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Cos'ha visto Penny Drake? (eLit): eLit
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E-book182 pagine2 ore

Cos'ha visto Penny Drake? (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Dal giorno in cui suo padre è stato ucciso, la piccola Penny ha smesso di parlare. È per questo che Deanna, sua madre, decide di rivolgersi a Steve Sherman, un famoso psicologo. Quando il medico arriva e Eagle Ridge, la tranquilla cittadina viene sconvolta da una serie di inquietanti incidenti. È evidente che qualcuno teme ciò che Penny potrebbe rivelare se recuperasse la parola. Ma Steve, che ha finito per innamorarsi perdutamente di Deanna, è disposto a tutto pur di risolvere il mistero...
LinguaItaliano
Data di uscita31 mar 2016
ISBN9788858951606
Cos'ha visto Penny Drake? (eLit): eLit

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    Cos'ha visto Penny Drake? (eLit) - Leona Karr

    successivo.

    1

    Le ombre della notte si stendevano sulla superficie del lago e si insinuavano tra i rami dei pini che crescevano sulle pendici dei monti, alle spalle dell'albergo. Una bambina che camminava insonnolita sulla terrazza al primo piano, udì il mormorio di alcune voci e vide due uomini che si avviavano verso il lago. Riconobbe il padre, si sporse alla ringhiera per chiamarlo, ma la sua voce fu coperta dall'esplosione secca di un colpo di pistola. Il padre si accasciò al suolo, e sotto gli occhi inorriditi della bambina, l'altro uomo lo afferrò per le gambe per trascinarlo sotto gli alberi.

    Il dottor Steve Sherman si alzò per prepararsi ad accogliere la sua nuova paziente. Una bella donna bionda e una bambina di circa quattro anni varcarono la soglia e si diressero verso di lui.

    «Steve Sherman» si presentò lui stringendo la mano alla donna. «Lieto di conoscerla, signora Drake.»

    «Il piacere è mio, dottore» rispose lei educatamente, guardandolo con freddezza con due stupefacenti occhi azzurri orlati di ciglia foltissime.

    «Questa bella bambina dev'essere Penny.» Steve sorrise alla piccina. Biondissima, con lunghi capelli inanellati, lo fissava senza battere ciglio, serrando forte forte la mano della madre.

    Era stato un centro medico del Colorado specializzato in malattie mentali ad assegnargli la piccola paziente, e Steve era stato subito attratto dalle circostanze oscure che ne avevano causato la chiusura emotiva. Noto psicologo infantile, Steve era diventato un'autorità nell'uso della terapia del gioco per definire e risolvere i conflitti interiori dei suoi piccoli pazienti.

    Aveva letto con attenzione il dossier di Penny Drake e aveva scoperto che la piccina, che fino a quattro mesi prima era sempre stata vivace e spensierata, dal giorno dell'assassinio del padre si era ritratta in se stessa, assumendo atteggiamenti diffidenti e asociali.

    Steve non aveva ancora deciso se accettare o meno il caso, ma aveva deciso di incontrare la bambina e la madre per un colloquio preliminare.

    Ignorando il gesto di Penny, che girò la testa per evitare il contatto visivo, Steve aggiunse: «Ero impaziente di conoscerti, Penny».

    Nessuna risposta.

    «La ringrazio per averci concesso un appuntamento con così breve preavviso, dottore» commentò invece la madre, Deanna, che al tempo stesso si sforzava di mascherare la delusione.

    Il dottor Sherman non era proprio quello che si aspettava. Sportivo nell'aspetto e nell'abbigliamento, sembrava più adatto a un campo da golf che a uno studio medico. I capelli rosso-castani gli ricadevano in ciocche scompigliate sulla fronte, e non doveva avere più di trentacinque anni. Deanna ebbe un tuffo al cuore. Avrebbe preferito un dottore più vecchio, con maggiore esperienza.

