sentire queste parole.

    Frate Pietro è il primo a riprendersi dalla costernazione per la notizia. Giurista, esperto in diritto canonico, aveva studiato nello Studio bolognese. Qui ha incontrato e conosciuto sia Rinaldo da Concorezzo, il vescovo di Ravenna, che Bernard de Got, attuale papa Clemente quinto. Gli sembra un'enormità la notizia, che arriva per bocca di un cavaliere, che sostiene di essere un confratello.

    «Siete sicuro che il Gran Maestro si trova in stato di detenzione nella commenda parigina?» chiede con voce ferma ma incredula frate Pietro.

    «Lo giuro sui Vangeli che, quanto ho detto, corrisponde a verità» ribatte il messaggero, sorpreso che qualcuno metta in dubbio le sue parole. Prima che Pietro possa porgli altre domande, prosegue.

    «Perché dovrei raccontarvi il falso?»

    «Non fate spergiuri o la vostra anima sarà perduta per sempre tra le fiamme dell'Inferno» afferma il precettore Giovanni, attonito e sbigottito che il Gran Maestro sia accusato di reati infamanti.

    «Vi prego, proseguite la narrazione» fa Pietro, dando per scontato che stia raccontando il vero. Non ha motivo di dubitare dopo quella reazione veemente.

    «Dopo il rientro nella magione, al termine dell'incontro col sua santità, erano circolate molte voci malevoli, che avrebbero messo in apprensione chiunque ma non il nostro Gran Maestro. Lui ha continuato nelle sue normali attività come se non avesse ascoltato nulla».

    «Ma i Cavalieri del Tempio sono sotto la protezione del Santo Padre. Il re di Francia ha commesso una grave scorrettezza» lo interrompe Pietro.

    «Sì, il re ha ascoltato i suoi consiglieri, tra cui Guillaume Robert, il grande inquisitore di Parigi. Non la voce dell'arcivescovo di Narbonne, Gilles Aycelin, che predicava l'attesa» conferma frate Henri.

    «Ma papa Clemente quinto che ha detto?» chiede Giovanni, che ascolta con attenzione il dialogo tra i due confratelli.

    «Nulla. È all'oscuro di tutto o per lo meno lo era» ribatte il messaggero.

    «Dicevate che il Gran Maestro ha rifiutato di fuggire e mettersi in salvo. Perché?» chiede frate Pietro da Monte Acuto.

    «Una storia lunga. Il quattordici settembre nell'abbazia di Maubuisson il re e i suoi consiglieri avevano redatto un documento dove si parlava dell'arresto di tutti i Cavalieri del Tempio in Francia. L'operazione sarebbe stata guidata da Guillaume de Nogaret, che il re ha nominato guardasigilli il 22 dello stesso mese. Il nostro Gran Maestro ha avuto modo di leggere l'ordine ma ha preferito ignorare il documento» spiega frate Henri agli attoniti ascoltatori.

    Pietro capisce l'errore del Gran Maestro, che anziché mettere in salvo gli altri cavalieri e se stesso sotto la protezione di Clemente quinto, ha preferito sfidare il re Capeto per dimostrare la sua superiorità. Ha peccato di onnipotenza ed è stato punito. Così ha trascinato nell'inferno molti altri cavalieri riflette il frate trattenendo dentro di sé il suo pensiero.

    «Ma come è avvenuto tutto questo?» domanda Giovanni, che non comprende la portata dell'episodio.

    «Il Gran Maestro era rientrato da Limonum ai primi di ottobre per partecipare alle esequie di Catherine de Courtenay, la moglie di Carlo di Valois il dodici ottobre. Il giorno dopo Nogaret con una squadra di armigeri, guidati da Reginald Frey, ha fatto irruzione nella Torre del Tempio. Ha arrestato quasi tutti i cavalieri che ivi erano residenti» dice Henri ai suoi ascoltatori, attenti a non perdere una sillaba della narrazione.

    A Pietro qualcosa non torna. Jacques de Molay da Limonum rientra a Parigi. Perché? si domanda ma non lascia albergare il dubbio.

    4.

    Bologna, 28 ottobre 1307, ora seconda delle Vigilie, anno secondo di papa Clemente V

    I cavalieri del Tempio sono da tempo riuniti nella cella del Maestro della magione bolognese per ascoltare il racconto di frate Henri. Frate Pietro da Monte Acuto pone domande per valutare l'attendibilità delle informazioni.

    «Perché il Gran Maestro è tornato a Parigi, pur essendo a conoscenza dell'ordine del re?» chiede curioso Pietro, che aveva lasciato la domanda in sospeso, in attesa di trovare il momento opportuno per porla.

    «Non lo so» comincia Henri. «Ma Pierre de Boucle, un cavaliere che è sfuggito alla cattura, durante la fuga verso il sud della Francia mi ha raccontato la sua versione sul rientro alla Torre del Tempio del Gran Maestro».

    «Ma questo cavaliere perché non è con voi?» Il tono di frate Pietro è incalzante.

    «È stato scoperto e catturato a Lugdunum, nonostante avesse tolto dal mantello le nostre insegne, si fosse rasato la barba e tagliato i capelli. È stato vittima di delatori, di cavalieri del Tempio rinnegati» afferma con enfasi Henri.

    «Cavalieri rinnegati?» esclama il precettore Giovanni, scandalizzato che confratelli abbiano denunciato altri fratelli per denaro o sete di vendetta.

    «Sono cavalieri espulsi per indegnità ma reintegrati per la pressione del re di Francia o dello stesso Papa. Per vendicarsi si sono posti agli ordini di de Nogaret, riferendo nomi, aspetti e quanto altro potesse servire alla loro identificazione. Erano le spie all'interno del Tempio» afferma il cavaliere francese.

    Giovanni e Pietro si guardano, vorrebbero dire qualcosa ma preferiscono tacere. Il pensiero, che tra di loro ci siano delle serpi pronte a iniettare il loro veleno, li raggela.

    Il templare francese aspetta in silenzio una domanda che non viene. Riprende la narrazione.

    «Giunti a Lugdunum, io e Pierre ci siamo messi alla ricerca di un ostello sicuro per la notte. Sfortunatamente lui si è imbattuto in un certo Hugo de Rimbrode, che era in giro per la Francia alla ricerca della dozzina di cavalieri, sfuggiti all'arresto del tredici ottobre. Ha riconosciuto il mio compagno e lo ha arrestato. Io per mera fortuna sono scampato all'arresto e sono fuggito dalla città» conclude frate Henri.

    «Come potete provare che voi non siete un cavaliere rinnegato?» fa Pietro non convinto della bontà dell'atteggiamento del narratore.

    Henri lo guarda storto come se fosse un insetto fastidioso. Evita il giuramento di essere un cavaliere del Tempio, rispettoso della regola dell'ordine.

    «Come? Semplicemente non posso. O mi date fiducia oppure me la negate» dice solenne con tono di sfida il presunto templare francese.

    «Proseguite nel vostro racconto» lo esorta il precettore Giovanni, che guarda di sbieco Pietro. Come per dire 'lasciatelo parlare. I commenti e i dubbi usciranno dopo'.

    Il frate stringe le labbra e si avvolge nel mantello ma qualcosa gli suggerisce che il comportamento dell'ultimo arrivato suoni falso come un orcio fesso. Perché viene a raccontare tutto questo al Maestro della magione di Bologna? si chiede, interrogando con gli occhi frate Alberto, che stringe le spalle in segno di ignoranza. "È vero che la commenda è, insieme a quella romana, la più importante d'Italia. È vero che da noi dipendono tutte quelle poste nella provincia di Lombardia, nel centro nord

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