Amore a prima svista (eLit): eLit
Di Leslie Kelly
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Leslie Kelly
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Anteprima del libro
Amore a prima svista (eLit) - Leslie Kelly
Immagine di copertina:
Rakdee / DigitalVision Vectors / Getty Images
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:
Two to Tangle
Harlequin Temptation
© 2002 Leslie Kelly
Traduzione di Carol Fonso
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-278-9
1
«Tesoro, sono pronta. È una settimana che aspetto questo momento e adesso siamo soli. Finalmente ti potrai togliere questi vestiti e metterti comodo.»
Chloe Weston non si aspettava certo una risposta, e così prese tra le mani la fibbia della costosa cintura di pelle nera e la sganciò. Poi slacciò il bottone dei pantaloni firmati e infine abbassò lentamente la cerniera. Il rumore metallico della zip ruppe il silenzio opprimente, seguito a breve dal fruscio del tessuto dei pantaloni che scivolavano a terra.
Chloe si inginocchiò, infilò le dita sotto l’elastico dei boxer bianchi e li abbassò, poi rimase a guardare. Dopo alcuni istanti sospirò. «È venerdì sera, sono single e ho appena tolto vestiti e biancheria intima a un uomo.» Sospirò di nuovo. «Peccato però che quest’uomo sia inanimato.»
Il manichino non rispose, e nemmeno lo fece la sua controparte femminile che si trovava all’estremità opposta della vetrina principale del grande magazzino Langtree’s.
Bel modo di trascorrere un venerdì sera. Sola in un grande magazzino di Boca Raton, Florida. Attorniata da abiti firmati, esageratamente costosi, da splendidi gioielli... ma in compagnia di una serie di anonimi manichini di plastica.
Controllò di nuovo gli appunti per vestire i suoi compagni del venerdì sera. Da un paio di settimane le era stato assegnato il compito di allestire la vetrina principale, e non si poteva permettere di sottovalutare un incarico tanto importante. Prima si era sempre occupata delle vetrine laterali, ma mai di quella centrale, che aveva l’importante funzione di catturare l’attenzione dei passanti.
Mentre chiudeva la zip del vestito da cocktail del manichino donna, udì il rombo di un motore. Guardò attraverso i tendoni che oscuravano la vetrata e vide un grosso pickup nero fermarsi proprio lì di fronte.
Controllò l’ora e si accorse che era già passata la mezzanotte. Charlie, la guardia notturna, doveva essere in giro da qualche parte, ma dove? Il magazzino aveva tre piani e fortunata com’era, probabilmente l’uomo stava controllando l’ultimo. Quindi sarebbe stata sola ad affrontare una banda di ladri? E se avessero infranto la vetrina? Se li sarebbe trovati davanti e...
Si abbassò, cercando di nascondersi, e rimase a guardare. Un uomo scese dal furgone, e avvicinandosi di poco alla vetrata fu illuminato dalle luci. Lo riconobbe all’istante, era Troy Langtree, il suo capo. Forse era passato per controllare come procedevano i lavori. Ma perché gli uomini belli devono essere così insopportabili?, si chiese Chloe. Troy era effettivamente molto bello, niente da ridire in proposito, ma il più delle volte - vale a dire sempre - aveva un atteggiamento davvero irritante.
Non era sposato, e dedicava tutto il suo tempo al lavoro. Forse era per questo motivo che risultava antipatico. Peccato, perché sotto certi punti di vista rappresentava tutto ciò che lei aveva sempre cercato in un uomo. Aveva determinazione e intelligenza, qualità che mancavano alla maggior parte dei ragazzi con cui era uscita. E soprattutto, a suo padre e agli uomini che sua madre aveva frequentato ultimamente.
Ma non sarebbe mai potuta uscire con un uomo incapace di sorridere, incapace di manifestare gioia e, a quanto le avevano riferito, con la corsa come unica passione. Abitava sulla spiaggia e correva per miglia e miglia tutte le mattine. In effetti, doveva ammettere che aveva un fisico atletico e un’abbronzatura invidiabile.
Ma Troy Langtree sembrava completamente privo della capacità di apprezzare la vita.
Chloe continuò a guardarlo e scoprì con stupore che non indossava il solito abito elegante firmato, ma una maglietta e un paio di jeans aderenti. Molto aderenti.
