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Logica universale, o assoluta.: Condotta sull'analisi della Scienza della logica di Hegel
Logica universale, o assoluta.: Condotta sull'analisi della Scienza della logica di Hegel
Logica universale, o assoluta.: Condotta sull'analisi della Scienza della logica di Hegel
E-book616 pagine8 ore

Logica universale, o assoluta.: Condotta sull'analisi della Scienza della logica di Hegel

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Una nuova formulazione del concetto filosofico basata su di un'analisi profonda e dettagliata della "Scienza della logica" di Hegel, in cui per contrapposizione si mostra come l'attività del pensiero, nella sua inarrestabile presenza a sé, edifichi la logica che lo costituisce come da cui trae origine.
LinguaItaliano
Data di uscita15 lug 2020
ISBN9791220056274
Logica universale, o assoluta.: Condotta sull'analisi della Scienza della logica di Hegel

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    Anteprima del libro

    Logica universale, o assoluta. - Eric Bandini

    ---------

    Parte prima

    Sapere: essere e pensiero come inizio di sè.

    Il pensiero è uno stallo di logica entro sé medesimo che include la sua uguaglianza con sé stesso, per cui ha il suo momento nella distinzione da sé stesso: l'uguaglianza con sé.

    Uguaglianza è il momento della identità con sé stessa (momento non come tempo, ma come autoaffermazione [va da sé che senza autoaffermazione non si avrebbe uguaglianza alcuna]); l'essere sé stessa dell'identità [uguaglianza e auto-uguaglianza]), nel costante e immanente dileguare nell'altro da sé in cui sé stessa è trascinata come identità (uguaglianza), ed è ugualmente come altro da sé stessa (l'uguaglianza include la sua negazione logica senza la quale non potrebbe affermarsi, così che l'altro da sé è il riflesso logico del suo medesimo essere) come percepito nel momento di identità; nell'immanenza di ciò essa identità è sempre identica a sé stessa, tanto in sé stessa quanto in sé stessa come altro da sé stessa in cui è trascinata senza potersi raggiungere in identità, ovvero, il momento in cui l'autoaffermazione diviene dileguamento e differenziazione nell'altro da sé.

    Tutto ciò nella medesima identità e momento di identità, poiché non esiste alcun altrove.

    ---------

    Hegel SdL – Pag. 25: «Così anche in quanto si riferisce all'oggetto il pensiero non giunge, nel suo uscir da sé, all'oggetto, ma questo rimane quale una cosa in sé, quale numero al di là del pensiero.»

    Hegel SdL – Pag. 26: «Quella metafisica {La vecchia metafisica …} riteneva perciò che il pensiero e le determinazioni del pensiero non fossero un che di estraneo agli oggetti, ma anzi fossero la loro essenza, ossia che le cose e il pensare le cose (…) coincidessero in sé e per sé, che il pensiero nelle sue determinazioni immanenti e la vera natura delle cose, fossero un solo e medesimo contenuto.»

    Pare che la scienza propriamente detta non si discosti molto da codesta prospettiva, che nel dileguare diviene (anche) produttiva.

    Hegel SdL – Pag. 26: «Ma l'intelletto riflettente si impadronì della filosofia.»

    Verosimilmente con Aristotele, che di fatto ha posto l'essere in essere, ovvero ha posto l'essere come oggetto nell'attenzione dell'intelletto, formando così la scienza nella inevitabile differenziazione degli oggetti nell'essere con le loro relazioni.

    In questa configurazione, ovvero l'essere come oggetto del pensiero, il finito e l'infinito divengono rapporti «"reali"», poiché posto l'essere davanti al pensiero quest'ultimo forgia sé stesso nel rapporto con i sensi e nel rapporto fra i sensi e l'intelletto medesimo, e per i sensi così mediati il finito e l'infinito sono determinazioni possibili basate sulle relazioni-percezioni e i loro (delle relazioni-percezioni quali oggetti dell'essere ora posti davanti al pensiero quale collettore di un tutto pensabile) rapporti ed eventuali fenomeni correlati. Il pensiero vede sé stesso come una corsa in avanti, ma di fatto è sempre sé stesso entro sé stesso, poiché l'azione del pensiero non è esterna al pensiero; la realtà che esso modifica è solo qual-cosa che il pensiero ha reso oggetto nella sua attenzione, così che la materia, che è sempre la stessa di x-mila anni fa, riflette al pensiero le azioni che esso ha fagocitato nella materia medesima (dalla quale esso pensiero non può assolutamente estrarsi), senza che questa materia abbia una identità, poiché il pensiero è a distanza di pensiero dalla materia stessa che lo costituisce. Non c'è nulla che i nostri polpastrelli possano toccare più di quanto lo possano i nostri occhi.

    L'identità/uguaglianza del pensiero, Io=Io, si scontra con l'identità uguaglianza dell'altro da sé, e sebbene «"le cose"» si modifichino in attuale, resta che l'auto-uguaglianza non può venire modificata: l'Universo è sempre uguale a sé stesso in sé stesso, esso è la sua stessa identità-uguaglianza; esso è assoluto.

    Hegel SdL – Pag. 31: «Il sapere assoluto è la verità di tutte le guise di coscienza (...) La scienza pura presuppone perciò la liberazione dall'opposizione della coscienza. Essa contiene il pensiero in quanto è insieme anche la cosa in sé stessa, oppure la cosa in sé stessa in quanto è insieme anche il puro pensiero. Come scienza, la verità è la pura autocoscienza che si sviluppa, ed ha la forma del Sé, che quello che è in sé e per sé è concetto saputo, e che il concetto come tale è quello che è in sé e per sé.»

    Manca qui un nesso; il concetto ha sempre una dualità, ovvero, oltre la sua auto-identità («cosa-in-sè=cosa-in-sé») esso è un momento: 1) di sé stesso per sé stesso, e in sé stesso; 2) per l'altro da sé quale inevitabile immanenza dell'essere pensiero. Questi due aspetti formano la concezione del linguaggio, il quale di fronte al pensiero che lo concepisce («qui» in questo particolare contesto il sostantivo linguaggio include qualsiasi forma concettuale espressiva della «cosa-in-sé») restituisce un terzo aspetto: 3) il significato del concetto eventualmente restituito dall'altro da sé (o eventualmente concepito autonomamente dal pensiero nel confronto fra "1)" e "2)"), precisando che la totale e assoluta autonomia e creatività del pensiero può formare da sé le equivalenze logiche del concetto da cui è partito, indipendentemente o meno dall'altro da sé, che resta comunque come parametro, poiché «il momento» è sempre una posposizione di sé stesso pensante (e/o anche non pensante) incluso nell'altro da sé quale universale indistinto.