    «Credo che l'ospedale pediatrico le abbia già inviato il dossier di Penny» seguitò in tono formale.

    «Perché non ci sediamo?» obiettò Steve per tutta risposta. Aveva colto le vibrazioni negative che si sprigionavano da Deanna Drake, e incominciava a pensare di raccogliere la sfida. «Accomodatevi pure su un cuscino, prego» invitò quindi madre e figlia, indicando i cuscini che circondavano un tavolino basso sistemato al centro della stanza.

    Deanna trasalì. Era lì, in quella stanza che assomigliava a un parco giochi, che si sarebbe tenuto il colloquio? A eccezione di una scrivania e di alcuni schedari spinti contro una parete, quel locale non sembrava affatto uno studio medico. Alle pareti erano appesi manifesti colorati, sulle mensole erano sistemati alla rinfusa giocattoli e pelouche, e al centro del tavolo c'erano una caraffa piena di cioccolata calda e un piatto di biscotti.

    «I cuscini sono più comodi di quanto sembrano» le garantì Steve, accorgendosi della sua perplessità. «Se preferisce, però, possiamo spostarci in sala riunioni.»

    «Andrà benissimo qui» commentò Deanna, decisa a non lasciarsi turbare da quell'atteggiamento tutt'altro che ortodosso.

    Mentre prendeva posto, strinse con fare rassicurante la mano della figlioletta, che si sedette stretta stretta accanto a lei.

    Steve prese posto di fronte a loro. «Gradite una tazza di cioccolata?» chiese, come se fossero a merenda dal Cappellaio Matto.

    Deanna incominciava a ribollire di rabbia. No, non voglio la cioccolata calda. Voglio sapere se sei in grado di aiutare mia figlia. Non aveva percorso ottanta chilometri su una tortuosa strada di montagna da Eagle Ridge a Denver e disdetto alcuni importanti impegni di lavoro solo per farsi coinvolgere in uno stupido giochetto da bambini. Senza una parola, accettò la tazza che lui le porgeva.

    Dal canto suo, Steve si accorse che Penny osservava attenta la madre e che aveva già captato la sua ostilità. Pessimo esordio, pensò. Il primo ostacolo nella cura di un bambino consisteva proprio nella capacità di conquistare la fiducia dei genitori, e non ci voleva una laurea in psicologia per capire che con Deanna Drake non sarebbe stato facile.

    «Spero che a Penny piaccia la cioccolata» seguitò Steve deponendo una tazza di fronte alla bambina. Questa spostò gli occhi da lui alla madre, quindi strinse le labbra in una linea sottile e non accennò neppure a sfiorare la tazza.

    Forse moriva dalla voglia di farlo, ma qualcosa glielo impediva. Cosa? E perché? Cosa alimentava la sua forza di volontà e la sua resistenza? Nonostante i ripetuti successi nella cura di bambini traumatizzati, Steve sapeva che in alcuni casi la psiche si proteggeva a tutti i costi.

    Aveva letto gli articoli sulla morte di Benjamin Drake, sapeva che quella notte Penny era stata ritrovata tremante e in lacrime sulla terrazza, ma ciò che era accaduto quella notte restava ancora avvolto nel mistero. Forse Penny aveva assistito all'omicidio del padre. Chissà quali orrendi segreti erano nascosti in quella testolina bionda? E chissà se la piccola sarebbe stata in pericolo, se Steve fosse riuscito a svelare quei misteri?

    «Ti va un biscotto, Penny?» domandò nell'appoggiarne uno accanto alla tazza della bambina, poi ne prese uno per sé e lo annusò voluttuosamente. «Che profumino! Sono appena sfornati.»

    Deanna cercò di tenere a freno l'impazienza. Quando aveva sentito parlare di Steve Sherman, si era detta che forse quel medico rappresentava la risposta alle sue preghiere. Forse sarebbe riuscito a fare di Penny la bimba spensierata di un tempo. E invece eccolo che versava cioccolata calda e serviva biscotti, quasi che non si rendesse conto della gravità della situazione.

