Il futuro in un sorriso: Harmony Bianca
Di Robin Gianna
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Info su questo ebook
Chase: Non posso credere che Dani mi abbia tenuto nascosto il fatto che avevo un figlio, e soprattutto che l'abbia portato con sé in Africa! Io non riuscirei a immaginare una vita diversa da quella che faccio, ma avere un figlio cambia completamente le carte in tavola. L'unica cosa che posso fare adesso è chiederle di sposarmi, sperando che accetti e che porti il nostro bambino lontano da qui.
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Anteprima del libro
Il futuro in un sorriso - Robin Gianna
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Changed by His Son’s Smile
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2014 Robin Gianakopoulos
Traduzione di Monica D’Alessandro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-361-7
1
Quella povera donna avrebbe potuto non avere più figli, ma almeno non era morta.
La paziente di Chase Bowen lo guardava preoccupata mentre pian piano si svegliava dall’anestesia dopo l’operazione.
Lui si piegò in avanti, rivolgendole un sorriso rassicurante. «Va tutto bene, adesso. Starai meglio» le disse Chase in fon, la lingua più diffusa nella Repubblica del Benin, nella parte occidentale dell’Africa. Se la donna non avesse capito, lui avrebbe ripetuto in francese.
Lei annuì e la profonda riconoscenza nel suo sguardo gli scaldò il cuore. Momenti come quello gli facevano apprezzare di più la vita che svolgeva. Non riusciva a immaginarsi a fare altro.
Chase capiva perché, nonostante la tragedia all’interno della sua famiglia, i suoi genitori continuassero a trascorrere le loro vite a curare le persone più bisognose.
«Le sue funzioni vitali sono nella norma, dottor Bowen» comunicò l’infermiera anestesista. «Grazie al cielo. Non avevo mai visto l’emoglobina a livelli più bassi.»
«Già. Altri dieci minuti e probabilmente sarebbe stato troppo tardi.» Lui premette di nuovo le dita sul polso della paziente e fece un sospiro di sollievo. La gravidanza ectopica derivante dalla malattia infiammatoria pelvica era molto frequente in quella parte del mondo, dato che la poligamia e le malattie che ne derivavano erano fatti comuni. Chase aveva temuto che la donna davanti a lui fosse una di quelle pazienti che non ce la facevano.
Di recente, c’erano state molte chiamate per motivi simili e Chase aveva provato a pensare a cos’altro avrebbero potuto fare. Il loro gruppo aveva un approccio vicino alla gente, cercava di incoraggiare i pazienti ad andare da loro prima che le condizioni diventassero critiche. Ma la gente non era abituata a fidarsi della medicina moderna per farsi curare. Senza contare che, a volte, i pazienti dovevano camminare per chilometri solo per arrivare lì.
«Avrò altri bambini?» chiese la donna, con un filo di voce.
Chase non riuscì a capire se la paura nella sua voce fosse dovuta al fatto che voleva altri figli o perché non voleva più affrontare una sofferenza del genere.
«Abbiamo dovuto chiudere la tuba in cui si trovava il bambino» rispose lui, con un tono di voce gentile. «Ma hai ancora un’altra tuba, quindi, probabilmente, potrai concepire un altro bambino, se lo vorrai.»
Se la donna fosse ancora fertile o no, Chase non lo sapeva. Ma il bambino che aveva messo al mondo aveva ancora una madre. Le strinse la mano e le sorrise. «I piccoli che sono venuti insieme a te sembravano molto preoccupati. Presto avrai abbastanza forze da tornare a casa e loro saranno molto contenti di avere di nuovo la loro maman.»
La donna accennò un sorriso mentre chiudeva gli occhi. Chase la lasciò nelle mani esperte dell’infermiera anestesista e si tolse i guanti per dirigersi fuori. Un caldo umido lo avvolgeva come un guanto mentre usciva dall’edificio in cemento e dotato di aria condizionata, che fungeva da Ambulatorio e da Sala Operatoria per la sezione locale dell’Unione Mondiale dei Medici.