    Hegel SdL – Pag. 31: «... questo contenuto {l'assoluto Vero, ossia la materia nella forma del pensiero, ovvero il concetto} è la esposizione di Dio, com'egli è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito.»

    Il riferimento teologico include qui non espresso il concetto di uguaglianza dell'essere umano con Dio, benché Hegel faccia riferimento alla creazione (che di fatto è un avvenire in sé dell'entità somma, e che diviene creato solo nel concetto-pensiero), poiché il concetto è sempre unitario, tanto che un «prima» non esiste, essendo il tempo, come lo spazio, una relazione dell'auto-uguaglianza e dei suoi momenti, che non hanno tempo ma solo affermazione logica e relazionale interna al concetto. Per cui lo spirito può essere «finito» non nel senso che cessa o che ha un limite, ma nel senso che la sua auto-uguaglianza gli impone la sua stessa relazione. Per usare un paradosso, l’essere esiste perché non può fare altrimenti.

    Hegel SdL – Pag. 31: «Vien celebrato Anassagora come quegli che per il primo abbia pronunciato che il nous, il pensiero, è il principio del mondo, che l'essenza del mondo è da determinarsi come pensiero»

    Il pensiero è l'evoluzione di sé stesso nell'uguaglianza con sé stesso, ovvero, prima c'è l'uguaglianza/identità, poi, riflessa in sé stessa, c'è la sua stessa diversità, che è a sua volta uguaglianza, da cui il pensiero è un continuo affermare la sua auto-identità, tramite la quale esso stesso diviene altro da sé nei rispetti di sé stesso come nei rispetti dell'altro da sé a cui si contrappone necessariamente e assolutamente, poiché non esiste un altrove (Il pensiero non smette mai di pensare, tanto quanto l'Universo non smette mai di essere Uni-verso).

    In merito alla logica, a cui Hegel qui abbozza un riferimento, essa è di fatto la relazione di sé stessa nella sua medesima auto-uguaglianza, poiché come accennato precedentemente, l'uguaglianza include la sua stessa diversità, che è a sua volta uguaglianza. Per esempio e molto sommariamente, precisando che ciò verrà ampliato di seguito nel testo: A=A include {A≠A}={A≠A}, da cui: {{A≠A}={A≠A}}={{A≠A}={A≠A}} include A=A (questa sequenza non è logicamente completa, ciò valga in purissimo esempio, in quanto diverso e uguale = sono già termini linguistici che non possono chiudere il significato, nemmeno in linguaggio logico formale, dato che è comunque Linguaggio [questo verrà specificato ulteriormente nel prosieguo]), poiché se A diverso (≠) da A equivale alla sua negazione (¬), la sua doppia negazione è un'affermazione. E/o anche A¬A=A¬A richiede A=A, senza la quale la negazione non sussisterebbe. All'origine della differenza fra diversità (≠) e negazione (¬) c'è il concetto di nulla da cui origina una diversità o una negazione, {A}≠{_}, oppure {A}¬{_}, le quali sono sempre e comunque affermazioni, e in definitiva anche il nulla è un'affermazione, p. e. {_} include {_}={_}, il nulla ha un'identità, il concetto non esce da sé stesso, e il nulla è sempre qualcosa (a titolo di legenda: posto {_} come equivalente grafico o simbolico di nulla, vien qui esemplificato {A}≠{_} come A diverso da nulla e {A}¬{_} come A negazione di nulla).

    Resta che nella logica diversità (≠) e negazione (¬) hanno intersezioni di campo. La negazione è una diversità di sé stessa, la diversità è una negazione dell'uguaglianza, ma nel concetto (in ogni e qualunque concetto) la negazione è implicita nell'affermazione, ovvero, l'affermazione è una negazione negata, da cui il rovescio della stessa. Senza questa dinamica niente logica e niente essere, ma l'essere è, quindi...; senza l'unificazione, nel concetto, della sua identità con sé stesso e del suo contrario, non si avrebbe concetto né alcuna uguaglianza, né alcun essere. L'edificio logico espressivo è sempre linguistico, per cui il suo significato giace sempre in altro; ciò che qui e oltre nel testo complessivo si vuole porre in evidenza è l'origine della razionalità.

    Hegel SdL – Pag. 36: «L'unico punto, per ottenere il progresso scientifico – e intorno alla cui semplicissima intelligenza bisogna adoprarsi –, è la conoscenza di questa proposizione logica, che il negativo è insieme anche il positivo, ossia che quello che si contraddice non si risolve nello zero, nel nulla astratto, ma si risolve essenzialmente solo nella negazione del suo contenuto particolare, vale a dire che una tal negazione non è una negazione qualunque, ma la negazione di quella cosa determinata che si risolve, ed è perciò negazione determinata {Ossia affermazione, poiché ogni negazione è un'affermazione}. Bisogna, in altre parole, saper conoscere che nel risultato è essenzialmente contenuto quello da cui esso risulta; il ché è propriamente una tautologia, perché, se no, sarebbe un immediato, e non un risultato. Quel che risulta, la negazione, in quanto è negazione determinata, ha un contenuto. Codesta negazione e un nuovo concetto, ma un contenuto che è più ricco che non il precedente».

    La negazione è la sua stessa affermazione che ricade nella sua medesima auto-uguaglianza; il nulla è sempre qualcosa.

    Hegel SdL – Pag. 38: «Quello per cui il concetto si spinge avanti è quel negativo, dianzi accennato, che ha in sé; codesto è il vero elemento dialettico»

    La negazione è la sua stessa auto-uguaglianza nel riflesso di sé stesso (concetto) trascinato nel dileguare dell'identità medesima, che è la relazione di sé stessa nel suo riflesso di e in altre relazioni che la compongono. L'Uno è sempre uguale a Uno, ovvero 1=1, ovvero {1=1}={1=1}, eccetera, da cui ¬1=¬1, cioè, {¬¬1=¬¬1}={¬¬1=¬¬1}, ovvero 1=1. Senza l'affermazione ogni negazione sarebbe impossibile, tanto quanto il contrario, senza la negazione ogni affermazione sarebbe impossibile. (Pag. 38-39 Hegel SdL)

    La cosa in sé di Immanuel Kant è effettivamente in sé, ma non come cosa, quanto come in sé, ovvero la sua auto-uguaglianza: cosa-in-sé=cosa-in-sé, cioè il concetto che si riflette nella cosa senza che questa debba avere materia, sostanza, cosalità. Il concetto è la materia stessa. L'essere in sé del concetto è la sua cosalità, anche, e inevitabilmente, nel dileguare degli eventi.

