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L'incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi
L'incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi
L'incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi
E-book345 pagine5 ore

L'incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi

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Info su questo ebook

Marrazzo ha un lavoro e una vita così e così. Senza grandi slanci i giorni passano tutti uguali, il tempo avanza, e lui lo lascia andare indifferente. Palestra, giochi elettronici, donne: le piccole soddisfazioni non mancano. Ma a trentadue anni un uomo non dovrebbe volere di più? Marrazzo sembra chiederselo in ogni momento pur non facendolo mai esplicitamente, del resto lui non crede ai fantasmi. Nicoletta invece ci crede eccome, la sua vita ne è sempre stata condizionata, soprattutto da che il piccolo Marcello è entrato a farne parte. Anche lei ha un lavoro così e così e qualche piccola soddisfazione: la mountain-bike, i vestiti, le borse. Qualche ossessione di troppo e una vera e propria idiosincrasia per gli sprechi. Lei, però, dai suoi trentacinque anni vorrebbe molto di più. Vista così, “L’incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi” potrebbe apparire come una delle tante storie d’amore tra due persone che a un certo punto si incontrano più o meno casualmente, e in effetti in parte lo è, se non fosse che come per tutte le storie incredibili, l’amore ha solo un ruolo marginale, e i fantasmi sono i veri protagonisti. Case infestate, inseguimenti di babbi natali, animali che si comportano come uomini e viceversa: fantasia e realtà si intrecciano davanti agli occhi stupiti di Marrazzo, suo malgrado. Tutto per il desiderio di vendetta di un presunto fantasma che senza troppa esperienza detta le regole del gioco? Forse, oppure, come direbbe il sottotenente dei carabinieri Ferroggiaro al carabiniere scelto Martini: “C’è un uomo in obitorio che ancora non ha un nome, tutto il resto è irrilevante”. E ne “L’incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi”, in effetti, un uomo senza nome nell’obitorio c’è, ma chi può dire se tutto il resto è effettivamente irrilevante?
LinguaItaliano
Data di uscita25 ott 2019
ISBN9788833431895
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    Anteprima del libro

    L'incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi - Daniele Naselli

    Daniele Naselli

    L’incredibile storia

    di Marrazzo

    che non credeva

    ai fantasmi

    A Beatrice, la mia Nicoletta e a Giovanni e Luca, i miei due Marcello. Per la pazienza che avete con il vostro Marrazzo.

    A Massi, c’è un po’ di te anche qui.

    Prima Parte

    In un piccolo ufficio di una nota impresa di Rapallo improvvisamente si accende un PC e con lui il neon che illumina la stanza. Una luce azzurrognola a intermittenza mette in risalto un monitor, dove al centro, da qualche secondo, è comparsa una finestrella grigia.

    Un prompt frenetico scandisce il tempo in attesa di una password. I tasti si abbassano senza che nessun dito li prema, e lentamente si compongono diciotto asterischi. Nascondono la chiave per accedere al sistema: 1983_MARRAZZO_1893.

    Sulla barra del desktop l’orologio segna le 5 e 06, è indietro di alcuni minuti, ma nessuno si è mai preoccupato di sistemarlo. La freccia del mouse comincia a ispezionare timidamente una cartellina, quindi un’altra e un’altra ancora. Man mano che i file si aprono, diventa sempre più decisa e veloce. Scorre numerosi documenti, alcuni vengono immediatamente chiusi, altri mostrano alla stanza vuota il loro contenuto. La rotellina del mouse cigola e sposta migliaia di parole dall’alto al basso, fiumi di frasi inutili scivolano lungo lo schermo. Alle 5 e 22 si fermano, il prompt continua a lampeggiare, dividendo un nome da un cognome. È stato scritto rabbiosamente su una pagina interamente bianca, dopo un breve messaggio tutto in minuscolo.

