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Rosa scarlatta (eLit): eLit
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E-book202 pagine2 ore

Rosa scarlatta (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Di giorno...
Sono Isabella Natale e servo dolci nella pasticceria di famiglia.
Una ragazza normale con un lavoro ordinario.

Di notte...
Sono la Rosa Scarlatta, la ballerina esotica più sexy di tutta Chicago. Una misteriosa sirena dal volto coperto che fa impazzire gli uomini, compreso il nuovo responsabile della sicurezza del locale in cui mi esibisco.
Nick Santori è una mia vecchia fiamma, ma neppure lui conosce la mia vera identità.
Per questo mi trova così eccitante.

Adesso...
Voglio mostrare a Nick che non sono più la dolce ragazzina di un tempo.
Dovrà scoprire che, se guardare è piacevole, toccare è molto più sconvolgente.
E appagante.
LinguaItaliano
Data di uscita31 mag 2018
ISBN9788858987735
Rosa scarlatta (eLit): eLit
Autore

Leslie Kelly

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Rosa scarlatta (eLit) - Leslie Kelly

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Overexposed

    Harlequin Blaze

    © 2007 Leslie Kelly

    Traduzione di Giorgia Lucchi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-773-5

    Prologo

    La chiamavano la Rosa Scarlatta.

    Quando il suo nome venne annunciato con tono languido e quasi reverente al Leather and Lace, club esclusivo per soli uomini, un silenzio ammirato calò sul pubblico; la sala si acquietò e le conversazioni rumorose lasciarono il posto a una pacifica attesa.

    Uomini d’affari con camicie dal colletto aperto smisero di flirtare con le cameriere che indossavano corte gonne nere e top ridotti. Un gruppo radunatosi per un addio al celibato tornò al proprio tavolo, esortando scherzosamente il futuro sposo a guardare e piangere. Single che frequentavano il club ogni settimana unicamente per vedere lei, sprofondarono nelle poltrone di pelle, gli occhi inchiodati sul palcoscenico.

    Il tintinnio del ghiaccio nei bicchieri presto fu l’unico suono udibile nella sala: nessuno avrebbe osato disturbare la clientela mentre la Rosa era sul palco.

    Lei si esibiva solo due volte la settimana, il sabato e la domenica e, fin dalla prima notte in cui aveva cominciato a ballare, la Rosa Scarlatta era diventata una delle attrazioni più hot di Chicago. Perché, benché la città avesse visto centinaia di ballerine dall’espressione ammiccante che si spogliavano seguendo ritmi sensuali, nessuno aveva mai visto una come lei.

    Lei non aveva l’espressione ammiccante, era elegante. I tratti delicati e le curve naturali inducevano qualunque uomo la vedesse a domandarsi come potesse essere accarezzare la sua pelle serica.

    Il suo non era uno spogliarello qualunque, lei si toglieva i vestiti lentamente, in modo seducente, come se avesse tutto il tempo del mondo per dare piacere a un uomo.

    Lei non roteava i fianchi, si muoveva con grazia fluida, ogni gesto, ogni passo un invito ad ammirarla.

    La sua musica non era un’esortazione esplicita al sesso, ma sensuale, erotica e tanto intensa da indurre quasi un uomo a chiudere gli occhi per ascoltarla. Solo che nessun uomo lo avrebbe mai fatto mentre lei era sul palco.

    Le piaceva ciò che faceva e al suo pubblico piaceva guardarla.

    Un ritmo lento e languido cominciò a pulsare, mentre gli addetti ai lavori terminavano di sistemare il sipario di satin rosso utilizzato solo da lei.

    Mentre la maggior parte delle altre ballerine si esibiva sotto luci intense, la Rosa ballava tra ombre e fasci di luce forniti da faretti temporizzati. Non si toglieva mai la maschera di velluto rosso e la direzione era lieta di approfittare dell’aura di mistero che la circondava.

    Infine il volume della musica si alzò e la luce dei faretti passò dal rosa a un intenso rosso sangue, illuminando a tratti il punto in cui i lembi del sipario di satin si chiudevano.

