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Servizio in camera (eLit): eLit
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E-book162 pagine2 ore

Servizio in camera (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Per vivere un'avventura di una notte:

Spruzzarsi due gocce di profumo

Indossare un babydoll di seta

Sedurre l'uomo sorpreso nella propria camera da letto???

Sarebbe un ottimo inizio di serata per Alyssa Ballard, se non fosse che lei, questo tizio, non l'ha certo invitato a entrare. In fondo, però, la cosa non le dispiace affatto: il tale appena sorpreso in casa sua è Derek Stone, affascinante individuo con il quale, tempo prima, ha trascorso una settimana molto intensa. Comunque sarebbe bastato suonare il campanello! Alyssa non solo pretende spiegazioni, ma è anche intenzionata a sfruttare al meglio questo inaspettato servizio in camera.
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2017
ISBN9788858971888
Servizio in camera (eLit): eLit
Autore

Jane Sullivan

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Servizio in camera (eLit) - Jane Sullivan

    successivo.

    1

    Era seduto da solo al bar, tenebroso e attraente, circondato da un'aura di mistero che rendeva elettrica l'aria intorno a lui. Troppo casual per il club molto trendy dell'albergo di Seattle, indossava un paio di jeans e una maglietta nera attillata, ma bastava una sola occhiata a quello sguardo per capire che non si sarebbe mai attenuto a uno specifico codice di abbigliamento.

    Erano passati almeno quindici minuti dall'ultima volta che aveva sorseggiato il drink che aveva davanti. Non prestava alcuna attenzione all'atmosfera vivace del club. Ignorò il barista quando gli rivolse la parola.

    Non aveva occhi che per lei.

    Seduta a un tavolino poco distante, lei percepì la sua presenza con la forza di un pugno nello stomaco. E ogni volta che distoglieva lo sguardo, quando tornava con gli occhi su di lui, i suoi erano sempre fissi su di lei, come frecce in grado di trapassarle il tessuto dell'abito e lasciarla completamente nuda.

    Il gioco proseguì per diversi minuti. Sotto l'attenzione inesorabile di lui, le guance le si colorivano e la pelle cominciava a formicolare.

    La voleva. E lei lo sapeva. Non si erano scambiati neppure una parola, ma lei ne era certa.

    Poi, inspiegabilmente, lui si voltò. Si alzò dallo sgabello, lasciò una banconota sul bancone del bar e si diresse all'uscita.

    Lei provò un moto di delusione. Si disse che era meglio così, che non era saggio lasciarsi coinvolgere da un uomo che aveva la parola pericolo scritta in fronte, ma la tensione sensuale che emanava le aveva già riempito la mente di fantasie erotiche.

    Quando fu vicino alla porta, lui rallentò. Si fermò del tutto e, voltandosi indietro, incrociò ancora lo sguardo di lei.

    E attese.

    Nel momento stesso in cui lui le lanciò quel muto invito, nei suoi occhi lampeggiò chiaro un avvertimento: se lei avesse ceduto alla tentazione, l'avrebbe fatto a proprio rischio e pericolo.

    Una forza inspiegabile la spinse ad alzarsi in piedi. Senza dare alcuna spiegazione agli amici, girò intorno al tavolo e si incamminò verso la porta, come se una corda invisibile la stesse trascinando verso di lui.

    Anche se avesse avuto un ripensamento, lui non le diede la possibilità di esitare. Senza una parola la prese per mano e si diresse agli ascensori, costringendola a tenere il suo passo svelto e deciso. La condusse in una cabina che aveva già le porte aperte e, mentre queste si richiudevano, la tensione tra loro raggiunse il culmine. La fece indietreggiare verso la parete posteriore e la baciò, rendendo realtà le sue fantasie. E quando raggiunsero la sua camera...

    «Ehi, signorina! Guardi dove va!»

    Alyssa si sentì trascinare per un braccio nello stesso istante in cui udì risuonare il clacson di un'auto. Si voltò a guardare l'uomo di una certa età che le aveva appena salvato la vita e lo fissò attonita, prima di tornare con gli occhi sul traffico intenso. Santo cielo, ma cosa le stava capitando?

    Sbatté le palpebre, tornando alla realtà. «Grazie» esordì rivolta all'uomo. «Non so cos'avessi per la testa.»

    Lui le concesse un sorriso. «Probabilmente sognava a occhi aperti.»

    «Già» concordò, «suppongo di sì.»

