Per salvare una rossa (eLit): eLit
Di Lori Foster
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Anteprima del libro
Per salvare una rossa (eLit) - Lori Foster
978-88-5898-849-7
1
L'eccitazione gli era cresciuta dentro a tal punto che temeva di esplodere per il desiderio. Non era quello che si era aspettato, non era quello che aveva programmato. I capezzoli di Virginia si inturgidirono sotto le punte delle sue dita e lei gemette eccitandolo ancora di più. Gli infilò le dita tra i capelli, gli sussurrò con un tono disperato: «Ti prego!», e lui dimenticò il suo obiettivo. Dimenticò che i suoi intenti erano altri, che non era veramente attratto da quella donna.
«Dillon...»
«Ssh... Va tutto bene, tesoro» le mormorò lui, ed era vero. Incredibilmente, andava più che bene.
Le scostò maggiormente i lembi del cappotto e le sollevò la camicetta sul petto. I suoi seni, pieni, sodi e generosi, si adattavano perfettamente alle sue mani, e lui desiderò sopra ogni altra cosa di averla nuda tra le braccia, di guardare il colore dei suoi capezzoli alla luce della luna che entrava dal parabrezza, di vedere il piacere nei suoi occhi nocciola, solitamente pieni di determinazione e di arroganza, che ora erano addolciti dal desiderio che provava per lui.
Diede dei baci caldi sulla pelle di seta del suo collo e aspirò il suo personalissimo profumo. Non aveva mai notato che Virginia avesse un profumo così... unico, prima. Non aveva nemmeno notato quanto era sexy, né immaginato che potesse rispondere con tanto calore alle sue carezze.
Gemette di nuovo e lui le sussurrò delle parole dolci riprendendo a titillarle i capezzoli. La sentì fremere in tutto il corpo, e fu lui che adesso si lasciò sfuggire un gemito. Quello che stava accadendo non andava affatto bene, ma era terribilmente piacevole...
Le ragioni per cui aveva freddamente programmato di sedurla adesso gli sembravano lontane. Gli era impossibile negare l'estremo piacere che stava a sua volta provando, l'incredibile, innegabile eccitazione di cui era preda e di cui sicuramente Virginia era cosciente.
Flirtare in macchina era terribilmente scomodo, ma non importava: anche se la notte era freddissima, la passione li riscaldava. Lui sapeva che nella grande casa il party era al culmine. La luce che proveniva dalle finestre illuminate faceva brillare la neve e l'eco della musica che impazzava all'interno giungeva fino a loro.
Ciò che stava facendo, e il luogo in cui lo stava facendo, era pericoloso, ma era finalmente riuscito a restare solo con lei e non aveva nessuna intenzione di perdere quel vantaggio. Doveva affrettare le cose: aveva già perso fin troppo tempo.
Per trentasei anni era stato un bastardo meschino e determinato, un tratto del carattere che gli aveva instillato suo padre fin dall'infanzia. Non dimenticava mai i fini che si era prefissato, non usciva mai dal tracciato che si era imposto, ma adesso, in quel preciso momento, sembrava che il suo principale obiettivo fosse passato in secondo piano. Voleva Virginia nuda fra le sue braccia, lì, su quello stretto sedile. Voleva entrare in lei, porre fine a quella che stava diventando una tortura...
«Fermati, Dillon.»
Il suo tono adesso non aveva niente di autoritario. La sua voce era morbida, dolce, roca per il desiderio, incredibilmente femminile e di nuovo lui si meravigliò che all'improvviso fosse diventata tanto diversa da come si era aspettato, che reagisse in modo tanto diverso da quello che aveva immaginato.
Invece di ascoltarla, la strinse a sé. Virginia gli infilò nuovamente le mani nei capelli e, prendendolo come un incoraggiamento, lui le liberò i seni dal reggiseno e prese a titillarle i capezzoli con le labbra. Si chiese come sarebbe stato fare l'amore con quella donna così inaspettatamente sensibile ai suoi baci e alle sue carezze, quella donna che gli faceva venir voglia di... divorarla.
Le fece scivolare una mano sul ventre, e i suoi gemiti divennero disperati. Fece scivolare le dita tra le sue gambe, la sentì trattenere il respiro, poi lei gli disse: «No!» e, tremando, si scostò da lui, si assestò sul sedile, appoggiò la nuca al poggiatesta e chiuse gli occhi. «Scusami, ma non posso farlo.»
Il cervello annebbiato di Dillon tornò lentamente alla realtà. Non poteva farlo? Era lui quello che si era dovuto sforzare per raggiungere il suo obiettivo... all'inizio. Era venuto a Delaport City solo per sedurla e avere da lei delle risposte. Non aveva affatto messo in conto che lei potesse essere riluttante all'idea di fare l'amore con lui.
«Virginia...»
«No» ripeté lei scuotendo la testa. «Non è giusto. Nascondermi qui con te come se mi vergognassi è una cosa meschina. Il fatto che lavori per la mia compagnia e che ho la facoltà di licenziarti in ogni momento non mi dà il diritto di trattarti senza rispetto» gli spiegò mentre si rimetteva a posto la camicetta.
Pensava di trattarlo male perché si stavano nascondendo? Ma loro dovevano nascondersi, altrimenti il suo piano non avrebbe funzionato! Dillon le prese il viso tra le mani. Lunghi ricci di capelli color tiziano erano sfuggiti alle forcine e ora le sfioravano le spalle. Ne fu sorpreso. Di solito Virginia portava i capelli raccolti, non aveva idea di quanto fossero lunghi.