    Nella distanza fra cosa e in sé c'è lo iato della Ragione (si precisa e si anticipa che Ragione con la maiuscola allude al luogo in cui la ragione, con la minuscola, deve confrontarsi per una qualunque ragione contro l'altro da sé tanto quanto entro sé; questo è sommariamente il luogo del concetto, V. Il luogo del concetto – Eric Bandini © 2016), la quale pone le sue ragioni che non escono né dalla cosa in sé né dall'in sé. Per esempio, 10:2 fa 5, ma non esiste alcuna identità della metà di dieci, poiché fra le due parti di cinque unità non ce n'è nessuna che indichi il punto di mezzo. 10:2=5, la cosa è in sé:

    Immagine 01 - La cosa in sè

    Sembra doversi evincere che per Hegel (Hegel SdL – Pag 40) il linguaggio è una conformità assodata, quindi un dato, e non un processo evolutivo; questo è un argomento da sviluppare e di cui si tratterà più oltre.

    Hegel SdL – Pag. 43: «La logica si determinò conseguentemente come la scienza del pensiero puro, scienza che aveva per suo principio il puro sapere, l'unità non astratta, ma concreta e vivente per ciò che in essa è come superata l'opposizione, propria della coscienza, fra un soggettivo essere per sé, ed un secondo esser simile, un essere oggettivo, ed è conosciuto l'essere come puro concetto in sé stesso, e il puro concetto come il vero essere».

    L'essere per sé e l'esser simile sono la cosa stessa della cosa in sé nel pensiero: cosa-in-sé=cosa-in-sé. Il pensiero «sa» che questa è una similitudine interiore, poiché la cosa in sé nel pensiero non equivale alla cosa in sé nel reale (fuori dal pensiero), ma codesta uguaglianza interiore è l'unica via logica per produrre logica, ovvero la tautologia. È evidente la discrepanza fra cosa-in-sé=cosa-in-sé pensata (o comunque percepita) e la cosa-in-sé=cosa-in-sé opposta al pensiero nel reale, ma questa discrepanza è tanto l'uguaglianza, cosa-in-sé=cosa-in-sé, quanto la diversità cosa-in-sé≠cosa-in-sé. Il raddoppio è infinito e include il nulla come negazione eventuale: ¬cosa-in-sé=¬cosa-in-sé, che è di fatto un'affermazione, quindi il nulla è sempre qualcosa. Ciò che si genera, tanto nel pensiero quanto nell'altro da sé, è linguaggio, ovvero riferimento logico.

    Hegel SdL – Pag. 43: «Questi son perciò i due momenti, che son contenuti nell'elemento logico»

    Questi due momenti sono all'interno del pensiero, p.e. cosa in sé (recepita dal sensibile) = cosa in sé (pensata), ma tanto la cosa in sé recepita nel sensibile quanto la cosa in sé pensata, non sono immutabili e immodificabili (non sono cose in sé), ma sono uguaglianze con se stesse che l'elemento logico del pensiero connette come concetto, che è esso stesso uguaglianza con sé medesimo.

    Hegel SdL – Pag. 43: «Ma essi, ora, sono conosciuti come inseparabili {concetto=concetto}, e non (secondo che accade nella coscienza) in quanto ciascuno è anche per sé; se non che, poiché son nello stesso tempo conosciuti come diversi (eppure non essenti per sé), l'unità loro non è astratta, morta, immobile, ma concreta».

    Sembra evidente che il principio logico include necessariamente sia l'uguaglianza con sé stessa sia la sua differenza o negazione, senza la quale non sarebbe logico. Il principio del concetto è quindi un porre sé stesso quale altro da sé entro sé stesso (e non può darsi diversamente), ciò che di fatto è l'auto-uguaglianza, cosicché esso si apre uno o più percorsi logici nella sua medesima auto-uguaglianza contro l'auto-uguaglianza dell'altro da sé; ovvero, tanto l'universale indistinto quanto la differenziazione pregressa dell'uguaglianza assoluta con sé stesso.

    Qualunque sia la marca che nel pensiero identifica il concetto tanto quanto i segni delle uguaglianze che lo costituiscono, essa marca forgia un simbolo, un riferimento, che può essere espresso, deposto nell'altro da sé. Ciò è linguaggio.

    Hegel SdL – Pag. 44: «Invece questa opposizione è sparita; quell'unità {il concetto} resta l'elemento, e il distinguere della partizione e in generale dello sviluppo non esce ormai più da essa {l'opposizione interiore della coscienza}.»

    Quindi, posto il concetto come esito dell'auto-uguaglianza (che include la sua stessa negazione logica), l'essere nelle sue forme appare in essere nella progressione del concetto medesimo come per sé, indipendentemente se espresso oppure no. Il linguaggio segue, non precede.

    Hegel SdL – Pag. 44: «Nella differenza loro {che è [anche] la stessa auto-uguaglianza}, quindi, restano esse stesse {le determinazioni come quelle di un soggettivo e oggettivo} in sé l'intero concetto, e il concetto, nella sua partizione {sé vs. altro da sè}, è posto unicamente sotto le sua proprie determinazioni {che sono necessariamente interne e interiori, nonostante il linguaggio, che è un segno senza oggetto}» (…) «In conseguenza la logica dovrebbe anzitutto dividersi in logica del concetto come essere, e del concetto come concetto, ossia (…) in logica oggettiva e soggettiva»

    Va da sé che soggetto e oggetto, non potendo il primo uscire da sé stesso per la sua stessa auto-uguaglianza, sono sempre posti come relazioni, da cui i concetti. Si potrebbe quasi affermare che la materia, per quanto sensibilmente percepibile e opponente, è essa stessa pensiero. Questo è comunque molto metafisico, e verrà affrontato più oltre.