    Sulla parete di fronte alla scrivania un calendario è fermo dal giorno in cui è stato appeso al 9 gennaio 2014. Accanto, un armadio ad ante scorrevoli sputa una fascetta contenente alcuni fogli di carta. Uno in particolare si poggia vicino alla tastiera piena di briciole e capelli. Nello stesso istante un evidenziatore decolla dal portapenne. Spara via il tappo e volteggia con grazia finché la sua punta incontra il foglio. Sottolinea un’intestazione, quindi cade sulla scrivania, poco distante dal tappo. Intanto una Bic rossa scrive qualcosa in un piccolo riquadro, poi, calcando, cerchia la firma in calce al foglio. Il nome è poco leggibile, la grafia è stentata, ma in quell’ufficio tutti sanno a chi appartiene, o meglio, a chi apparteneva.

    I tasti mezzo cancellati della tastiera vengono ricoperti da una sostanza gelatinosa e verdastra, mentre il neon regala un ultimo fugace bagliore prima di esplodere in mille schegge argentate. Un colpo di vento spalanca l’unica finestra dell’ufficio, e un’ombra la oltrepassa.

    È buio e non si vede niente, ma il calendario, che ora è macchiato di verde fosforescente, mostra con orgoglio dopo mesi di inerzia una data nuova. Il 24 Aprile 2014.

    I

    Di quando impariamo a conoscere il nostro eroe

    Dopo il risveglio di fine ottobre

    Anche stamattina Marrazzo entra in ufficio in ritardo. La timbratrice segna le 9 e 17, e lui sta pensando di far finta di essersi dimenticato di timbrare il cartellino. Questo ottobre è già al quarto ritardo, timbrare a quest’ora vorrebbe dire un’ora in meno in busta paga. Si guarda in giro sperando di non essere visto da nessuno e si avvicina alla macchina del caffè. Da dietro sente la voce della Bertini che lo riprende. Sempre puntuale Marrazzo!

    Marrazzo non ha mai capito quale siano le mansioni della Bertini. Sa che si occupa delle buste paga e dei cartellini, ma sospetta che il suo vero lavoro sia fare la spia e licenziare il personale. La considera una vecchia zitella, anche se qualcuno gli ha detto che ha al massimo cinquant’anni, un marito e forse anche un paio di figli.

    Ciao Bertini. Vuoi un caffè? Sa che il tentativo di corruzione è inutile, ma ci prova lo stesso. Sorrisi, ammiccamenti, caffè decaffeinati, con lei non sono mai serviti a niente. La Bertini gli segna sempre le ore giuste.

    Grazie, meglio una cioccolata calda. Siamo a quattro questo mese. Mi spiace, ma ti toglieranno un’ora.

    Sei tu che me la toglierai, pensa. Non bado certo a queste piccolezze, dice.

    Infatti. Ah, Marrazzo ti sei scordato di timbrare?

    Marrazzo arrossisce, poi prova a rimediare: Non lo so, puoi controllare tu? Se mai mi timbri, grazie. Zucchero?

    Sì, doppio zucchero, la Bertini prende il cartellino di Marrazzo, ride mentre lo timbra e lo rimette a posto. Infatti l’avevi scordato. Mi sembrava di non aver sentito il rumore! Capita, non preoccuparti.

    Marrazzo le porge la cioccolata calda in silenzio. Vorrebbe tirargliela in faccia e dirle quello che pensa di lei. Tempo fa Oliveri dell’ufficio Italia gli ha detto che quando entra in ritardo lei, invece di timbrare si segna a penna l’ora che vuole. Fa anche tantissimi straordinari, ha aggiunto ridendo, glieli paghiamo noi con i nostri ritardi!

    Piuttosto Marrazzo, va’ un po’ a vedere cos’è successo nel tuo ufficio. Ieri hai lasciato la finestra aperta, e deve essere entrata qualche bestia che ha sporcato tutto. Anche il neon sì è rotto, ci avrà sbattuto contro.