    «E ora, per la delizia dei vostri occhi» annunciò dagli amplificatori un’elegante voce maschile, «il fiore più perfetto di Chicago, la Rosa Scarlatta!»

    Nessuno applaudì né tanto meno sussurrò, nessuno si mosse. Gli occhi di tutti erano inchiodati al centro del sipario, dal quale cominciò a emergere una mano.

    Pallida, delicata, con dita affusolate e polsi sottili. Un disegno colorato, dipinto sulla pelle, partiva dalla punta di un dito: una fogliolina. Si univa a un ramo che le risaliva lungo la mano e intorno al polso. Il braccio emerse dal sipario, rivelando che il ramo proseguiva, completo di spine acuminate, scintillando sensuale, pericoloso e allettante.

    Sinuosa, lenta e senza fretta, lei emerse completamente dal sipario, ma il capo rimase chino e i lunghi capelli castano rossiccio le nascosero il viso.

    Il ritmo pulsava, ma la ballerina rimase immobile, come inconsapevole della folla. Infine i faretti cambiarono colore e il rosso vibrante lasciò il posto a un delicato giallo sole nascente. A quel punto, come un bocciolo risvegliato da un’alba gentile, la Rosa cominciò a muoversi.

    La testa si alzò lentamente, la bellezza delicata del collo pallido era messa in evidenza dal disegno tracciato sulla pelle. I capelli ricaddero indietro quando lei si voltò verso la luce, come per accogliere il calore del mattino.

    Le labbra piene, rosse e umide, si dischiusero, scatenando immagini e fantasie erotiche nelle menti di ogni uomo tanto vicino da coglierne il luccichio. Ecco una donna nata per baciare, creata per i piaceri più sensuali.

    Là il suo viso terminava, una soffice maschera di velluto rosso copriva il resto; era tempestata di scintillanti gemme verdi, come quelle che punteggiavano il disegno sul corpo di lei, lasciando il suo pubblico certo che gli occhi della tentatrice fossero di un intenso verde smeraldo. La maggior parte degli spettatori sapeva che il mistero del suo viso non sarebbe stato svelato, così concentrò l’attenzione sul resto di lei.

    Indossava alcuni strati di tessuto leggero, tagliato a forma di petalo. Proprio come un fiore svegliato dal sole, cominciò a indulgere nel calore del faretto; ondeggiando, si mosse senza fretta, rivelando ora una coscia, ora il fianco.

    Poi il ritmo della musica accelerò e i suoi movimenti lo seguirono; inarcò il dorso e ondeggiò sul palco con grazia assolutamente femminile. Ai più sembrò sola, lontana da ciò che la circondava, rapita da un desiderio sensuale insoddisfatto.

    Chiunque nel pubblico sarebbe stato felice di soddisfarlo per lei.

    Chiunque.

    Ogni movimento faceva ondeggiare gli strati del costume, fino a che i petali danzarono intorno a lei quasi autonomamente, schiudendosi per rivelare le gambe snelle.

    Poi cominciarono a scomparire.

    Ogni uomo in sala si protese verso di lei; tutte le volte che lei si voltava, un petalo di tessuto cadeva a terra. Le sue mani si muovevano con tale grazia, che i petali sembravano cadere da soli. Quelli rosa chiaro furono i primi a sparire, seguiti dai petali di satin più pesante. Ben presto le gambe lunghe e toniche furono nude fino alla coscia. Poi finì a terra il drappo di seta che le copriva l’addome.

    Lei continuò la sua danza da sirena mentre i petali le cadevano intorno, muovendo il bacino a ritmo con la musica. Infine, quando rimase con indosso solo un perizoma rosso scintillante e due delicati petali rosa sulla punta dei seni, guardò il pubblico, degnandolo della sua attenzione. Normalmente, a quel punto, avrebbe offerto agli astanti un sorriso malizioso e si sarebbe scoperta i seni, lasciandoli intravedere per un attimo mozzafiato, prima di scomparire dietro il sipario. Quella sera invece... esitò. No, rimase pietrificata.