    Hegel SdL – Pag. 44-45: «... una sfera della mediazione, il concetto come sistema delle determinazioni della riflessione, delle determinazioni cioè dell'essere come trapassante nell'esser dentro di sé del concetto, mentre il concetto in questa guisa non è ancora posto per sé come tale, ma insieme affetto dall'essere immediato come da qualcosa che gli è anche estrinseco.»

    Sembra qui richiamata una verosimiglianza del tempo di latenza (V. Il luogo del concetto – © 2016 Eric Bandini, scrivente).

    Hegel SdL – Pag. 45: «Questa è la scienza dell'essenza, che sta di mezzo fra la scienza dell'essere e la scienza del concetto»

    Ciò si pone come un a-priori, e di fatto il/un a-priori non esiste, poiché dovrebbe essere una conoscenza esterna al concetto, infusa e fusa nel-con il concetto, ciò che richiama neanche tanto indirettamente un essere antecedente all'essere, ossia a-priori.

    Concretamente, però, si può identificare l'a-priori nell'auto-uguaglianza, cioè la medesima identità con sé stesso del concetto. Per esempio, figlio è una auto-uguaglianza con sé stesso nella quale è riconosciuto implicitamente un a-priori genitoriale, figlio è uguale a sé stesso includendo l'a-priori della sua stessa genesi, per quanto ciò sia solo una stratificazione logica e sensibilmente relazionale di un avvenire in sé come assoluto, in cui il pensiero forma concetti stratificati storicamente, indipendentemente dal lessico, dai significati, dai simboli, eccetera.

    L'auto-uguaglianza, quindi, include il suo stesso concetto sotto ogni forma e/o mutazione (scienza dell'essenza), e non necessita di alcun a-priori esterno. Ciò nel vero come nel falso, nel giusto come nell'errore.

    Hegel SdL – Pag. 46: «Quando a proposito della determinazione dell'oggetto per opera dell'Io...»

    È evidente che esiste nell'auto-uguaglianza medesima un rapporto soggettivo esclusivo con sé stessa, questo è l'Io, ma è anche (auto-) coscienza, che però non è immediata nell'auto-uguaglianza. Il primo aspetto è la stessa auto-uguaglianza come concetto puro, ed è conseguenza che il riflesso di questa stessa auto-uguaglianza nei rispetti dell'altro da sé si riconosca come sé stessa. Ovvero, Io=Io è possibile solo nella sua differenziazione, ossia nel dileguare dell'Io medesimo nell'altro da sé (l'universale indistinto).

    Hegel SdL – Pag. 48: «La logica soggettiva è la logica del concetto {senza soggetto niente concetto [ciò vale anche per l'animato come per l'inanimato, biologico e non biologico, eccetera]}, – cioè dell'essenza che ha tolta via la sua relazione a un essere o alla sua apparenza, e nella determinazione sua non è più esterna, ma è quel che sussiste liberamente per sé, il soggettivo determinantesi in sé, o meglio il soggetto stesso».

    Hegel SdL – Pag. 48: «La logica si divide dunque in generale in logica oggettiva e soggettiva. Ma più determinatamente essa ha queste tre parti:

    I° La logica dell'essere

    II° La logica dell'essenza

    III° La logica del concetto»

    Ovvero:

    I° L'universale indistinto

    II° L'essere in essere

    III° Il pensiero (puro) come concetto

    Logica universale, o assoluta.

    Condotta sull’analisi della Scienza della logica di Hegel

    ---------

    Parte seconda

    Dottrina dell'essere; il principio.

    Hegel SdL – Pag. 50 – La dottrina dell'essere

    Il principio di una filosofia o il cominciamento.

    In merito a un possibile/probabile inizio della filosofia v. «Il luogo del concetto». Eric Bandini © 2016, qui scrivente.

    Per un principio logico non si può prescindere da una concezione evolutiva (che verosimilmente ha richiesto [molte {∞}] migliaia di anni) tenendo fermo quanto accennato qui precedentemente in merito al concetto. Il pensiero è di per sé già un concetto, per cui scinderlo ulteriormente non fa alcuna logica, si può diversamente affermare che qualunque sia la forma del pensiero essa forma è una auto-uguaglianza con sé stessa che non ha alternative. Detto diversamente, il pensiero non è una funzione scelta dal pensiero, il pensiero non può cessare la sua attività, qualunque sia il suo oggetto, qualunque sia la sua forma. Perciò l'auto-uguaglianza Io=Io, anche, di fatto, in maniera impersonale, è un elemento assoluto ineliminabile, e quindi fondante il pensiero. Che poi codesto pensiero nel corso dei millenni abbia evoluto suoi riferimenti specifici in forme concettuali maneggiabili dal pensiero stesso quali elementi nella sua disponibilità (incluso sé stesso pensante come autocoscienza), ciò può e/o deve cadere nei compiti della logica, la quale, lungi dall'essere quella scienza esatta che afferma di essere, altro non è che la soglia di decisione del pensiero di fronte al suo stesso concetto, il quale è costantemente trascinato nel continuo, immanente dileguare dell'essere. Da cui Vero/Falso non può essere un assoluto, ma solo ciò che è minormente Falso nel suo essere Vero e viceversa, tenendo fermo che Vero e Falso sono entrambi concetti veri nella disponibilità logica del pensiero.

    La soglia del sapere è quindi un «livello» statico immaginario in cui il pensiero edifica tanto i suoi concetti quanto la loro stessa logica, poiché essa logica non è fornita dall'universale indistinto se non nell'aspetto del pensiero quale ente di sé stesso inarrestabile. Il pensiero non può cessare di pensare, non può arrestarsi; il pensiero non può fermare il pensiero; lo può uccidere, distruggere, annientare (gli esempi non mancano), ma il pensiero è e resta un atto immanente, prima a sé stesso e poi, nel caso, all'altro da sé, che può essere anche sé stesso come autocoscienza.

    A pag. 54 del testo considerato (SdL Hegel) è posta una nota, verosimilmente dal traduttore Arturo Moni (1867 – 1936), riferita a Bertrando Spaventa (1817 – 1883), in cui si accenna a una sorta di atto del pensare. «In che l'ultima (vera) forma del sapere differisce dalle precedenti? – Io so l'oggetto (coscienza) e so me stesso (autocoscienza). Nella semplice coscienza io sapevo solo l'oggetto (non sapevo me come coscienza, come Io). Nella semplice autocoscienza io sapevo me e sapevo l'oggetto, ma questo duplice sapere non era lo stesso sapere (la stessa coscienza). Ora, in quest'ultima forma, è lo stesso sapere... eccetera.»

