Complice il buio: Harmony Destiny
Di Heidi Betts
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Info su questo ebook
Lucy Grainger è stanca di relazioni sentimentali senza futuro: è arrivato il momento di fare sul serio. Certo che trovare un uomo all'altezza non è facile, soprattutto quando si rimane tutto il giorno chiuse in ufficio. Ma con un capo ultrasexy come Peter Raynolds non è detto che sia tempo sprecato... Anche perché gli sguardi che le lancia sembrano andare ben oltre l'interesse professionale.
E quando un blackout li blocca nel ridotto spazio di un ascensore, ai due risulta impossibile non cedere all'attrazione reciproca che li ha travolti fin dal primo istante.
Resta da capire se, accesa la luce, si spegnerà la passione o se invece, anche per uno scapolo impenitente come Peter, non sia tempo di lasciarsi illuminare dall'amore.
Heidi Betts
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Complice il buio - Heidi Betts
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Blame It on the Blackout
Silhouette Desire
© 2005 Heidi Betts
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-350-1
1
Lucy Grainger annunciò il suo ingresso con un leggero colpo alla porta, poi si introdusse in casa di Peter Raynolds adoperando la propria chiave. Dopo aver raccolto la posta e il giornale che erano sul pavimento dell’ingresso, attraversò lo studio ed entrò nella spaziosa cucina, sul retro dell’abitazione. Adagiò giornale e posta sul ripiano dell’isola, insieme alla borsetta, poi mise il caffè sul fuoco e iniziò a riordinare la stanza.
Non rientrava nei suoi compiti mettere a posto il caos che Peter lasciava dietro di sé. C’era una governante pagata apposta per quello, che passava da casa una volta alla settimana per fare il bucato, lavare i piatti e spolverare. Ma Lucy era così abituata a prendersi cura di quell’uomo che le sembrava più che naturale liberare il lavello da quei pochi piatti sporchi o gettare nella spazzatura un cartone di latte semivuoto, rimasto un po’ troppo a lungo fuori del frigorifero.
Dalla cucina, si spostò verso il fronte della casa, salì le scale e percorse il breve corridoio fino alla camera da letto di Peter.
Forse, stava ancora dormendo, suppose, specie se aveva fatto le ore piccole impegnato nella progettazione di qualche nuovo software o videogioco. O, semplicemente, si era scordato di mettere la sveglia, come spesso accadeva. Trovò, però, il letto vuoto, le lenzuola aggrovigliate e quasi strappate da sotto il materasso.
C’era un solo altro posto dove guardare. Lucy richiuse dolcemente la porta della camera e si avviò nella direzione opposta, verso l’ufficio di Peter.
Più informale dello studio, Peter amava quella stanza perché era piccola, privata e arredata secondo il suo gusto personale. Il che significava pareti blu pervinca bordate di bianco e disadorne di quadri, ampia scrivania a tre snodi che occupava un intero angolo, bassi schedari lungo le altre tre pareti e, su ogni superficie disponibile, attrezzatura informatica assortita, progetti in fase d’opera e l’intera collezione di personaggi di Star Trek.
Dall’interno della stanza si poteva udire il sommesso brusio della torre del computer, alloggiata sul pavimento, che confermava a Lucy l’ipotesi su dove fosse Peter.
Il braccio ripiegato sotto la testa, il suo capo dormiva ricurvo sulla scrivania ingombra. Indossava una vecchia T-shirt grigia e un paio di pantaloncini a quadretti. I capelli biondi erano arruffati, probabilmente per tutte le volte in cui, con gesto nervoso, vi aveva fatto scorrere una mano, nel corso della nottata.
Le dita di Lucy si strinsero, invece, lungo i fianchi, per contrastare il desiderio improvviso di accarezzare quei ciuffi ribelli e i muscoli della schiena, contratti in una posizione innaturale.
Sospirò. Quello era il guaio: lavorare per un uomo di cui si era presa una cotta. La linea di confine tra la figura di datore di lavoro e potenziale amante diventava ogni giorno più confusa e maledettamente allettante da valicare. Ma solo per quanto riguardava lei.