Era una serata estiva, calda e afosa, e dei lampi illuminarono il cielo. A quel punto Chloe lo vide alzare gli occhi e imprecare. Poi si abbassò accanto al furgone e tastò una gomma, doveva aver bucato.
Lo guardò prendere il cric e la gomma di scorta, poi sedersi per terra per posizionare il cric e sollevare così il furgone. Strano, mai si sarebbe immaginata che il suo capo, così impettito e poco incline al lavoro manuale, sapesse cambiare una gomma.
Anzi, sembrava addirittura molto bravo, dato che in poco tempo aveva già tolto il pneumatico danneggiato. Chloe, sempre nascosta dietro le tende a spiare, moriva dalla voglia di andare ad aiutarlo. Ma prima di poter uscire dall’edificio avrebbe dovuto cercare la guardia per disinserire l’allarme. Ci sarebbe voluto troppo tempo e Troy avrebbe finito comunque prima.
Alcune gocce di pioggia cominciarono a cadere, ma lui non sembrò farci caso. Sistemò la gomma di scorta, maneggiandola con abilità. E Chloe si ritrovò a fissare affascinata i muscoli... del suo capo. «Accidenti! La corsa fa miracoli!» esclamò. «Mi devo decidere e andare a fare un po’ di jogging.»
Troy si pulì le mani nei jeans, lasciando delle strisce scure di grasso. Riprese a lavorare, ma all’improvviso si fermò e con uno scatto sollevò una mano, una smorfia di dolore che gli incurvava le labbra.
Aveva labbra bellissime, e Chloe sentì un brivido. Lui non sapeva di essere osservato e soprattutto era del tutto inconsapevole dell’effetto che aveva su di lei.
Proprio nel momento in cui Troy finì di sistemare la ruota, la lieve pioggia si trasformò in un violento acquazzone estivo.
Invece di salire sul pickup e andarsene, o ripararsi sotto la tettoia, Troy rimase dov’era, guardò verso l’alto e le sue labbra si piegarono in un ampio sorriso. La maglietta di cotone che indossava era fradicia, gli aderiva al corpo come una seconda pelle, evidenziandogli i muscoli dell’addome e delle spalle. Chloe si immobilizzò con il naso incollato al vetro e gli occhi sgranati.
Lui, continuando a guardare il cielo, si sfilò la maglietta lentamente. Molto lentamente, sembrava quasi che il cotone non volesse separarsi dalla sua pelle.
Chloe trattenne il respiro. Poi Troy gettò la maglietta nel furgone e rimase a torso nudo sotto la pioggia.
Chloe appoggiò le mani al vetro e sentì solo freddo e non il calore che avrebbe provato stringendosi a lui. Sospirò vedendo che alzava le braccia. Sembrava che Troy volesse assaporare la pioggia che gli scendeva sul viso, che volesse lasciarsi andare e godere di quel momento di libertà.
Chloe abbassò gli occhi per un istante, imbarazzata. Si sentiva confusa, quella sera aveva conosciuto un lato del carattere di Troy Langtree del tutto inedito?
Lui non poteva vederla, ma lei aveva visto lui. Guardò di nuovo, vide le gocce di pioggia accarezzargli le spalle e scendergli lentamente lungo i muscoli, lungo tutto il corpo. A Troy non sembrava importare. Sembrava completamente a suo agio e capace di assaporare il sollievo offertogli da una pioggia estiva. Un uomo capace di ridere, di godersi la vita.
Un uomo che lei desiderava conoscere meglio.
Due settimane dopo, Chloe si era convinta che Troy Langtree avesse una doppia e contorta personalità: sul lavoro adottava un atteggiamento serio e professionale e nella vita privata invece si trasformava in una persona spontanea, istintiva. Non le era più capitato di vederlo protagonista di una scena memorabile come quella di quel venerdì sera, ma del resto lo aveva incontrato soltanto alle riunioni e nei reparti del magazzino e lui si era dimostrato, come al solito, professionale e controllato.
«Sei sicura che non vuoi che venga a farti compagnia in quel meraviglioso hotel?»
Chloe levò l’attenzione dal ricordo di Troy Langtree senza camicia e completamente bagnato, per rivolgerla all’amica e collega di lavoro. Appoggiò la penna sulla scrivania e disse: «Mi dispiace, Jess, mi piacerebbe che tu mi accompagnassi, ma sono già sorpresa che Langtree abbia deciso di mandare me alla conferenza. Non credo che coprirebbe anche le tue spese, sebbene tu sappia vendere profumi meglio di chiunque altro in questo Stato».