    Questa nota include una immediatezza che ha già edificato sé stessa, occorrerebbe andare a ritroso nel pensiero fino a ritrovare una ipotetica auto-uguaglianza la cui certezza non deve essere testimoniata dalla sua speculazione, ma ciò non è possibile. Qualcuno pare ci abbia provato ma è giunto alla conclusione di sapere di non sapere, oppure all'affermazione che di ciò di cui non si può parlare occorre tacere.

    Tuttavia il pensiero edifica sé stesso nella logica che esso stesso ha elaborato, e ciò ha reso necessario molto tempo (che è, il tempo, la diffrazione di un sé stesso in sé stesso pensate o comunque essente), e quella medesimezza, o essere in sé e per sé, che si esprime immediata e inevitabile, ha una collocazione, poiché codesta medesimezza non era tal quale tre o quattro mila anni fa, e in tutto ciò la logica è stata, nel bene e nel male, una soglia decisionale in cui il pensiero dibatteva sé stesso nell'immanenza di sé stesso opposto all'universale indistinto in cui è indistintamente oggetto di sé stesso come dell'altro da sé.

    Il sapere puro non è una speculazione, è un'auto-uguaglianza del concetto.

    Hegel SdL – Pag. 55: «Quel che si ha dinnanzi non è che semplice immediatezza».

    Codesta immediatezza è la medesima di x-mila anni fa, oppure a x-mega-parsec di distanza, eccetera. Tempo e spazio non sono dimensioni, ma relazioni.

    Hegel SdL – Pag. 55: «La semplice immediatezza è essa stessa una espressione di riflessione, e si riferisce alla differenza del mediato.»

    Ovvero, auto-uguaglianza, poiché la mediazione deve conoscere i suoi termini come i suoi prodotti, che restano come mediati. Nella sua vera espressione questa semplice immediatezza è quindi il puro essere.

    Hegel SdL – Pag. 56: «Il fondamento originario...»

    Occorre precisare che parole e concetti non coincidono mai. Per cui «fondamento» o primo vero, o eccetera, non alludono ad una origine collocata. L'auto-uguaglianza è una peculiarità assoluta di ciò che viene definito con parole diverse in diversi campi. P. e., l'essere, oppure l'universo, o l'Uno, oppure l'Assoluto, oppure, eccetera (termini che sono e verranno comunque usati in questo scritto in quanto linguaggio). Ognuna e qualunque parola in ognuno e qualunque contesto ha/avrà riferimenti che la collocano e ne descrivono il significato o i significati, ma ciò è già fuori dal cominciamento, dove l'auto-uguaglianza è la sua stessa identità quanto l'identità della sua diversità da sé stessa.

    Con le parole di Hegel.

    Hegel SdL – Pag. 57: «L'essenziale per la scienza non è tanto che il cominciamento sia un puro immediato, quanto che l'intera scienza, è in sé stessa una circolazione, in cui il Primo diventa anche l'Ultimo, e l'Ultimo anche il Primo.»

    Sembra qui evidente l'assenza di una collocazione, e in questo ambito ogni concetto del pensiero è un derivato, ovvero, il pensiero procede da sé stesso quale auto-uguaglianza con sé stesso nell'auto-uguaglianza assoluta che lo include. Ciò non può essere evitato, è assoluto.

    Hegel SdL – Pag. 57: «Così il cominciamento della filosofia è la base che è presente e si conserva in tutti gli sviluppi successivi, quel che rimane assolutamente immanente alle sue ulteriori determinazioni.»

    In questo processo, di cui qui sopra è descritto sommariamente da Hegel un fondamento di inizio, deve necessariamente inserirsi il pensiero, ed esso pensiero ne è parte (soggetto) e componente (oggetto) al contempo (questa in estrema sintesi è la fondazione dell'autocoscienza [e anche un essere monocellulare è autocosciente]), da cui si evince che un Tutto non solo non è possibile, in quanto ogni ente di quel cominciamento è nelle medesime relazioni, ma non è nemmeno lontanamente immaginabile, tralasciando pensabile.

    Si può ipotizzare che la medesima auto-uguaglianza che pervade ogni e qualunque ente dell'Universo sia il cominciamento stesso, ovvero la stessa identità dell'Universo. Universo=Universo è la sua stessa auto-uguaglianza e unità, tanto quanto la sua negazione logica, ciò da cui procede l'infinito rapporto creativo che non ha inizio né fine. Il cominciamento è senza tempo e senza spazio, e non ha alcun punto a cui appioppare riferimenti. Il cominciamento, come afferma Hegel con parole diverse, è qui ora.

    Hegel SdL – Pag. 57: «Per questo procedere il cominciamento perde allora ciò che ha di unilaterale in questa determinatezza {la determinatezza non è cominciamento, è già logica e linguaggio...}, di esser cioè in generale un immediato e un astratto; si fa un mediato e la linea dell'avanzamento scientifico diventa con ciò un circolo {ovvero, non si può determinare da altro che da ciò che è determinato...

    È evidente, e Hegel stesso lo afferma, che codesta determinatezza (del cominciamento come assoluto immanente) conduce alla unione di essere e nulla, ovvero, codesti valori non sono mai compiuti, ma solo continuamente immanenti al proprio contrario in un continuo gioco degli opposti, ma questa è solo metafora, come il circolo.

    Più concretamente, se possibile e in senso più logico se verificabile, l'auto-uguaglianza, che come concetto è un assoluto in sé in quanto la sua unica contraddizione è la sua negazione che è implicita come componente logica, fonda sé stessa nella sua auto-identità, e la cosalità che essa auto-uguaglianza può generare altro non è che il suo stesso distinguersi.

    In maniera logica, A=A richiede la sua stessa negazione, ¬A=¬A, senza la quale l'uguaglianza non avrebbe senso, ma la negazione è anche la sua stessa diversità logica, ovvero A≠A, per cui per un cominciamento ipotetico:

    A=A And ¬A=¬A

    A=A Or ¬A=¬A

    Indifferentemente «"A

    ciò che resta come cominciamento è il fondamento, qui, come esempio «A», che può essere un rapporto logico qualunque (precisando che gli esempi nello schema tirano in ballo il principio di [non] contraddizione, di cui si tratterà più oltre).