    Nella testa di Marrazzo si forma l’immagine di un piccione con la testa della Bertini. È grasso e malandato, e svolazza sbattendo contro le pareti dell’ufficio, perdendo guano ovunque per la paura. La scena lo fa sorridere, specie quando cercando di uscire dalla finestra il piccione Bertini si spiaccica contro il vetro.

    Vedo che ridi, mi fa piacere che l’hai presa in spirito.

    Certo! Almeno me lo cambiate, lampeggia da una vita.

    Se sei contento tu… Ah, Marrazzo… doppio lo zucchero la prossima volta.

    La mente di Marrazzo materializza una tazza del water il cui tubo di scarico finisce nella macchinetta del caffè. Lui sta leggendo tranquillo la pagina sportiva, mentre tra un peto e l’altro produce compiaciuto la brodaglia che la Bertini berrà. Ma solo dopo aver premuto il tasto extra dolce.

    Qualsiasi cosa per la mia collega preferita.

    Fai poco lo spiritoso e vedi di trovare una sedia per lavorare, la tua è piena di vetri, non sia mai che ti si rovini quel bel culetto palestrato.

    Non è palestra, corro tutti i giorni.

    Sì, va be’ corri a lavorare… te ne dovrebbero togliere a migliaia di ore!

    Marrazzo è l’addetto back-office del reparto estero della Pastori Spa, una piccola impresa che di recente è finita sotto le luci della ribalta perché il presidente del consiglio Matteo Castorino l’ha citata come esempio da seguire. Finalmente un’azienda sana in questi anni di crisi, ha detto con un po’ troppo campanilismo, durante un’intervista rilasciata per Tele Rapallo a un vecchio compagno di scuola. Quello che non ha detto, però, è che la Pastori Spa si occupa della produzione e vendita di pastone per pesci.

    Marrazzo è sempre a disagio quando deve parlare dell’attività dell’impresa per cui lavora. Certo lui è solo un impiegato, ma agli occhi di tutti appare come uno che vende pastone per pesci, e questo non fa fare bella figura, specie con le donne. Ultimamente però, o come direbbe Oliveri, da che Castorino si è portato a letto quella gran gnocca della Pastori, le cose sono cambiate. Marrazzo si può addirittura vantare del suo lavoro e qualche volta lo usa persino per fare colpo. Chiaramente non dice di essere un impiegato, ma si spaccia per il miglior venditore della Pastori. Dice di parlare quattro lingue (in realtà senza il traduttore non capirebbe la metà delle mail che riceve) e di girare mezzo mondo (cosa che fa con l’immaginazione e con internet per prenotare i biglietti aerei dei suoi colleghi). Racconta di viaggi in prima classe, di soggiorni in hotel di lusso, di vini pregiati e di ristoranti costosi. E tutto al solo scopo di rendere meno sgradevole il pastone per pesci che, nonostante Castorino, continua a suscitare disgusto in chi ne sente parlare.

    In realtà Marrazzo ha partecipato a un solo viaggio di lavoro, per una fiera in Marocco, nel lontano 2009. Aveva fatto da aiutante a Repetto, un venditore senior con oltre trent’anni di carriera. Però, di questa unica esperienza (con volo low-cost e soggiorno in un pessimo hotel a due stelle) non parla mai volentieri; si vergogna anche solo a ricordarla.

    Nel 2009 Marrazzo lavorava alla Pastori da poco più di due anni e ancora non era riuscito a farsi notare. Questo viaggio gli era sembrato un’ottima occasione per emergere, così era partito con tanto entusiasmo e la convinzione che un’esperienza del genere avrebbe dato una svolta alla sua carriera. Al suo rientro invece aveva amaramente constatato che il viaggio aveva dato sì una svolta alla sua vita, ma in negativo. Per giustificare l’insuccesso diceva che Repetto gli aveva remato contro, ma nel profondo del cuore sapeva che non era così. Il viaggio gli aveva aperto gli occhi, gli aveva fatto capire che vendere non faceva per lui.

    Repetto comunque era stato scorretto, infatti aveva raccontato a tutti i colleghi la storia dei santimat.