    Perché, mentre osservava il pubblico e scorgeva una quantità di visi familiari tra la gente, la sua attenzione fu catturata da una sagoma in fondo alla sala, accanto al bancone.

    A quella distanza non poteva vedere molto, sia a causa della maschera che indossava sia perché aveva le luci puntate negli occhi, ma ciò che vide bastò per mandare il suo cuore, che già batteva freneticamente a causa dell’esibizione, a mille battiti.

    Da dove si trovava lei, l’uomo sembrava avere capelli, occhi e vestiti neri. Non le era possibile scorgere i lineamenti, era solo una presenza alta e oscura, le spalle ampie, i fianchi stretti. Sarebbe potuto essere pericoloso, date le sue dimensioni e il buio che lo celava alla vista di lei, ma in quel momento, sul palco, si sentì attratta da lui. Incantata. Ammaliata.

    I loro sguardi si fusero. Lui sentì di avere tutta la sua attenzione. In quel momento lei avrebbe voluto con tutta se stessa scendere dal palcoscenico, attraversare la sala e avvicinarsi tanto da poter vedere se il suo volto fosse affascinante quanto lasciava intuire la sagoma nell’ombra. E poi andare ancora più vicino, per vedere quali verità si celavano nelle profondità di quegli occhi neri come l’inchiostro.

    Ma all’improvviso qualcuno fischiò e qualcun altro tossì piano. E lei si rese conto di essersi dimenticata della musica e della danza, del pubblico e della ragione per cui era là.

    Solleticare, sedurre... ecco perché si trovava su quel palco. Era ancora più strano, pertanto, che in quel momento fosse lei, la Rosa, a sentirsi sedotta.

    Riportando lo sguardo sui presenti, rivolse loro un sorriso maliziosamente sexy, come se quella pausa fosse stata del tutto deliberata e per il loro personale diletto. Li invitò a immaginare per chi avesse il respiro affrettato, per chi si stesse leccando le labbra, impaziente. Per chi si fosse arrossata la sua pelle, per chi si fosse inumidito il sesso, induriti i capezzoli.

    Lei stessa avrebbe voluto conoscere la risposta.

    Un ultimo sguardo da dietro le sopracciglia oziosamente abbassate, poi chiuse le dita sui piccoli petali, rosa come i suoi capezzoli, e li rimosse.

    La folla esplose in un applauso fragoroso mentre lei scompariva dietro il sipario. L’applauso si protrasse per alcuni minuti mentre lei riprendeva fiato.

    Sbirciò da dietro la cortina rossa, lo sguardo puntato sulla zona in ombra accanto al bancone.

    Lo sconosciuto, però, se n’era andato.

    1

    Per le prime due settimane dopo il rientro dal Medioriente a Nick Santori non dispiacque per niente lasciarsi viziare dalla sua famiglia. Nel piccolo giardino della villetta a schiera dov’era cresciuto furono organizzate allegre grigliate e cene ancora più grandi si tennero nella pizzeria di proprietà della famiglia, la sua seconda casa.

    La madre lo aveva trascinato con sé ai matrimoni dei parenti, mentre suo padre lo aveva voluto accanto nella cucina del ristorante. Le cognate gli avevano messo in braccio bambini appiccicosi e bagnati e i fratelli gli avevano offerto una birra dopo l’altra, ansiosi di conoscere i dettagli della sua vita oltreoceano. Persone che conosceva appena avevano brindato in suo onore, lodandolo come patriota, per poi cercare di coinvolgerlo in discussioni sulla politica.

    A quel punto Nick aveva tirato immancabilmente una riga. Dopo dodici anni nei marine, molti dei quali trascorsi in servizio attivo in Iraq, ne aveva abbastanza; non aveva voglia di rivivere battaglie, ferite né giorni di gloria, nemmeno con i suoi fratelli, e non aveva certo intenzione di giustificare con degli sconosciuti la scelta di entrare nelle forze armate.

    A diciott’anni, terminato il liceo, dal momento che non voleva frequentare il college né entrare nell’azienda di famiglia, arruolarsi nei marine gli era sembrato un modo sensato per passare qualche anno.