    È ininfluente il valore/contenuto del concetto (qui esemplificato con «A»), ciò che rende essente l'essere è la sua auto-uguaglianza logica, che come si è detto richiede la sua negazione e/o diversità, premettendo che qualunque sia l'ente interessato una soggettività è inevitabile, anche di particelle, per cui solo in una singolarità soggettiva il concetto assume valori di uguaglianza, diversità, negazione.

    Per negare una cosa o un concetto occorre che codesta cosa o concetto abbia un riferimento di identità, ovvero uguaglianza con sé (la sua uguaglianza gli è conferita dall'altro da sé quale diversità che lo nega...). I concetti qui sopra espressi di uguaglianza, diversità o negazione, sono elementi figurati e forgiati dal pensiero per confrontarsi con il cominciamento immanente che esso pensiero percepisce come spazio e tempo (concetti assunti/acquisiti), ma questa separazione simbolica è puramente speculativa, ovvero a posteriori del cominciamento, cioè nel concetto come percezione dell'auto-uguaglianza. In termini assoluti la negazione e la diversità sono scambiabili fra essi in maniera indifferente, poiché di fatto la diversità è una negazione dell'identità e viceversa, ed è solo nella percezione logica del pensiero che deve distinguere per sé questi elementi concettuali che esso pensiero li forgia e ugualmente li percepisce come momenti, per cui l'edificazione del concetto necessita di codesti appigli che sono elementi intrinseci all'auto-identità quale speculazione propria, ma che sono indifferenti al cominciamento immanente e assoluto. L'interpretazione del reale (che è sempre un'ipotesi, ciò è facilmente verificabile pensando alla storia...) è un difficile compito, la cui evoluzione conduce alla consapevolezza della comprensione (anche errata), da cui l'autocoscienza. Ma nulla è esterno all'auto-uguaglianza e al suo auto-cominciamento immanente e assoluto.

    In questo gioco della negazione e della diversità compare quel fantasma del nulla, ma codesto nulla è sempre qualcosa, poiché la negazione dell'auto-identità non può annullarsi; ciò che termina all'interno di essa auto-identità sono le relazioni che essa stessa genera all'infinito e in infinito, ma posto che codesti infiniti sono determinati dall'auto-identità e dalle sue relazioni, essi sono e saranno sempre degli elementi finiti, ovvero relazioni dell'auto-identità.

    Per quanto qui precedentemente l'auto-uguaglianza è anche la sua stessa relazione, ovvero, la sua uguaglianza, negazione, diversità, sono indistinguibili di fatto dalla sua stessa identità-auto-uguaglianza, cominciamento-eccetera. È solo nella speculazione del pensiero, che è esso stesso auto-uguaglianza generato dall'auto-uguaglianza assoluta che lo accoglie, lo contiene e lo ospita (questi termini sono esageratamente rassicuranti!), che la auto-uguaglianza può venire intesa in maniera logica e inizialmente scissa in componenti come =, , ¬, oppure anche maggiore e minore, che sono elementi intrinseci al concetto e al suo sviluppo referenziale, in ragione del quale ogni elemento significativo prevede una uguaglianza di riferimento.

    In maniera puramente astratta si potrebbe definire materia la semplice relazione interna dell'auto-uguaglianza, ovvero, non è necessaria alcuna materia, è sufficiente la relazione, che come si è accennato è produzione all'infinito di relazioni finite all'interno dell'auto-uguaglianza medesima. Non ci vuole molto a giungere ad una concezione oggettiva del reale, il quale è puro concetto delle relazioni predette che nei limiti finiti costituiscono quella materia solida e reattiva posta in essere dalle relazioni medesime. Gli atomi non sono palline.

    Tuttavia, ciò che solitamente la filosofia (e anche la scienza, in misura minore) non dice è la relazione dimensionale di codesti rapporti/relazioni di identità nell'ambito dell'auto-uguaglianza universale. Detto diversamente, esiste ed è netta la sensazione, percezione, determinazione di un'autoaffermazione evolutiva, ovvero, estensione del concetto nelle dimensioni spazio-tempo, ma fermo restando che spazio e tempo non sono dimensioni ma relazioni, codesta formazione dimensionale può configurarsi come un'attestazione dell'espressione del pensiero, tanto nella sua auto-identità quanto nell'auto-uguaglianza universale (o cominciamento immanente e assoluto), poiché esso pensiero è incluso nell'universale indistinto in cui cerca di distinguere e di distinguersi come identità di sé stesso verso altro da sé tanto quanto verso sé medesimo.

    In termini (per quanto possibile) logici, come si è detto l'auto-uguaglianza è la sua stessa diversità (vedasi =, ≠, ¬, maggiore, minore,...), ma codesta relazione non ha un altrove né un tempo che la scandisca, codeste relazioni sono immanenti alle relazioni medesime, ed è solo nell'apprendimento come nell'appercezione del sensibile che esse determinazioni (=, ≠, ¬, maggiore, minore,... che sono forme di linguaggio) diventano sequenziali; ovvero, la diversità dell'uguaglianza genera le sue stesse dimensioni le quali non hanno alcun tempo che non sia quel cominciamento immanente (presente assoluto) e non hanno ugualmente alcun altro luogo, da cui le relazioni e l'inevitabilità della solida materia. Quindi il cominciamento è ugualmente il suo svolgimento, esso include la sua genesi quanto il suo evolversi, qualunque esso sia, in assoluta assenza di dimensioni spazio-tempo che sono definizioni evolutive del concetto umano.

    Spazio e tempo sono convenzioni necessariamente generate dal concetto umano per le sue relazioni con l'universale indistinto e i rapporti con l'altro da sé; sono cioè elementi strutturali del linguaggio, il quale è la forma espressiva concretizzata dal pensiero per avere parametri disponibili del suo stesso pensiero. Di fatto il linguaggio potrebbe considerarsi come l'agenda del pensiero, non c'è alcun linguaggio predefinito. Il pensiero che pensa non può di fatto pensare tutto, il suo pensiero è il suo momento, cioè una parte molto infinitesimale di ogni e qualunque relazione universale, e codesto momento è tale solo in relazione ad altri momenti (infiniti [ma determinati]), per cui le relazioni di relazioni, che sono o possono essere percepibili tanto sensibilmente quanto intellettivamente, forgiano un «insieme», che è un ambito in cui il pensiero dimensiona sé stesso, come l'ambiente in cui si percepisce. Ciò è parte del cominciamento, che di fatto non è un inizio di alcunché che non sia pensato o relazionato fra enti di qualunque tipo, ossia determinato fra le infinite relazioni come momento attuale. L'Universo non ha una storia che non sia storia del pensiero.

