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L ultima acquisizione del milionario: Harmony Collezione
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L ultima acquisizione del milionario: Harmony Collezione
E-book167 pagine1 ora

L ultima acquisizione del milionario: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Isabelle Harrington è furiosa perché Spencer Chatsfield le ha portato via i suoi adorati alberghi. Proprio lui, l'uomo che dieci anni prima le ha spezzato il cuore! E l'unica cosa che detesta più di quell'arrogante playboy è l'attrazione che nasce spontanea fra loro ogni volta che sono vicini...



Mesi di meticolosa preparazione hanno finalmente dato i loro frutti: Spencer è riuscito ad acquistare la catena alberghiera Harrington, anche se c'è ancora un ostacolo sul suo cammino. La deliziosa ma bellicosa Isabelle. Un problema che Spencer conta di risolvere in fretta, in un modo o nell'altro.



Benvenuti al Chatsfield, New York



Miniserie "Chatsfield Hotel" - Vol. 8/8
LinguaItaliano
Data di uscita21 nov 2016
ISBN9788858957738
L ultima acquisizione del milionario: Harmony Collezione
Autore

Melanie Milburne

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    L ultima acquisizione del milionario - Melanie Milburne

    successivo.

    1

    Isabelle era certa che nella sua lista di cose da fare prima dell'incontro non ci fosse alcun riferimento alla pulizia del salotto. «Mi hai fatto questo... Adesso?» mormorò, rivolgendo ad Atticus un'occhiata sgomenta.

    Atticus sospirò con fare annoiato poi prese a leccarsi una zampina, quasi a volerle comunicare di non capire quale fosse il suo problema.

    «Perché non te ne sei ricordato ieri, quando avevo tempo per portarti dal veterinario?» gli chiese Isabelle. «Perché proprio oggi, e pochi minuti prima dell'arrivo in sala riunioni di decine di persone?» gemette, già immaginando l'ingresso trionfale di Gene Chatsfield con i suoi otto figli e suo nipote Spencer, accompagnato a sua volta dai due fratelli minori. Anche solo pensare a Spencer le faceva ribollire il sangue nelle vene.

    Non bastava quello che le aveva fatto dieci anni prima, quando era stata troppo giovane e ingenua per capire che razza di uomo era, non bastava che all'epoca avesse letteralmente perso la testa per lui che, di contro, si era solo divertito a prenderla in giro. Sette mesi prima era tornato nella sua vita come se nulla fosse accaduto, e si era offerto di acquistare la catena alberghiera Harrington. Lo aveva proposto proprio a lei, che non gli avrebbe venduto nemmeno uno spillo! Ovviamente, non aveva perso l'abitudine di giocare sporco, perché aveva sottolineato la posizione di vantaggio che gli dava il suo quarantanove per cento di quote azionarie. La stessa quota che possedeva lei dunque, almeno su quello, erano sullo stesso livello.

    «Avrei dovuto comprarmi quel delizioso gattino con il mantello rasato» borbottò, raccogliendo con un fazzolettino di carta la palla di pelo. «Non capisco a cosa stavo pensando quando ho scelto te.»

    Atticus socchiuse gli occhi verdi e sollevò la zampa posteriore in una posizione che Isabelle, nel suo ruolo di aspirante esperta di yoga, poteva solo invidiare.

    «Oppure un cane» aggiunse, mentre entrava in bagno per gettare il fazzolettino nel water. «Uno piccolo, di quelli che puoi portare nella borsetta» andò avanti. «Peccato che negli alberghi Harrington i cani non siano ammessi.» Guardò la sua immagine riflessa allo specchio e scosse la testa notando che, nonostante tutti i suoi sforzi, non era riuscita a domare i lunghi riccioli ribelli come aveva sperato. «Per la precisione, nessun tipo di animale è ammesso» riprese. «Devi considerarti fortunato se sono riuscita a portarti qui di soppiatto.»

    Tornò in salotto e s'inginocchiò davanti al bellissimo persiano.

    «Sicuro che non ti soffocherai con il tuo stesso pelo durante la mia assenza?»

    Per tutta replica, Atticus sbadigliò ed emise un miagolio sommesso.

    «Per il tuo bene, mi auguro che non significasse no» concluse Isabelle, prima di raddrizzare la schiena e di prendere borsa e cellulare.

    Lo localizzò non appena messo piede in sala riunioni. Era seduto alla sinistra di Ben e James, i suoi fratelli. Con la giacca scura, la camicia bianca e la cravatta a strisce grigie e nere, il suo era in tutto e per tutto l'aspetto dell'uomo di affari di successo, notò Isabelle. Giocare d'azzardo e vincere era il suo forte. Viveva per la sfida, in ufficio come in camera da letto... Specialmente in camera da letto.