    La prima Marrazzata

    Marrazzo era arrivato in Marocco con una vaga idea di cosa fosse il dirham, ossia sapeva che un euro ne valeva circa dieci perché glielo aveva detto Repetto in aereo. Oltre a questo Repetto gli aveva dato una serie di consigli per sopravvivere in Marocco, che poi si erano rivelati sciocchezze e luoghi comuni. Marrazzo avrebbe compreso solo in seguito che Repetto provava gusto nel prendersi gioco di lui, ma fino a quel momento aveva ascoltato con riconoscenza il vademecum del collega. Aveva avuto il primo sospetto poche ore dopo, quando, scendendo dal taxi, Repetto non aveva nemmeno fatto finta di pagare. Marrazzo aveva dato al tassista un foglio da cinquanta euro e aveva ritirato il resto, senza avere il tempo di capire quanto avesse speso. Con la testa immersa nei calcoli era uscito dalla macchina ed era stato assalito da uno sciame di ragazzini urlanti. Un ragazzino di al massimo dodici anni, spintonando e scalciando, era riuscito ad accaparrarsi la sua valigia. Guarda caso, tra tanti consigli, Repetto si era scordato di dirgli come comportarsi in un contesto del genere. In pochi minuti i sospetti erano saliti a due.

    Durante il breve momento di indecisione Marrazzo era rimasto pietrificato. Per prima cosa aveva avuto paura che il ragazzino gli stesse rubando il bagaglio, ma si era subito tranquillizzato vedendo che un bambino aveva preso la valigia di Repetto, e lui non aveva fatto una piega, anzi lo aveva seguito sgranchendosi la schiena. Comunque, per sicurezza, si era messo una decina di volte la mano sul portafogli. Il piccolo portaborse aveva fatto sì e no dieci metri e, indifferente alle proteste di Marrazzo, si era fermato davanti all’ingresso dell’albergo. Quindi aveva allungato la mano in attesa del pagamento. Così Marrazzo, di malavoglia, aveva preso dal resto del taxi una moneta con un venti scritto sopra. Certo due euro non erano una grande mancia, ma, considerato il servizio svolto, erano sicuramente meglio della caramella che di primo acchito avrebbe voluto dargli. Lui però, invece di ringraziare, aveva sputato in terra e, mormorando una frase incomprensibile, aveva lanciato la moneta ai suoi piedi. Per rendere il tutto ancora più suggestivo, Repetto gli aveva detto che il ragazzino lo aveva maledetto. Era una presa in giro, ma Marrazzo si era comunque sfregato il cavallo dei pantaloni. Non credeva in queste cose, ma non si poteva mai dire. Dopodiché aveva raccolto lo spicciolo e lo aveva messo in tasca.

    Per un breve periodo della sua vita aveva conservato quella moneta come un monito. Gli era servita per ricordare che un’umiliazione è solo una delle tante monetine da mettere da parte prima di diventare il nuovo Rockefeller. Siccome però era rimasto il solito Marrazzo, alla fine aveva usato la moneta per caricare di venti centesimi la chiavetta della macchina del caffè.

    E questo è il modo in cui Marrazzo ha appreso dell’esistenza dei santimat, ossia delle frazioni del dirham, ma per tutti, alla Pastori, si tratta della prima Marrazzata. Purtroppo non sarebbe stata l’ultima.

    II

    Di quando il nostro eroe incontra la sua principessa

    Il codice Marrazzo

    Marrazzo sta fissando lo schermo del suo cellulare. Qualche minuto fa ha inviato un’immagine di Porta Soprana presa dall’uscita di Galleria Cristoforo Colombo. Ha seguito le istruzioni per filo e per segno, ma ancora non gli sono arrivate risposte. Eppure, sotto la foto, due piccole v azzurre certificano che il destinatario ha ricevuto e guardato il messaggio.