    Steve sostenne il suo sguardo con un sorriso. Sapeva benissimo a cosa stava pensando. Si era rivolta a lui spinta dalla disperazione, e adesso lo aveva già etichettato come un incapace senza speranza.

    «Lei viene da Eagle Ridge, vero?» le domandò affabile, come se avessero a disposizione tutto il tempo del mondo.

    «Già.» È scritto nel dossier, pensò Deanna furente. C'era scritto tutto, in quel dossier, compreso il fatto che era rimasta vedova dopo cinque anni di matrimonio con un uomo più vecchio di lei di quindici anni.

    «Non so dove si trova Eagle Ridge» insistette Steve. «Come avrà saputo, mi sono trasferito in Colorado soltanto di recente, ma sono originario della California. Adesso che sono qui, tuttavia, ho tutte le buone intenzioni di godermi questi splendidi monti.»

    «Eagle Ridge è a nordovest di Denver, a circa ottanta chilometri di distanza. È una cittadina di montagna che vive di turismo. Io stessa ho ereditato un piccolo albergo dal mio povero marito. Ma se ha già letto il dossier di Penny, saprà già tutto sul mio conto.»

    «Si direbbe un posto splendido per allevare un bambino» commentò Steve, ignorando la frecciatina sarcatica.

    «Io non saprei vivere altrove» riconobbe Deanna onesta, ma si affrettò ad aggiungere: «Anche se mi trasferirei ovunque in un batter d'occhi, se questo potesse aiutare Penny».

    «È ciò che penso anch'io in qualità di genitore» convenne Steve. «È per questo che ho lasciato la California. Anch'io voglio il meglio per mio figlio Travis. Ho perso mia moglie quando lui aveva due anni, e da quando è morta anche mia suocera, noi due siamo rimasti soli.»

    Dunque l'affascinante dottor Sherman era vedovo, rifletté Deanna, pur senza sapersi spiegare il motivo per cui si fossero soffermati sulla sua vita privata. Il fatto che anche lui avesse un figlio, comunque, la rassicurava. «Quanti hanni ha suo figlio?»

    «Sette, e mi auguro davvero che qui in Colorado si trovi bene. Gli ho promesso di portarlo a pesca e a fare lunghe escursioni nei boschi, e quest'inverno a sciare.» Steve sorrise a Penny. «Non ha mai giocato a palle di neve, ma da quando siamo qui insiste affinché gli compri uno slittino.»

    Deanna era sempre più furibonda. Dove sperava di andare a parare, con tutte quelle chiacchiere? Sin dal giorno della morte del padre, Penny aveva smesso di interagire con tutto e con tutti.

    «M-mm, buono» commentò in quel momento Steve addentando un biscotto, e strizzò l'occhio a Penny, ma l'espressione della piccina rimase guardinga.

    Deanna abbassò vistosamente lo sguardo sull'orologio, cercando di ricordare al dottor Sherman che gli pagava profumatamente il tempo che lui continuava a sprecare con quelle chiacchiere. Quasi nello stesso istante, qualcuno bussò tre colpi alla porta.

    Steve sorrise, come se aspettasse visite. «Entra pure, Travis» rispose ad alta voce, e quando il bambino si affacciò alla porta, gli fece cenno di raggiungerli al tavolo. «Vieni, Travis. Voglio presentarti Penny e sua madre, la signora Drake.»

    Travis aveva lo stesso sorriso accattivante del padre e gli stessi capelli rosso-castani. «Ciao» salutò allegramente Penny.

    «Vuoi della cioccolata con i biscotti, Travis?»