    È evidente, quindi, che nei rapporti delle relazioni ogni e qualunque momento passa nel nulla e/o dal nulla emerge (ciò che di tutto questo il pensiero ritiene passa nel linguaggio, come un'agenda del pensiero, le cui relazioni hanno, rispetto alla soggettività, dimensione di spazio e tempo), poiché essendo l'auto-uguaglianza immanente a sé stessa ciò che può accadere è ambito di relazioni interne ad essa, cosicché il nulla è sempre qualcosa, e il qualcosa è, laddove anche essere nulla è qualcosa, poiché la sintassi non è il limite del qualcosa o del nulla, e comunque se la tal cosa è nulla comunque é, nulla.

    Si potrebbe, con Hegel (Hegel SdL – Pag. 60) affermare «l'unità dell'essere col nulla», ma codesti concetti (essere e nulla) sono postumi al cominciamento e sono elementi linguistici a cui sono connessi infiniti altri concetti che impediscono una chiarificazione tanto quanto una definizione (v. oltre). Sono tuttavia termini che vengono e verranno (anche qui) usati necessariamente.

    Hegel SdL – Pag. 61: «Quello, che costituisce il cominciamento, il cominciamento stesso, bisogna quindi prenderlo come tale che non si possa analizzare, bisogna prenderlo nella sua semplice non riempita immediatezza, epperò come essere, come l'assolutamente vuoto.»

    C'è qui una oggettivazione di questo cominciamento, l'essere vuoto, l'essere non-riempito, con una distinzione fra pieno e vuoto che non fa senso, poiché se «in qualcosa» allora «c'è nulla», esso qualcosa è pieno di nulla, e questo non è un gioco di parole, poiché come si è detto il nulla è sempre qualcosa (con le parole dello stesso Hegel: «Una grandezza aumenta quando essa grandezza aumenta» [Hegel – FdS], ma la grandezza non è una dimensione né un contenitore, è una relazione, così che il nulla è la grandezza nel suo valore minore e viceversa {ciò ricade nell'auto-uguaglianza}).

    Ciò che il pensiero attinge è una cosalità che si contrappone logicamente alla sua negazione, ovvero il nulla (o la diversità/differenza), ma non esiste alcun vuoto né alcun pieno che il pensiero non abbia colmato dei suoi significati e concetti. Paradossalmente si potrebbe eventualmente e ironicamente dire che il mare è pieno d'acqua; un pesce potrebbe farsi l'opinione che l'atmosfera è piena d'aria. Al di là dei paradossi e dell'ironia i concetti edificano relazioni significative per il pensiero, ciò è espressione, linguaggio, ma codesti segni significativi (qui vuoto/pieno) sono elementi di riferimento funzionali al pensiero, sono già fuori dal cominciamento.

    Hegel SdL – Pag. 64: «Per quanto poi riguarda in generale la determinatezza soggettiva dell'Io, il sapere puro toglie bensì all'Io il significato suo limitato, di avere in un oggetto il suo insuperabile contrapposto; ma per questa ragione è per lo meno superfluo di conservare ancora questo atteggiamento soggettivo e la determinazione del puro sapere come Io».

    Questa citazione allude, e anzi si richiama (di seguito) espressamente, alla dimensionalità soggettiva, ossia, l'avere sé stesso come oggetto direttamente, tanto quanto le relazioni fenomeniche inerenti/inerite a/da codesto oggetto interiore, e codeste relazioni fenomeniche sono il rapporto diretto della sensibilità e dell'intelletto nella forma dei sensi e delle relative dimensioni (il cervello è il sesto senso). Hegel cita l'elevazione al puro sapere come una determinazione, un immediato che non ha alcun precedente (nonostante le parole di Hegel che paiono evocare Aristotele: «non può essere altro che un primo»), la sua unica conseguenza è l'immediato come la sua assoluta determinazione, in ciò si richiama l'auto-uguaglianza, poiché l'essere, vuoi anche l'Io, non ha una radice, un inizio, un primo qualcosa; essere è adesso e solo adesso in un adesso senza inizio né fine, ed è solo nel pensiero che essere diventa essere stato e essere futuro, poiché il presente dilegua in sé stesso senza trascorrere, restando essere.

    Per quanto ciò abbia gli aspetti del divino (Va detto che il concetto di Dio non è eliminabile, né in filosofia, né nella scienza, né altrove; l'assoluto è ciò che include il soluto. Sempre.) occorre considerare la fragilità dell'essere umano, per il quale una tale apertura di concetto può apparire spaventosa, poiché nel puro sapere viene perduto quell'ancoraggio all'oggetto di sé stesso quale identità di ambito e di relazioni oggettive e/o fenomeniche; il pensiero ordinariamente vede il me, in ciò esso pensiero si riconosce come Io, ma ciò che esso pensiero non può attingere è l'Io stesso, il quale, quasi come un altro da sé stesso, dilegua nell'essere assoluto e che il soggetto-Io percepisce solo come fenomeno/concetto/rapporto sensibile e/o intellettivo in forma di elemento costituito in cosa-in-sè concettuale, eventualmente fornita di significati. Nel dileguare dell'essere non c'è alcun cominciamento, ciò è posto dal pensiero come forma di relazione e dimensione concettuale della realtà fornitagli dai sensi e dall'intelletto.

    Tuttavia codesta configurazione è di una tale disarmante semplicità che non richiede alcuna preparazione né alcuna più estesa introduzione; per quanto ciò sia argomento di questo testo il pensiero non ha padroni e ciascuno può pensare ed ottenere per sé le considerazioni che vuole o che preferisce, persistere in questo senso sarebbe in effetti un argomento impossibile, sicuramente meta-fisico.