    Marrazzo si sta innervosendo. È sotto mutua e a quest’ora dovrebbe essere a casa. Invece si trova nel centro di Genova, appoggiato a un semaforo a respirare gli scarichi delle macchine che escono dal tunnel, in attesa di qualcosa che non ha nemmeno capito bene. Continua a pensare che la Bertini potrebbe chiamarlo a casa, o peggio ancora potrebbe richiedere una visita fiscale. Marrazzo non ha idea di cosa succeda in questi casi, ma finora, tutte le volte che è stato in mutua, non è mai venuto nessuno a controllare. Non è molto, ma è sufficiente per rischiare. Gli è stata chiesta una dimostrazione di coraggio, e lui non ha intenzione di sfigurare. Però ancora non gli è arrivato nessun messaggio di spiegazione.

    Marrazzo non vuole perdere subito la faccia, così, invece di chiedere chiarimenti, guarda in continuazione i messaggi ricevuti. Non è la prima volta che una donna si diverte a farmi aspettare, si ripete per contenere l’ansia. Intanto però immagina la Bertini che si presenta a casa sua. La vede mentre bussa alla porta tre o quattro volte, prima di andarsene scuotendo la testa.

    Marrazzo non ha pazienza, come i bambini vuole tutto e subito, e sempre come i bambini ha molta fantasia. Snervato dall’attesa e dalla preoccupazione, non fa altro che immaginare scenari apocalittici legati al suo licenziamento o al motivo per cui non sta ricevendo risposte. Prima si vede in prigione a pane e acqua per avere spaccato in testa un monitor alla Bertini. Poi immagina un attentato terroristico alla stazione di Rapallo, con centinaia di vittime che tengono occupato l’intero ospedale. Infine la sua testa inizia a elaborare un kamikaze islamico che ha scelto l’ospedale di Rapallo per farsi saltare in aria. Ma proprio quando l’attentatore (che nel frattempo è diventato un sequestratore) si sta facendo consegnare i cellulari dagli ostaggi, arriva finalmente il messaggio.

    Passa la casa di Colombo, voglio un selfie con il chiostro di Sant’Andrea dietro. Stupiscimi e avrai il prossimo indizio. Già che ci sei passa sotto Porta Soprana, è sempre emozionante.

    Marrazzo si guarda intorno, Nicoletta dovrebbe essere a lavorare, ma l’idea che possa essere lì a gustarsi la scena non è poi così improbabile. La cerca tra le persone, poi si decide ad andare. Cammina impettito, lentamente, sempre convinto che qualcuno lo stia osservando. Se anche Nicoletta non fosse lì intorno, potrebbe aver chiesto a qualcuno di filmarlo. Magari per avere una prova di quello che sta facendo per lei. Per una sconosciuta. Per una sconosciuta con due occhi che meritano questo e altro.

    Il chiostro di Sant’Andrea è un piccolo colonnato di marmo con un pozzo in mezzo. Marrazzo non lo aveva mai visto perché è nascosto dietro alla casa di Cristoforo Colombo e a qualche olivo. Lo trova carino, ma ha ben altro per la testa, non ha tempo per vedere i monumenti. Controlla la batteria del cellulare per sentirsi sicuro, anche se lo ha tenuto in carica tutta la notte, poi scatta la prima foto. Si vedono le colonne, ma lui è troppo serio e non si piace. Ne scatta altre quattro senza convinzione, poi gli torna in mente il messaggio di Nicoletta. Stupiscimi e avrai il prossimo indizio, quindi l’accenno all’emozione di passare sotto Porta Soprana. Marrazzo prende le misure, ma dal chiostro è impossibile far rientrare le due torri nella foto. Si concentra sulle parole emozionante e stupiscimi. Gli vengono in mente nell’ordine: il seno di Nicoletta, la ricompensa che vorrebbe ricevere e la lingua di Paolo Villaggio.

    Click.

    Nelle foto prima era venuto meglio, e la lingua si vede appena. Ci pensa un attimo tenendo il polpastrello del pollice alla giusta distanza tra cancella e invia. Poi si decide. Questa volta la risposta arriva subito.