Con aria sconsolata, Jess spolverò la superficie di uno sgabello che si trovava in un angolo del piccolo ufficio di Chloe e vi si sedette sopra.
Chloe lavorava in un angusto locale del deposito merci dell’edificio Langtree’s. Vi era di tutto in quella stanza: scatoloni, pacchi, vecchi e polverosi documenti, appendiabiti e manichini in disuso.
«Non capisco proprio come tu riesca a stare rinchiusa qua dentro.» Jess arricciò il naso e tossì. «C’è più polvere qui che in una casa disabitata da secoli.»
«A me piace. Inoltre preferisco avere a che fare con la polvere, piuttosto che andare a casa tutte le sere con addosso mille profumi.»
Jess sospirò. «Non dirmelo. Il mio cane ormai non riesce più a capire chi entra dalla porta quando torno a casa mia.» Diede un’occhiata intorno a sé. «Ma... non ti senti sola?»
«No. È un bel posto dove lavorare, molto tranquillo. Non ti interrompe nessuno, non ci sono distrazioni.»
Chloe stava bene sul serio in quell’ufficio. Le piacevano gli spazi ridotti. Piccoli luoghi sicuri nei quali nascondersi, disegnare, creare e programmare.
Sam Brighton, il direttore marketing del magazzino, che era anche il suo supervisore, le era sembrato in imbarazzo quando le aveva mostrato la stanza due mesi prima. Ma Chloe aveva subito amato quel luogo scuro e appartato, le era parso intriso di ricordi, silenzioso e adatto al lavoro.
«Se avessi saputo che bastava vestire manichini tutti i venerdì per poter prendere parte alle convention al Dolphin Island Resort, mi sarei proposta anch’io.»
«È molto più di questo, Jess.» Chloe pensò alle ore trascorse vagando per il magazzino in cerca dell’abito giusto, della cintura appropriata, degli accessori adeguati, nonché il tempo passato a casa a pensare, a programmare, cercando mentalmente una nuova disposizione che potesse essere originale, in grado di richiamare la gente.
«Lo so, scusa. Non intendevo sminuire il tuo lavoro. Credo che tu sia fantastica.»
«Gli anni che ho trascorso a lavorare come commessa, mi stanno ripagando. E poi, quando ero bambina, ho sempre amato vestire le Barbie» concluse Chloe sorridendo.
«Io invece ho sempre giocato con bambole che si potevano truccare e pettinare» disse Jess sollevando le spalle.
«Be’, sembra che siamo riuscite a realizzare i nostri sogni» ironizzò Chloe.
«Non proprio, dato che non mi occupo dei capelli e del trucco delle grandi star di Hollywood.»
«E io non lavoro in un atelier di Parigi, ma non mi lamento. Mi piace questo lavoro. È molto meglio che friggere hamburger e patatine in un fast food.»
«Puoi dirlo forte... Sono contenta per te. Anche se io dovrò rimanere qui e tenere a bada le malelingue.»
Lei alzò gli occhi al cielo ricordando quanti l’avevano guardata con perplessità quando, durante una riunione, era stato annunciato che sarebbe andata a una conferenza in uno dei più esclusivi alberghi della Florida, spesata di tutto. «Credo che Sam abbia insistito perché mi mandassero, lui sa che andarci mi aiuterà. Ero sicura che non sarebbe mai successo, poi quando ho avuto la notizia... be’, sono rimasta sorpresa, quasi non ci volevo credere.»
«Credo che la foto della tua vetrina sulla Boca Gazette abbia contribuito. Hai visto quanta gente è venuta a vederla? Persino la signora Langtree ha voluto conoscerti. Magari è stata lei a fare in modo che tu andassi in Florida.»
Chloe sorrise ricordando la felicità che aveva provato nel vedere la foto di una delle sue vetrine pubblicata sul giornale locale. Il titolo diceva: Le vetrine del Langtree’s sono un assaggio simpatico e stuzzicante dell’estate che sta per arrivare.
Si trattava della vetrina alla quale stava lavorando la sera in cui aveva visto Troy Langtree cambiare la ruota dell’auto. Da quel momento la sua vena creativa aveva preso il volo. Aveva abbandonato il precedente progetto e