    Accidenti a lui. E accidenti a quegli splendidi occhi blu zaffiro che in quel momento erano fissi nei suoi, in qualche modo incatenandola. L'espressione del suo viso era illeggibile, d'altra parte uno dei suoi talenti consisteva nell'abilità di nascondere i suoi veri pensieri dietro una maschera imperscrutabile, o un sorriso enigmatico. Contrariamente a lei. Durante gli anni aveva cercato di imparare a non essere così trasparente, ma era necessaria davvero troppa energia per contenere alcune emozioni, tipo l'odio che provava in quel preciso istante.

    «Scusate il ritardo» esordì, puntando il mento in avanti. «Sono stata trattenuta da un... incidente domestico.»

    Leonard Steinberg, il manager che avrebbe presieduto il meeting, annuì. «Nulla di grave, spero» commentò.

    «No, tutto risolto, grazie» replicò lei, prendendo posto al lato opposto del tavolo rispetto a dove sedeva Spencer. «Chi stiamo aspettando?»

    «Il misterioso azionista» intervenne Spencer, continuando a guardarla dritto negli occhi.

    Un brivido le corse lungo la schiena al suono di quella voce profonda dal marcato accento britannico. Mentalmente, lei scosse la testa. Doveva concentrarsi. Quello era il momento che la famiglia Chatsfield attendeva da mesi, quando cioè il restante due per cento delle azioni sarebbe stato messo sul tavolo. Lei sapeva chi stava per varcare la soglia della porta, lo sapeva ormai da un po'. Lo sapeva e si chiedeva come fosse possibile che nessun altro avesse ricomposto i pezzi del puzzle fino ad adesso. La notizia avrebbe avuto risonanze planetarie.

    I Chatsfield erano famosi per gli scandali di cui amavano rendersi protagonisti, ma questo avrebbe attratto l'attenzione della stampa come mai nessun altro prima d'ora.

    Infine la porta si aprì, la matrigna di Isabelle apparve e i Chatsfield sbiancarono in volto, quasi avessero appena visto un fantasma.

    «Mamma?»

    «Tu?»

    «Ma com'è possibile?»

    «Liliana?»

    Era sinceramente dispiaciuta per tutti loro, tranne che per Spencer, ovvio. Come Liliana fosse riuscita a mantenere segreta la sua identità per così a lungo era un mistero, soprattutto nell'era dei cellulari dotati di macchina fotografica, pensò Isabelle, anche se la sua matrigna era sempre stata un tipo elusivo e riservato, difficile da avvicinare, ancor più da conoscere.

    I figli di Gene Chatsfield erano stati tutti molto giovani, Cara, la minore, al tempo aveva avuto solo qualche mese, quando la loro madre era andata via dopo essere caduta nella depressione post parto.

    Liliana poi aveva scelto di non contattarli mai più, una cosa incomprensibile per lei, d'altra parte la sua matrigna aveva una personalità molto complessa e un suo modo unico di ragionare.

    Ma come si sentivano i fratelli Chatsfield ora, mentre guardavano la loro madre sparita da anni avanzare verso il tavolo con il portamento di una diva di Hollywood che era tornata per reclamare la scena?, si chiese, appena un po' dispiaciuta per loro.

    «So che per voi tutti dev'essere uno shock» esordì Liliana, «e so che non potrete perdonarmi, anche se cercherò di spiegarmi. Ma prima gli affari» decise, fermandosi accanto a Spencer. «Ti cedo il mio due per cento.»

    Isabelle scattò in piedi così bruscamente che la sedia vacillò e cadde. «Cosa?»

    «A condizione che tu rimanga presidente della catena alberghiera Harrington» precisò Liliana, guardandola.

    Isabelle aprì la bocca per parlare, ma subito scoprì che la voce l'aveva abbandonata. Sentì il sangue defluirle dal viso, e un formicolio scenderle lungo le braccia, fino alle mani. Non era possibile. Quella quota era destinata a lei. Lo scopo della sua vita era ottenere la maggioranza del pacchetto azionario, e di conseguenza il controllo dell'azienda di famiglia. Lavorava per quello sin da quando era una ragazzina. Nessuno avrebbe potuto gestire gli alberghi al suo posto, nessuno avrebbe potuto amarli e curarli quanto lei!

    «Ora, essendo l'azionista di maggioranza, Spencer diventerà di conseguenza l'amministratore delegato della catena alberghiera Harrington, e si insedierà negli uffici di New York» riprese Liliana.

    Isabelle ignorò le esclamazioni di sorpresa dei fratelli Chatsfield, e anche l'espressione che si era dipinta sul viso di Gene, che sembrava sul punto di avere un attacco apoplettico. Solo Spencer non aveva perso la sua compostezza, una gelida compostezza.

    Quanto stava godendo in quel momento, pensò furiosa, quanto doveva gioire per averla finalmente sconfitta! Probabilmente aveva saputo sin dal principio quali sarebbero stati i risultati di quel meeting, ipotizzò. Chissà come aveva fatto per convincere Liliana a schierarsi dalla sua parte, si chiese. D'altro canto, Spencer riusciva sempre a ottenere ciò che voleva, servendosi il più delle volte di mezzi illeciti per raggiungere i suoi scopi.