    «Stia più attenta, la prossima volta» si congedò quindi lo sconosciuto, proseguendo il proprio cammino.

    Alyssa restò immobile ancora per qualche istante, rimproverandosi di aver vagato in mezzo al traffico con la testa tra le nuvole. Negli ultimi sei mesi aveva passato molto tempo a pensare a quanto era successo a Seattle, ma questa era la prima volta che rischiava la vita. Era una donna coi piedi per terra, e allora perché il ricordo di quell'uomo riusciva ancora a farla comportare da idiota?

    Oh, al diavolo. Sapeva benissimo il perché. Perché la settimana che aveva trascorso con lui era stata l'esperienza più incredibile della propria vita e nessun uomo da allora aveva retto il confronto. Nessuno ci si era nemmeno avvicinato.

    Specie quello che aveva incontrato quel giorno.

    Aveva lasciato il ristorante da pochi minuti, grata di aver concordato un pranzo veloce invece di una cena. Certo, per l'uomo giusto avrebbe potuto allungare a due ore la pausa pranzo, ma quel tizio non avrebbe meritato nemmeno una pausa caffè.

    Non che non fosse attraente: alto, biondo, fisico da surfista, ogni donna nel locale l'aveva notato. Sfortunatamente, si era dimostrato l'individuo più presuntuoso ed egocentrico che avesse mai conosciuto.

    Il semaforo diventò rosso. Alyssa era appena scesa dal marciapiede quando sentì una voce alle sue spalle.

    «Alyssa! Aspetta!»

    Vide la sorella, Kim, che si affrettava a raggiungerla, piuttosto maldestra sui tacchi troppo alti. La brezza le trasformava i capelli in una nuvola ramata intorno al volto. Si fermò di fronte ad Alyssa, affannata.

    La sorella la squadrò perplessa. «Kim? Cosa ci fai qui?»

    «Ero seduta al bar davanti al ristorante, aspettavo che uscissi. Ma te ne sei andata così in fretta che ho dovuto correre per raggiungerti.» Si tolse un ciuffo di capelli dal viso e rivolse ad Alyssa un sorriso radioso. «Allora, com'è andata con Tom?»

    Oh, Signore, ancora quel sorriso. Da quando si era fidanzata, la sua missione era diventata trovarle un compagno, in modo che potesse essere estatica quanto lei. Purtroppo, però, per raggiungere l'obiettivo le organizzava un incontro con qualunque essere di sesso maschile che conoscesse. Da quando Alyssa era stata trasferita da Seattle, qualche mese prima, Kim le aveva combinato un'infinità di appuntamenti alla cieca e tutti si erano risolti in un disastro.

    «Com'è andata?» ripeté Alyssa. «Dunque, vediamo... Hai mai ascoltato qualcuno che parla di sé?»

    «Certo.»

    «Per un'ora intera?»

    Il sorriso radioso si trasformò in un'espressione corrucciata. «Oh, andiamo. Non può essere stato tanto tragico.»

    «Sai cosa fa per vivere?»

    «Sì, vende auto di lusso. Jeff dice che guadagna molto bene.»

    «Oh, sì, e infatti anche lui possiede un'auto molto costosa e di classe. Sai, mi ha detto che se sono molto, molto fortunata potrebbe farmici fare un giro, un giorno o l'altro. Non sarebbe bello?»

    Il viso di Kim si fece ancora più depresso. «Okay» accettò, alzando le spalle. «Ma almeno gli piace parlare. Meglio di chi non dice neanche una parola, no?»

    «Sì, se si trattasse di conversazione a due. Lui invece pontifica. Ho avuto modo di conoscere il mondo secondo Tom: religione, politica, sesso, borsa, tutto quanto. Scommetto che non saprebbe neanche dirti il mio nome.»

    «Dai, Alyssa. Dovrà pur esserci qualcosa di buono in lui.»

    «Kim» rispose secca la sorella. «Quell'uomo è a malapena riuscito a mangiare perché era troppo impegnato a battersi delle pacche sulla spalla!»

    Kim alzò le braccia in un gesto di resa. «D'accordo, ho afferrato il concetto. Solo pensavo che voi due vi sareste trovati, sai? In fondo, avete frequentato la stessa università.»

    «Insieme ad altre diecimila persone.»

    «Quindi non avete niente in comune?»

    «Oh, sì. Entrambi abbiamo i pollici opponibili e camminiamo eretti. Ma preferirei trovare un po' più di compatibilità rispetto all'appartenenza alla stessa specie.»

