Riley il misterioso (eLit): eLit
Di Lori Foster
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Anteprima del libro
Riley il misterioso (eLit) - Lori Foster
Immagine di copertina:
PeopleImages / E+ / Getty Images
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Riley
Harlequin Temptation
© 2003 Lori Foster
Traduzione di Elisabetta Elefante
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-333-5
1
«Su quel ginocchio!»
«No!» rispose lei affannata, gli occhi sgranati, in un tono scandalizzato che strappò a Riley un sorriso. Era un’altra delle tante cose che lo faceva impazzire di quella sua allieva: lo faceva ridere.
«Io di qui non mi muovo se non ti inventi qualcosa.» Se fosse dipeso da lui, sarebbe rimasto in quella posizione per ore. Oltre a farlo sorridere, Regina Foxworth lo eccitava da impazzire. Il suo corpo, per quanto esile, sprigionava un piacevole calore ed era incredibilmente soffice.
«Riley, ci stanno guardando...»
«Lo so. Vogliono vedere se queste lezioni sono servite a qualcosa. Quasi tutti pensano di no. Gli altri nutrono seri dubbi.»
Due sopracciglia perfettamente depilate si inarcarono sugli occhi verdi improvvisamente tumultuosi. Le ginocchia si unirono, scivolarono su un lato con un movimento repentino; il bacino si sollevò di scatto respingendo Riley, che ricadde di spalle sul tappeto.
Gongolante, Regina rotolò su se stessa, si rizzò e gli si sedette addosso a cavalcioni, puntandosi i pugni sui fianchi. Mossa sbagliata, pensò lui, che fu velocissimo ad afferrarla per le spalle e a respingerla nella stessa posizione in cui l’aveva inchiodata fino a poco prima, ma stavolta bloccandole anche le gambe in mezzo alle ginocchia.
Sorrise, divertito dall’espressione contrariata della sua allieva. «Mai fermarti a esultare quando hai la meglio sul tuo avversario, cocca» le disse, sollevandosi lentamente.
La dimostrazione era terminata e il gruppetto di spettatori si allontanò, disperdendosi nella palestra. Riley si alzò e tirò Regina per una mano, aiutandola a mettersi in piedi. Non era bassa, ma a confronto col suo metro e novanta sembrava una nanerottola. Arrivava sì e no a sfiorargli una spalla. L’ossatura era minuta, le spalle esili, i polsi delicati.
Era venuta da lui per seguire un corso di difesa personale.
Si allenava da tre settimane e nonostante tutto quello che aveva tentato di insegnarle, ogni volta che la invitava a mettere in pratica le sue lezioni Regina finiva regolarmente con le spalle al tappeto, con lui che le stava disteso addosso.
E Riley, altrettanto regolarmente, si ritrovava a pensare che gli sarebbe piaciuto trovarsi in quella stessa posizione con la sua deliziosa allieva, ma senza vestiti addosso.
Presto, promise a se stesso. Sarebbe successo molto presto.
Sbuffando, Regina cominciò a ravviarsi i folti capelli rosso tiziano. Se fosse riuscita ad applicare agli esercizi di arti marziali anche solo la metà dell’impegno che dedicava alla cura del suo aspetto fisico, allora sì che ne avrebbe fatti di progressi!
Quella mattina i capelli erano raccolti in una grossa treccia. Due minuscole ciocche si erano sfilate e ricadevano con una simmetria perfetta ai lati del viso. Riley scosse il capo, soggiogato da quella visione. Le altre sue allieve sudavano sette camicie, andavano in affanno e apparivano in disordine. Regina no: lei usciva dalla palestra impeccabile, come ci era arrivata.
Rimase a contemplarla mentre lei, con un movimento aggraziato, si fece scorrere una mano lungo la treccia. Sarebbe stato capace di fare pazzie per quella massa fiammeggiante di capelli. Per non parlare di quel corpo curvilineo, squisitamente femminile. Riley trovava adorabile persino la spruzzata di lentiggini su quel naso all’insù!