Peter non la vedeva affatto come potenziale destinataria delle proprie pulsioni sessuali. La maggior parte delle volte, sembrava addirittura non accorgersi neppure che lei era una donna. Ai suoi occhi, lei era semplicemente la sua segretaria, la sua assistente, la persona alla quale si rivolgeva per qualsiasi problema. Ma dubitava che la considerasse una donna attraente, interessata a lui, una donna carnale e appassionata. Non staccava mai gli occhi dallo schermo del computer abbastanza a lungo da poterlo notare.
Eppure, era proprio quello che più le piaceva di lui, la sua passione per i computer, i programmi di software, l’aver creato la propria compagnia dal nulla e averla portata lentamente sulla strada del successo. Era un uomo dotato, brillante, richiesto dalle maggiori società d’informatica di tutto il mondo per debellare virus dai loro sistemi operativi o anche per risolvere problemi più semplici.
Ciò che più di tutto lui amava, però, era progettare videogiochi e programmi, e questo era stato il suo obiettivo primario negli ultimi due anni, da quando, cioè, Lucy aveva iniziato a lavorare per lui.
Oltrepassando la figura addormentata, Lucy raccolse una serie di lattine di Coca-Cola vuote sparse sulla scrivania e il pavimento. Peter era golosissimo di quella bevanda gassata e dolciastra, specie quando lavorava sodo e c’era un progetto che lo teneva particolarmente in tensione.
Due lattine le sfuggirono di mano e il rumore tintinnante che produssero quando urtarono l’una contro l’altra, per terra, svegliò Peter che raddrizzò la schiena di scatto e, battendo le palpebre con aria assonnata, si guardò intorno come se non si rendesse bene conto di dove si trovasse.
«Scusami» sussurrò Lucy. «Non volevo svegliarti.»
Lui si stropicciò gli occhi e sbadigliò. «Che ore sono?»
«Le nove passate. Da quanto tempo sei chiuso qui a lavorare?»
«Ho iniziato dopo cena. Intorno alle otto, più o meno.»
Spingendo indietro la sedia, Peter si alzò in piedi e si stiracchiò. Le nocche sfiorarono quasi il basso soffitto della stanza, mentre allungava le braccia sopra la testa e si sollevava sulle punte. La postura gli gonfiò il torace e mise in evidenza i muscoli tonici e ben definiti dei polpacci e delle cosce.
Lucy provò un brivido, ma fece finta di nulla.
«Mi stavo scervellando dietro a quella maledetta anomalia della GlobalCon. Mi ci è voluto più di quel che pensavo, ma credo di essere riuscito finalmente a risolvere il problema.»
Lucy si diresse verso il cestino dei rifiuti accanto alla porta e vi gettò le lattine vuote, ripromettendosi, più tardi, di riciclarle. «Tutte ore di lavoro da fatturare. A che ora hai finito?»
«E chi lo sa.» Peter si passò una mano fra i capelli e sbadigliò di nuovo. «L’ultima volta che ho guardato l’orologio erano le tre.»
Lei annuì, chiedendosi se la GlobalCon e tutti gli altri clienti di Peter si rendessero conto di quanto fossero fortunati a trattare con un professionista come lui. Certamente, era caro, ma era anche il migliore sulla piazza. E, poiché quasi mai si ricordava di annotare l’orario di inizio e di conclusione di un lavoro, le fatture che lei inviava ai clienti si riferivano il più delle volte al lavoro finito, non al tempo impiegato.
«Perché non vai a stenderti un paio d’ore? Hai l’aria esausta.»
Il sorriso che lui le scoccò le provocò un piacevolissimo languore per tutto il corpo.
«Ormai sono sveglio. Tanto vale farmi una doccia e vestirmi.»
Peter sotto la doccia. Quella sì che era un’immagine che le avrebbe fluttuato nella mente per il resto della mattinata. Come se già non la tenesse sveglia la maggior parte delle notti.
«Inoltre, voglio telefonare subito alla GlobalCon per informarli che il problema è stato risolto. Così poi, posso andare avanti con Soldiers of Misfortune.»
Soldiers of Misfortune era l’ultima ossessione di Peter, un videogioco di guerra con abbastanza sangue e adrenalina da tenere degli adolescenti ipnotizzati per ore davanti allo schermo. Lucy aveva tentato più volte di esprimere con garbo il suo sdegno per quel perpetuarsi di violenza, ma aveva provato a giocare lei stessa a quei combattimenti virtuali, di tanto in tanto, e doveva ammettere che erano molto coinvolgenti, senza per questo portare alla pazzia o al desiderio di commettere delle stragi, subito dopo.