    «Certo» rispose il bambino prendendo posto accanto a Penny, quindi si protese verso il mucchio di pelouche disposti al centro del tavolo e ne estrasse Kermit la Rana e Mostro Biscotto. «Tieni, dai da mangiare a questo» istruì Penny nel tenderle uno dei pupazzi. «Ha una tasca dove mettere i biscotti. Puoi prenderne uno per te e uno per lui.» Chinandosi verso di lei, aggiunse con un sussurro cospiratore: «Così puoi mangiarne due».

    Penny accettò il pupazzo, ma non accennò a prendere i biscotti. La sua espressione, tuttavia, tradì un improvviso interesse mentre guardava Travis ingurgitare un biscotto intero.

    «I biscotti al burro sono i migliori» continuò a chiacchierare Travis.

    «Non parlare con la bocca piena» lo rimproverò il padre, che nel frattempo si complimentava mentalmente con se stesso per l'idea di invitare Travis all'incontro. La presenza del figlio lo avrebbe aiutato a individuare i problemi di Penny. «Ti ricordi le foto delle montagne del Colorado che ti ho mostrato?» domandò poi. «È là che vive Penny.»

    «Sul serio? Che meraviglia!»

    «Perché non le mostri i monti di argilla che hai fatto per il percorso del tuo trenino? Scommetto che le piaceranno.»

    «Subito» assentì pronto il piccolo balzando in piedi, quindi prese per mano Penny e la esortò ad alzarsi. «Tu puoi fare l'ingegnere» le disse. «Ti mostro io come fare.»

    Deanna si irrigidì. Negli ultimi quattro mesi, Penny non aveva mai volontariamente giocato con altri bambini e tutti i tentativi operati in tal senso dalla madre erano miseramente falliti. Ecco perché le parve incredibile che la bambina seguisse Travis senza neppure degnare lei di uno sguardo. «Impossibile!» esclamò sottovoce.

    «Cosa?» le domandò Steve sorseggiando trnquillo la sua cioccolata, ma nel suo sguardo Deanna scorse un lampo di trionfo.

    D'accordo, si disse. Forse era arrivato il momento di mollare le redini. «Va bene, dottor Sherman. Mi parli di questa sua terapia del gioco.»

    «È una tecnica semplicissima» commentò lui. «Consiste nell'incoraggiare il bambino a usare giocattoli e altri materiali per mostrare ciò che la sua psiche reprime o controlla. Una volta rivelati questi processi interiori, è possibile rispondere alle paure che hanno indotto il cambiamento di personalità.»

    «Ma Penny ha un'intera stanza piena di giocattoli!» obiettò Deanna. «E decine di persone pronte a giocare in qualsiasi momento con lei.»

    «Tutte disposte a lasciarle il suo spazio?»

    «Nessuno la costringe a fare niente.»

    «E non è vero che da mesi lei stessa la spinge a tornare a essere la bambina di una volta?»

    Deanna si irrigidì. Come si permetteva di mettere in discussione la sua preoccupazione per la figlioletta? «È vero che da mesi non faccio altro che cercare il sistema per guarire le sue ferite emotive per farla tornare alla normalità» replicò.

    «E lo fa insistendo troppo?» le suggerì Steve. «So bene quanto sia difficile per un genitore rilassarsi ed essere paziente, quando la posta in gioco è così alta, ma i tempi di guarigione in casi simili non sono prestabiliti. Ci vogliono tanta pazienza e tanto amore.»

    Deanna posò lo sguardo sui due bambini, chini a giocare sul trenino, e le si colmarono improvvisamente gli occhi di lacrime. Fece di tutto per nascondere a Steve quella manifestazione emotiva incontrollata, e restò stupita quando lui le coprì la mano con la sua.

    Non disse niente, si limitò a stringerle la mano finché lei non la ritrasse. «Cos'ha deciso di fare, dottor Sherman? Lavorerà con mia figlia?»

    «Non posso darle garanzie.»

    «Lo so, ma può provarci. Non mi dà l'impressione di chi si sottrae alle sfide.»

    Steve rispose

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