«Piantala di tenermi il broncio, Rossa» la stuzzicò, afferrando un asciugamano.
«Non ho nessun broncio» borbottò lei, sussiegosa.
Di solito le ragazze perbenino e altezzose gli erano del tutto indifferenti. Ma sotto quell’aria da principessina, Regina nascondeva un gran coraggio. Riley la conosceva da poco, eppure aveva avuto modo di scoprire che era anche affabile, generosa, comprensiva.
Insomma, gli piaceva davvero. Se ci fosse stata un’altra, al suo posto, sicuramente Riley se la sarebbe già portata a letto. Cosa che prima o poi, ne era certo, sarebbe successa.
Le posò un braccio sulle spalle e la guidò verso le docce. Non che Regina avesse bisogno di lavarsi: dal suo corpo e dai suoi capelli si sprigionava una delicata fragranza floreale, come se non avesse versato una sola goccia di sudore. «Stiamo perdendo tempo, con queste lezioni.»
«Io voglio imparare a difendermi.»
Ne aveva bisogno. Su questo non c’erano dubbi. Tre settimane prima, lavorando a un articolo per conto del Chester Daily Press, Regina aveva rischiato di rimanere intrappolata nell’incendio di un capannone di un’azienda che produceva fuochi d’artificio. Si era salvata per miracolo.
L’inchiesta, svolta sommariamente dalla polizia locale, aveva concluso che si era trattato di un incidente: alcuni operai avevano incautamente lasciato una partita di petardi in una zona aperta a tutti. Ma c’era sotto qualcos’altro. Anche prima di rimanere coinvolta nell’incendio, Regina aveva avuto motivo di temere per la propria vita. Riley l’aveva conosciuta quando lei aveva contattato il suo amico Ethan, che lavorava al Dipartimento dei Vigili del Fuoco, per chiedergli di concederle un’intervista. Presentatosi anche lui all’incontro tra i due, Riley aveva notato la sua tensione per tutto il tempo. Gli era sembrata sulle spine, in preda a una forte agitazione.
Il mattino dopo, Regina si era presentata nella sua palestra per prendere lezioni di autodifesa. L’aveva vista disperata. Come se temesse realmente per la propria incolumità, perché qualcuno la stava minacciando.
Prima dell’incendio, anche lui, come la polizia con cui collaborava come tecnico della scientifica, aveva dato poco peso a certi suoi timori. La polizia non le credeva ancora. Ma a Riley la vita aveva insegnato tante durissime lezioni. Soprattutto gli aveva insegnato a cogliere al volo certi segnali. Se la Rossa, come l’aveva simpaticamente ribattezzata, diceva di avere paura, doveva avere un valido motivo.
«Vai a farti la doccia. Poi ne parliamo.»
«Di nuovo?» sbottò lei, esasperata. «E che altro c’è da dire? La polizia non mi crede. Non è successo nessun altro incidente di una certa portata...»
Quelle parole lo insospettirono all’istante. «Come sarebbe di una certa portata? È successo qualcos’altro?»
Lei alzò le spalle in un gesto noncurante. Nel movimento, i seni minuti ma sodi si sollevarono sotto il top elasticizzato che indossava in palestra: era così aderente che lasciava pochissimo all’immaginazione di Riley. E i corti pantaloncini alla ciclista fasciavano morbidamente le natiche piene e arrotondate al punto giusto. Proprio come piacevano a lui.
Non che certi dettagli fossero importanti. Riley sapeva benissimo quanto fosse sbagliato giudicare una donna dall’aspetto esteriore. Una facciata di innocenza, di cordialità, di sincerità non significava assolutamente niente.
Eppure era affascinato da Regina, e non solo per la sua innegabile bellezza. Avvertiva una sorta di affinità con lei, qualcosa che aveva fatto scoccare la proverbiale scintilla sin dal loro primo incontro.