    Dieci anni prima, pur di conquistarla, l'aveva sottoposta a una corte serrata, sommergendola di attenzioni e di regali. Aveva cercato di non soccombere al suo fascino, aveva cercato davvero, ma infine si era arresa. Però, onestamente, come avrebbe potuto resistergli? A quel tempo lei era stata una giovane donna fiduciosa e sprovveduta, mentre Spencer si era già guadagnato una fama planetaria di playboy seriale.

    «Io non lavorerò con lui!» dichiarò a quel punto, scoccandogli un'occhiata glaciale.

    «Ho riflettuto a lungo prima di prendere le mie decisioni» intervenne Liliana. «Credimi, Isabelle, è la cosa giusta da fare. Sono certa che è quello che tuo padre avrebbe voluto.»

    «Mio padre?» ripeté Isabelle, la voce che vibrava d'incredulità. «Mio padre ha commesso solo errori negli ultimi anni, errori ai quali io ho posto rimedio. Se ben ricordi, mio padre ha trasferito il suo quarantanove per cento delle azioni a mio fratello Jonathan, azioni che purtroppo poi lui ha perso in una stupida partita di poker. Quelle azioni avrebbero dovuto essere mie, in primo luogo!»

    «Ascolta, immagino che per te sia difficile da accettare» intervenne Liliana, «ma davvero è la soluzione migliore.»

    «Perché mi stai facendo questo?» insistette Isabelle. «Perché dai il potere a lui?» aggiunse, indicando Spencer con un cenno del capo, ma evitando di guardarlo. Non avrebbe tollerato la luce di trionfo che di sicuro gli illuminava gli occhi. «Perché non a me? Sai bene quanto io tenga agli alberghi. Sai quanto ho lavorato per far sì che...»

    «Risolvete il problema fra voi» tagliò corto Liliana prima di girarsi verso la sua famiglia, una famiglia ancora in evidente stato di shock. «Posso solo ipotizzare cosa state pensando, ma dovete ascoltare la mia versione dei fatti. Voglio spiegarvi perché sono andata via.»

    Gene si alzò e con passo marziale uscì dalla sala, richiudendo poi la porta alle sue spalle con un tonfo.

    Liliana sospirò e guardò i suoi figli. «Questa è la ragione numero uno» sottolineò.

    I Chatsfield stavano reagendo all'improvviso ritorno della madre in modo molto simile, notò Isabelle. Rabbia, disappunto, disperazione e frustrazione erano le emozioni che si avvicendavano sui loro visi, ma su tutte prevaleva una tensione così palpabile da impregnare l'aria. Prima però che potesse dire loro qualcosa, Spencer si portò al suo fianco e le prese un braccio.

    «Credo sia opportuno dare a Liliana e ai suoi figli un minimo di privacy» sentenziò quest'ultimo.

    «Ma...»

    «Noi due intanto abbiamo molto di cui discutere» la interruppe lui, poi la condusse fuori dalla sala.

    Un brivido le risalì lungo il braccio, rammentandole il potere sensuale che una volta Spencer aveva avuto su di lei. Che aveva ancora, si corresse Isabelle. Allontanati subito, le ordinò il suo cervello, ma il suo corpo stava seguendo un copione diverso, uno che era ancorato al passato. Perché il suo corpo riconosceva il tocco delle mani di Spencer, e reagiva al ricordo del piacere che quelle mani gli avevano regalato. Un ricordo che si era costretta a seppellire in un recesso della mente, ma che ora stava tornando prepotentemente in superficie.

    «Non osare toccarmi mai più» gli intimò, sottraendo il braccio.

    Spencer aggrottò un sopracciglio in un'espressione ironica. «Dieci anni fa ti piaceva quando ti toccavo, se la memoria non mi inganna» sottolineò.

    Isabelle strinse le mani a pugno con tale forza che le nocche delle dita sbiancarono.

    L'odio la travolse in un'ondata soffocante. Cercò di riportare il respiro a un ritmo normale e gli scoccò un'occhiata di fuoco. «Credevo di averti chiarito cosa ne penso di te e della tua proposta di acquisto sette mesi fa» sibilò fra i denti.

    Spencer sollevò una mano per toccarsi la guancia sinistra. «Schiaffeggiami di nuovo se vuoi ma, ti avverto, questa volta ci saranno delle conseguenze.»

    Eppure non era mai stata incline alla violenza, pensò Isabelle. Non aveva mai alzato le mani su qualcuno, mai, in tutta la sua vita. Ma quando lo aveva incontrato sette mesi prima, in qualche modo il suo controllo era venuto meno. Si era lanciata contro di lui come una furia, rammentava perfettamente l'impatto della sua mano sul suo viso, l'impronta rossa che gli aveva lasciato sulla guancia. Lui non si era mosso, non aveva battuto ciglio, ma la luce gelida che era apparsa nei suoi occhi era stata una minaccia

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