    Hegel SdL – Pag. 66: PARTIZIONE GENERALE DELL'ESSERE

    A) L'essere è anzitutto determinato in generale contro altro;

    B) In secondo luogo si viene determinando entro sé stesso;

    C) In terzo luogo, in quanto si rigetta questa partizione anticipata, l'essere è l’astratta indeterminatezza e immediatezza, nella quale esso ha da costituire il cominciamento.

    Sommariamente:

    a) L'auto-uguaglianza = diversità

    b) L'essere «in essere»

    c) L'essere nell'immanenza di sé stesso

    Determinazione dell'essere

    I. Qual determinatezza come tale; qualità;

    II. Come determinatezza tolta; grandezza, quantità;

    III. Come quantità determinata qualitativamente; misura.

    Va da sé che queste tre definizioni sono soggette strettamente alla logica, e pertanto ogni configurazione dovrà mostrare la sua congruità.

    Hegel SdL – Pag. 69: «L'essere è l'Immediato indeterminato.»

    Questa è l'opinione del pensiero (che include non espressa l'idea del Caos) il quale, in quanto auto-uguaglianza con sé stesso, percepisce l'altro da sé come qualcosa da mettere in ordine; ciò che può definirsi l'evoluzione del pensiero. Di fatto l'immediato non è indeterminato (se l'essere umano non fosse nell'universo la natura avrebbe il medesimo ordine), esso è determinato nelle relazioni della sua auto-uguaglianza, le quali sono determinate nei loro rapporti, ovvero, sono finite nell'atto di determinarsi nei reciproci rispetti, indipendentemente dal pensiero o da qualunque osservatore necessariamente interno alle relazioni (un fuori non esiste). Questa è l'auto-uguaglianza in atto. Occorre precisare che, in questa sezione della Scienza della logica, Hegel segue la partizione definita, qui sommariamente, con A), B) e C) [SEZIONE PRIMA, CAPITOLO PRIMO: A) Essere; B) Nulla; C) Divenire], che di fatto formano un circolo logico che non chiude il senso, poiché l'assoluto non ha momenti né parti (il presente è assoluto e senza momenti); è solo nel concetto che i valori/significato diventano elementi distinti, o momenti del concetto.

    Riassumendo (Hegel SdL – Pag. 69): l'essere (= essere) indeterminato è opposto all'essere (≠ essere) determinato nell'essere, ciò che lo rende essente per sé. Auto-uguaglianza.

    Le definizioni (Hegel SdL – Pag. 70) di essere e nulla sono congiunte nel par. C. a pagina 71 del testo considerato (SdL – Hegel – Ed. Laterza)

    Hegel SdL – Pag. 71: «Il puro essere e il puro nulla sono dunque lo stesso.»

    Queste definizioni di essere e nulla sono ancora riferimenti metafisici, che in effetti sono tutt'ora necessari (il linguaggio è in sé privo di significati, ma è elemento di transizione dei concetti), ma nei cui rispetti (qui logici) occorre porre in atto un rapporto che dia conto del loro «essere lo stesso». Questa spiegazione è già stata data (qui precedentemente), riassumendo: l'auto-uguaglianza è la sua medesima differenza il cui essere e il cui nulla sono, a seconda del reciproco, il valore minore o maggiore rispetto all'opposto, così che essere e nulla sono lo stesso, poiché il nulla è sempre qualcosa e l'essere può annullarsi nell'essere nulla.

    Hegel SdL – Pag. 71: «... il non essere è tutti e due, l'essere e la sua negazione, espressi in uno, il nulla, com'è nel divenire. Ma da principio non si tratta della forma dell'opposizione, cioè in pari tempo del riferimento; si tratta soltanto della negazione astratta, immediata, del nulla preso puramente per sé, della negazione irrelativa, – ciò che volendo, si potrebbe anche esprimere per mezzo del semplice: Non.»

    L'essere e il nulla vengono sempre immaginati come enti separati/opposti, come avvicendantisi nel medesimo (che nel concetto del pensiero assume la dimensione tempo e spazio), ma essi sono lo stesso, l'auto-uguaglianza che dilegua in sé stessa. Se essere e nulla esistessero per se stessi singolarmente e indipendentemente, occorrerebbe la sussistenza di un essere e un nulla per ciascuno dei due, con una separazione infinita che richiederebbe la sussistenza di un universo ulteriore a contenere le loro relazioni; fermo restando che le due entità separate non darebbero luogo ad alcunché.

    Hegel SdL – Pag. 72: «La vera e propria importanza della proposizione: Dal nulla non vien nulla, il nulla è appunto nulla, sta nell'opposizione sua contro il divenire in generale e con ciò anche contro la negazione del mondo dal nulla.»

    Nella riflessione soggettiva dell'auto-identità è implicita la separazione dell'essere e del nulla nell'oggetto medesimo della speculazione (sommariamente il principio di non contraddizione [indicativamente: una cosa non può essere e non essere al contempo; questa è logica filosofica greca, da cui Aristotele ha estratto l'essere rendendolo in essere e annichilando il nulla], ma ciò è «già» Logica in atto, ovvero linguaggio che si confronta con sé stesso per verificarsi, e non più immanenza o presente assoluto, in cui e per cui ogni ente è esso stesso in sé e per sé e causa sua nel nulla come nell'essere indifferentemente), per cui rifacendosi a quel puro sapere (pag. 64 SdL – Hegel) l'oggetto di sé stesso è per l'appunto (anche) sé stesso come il «se stesso» che lo include quale universale indistinto. Qualunque sia la posizione (soggetto, oggetto) l'essere e il nulla sono sempre il medesimo nel medesimo. Da cui, nella onnicomprensione divina Dio è incluso come soggetto e come oggetto indistintamente, non esiste luogo, posizione, momento, che non sia divino; per quanto ciò non sia per nulla rassicurante. [precisando che luogo, posizione, momento e/o altro sono elementi speculativi del pensiero/concetto umano]

    Hegel SdL – Pag. 75: «La critica kantiana si attaccava principalmente a questo, che l'esistenza o l'essere (che qui si prendono per equivalenti) non sia affatto una proprietà o un predicato reale, non sia cioè un concetto di qualcosa, che possa aggiungersi al concetto di una cosa.»

    Ovvero, la cosa è in sé, cioè uguale a sé stessa nel concetto e non fuori di esso (Ciò che il pensiero aggiunge al concetto è sempre concetto, ma nulla può aggiungersi alla cosa-in-sé che viene identificata e/o percepita,

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