Facendo attenzione a non sfiorare Peter, perlustrò la stanza, raccogliendo gli altri resti della lunga notte di lavoro del suo capo. «Non dimenticarti di provare lo smoking per vedere se sono necessarie delle modifiche, prima di domani sera.»
Peter aveva quasi varcato l’uscio, quando si bloccò di colpo. Ruotando il collo, giusto il necessario per guardarla, le chiese, smarrito: «Perché, che cosa c’è domani sera?».
«Il gala di beneficenza del comitato delle City Women contro la violenza domestica, no? Tu dovrai tenere un discorso e ricevere un premio per il sostegno dato all’organizzazione attraverso la donazione di computer usati e rimessi a punto da utilizzare nei centri accoglienza per donne maltrattate.»
Ci erano volute settimane per aggiornare sistemi operativi datati, affinché le donne che stavano cercando di fuggire da situazioni familiari insostenibili potessero imparare nuovi lavori che permettessero loro di sostenere se stesse e i propri figli, invece di sentirsi costrette a ritornare dai loro mariti violenti.
Gli occhi di Peter si chiusero, il mento gli ricadde contro il petto. «Accidenti, me n’ero scordato. Immagino che non possa esimermi dal partecipare» si lagnò, lanciandole uno sguardo supplichevole.
Lucy trattenne un sorriso, non volendo incoraggiarlo. «No, a meno che tu non voglia deludere centinaia di donne riconoscenti e rispettiva prole.»
Con un sospiro, lui appoggiò le mani sui fianchi. «Bene. Ma ho bisogno di un’accompagnatrice.»
Una fitta dolorosa la colpì nel basso ventre. Seguita fugacemente da un sentimento d’invidia misto a rammarico.
Peter era uscito con orde di donne belle e di successo. Modelle, attrici, showgirl, imprenditrici... Lui era affascinante, simpatico, divertente e, sebbene stesse ancora faticando per consolidare il nome della sua compagnia di software in tutto il mondo, abbastanza ricco da catturare le attenzioni di qualsiasi ragazza da marito.
Lucy si ripeteva spesso che non soffriva nel vederlo in compagnia di altre donne. Tranne quando arrivava al lavoro la mattina e le trovava ancora nel suo letto, o in procinto di andar via, o scovava striminzite paia di mutandine mentre gli metteva a posto la casa tra una visita e l’altra della domestica.
«Consulterò la tua agenda per vedere chi è disponibile.»
Peter rimase qualche istante immobile sulla porta, mentre lei estraeva il sacchetto di plastica dal cestino dove aveva gettato prima le lattine vuote.
«No» pronunciò lui, a sorpresa. «Non ho nessuna intenzione di concedere dei momenti di gloria a una che desidera solo farsi vedere in pubblico al fianco del celebre Peter Raynolds.»
«Ben detto. Sono certa che le City Women capiranno se ti presenterai da solo.»
«Ho un’idea migliore, invece» protestò lui. «Puoi venire tu con me.»
Lo aveva detto come se avesse deciso di avere pollo arrosto per cena, e Lucy non poté fare a meno di sentirsi come la sfortunata creatura piumata che stava per essere infilzata in uno spiedo.
Se fosse stato un vero invito, se lui l’avesse almeno per una volta guardata come se desiderasse davvero presentarsi a quella festa con lei sotto braccio, allora ci avrebbe fatto un pensierino.
Per la miseria, ma chi voleva prendere in giro? Avrebbe fatto i salti di gioia alla sola idea e avrebbe pregato affinché lui non perdesse interesse in lei già alla prima portata.
Scuotendo il capo, Lucy annodò i lembi del sacchetto per evitare che i rifiuti debordassero e si diresse verso le scale, passandogli accanto attraverso il vano angusto della porta. «No, grazie.»
«No? Che significa no?»
La voce di Peter, fattasi stridula in una nota di indignazione, la seguì giù per le scale.
Mentre girava attorno al pilastro e si incamminava verso la