Il crepuscolo aveva quella particolare sfumatura, tipica del deserto sub-sahariano dell’Africa occidentale, che assumeva grazie alla luce soffusa delle nove della sera, e Chase non si preoccupò di tirare fuori la torcia stilo dalla tasca. I generatori si sarebbero spenti presto e il brontolio del suo stomaco gli ricordò che non aveva ancora mangiato nulla dal pranzo. Trovare qualcosa da mangiare per cena al buio sarebbe stato molto difficile, quindi doveva fare una rapida visita alla cucina prima che le luci si spegnessero.
Girò a grandi passi l’angolo dell’edificio e quasi si scontrò con Trent Dalton.
«Wow! Stai andando a salvare un’altra vita?» chiese Trent, incespicando. «Ho sentito che la sorella della tua paziente ti ha chiamato mon héros. Sono geloso.»
«Sono sicuro che hanno chiamato eroe anche te un paio di volte, che te lo meritassi o no» rispose Chase.
«Ma non l’ha mai fatto una ragazza così giovane e carina. Mi ricordo che mi ha chiamato così un anziano uomo, e non è stato per nulla utile per i bisogni del mio ego.»
Chase sbuffò. «Be’, grazie al cielo la donna incinta era una mia paziente e non tua. Il tuo ego esploderebbe se crescesse ancora.»
«Sono sicuro di me, non egocentrico» commentò Trent, dando una pacca sulla spalla a Chase. «Vediamo cosa c’è da mangiare. Devo cenare, altrimenti sarò costretto a cercare una noce di cocco per la strada.»
«Con un po’ di fortuna, Spud ha ancora qualcosa per noi.»
«Non credo ci sia questa possibilità. Se n’è andato un po’ di tempo fa per andare a prendere il nuovo dottore che è appena arrivato dagli Stati Uniti.»
Spud non era neanche lì? Lo stomaco di Chase brontolò ancora di più quando si rese conto che le possibilità di trovare qualcosa almeno decente da mangiare diventavano sempre più scarse.
Quel posto sarebbe di certo andato in rovina senza Spud Jones, la persona insostituibile che cucinava, ordinava le provviste, accompagnava tutti da ogni parte e in pratica mandava avanti quel posto.
«Come mai non sapevo che sarebbe venuto un nuovo dottore?» chiese Chase, mentre andavano verso l’edificio principale.
«Be’, se tu non fossi stato tutto preso dal tuo piccolo mondo, forse saresti più informato sui pettegolezzi.»
«Sai chi è lui?»
«Non è un lui, ma una lei. Una lei molto carina, a quanto dice Spud» commentò Trent. «Grazie al cielo. Come compagno di lavoro, tu non solo sei del genere sbagliato, sei anche noioso da morire. Avevamo proprio bisogno che arrivasse qualche bella ragazza che rendesse un po’ più interessante la vita qui.»
«Avevamo? Vuoi dire che tu avevi bisogno» precisò Chase, con un sorriso. «C’è una ragione per cui il dottor Trent Dalton è conosciuto come il Casanova dell’Unione dei Medici.»
«Ehi, solo lavoro, senza divertimento, rende la vita nient’altro che lavoro.» I suoi occhi azzurri scintillarono. «La nuova dottoressa sta arrivando per mettere finalmente in ordine gli archivi elettronici dell’ambulatorio che riguardano i bambini. Non vedo l’ora di offrire i miei suggerimenti e il mio aiuto.»
Chase rise. Mentre si avvicinavano all’edificio, videro una Land Rover che si dirigeva verso di loro, avvolta da una nuvola di polvere sulla strada. C’erano buone probabilità che avesse già lavorato prima con il nuovo dottore. L’Unione Mondiale dei Medici era un gruppo piuttosto piccolo e la maggior parte erano persone straordinarie. Persone che vedevano il loro lavoro come una missione e non come un’occupazione.
Il rumore del motore della Land Rover cessò appena fu fuori dalla visuale, di fronte all’edificio, e Trent si voltò verso di lui con un sorriso malizioso. «Ed ecco che arriva la mia prossima conquista. Che donna fortunata.»
Trent si diresse a grandi passi verso la porta principale e Chase lo seguì più lentamente, scuotendo la testa con un sorriso esasperato. Un giorno o l’altro, l’abitudine di Trent di conquistare le donne e poi lasciarle con un sorriso e un saluto gli si sarebbe ritorta contro. Non che i suoi trascorsi con le donne fossero migliori.