    «Ma gli opposti si attraggono. Lo sanno tutti.»

    «No, non è vero. È un mito perpetuato da quelli che hanno sposato la persona sbagliata e cercano un modo per giustificare una scelta stupida.»

    «Okay, allora cancelliamo Tom. C'è quel collega di Jeff...»

    Alyssa sollevò le mani. «No. Basta appuntamenti al buio. Lasciami fare le mie scelte, va bene?»

    «Perché l'uomo che sceglierai tu sarà migliore?»

    «Sì!»

    «Come mister Meraviglia di Seattle? L'uomo che è stato con te per una settimana, ti ha mentito sulla propria identità e poi è sparito senza lasciare traccia?»

    Alyssa fece una smorfia. Ogni volta che ripensava all'esperienza di Seattle, cercava di cancellare il modo in cui era finita. La settimana che avevano trascorso insieme era stata incredibile, e non solo per il sesso. Lui aveva detto di non essere mai stato prima in città, così lei gli aveva fatto da guida turistica, portandolo ai musei, ai parchi e ai ristoranti e godendo sempre più della sua compagnia. Aveva condiviso con lui più dettagli della propria vita di quanto avesse mai fatto con altri. Gli aveva raccontato della famiglia, del lavoro, del proprio impegno di volontaria, e lui aveva ascoltato con attenzione estrema, come se lei fosse la donna più affascinante che avesse mai conosciuto. Non poteva essere, naturalmente: Alyssa non si considerava brutta, ma il fascino irresistibile era un'altra cosa.

    Eppure, nonostante il proprio lato razionale le ripetesse quanto fosse sciocco, aveva cominciato a immaginare un futuro con lui. Poi, una mattina si era svegliata e lui non c'era più. Le aveva lasciato soltanto un biglietto: È stato bello, ma devo andare. Derek

    Si era imposta di dimenticare, di cancellare quella settimana dalla propria esistenza, perché evidentemente per lui non aveva avuto l'importanza che aveva avuto per lei. Ma non era riuscita a impedirsi di cercare di rintracciarlo. E così aveva fatto la più dolorosa delle scoperte: lui non le aveva raccontato altro che bugie.

    Derek Stafford non esisteva. Non a Kansas City, a ogni modo. Non aveva mai lavorato per la Primus Engineering, perché nemmeno quella esisteva. Non aveva frequentato l'università del Kansas e il college di Oak Park non aveva mai sentito parlare di lui.

    Si era sentita una stupida. Come aveva potuto innamorarsi di un uomo che non aveva il minimo interesse, né rispetto per lei? Certo, era ancora più stupido continuare a perdere tempo pensando a lui.

    Kim aveva ragione. Niente poteva essere peggio di un uomo presente un giorno, irreperibile il giorno dopo, che se n'era andato senza un saluto, nemmeno un tentativo di scuse. Soltanto un biglietto sul cuscino e una scia di bugie.

    «Probabilmente era sposato» osservò Kim.

    «Lo so.»

    «O magari un mascalzone di prima categoria.»

    «Lo so.»

    «O entrambe le cose.»

    Alyssa sospirò. «Lo so.»

    «Devi stare lontana dai tipi come quello. Cerca qualcuno che possa offrirti un futuro: ormai hai quasi trent'anni, è arrivato il momento di sistemarti.»

    «Ho un buon lavoro, non ho bisogno di un uomo che si prenda cura di me.»

    «Hai un lavoro che ti impegna per dodici ore al giorno anche se sei pagata per otto. Lawrence Teague sarà anche un miliardario, ma ti paga per quello che vali? Se non ti avesse concesso un appartamento, insieme al contratto, si tratterebbe di sfruttamento.»

    «Guadagno abbastanza, e mi piace il mio lavoro.»

    «Giusto. Correre a destra e a manca per una manciata di ricconi. Davvero entusiasmante.»

    Kim non riusciva a comprendere. D'accordo, gli inquilini del Waterford erano più che benestanti. Dopotutto, era indiscutibilmente il complesso più prestigioso della città di Dallas, uno dei sette, identici, che la Starlight Properties possedeva nelle maggiori aree metropolitane del paese. Ventitré piani, con servizio di portineria, sistema di sicurezza a regola d'arte, terme e salone di bellezza inclusi a un fantastico centro benessere. Come responsabile delle relazioni con gli inquilini, per Alyssa era una sfida continua far sì che tutti fossero

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