    Niente male! Ma mi aspetto miglioramenti con i prossimi scatti. Hai cinque minuti per arrivare alla Chiesa di San Donato. Se non sai dov’è chiedi indicazioni. La via più facile ha il nome di un frutto che tu credi di essere e che io spero che tu sia. Se arrivi tardi cancello il tuo numero dal cellulare.

    Marrazzo di Genova non sa quasi nulla, però ha il navigatore sul cellulare, e Nicoletta non gli ha impedito di usarlo. Ride leggendo che per percorrere Via del Fico ci vogliono tre minuti. Ce ne mette poco meno di due, scatta una foto alle colonne dell’ingresso della chiesa, la invia e si ferma a rifiatare. Già che è lì si concede uno sguardo più approfondito. Si chiede cosa ci sia di così bello da spingere Nicoletta a farlo andare proprio lì. Probabilmente qualcosa all’interno, ma la porta è chiusa e non può entrare. Alza gli occhi e capisce. Un bellissimo campanile ottagonale spunta in mezzo ai tetti delle case circostanti.

    Bella vero? Usa pure internet, ma sta’ attento a non consumare tutta la carica. Hai ancora tante cose da fare. Nicoletta chiede una foto della Torre degli Embriaci dal basso all’alto. Hai dieci minuti, fai con calma.

    Qualche giorno prima, al pronto soccorso

    Per capire meglio cosa stia succedendo è necessario fare un passo indietro, ossia tornare a qualche giorno prima, in un piccolo ufficio di Rapallo. Marrazzo è infastidito dal ritardo e dalla Bertini. Lo spettacolo comunque è migliore di quanto immaginasse, ma il computer è acceso, ed è strano perché di solito non si dimentica di spegnerlo.

    In primo piano c’è un documento che non ricorda di avere scritto. Sembra la bozza di una lettera piena di errori o il copia incolla di una traduzione fatta da un traduttore in internet. In ogni caso non ha alcun senso, lette le prime due righe, chiude il documento senza nemmeno finirlo.

    Diverse cartelline sono aperte, una in particolare lo preoccupa, la sua personale.

    Perché mai qualcuno dovrebbe aver frugato tra i miei documenti?

    Marrazzo non ha niente da nascondere, se anche la Bertini avesse controllato la cronologia del suo browser non avrebbe trovato niente di compromettente. Certo il discorso sarebbe diverso se mettesse mano sul suo cellulare.

    La scrivania è disordinata come sempre, sopra a tutto però c’è una cosa che non dovrebbe essere lì. È una pratica chiusa da diversi mesi e che quindi dovrebbe essere dentro all’armadio, sepolta sotto a una catasta di fogli inutili. Si tratta di un ordine di un cliente greco, lo ricorda perché è stato uno degli ultimi presi da Repetto. Una bella commessa tra l’altro, Repetto se n’era vantato con tutto l’ufficio. Marrazzo si butta senza ragionare sulla sedia, ma proprio quando il suo sedere sta per toccare il cuscinetto, la voce della Bertini lo riprende. Sei pazzo? È pieno di vetri. Si tira su appena in tempo, ma, al posto di ringraziare la collega, le fa un cenno come a dire sparisci. Prende in mano l’ordine, e una sostanza gelatinosa gli sporca le mani. Si pulisce velocemente sui pantaloni senza darci peso. Riconosce il suo lavoro dalle annotazioni, la memoria di Marrazzo funziona così, dal momento che una pratica è chiusa la dimentica completamente, poi però gli basta vederla e gli torna tutto in mente.

    C’è qualcosa che non ha senso, ci sono delle sottolineature che non ha fatto lui.

    Chi le avrà fatte? Forse la Bertini? No, non è da lei. E poi perché mai avrebbe acceso il mio computer, cercato chissà cosa e tirato fuori dall’armadio una vecchia pratica? Solo per sottolinearla e lasciarla in bella mostra sulla mia scrivania dopo aver rotto il neon?