«Bon soir, incantevole donna. Benvenuta in paradiso.»
La voce di Trent viaggiò attraverso l’aria, insieme alla risata di Spud e ad altre parole di Trent che Chase non riuscì a sentire.
Una risata femminile fece bloccare Chase. Un suono vivace e allegro così riconoscibile, così familiare, così allegro che lui trattenne il respiro, perché non poteva essere lei. Perché l’ultima volta che l’aveva vista lui sapeva che aveva mandato tutto al diavolo.
Senza quasi che se ne rendesse conto, i suoi piedi si diressero verso quel suono e i fari della polverosa Land Rover. Delle figure indistinte vi si trovavano accanto e vide Trent prendere la pesante borsa della nuova arrivata. Spud di certo stava facendo le presentazioni e Trent la stava abbracciando nel suo modo fin troppo familiare.
Chase dovette sforzarsi per resistere all’impulso di correre verso di loro, allontanare Trent dalla ragazza e dirgli di tenere le mani a posto.
Non aveva avuto bisogno di vedere i suoi ricci capelli biondi, raccolti in una coda di cavallo, alla luce del crepuscolo, per sapere che era lei. Davanti a lui c’era l’impulsiva, esuberante e indimenticabile Danielle Sheridan.
Chase la guardò e il cuore gli batté forte, come se all’improvviso gli fosse venuta una fibrillazione atriale.
Aveva sempre pensato che si sarebbero rincontrati, un giorno, per un lavoro da qualche parte nel mondo. Ma non si sarebbe mai aspettato che gli si sarebbe fermato il cuore e gli sarebbe mancato il respiro. Tre anni erano molto tempo. Troppi per sentirsi ancora coinvolti in quel modo, e non voleva pensare a cosa significasse.
Era vestita con il suo solito abbigliamento, pantaloncini color kaki che mostravano le sue gambe toniche e una maglietta aderente verde che non cercava di nascondere le sue esili curve. Mentre si metteva un’altra borsa sulla spalla, sembrò accorgersi del suo sguardo e alzò la testa. I loro occhi si incontrarono e quelli blu e iridescenti di lei scintillarono nel buio che avanzava, e si rivolsero a lui come un pugno nello stomaco.
Il grande sorriso della ragazza svanì e la sua espressione si raggelò. Il suo sguardo sembrò un riflesso di ciò che stava provando lui, ovvero che sarebbe stato meglio se non si fossero più trovati a lavorare insieme. Ciò, infatti, avrebbe riportato alla memoria ricordi di calda passione e freddi addii.
No, era più di questo. Lo shock era accompagnato da vero e proprio sgomento. Orrore, persino. Non ci sarebbe stato nessun felice ricongiungimento, pensò. Di certo, il modo in cui si erano lasciati tre anni prima non doveva averle fatto conservare sentimenti affettuosi nei suoi confronti.
«Chase! Vieni a conoscere la vostra nuova collega» lo esortò Spud.
Si avvicinò alla macchina con le gambe che all’improvviso erano diventate pesanti. Il grazioso viso di Dani si incupì e mostrava un’espressione quasi di panico. Si piegò in avanti per sbirciare nel sedile posteriore della Land Rover, poi ritornò in posizione eretta e i loro occhi si incontrarono di nuovo.
«Danielle, questo è il dottor Chase Bowen» disse Spud, mentre sollevava la sua sacca. «Chase, lei è la dottoressa Danielle Sheridan.»
«Io e Dani ci conosciamo già» rispose Chase. E quello non era un enorme eufemismo? Avevano lavorato insieme per oltre un anno in Honduras. Lo stesso anno avevano fatto l’amore quasi ogni giorno. Sotto calde cascate, su verdi prati, in dolci vallate.
L’anno in cui Dani gli aveva detto che sarebbe voluta stare con lui per sempre, avere una famiglia con lui. Per delle ottime ragioni, una famiglia non sarebbe stata possibile per Chase, e glielo aveva detto. Il giorno dopo, lei se n’era andata.
Tutti quegli intensi ricordi mescolati insieme erano come sospesi tra di loro, intimi nonostante la presenza