    Era stato un illuso, stupido, impreparato, ingenuo.

    Aveva imparato in fretta... ed era cresciuto. Non si rammaricava per gli anni trascorsi a servire il paese, ma a volte gli sarebbe piaciuto tornare indietro per far due chiacchiere con quel diciottenne e aprirgli gli occhi riguardo alle realtà che avrebbe dovuto affrontare.

    Realtà come quella: tornare a casa in un mondo che non riconosceva più.

    «Come va?» gli domandò il suo gemello Mark, seduto di fronte a lui a un tavolo, una birra in mano. Tutti i suoi fratelli avevano l’abitudine di passare al ristorante di famiglia un paio di volte la settimana, dopo il lavoro.

    «Tutto bene.»

    «Hai digerito la tua Marinara?»

    Nick rise sommessamente. «Pensi che papà si sia mai chiesto se esiste un altro genere di cibo?»

    Mark scosse il capo, allungò una mano e prese un grissino dal cesto del pane. «Pensi che mamma abbia mai provato a cucinargli qualcosa di diverso?»

    «Hai ragione.» I loro genitori si intendevano a meraviglia, nella certezza che l’unico cibo degno di essere mangiato fosse quello italiano.

    «È ancora arrabbiata perché non sei voluto tornare a vivere a casa?»

    Nick annuì, poi prese a sua volta un grissino. «Sembra convinta che mi troverei benissimo nella nostra vecchia stanza, con il poster di Demi Moore in Proposta Indecente

    «Tu hai sempre preferito Soldato Jane

    Nick sospirò, era raro che Mark prendesse qualcosa sul serio. Da quel punto di vista non era cambiato molto, ma tutto il resto sì.

    Negli anni trascorsi lontano, le rare visite a casa non avevano consentito a Nick di restare al passo con i mutamenti dei suoi cari. Nella sua mente, mentre riposava su una branda domandandosi se sarebbe mai arrivato il giorno in cui la sabbia non avrebbe più ricoperto i suoi vestiti, i Santori erano rimasti la famiglia numerosa nella quale era cresciuto: due genitori dediti al lavoro e un manipolo di ragazzini.

    Ormai non erano più ragazzini e mamma e papà erano diventati considerevolmente più lenti, negli anni. Suo padre aveva trasferito a suo fratello maggiore, Tony, la gestione del Santori, per restare in cucina a sorseggiare Chianti e cucinare.

    Uno dei suoi fratelli era diventato pubblico ministero, un altro era un imprenditore edile di successo. La loro unica sorella si era appena sposata, ma ciò che sconvolgeva Nick più di tutto era che Mark, il suo gemello, stesse per diventare padre.

    Sposati, addomesticati, impegnati a riprodursi... ecco le vite felici degli altri cinque giovani Santori. E ciascuno di loro sembrava convinto che anche Nick si sarebbe dovuto comportare in quel modo.

    Nick era d’accordo con loro. O, quanto meno, era stato d’accordo con loro, finché aveva vissuto in un luogo in cui nulla era garantito, nemmeno la vita. Gli era sembrato perfetto, il sogno al quale aggrapparsi per arrivare alla fine del servizio. Ormai era alla sua portata.

    Ma Nick non era più sicuro di volerlo.

    Non dubitava che i suoi fratelli fossero felici, ma Nick non riusciva a capire le loro vite. E non era convinto che ne sarebbe mai stato capace.

    Ci riuscirò.

    Se lo augurava.

    Il fatto che dare una mano al Santori lo annoiasse a morte e che non avesse ancora conosciuto una sola donna adatta in grado di fargli battere il cuore, era solo una conseguenza del ritorno alla vita civile. Si sarebbe ripreso. Presto. Indubbiamente.

    Purché avesse evitato di correre dietro all’unica donna che recentemente gli avesse fatto battere il cuore, risvegliando il suo interesse sessuale benché Nick si trovasse in una sala piena di gente. Lei non era in alcun modo adatta. Era una spogliarellista e presto Nick avrebbe lavorato con lei, dal momento che aveva accettato un posto

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