    Non ha senso, al massimo l’avrebbe usata per ricordarmi che i documenti vanno prima archiviati e poi distrutti.

    Con la testa piena di domande scansa i vetri dal foglio e sta bene attento a non tagliarsi mentre li fa cadere nel cestino della spazzatura. Il taglio però arriva comunque, non dai vetri, dalla carta. Il bordo del foglio è sottile e affilato come una lama appena lavorata da un arrotino. Marrazzo si è tagliato spesso con la carta, ma solo quando i fogli sono nuovi e appena usciti dalla risma. Non gli era mai successo con un foglio umido e stropicciato. Sotto i suoi occhi stupiti il sangue sgorga copioso. Troppo per un semplice taglietto da carta.

    Con la mano insanguinata corre in bagno. La Bertini lo vede gocciolare lungo il corridoio e lo riprende. Stai sporcando dappertutto.

    Mi sono tagliato, non hai un po’ di pietà?

    Te lo meriti, ti avevo detto che era pieno di vetri. Vai a metterti un cerotto, la cassetta del pronto soccorso è nell’armadio davanti alla Barbarino.

    Mi prenderò il tetano o chissà che malattia per questa schifezza verde.

    Cacca, Marrazzo. È cacca di piccione.

    Dovrò fare delle vaccinazioni?

    Ma finiscila! Stai cercando una scusa per farti qualche giorno di mutua?

    Poco dopo, un Marrazzo decisamente spaventato e con la mano fasciata si presenta all’ingresso del Pronto Soccorso. È scortato da Oliveri, che appena ha saputo dell’incidente ha insistito per accompagnarlo. È stato un bel gesto che Marrazzo ha apprezzato. Oliveri gli è simpatico, peccato che stia cercando di cambiare lavoro. Dice che non si trova bene, nemmeno Marrazzo a dire il vero, ma non ha nessuna voglia di cercare un altro impiego. Per lui un posto vale l’altro, cambiare non risolverebbe il problema, finirebbe comunque per essere insoddisfatto.

    Davanti allo sportello per l’accettazione Marrazzo recita con naturalezza la parte del malato immaginario, mentre lascia che Oliveri spieghi i fatti al posto suo. Muovendosi lentamente, si fa accompagnare in sala d’attesa, e lì, con gli occhi bassi, rimane ad aspettare di essere chiamato.

    Oliveri si dilegua nel giro di cinque minuti. Ho un colloquio di lavoro tra mezzora, ti spiace se ti lascio qui da solo? A Marrazzo dispiace, ma dice di no. Tanto stai bene, si vede che non hai niente. Ah Marrazzo, mi raccomando, acqua in bocca!

    Un televisore sta trasmettendo la pubblicità di un famoso antigelo che Marrazzo non aveva mai visto. La subisce per far passare il tempo, poi, siccome inizia il telegiornale, prende una rivista a caso e la sfoglia. Si guarda intorno per essere certo che nessuno lo stia vedendo mentre legge un articolo che parla della separazione tra un giocatore della Juventus e una tronista. La ragazza è molto bella e allieta i suoi occhi con un topless mozzafiato. Dopodiché passano quaranta minuti di totale noia. Durante questi ogni nuovo arrivato viene chiamato prima di lui. Spazientito si mette in cerca di qualcuno che gli dia una spiegazione. Vede un’infermiera che cammina da sola e le si butta davanti per fermarla.

    Infermiera mi scusi, possibile che abbia solo un codice bianco? Sanguino da ore e ho paura di non avere le vaccinazioni necessarie.

    L’infermiera lo scansa educatamente e riprende a camminare, dimostrando che non ha gradito l’aggressione. Marrazzo non si dà per vinto e si trasforma nella sua ombra. Lei allunga il passo ignorandolo. Cammina veloce, non è particolarmente aggraziata nei movimenti.