Coi capelli sciolti aveva un'aria... vulnerabile, un aggettivo che poche persone avrebbero attribuito a Virginia Johnson. Ed era anche molto femminile. Le sue dita giocherellarono con una ciocca, che trovò incredibilmente morbida e setosa. Si chiese come sarebbe stata con quei capelli rossi completamente sciolti. Una specie di Venere del Botticelli, pensò. Una dea pagana...
Scosse la testa. Evidentemente era stato troppo a lungo senza una donna, si disse. Negli ultimi tempi aveva avuto altre priorità, come per esempio salvare suo fratello. Doveva mantenere il dominio di sé, tenere ben presente lo scopo di quella seduzione...
«Virginia, sai bene che non puoi farti vedere con me» le disse col suo tono più dolce. «Cliff la prenderebbe malissimo, senza contare i pettegolezzi che nascerebbero a tal proposito.»
Lei scosse la testa.
Durante le due settimane in cui le aveva fatto una corte decisa quanto discreta, Dillon aveva imparato che Virginia Johnson aveva fatto della testardaggine un'arte; un'arte irritante e sottile quanto l'arroganza e la mancanza di modestia riguardo alle sue indubbie capacità negli affari. Aveva imparato anche che era bravissima nel prendere decisioni, e che amava farlo sapere a tutti ricorrendo anche a qualcosa che si avvicinava molto alla brutalità.
«Non me ne importa un accidente di cosa può pensare mio fratello» gli disse. «È uno snob e raramente ci troviamo d'accordo su qualcosa. Non ha nessun diritto su di me e tantomeno può dirmi cosa devo o non devo fare nella vita.»
«Non è questa l'impressione che si ha di lui» ribatté Dillon. Sapendo che doveva stare molto attento nel parlare, prudentemente non aggiunse altro. Non era certo un tipo accondiscendente, lui. Viveva la propria vita seguendo delle regole tutte sue, secondo un codice d'onore indipendente dalle comuni regole della società. A parte suo padre e suo fratello, non doveva niente a nessuno, ma Virginia era una donna di potere con un carattere autoritario, abituata a esse re indipendente quanto lui, accidenti a lei. Si schiarì la gola e aggiunse: «Tuo fratello è molto protettivo, nei tuoi confronti».
«È soltanto un bullo e io sono l'unica che ha il fegato di tenergli testa. Ho il controllo della maggioranza delle azioni e lui sa benissimo che senza di me porterebbe la compagnia alla rovina nel giro di poche settimane.»
Anche nel buio Dillon riuscì a cogliere la collera sul suo viso. Virginia non era quel che si dice una bella donna, almeno, prima di quella sera lui non l'aveva mai considerata tale, ed era decisamente testarda e controllata. Impartire ordini a destra e a manca le piaceva e la divertiva. Era anche decisamente sovrappeso, ma poco prima, quando l'aveva tenuta tra le braccia, non le era sembrata poi così grassa, ma calda e morbida. «Virginia, non posso permettere che tu...»
«Non puoi permettere?» lo interruppe lei. «Io faccio sempre quello che voglio, Dillon. Dovresti saperlo.» Si riabbottonò il cappotto, fece per aprire la portiera, ma lui la bloccò afferrandole il polso. Dal momento in cui le era stato presentato si era dovuto mordere la lingua mille volte per non rivelare la sua vera natura, e molto spesso il desiderio di rimetterla al suo posto era stato così forte che aveva fatto fatica a trattenersi.
Lei guardò la mano che le stringeva il polso, poi gli diede uno sguardo che diceva: Come osi?
Dillon sapeva da tempo che non amava né essere contraddetta, né che qualcuno le dicesse cosa doveva o non doveva fare. La maggior parte degli uomini che lavoravano per lei stavano molto attenti a non irritarla perché temevano di essere licenziati, per cui quelli che osavano ribattere erano veramente pochi. Lui non temeva affatto per la sua carriera. Lavorare per la sua compagnia era solo un fatto temporaneo, un modo per avvicinarsi a lei tanto da impedire il piano distruttivo nei confronti di Wade messo in atto da Cliff; e comunque non era nella sua natura permettere a una donna, qualsiasi donna, di dargli degli ordini e tantomeno di sottostare al suo pugno di ferro.
«Ascoltami, tesoro» le disse, lasciandole il polso per accarezzarle il braccio. L'unico modo che aveva per avvicinarsi il più possibile a lei era di sedurla, di fare in modo che lo desiderasse, ma sedurre una lady di ferro non era affatto semplice. Aveva praticamente dovuto sfoderare tutto il suo fascino e le sue capacità seduttive, e non c'era abituato. Di solito le donne si lasciavano sedurre da lui con grande facilità, ma Virginia era stata così refrattaria che il suo ego ne aveva sofferto. Al punto che, più che una necessità, il suo piano stava diventando una sfida personale.
«Se non pensi alla tua reputazione, pensa alla mia» le disse. «Se Cliff dovesse venire a sapere di noi due mi butterebbe fuori in un nanosecondo. È questo che vuoi?»
Lei gli diede dei colpetti sulla mano con fare accondiscendente. «Non preoccuparti. Non glielo permetterei mai. Sono io che alla