    Marrazzo la sorpassa e per la prima volta la guarda in faccia. È piccolina, ma è davvero carina. Sembra una bambolina di caucciù, ha forme morbide e arrotondate, un bel viso e occhi grandi. Il tutto ben proporzionato in un misero metro e mezzo di statura. Marrazzo comincia a provare un’attrazione che ha poco di umano, è olfattiva. Il suo odore ricorda la verdura fresca e la terra.

    Non posso aiutarti mi dispiace, non vedi il colore della divisa?

    L’infermiera indossa una casacca verde acqua che le contiene a stento il petto. Dalla scollatura Marrazzo riesce a vedere la riga che divide i seni e vorrebbe tuffarcisi in mezzo. La sua mente comincia a girare un film vietato ai minori con tre soli protagonisti: la sua faccia e i due seni. Hanno già recitato la scena dei preliminari, e tra poco resterà spazio solo per la pornografia. La voce dell’infermiera lo riporta nel mondo reale.

    Sono una OSS.

    La donna si ferma davanti a un ascensore e preme più volte il tasto di chiamata. Dietro di lei Marrazzo si sta chiedendo cosa sia una OSS. Non conosce le specializzazioni infermieristiche e non ha idea delle divisioni dei compiti tra i vari infermieri, così, ignorando il commento, riprende a insistere.

    La prego, mi fa male. Ho lasciato gli antidolorifici in ufficio, può dire ai suoi colleghi che si occupano di queste cose se me ne possono dare uno?

    L’ascensore non arriva, e la donna preme un’altra volta il tasto di chiamata. Ha le mani piccole e graziose, ma le unghie non hanno smalto e sono poco curate. Mentre sbuffa e batte con impazienza i talloni sulle Dottor Scholl bianche, Marrazzo vede due piedini paffutelli, che potrebbero tranquillamente essere i protagonisti del seguito del film di prima. A cercare il pelo nell’uovo, le caviglie sono un po’ troppo grandi, ma Marrazzo non è pignolo fino a questo punto. Con un movimento brusco la donna gli prende la mano.

    Fammi vedere… Oh mio Dio! Forse sta andando in cancrena, ci sarà da amputare il dito.

    Marrazzo si sente umiliato, ma gli sta venendo mal di testa, così ingoia saliva e orgoglio e con voce decisa si gioca quella che crede essere l’ultima supplica della giornata. Non lo sa ancora, ma più tardi se ne giocherà parecchie altre.

    Non mi prenda in giro, mi fa male sul serio e sono stato a contatto con le defecazioni di un volatile.

    Lei ride, poi spalanca due occhioni screziati di giallo e batte lentamente le ciglia lunghe lunghe.

    Sai con quanta defecazione di umani sto a contatto io? Sono una OSS, Operatrice Socio-Sanitaria… faccio i lavori schifosi che nemmeno le infermiere si degnano di fare. Non hai niente, siediti lì e guarda la televisione. Danno sempre delle partite di calcio. Poi indica la spilla del Genoa sul pullover di Marrazzo e lo punzecchia: Chiederò alla portineria di mettere sul canale della Sampdoria, forse c’è uno speciale sul derby. Gli regala un ultimo sorriso e sparisce risucchiata dall’ascensore.

    E questo è il modo in cui Marrazzo ha conosciuto Nicoletta.

    Angeli, demoni e Marrazzate varie

    Marrazzo ha appena mandato a Nicoletta una foto della sua faccia presa dal basso, con sullo sfondo la torre degli Embriaci. Dopo, per ammazzare il tempo, si è messo a leggere un cartello che spiega che la torre è stata risparmiata da un editto del 1196 che non permetteva alle torri genovesi di superare gli ottanta palmi e… a questo punto è arrivata la risposta di Nicoletta.

    Questa è l’ultima torre medievale di Genova. Non la conoscevi vero? Eppure è bellissima. Anche tu non sei male nella foto. Ma sei solo all’inizio. Nicoletta ordina: chiesa di San Torpete. Entra e fotografa quello che credi che io voglia che fotografi.

    Marrazzo ha avuto difficoltà a seguire le indicazioni del navigatore, ma

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