«L’altro giorno hanno tentato di forzare la porta di casa mia.»
Riley si arrestò davanti all’ingresso delle docce delle donne. «E perché non me lo hai detto?»
«Te lo sto dicendo adesso.»
«Potevi anche dirmelo prima, no?»
«Hanno sfondato altre tre porte del mio stesso stabile, perciò ho pensato che non ce l’avessero con me. Cioè, che non ci fosse necessariamente un nesso con gli episodi precedenti. Comunque, non hanno rubato niente.»
«Ma magari volevano spaventarti per spingerti a sloggiare.» Il fatto che Regina vivesse in un’elegante palazzina di un complesso residenziale sorvegliato da un efficiente servizio di vigilanza notturna gli aveva consentito sonni tranquilli, fino a quel momento. «Quello che hai pensato tu non è importante, Rossa. D’ora in avanti, devi dirmi tutto. L’esperto qui sono io.»
Lo sguardo di lei scivolò in basso e indugiò per qualche istante sulla T-shirt grigia che si incollava sul torace muscoloso di Riley, evidenziando una chiazza di sudore. «Sì, tu sei esperto... in tante cose» mormorò, dopo una lenta, deliberata esitazione.
Aveva addirittura fatto un passo avanti, avvicinandosi a lui. Che ci stesse provando? Be’, pensò Riley, era quasi ora. «Che cosa vuoi dire con questo?»
Regina alzò lo sguardo e sospirò. «Solo quello che ho detto. Che sei una persona incredibile, Riley, piena di talento. Non conosco nessun altro ex agente della Squadra Speciale Anticrimine della Polizia che faccia anche il tecnico della scientifica e gestisca una palestra dove tiene corsi di difesa personale.»
Insospettitosi, Riley socchiuse gli occhi. «La risposta è no.»
«A quale domanda, scusa?»
«Non intendo concederti quella dannata intervista» replicò, dandosi dell’idiota per essersi fatto incantare anche solo per un istante da quegli occhi verdi ammiccanti. Erano dieci giorni che Regina ci provava in tutti i modi. Ma il passato era passato: Riley se lo era lasciato alle spalle e non aveva voglia di rivangarlo.
«Ma io...»
In quel momento, Rosie uscì dalle docce.
Era da sempre una cara amica di Riley, nonché una delle più assidue frequentatrici della sua palestra, con grande rammarico di suo marito Ethan. Si erano sposati una settimana prima, ma nemmeno le gioie della vita matrimoniale riuscivano a tenerla in casa. Quella benedetta ragazza era un tornado: aveva in corpo tanta di quell’energia che per smaltirne un po’ si faceva due ore di palestra al giorno.
«Ciao, Riley.» Lo salutò con un bacio a schiocco su una guancia prima di rivolgersi a Regina. «Giusto te cercavo. Volevo parlarti.»
Regina sollevò un sopracciglio. «Buone nuove, spero.»
«Ottime. Preparati.» Rosie fece una pausa a effetto. «La banca ha approvato la tua richiesta di mutuo. Se la vuoi, la casa è tua.»
Regina proruppe in un gridolino di giubilo e Rosie, che non si abbandonava mai a certe esternazioni così tipicamente femminili, scoppiò a ridere di cuore. Si lasciò prendere le mani dall’altra donna, che cominciò a saltare e a girare in tondo per la gioia.
Riley scosse la testa, divertito da quella reazione che trovava esagerata. Ma poi mise meglio a fuoco le parole di Rosie. «Una casa?» ripeté, guardando Regina. «Hai comprato casa?»
«È una favola» confermò lei. «Proprio quella che avevo sempre sognato.»
«Un vero affare, a quel prezzo» aggiunse Rosie. «È sfitta. Perciò può trasferircisi anche subito.»
«Come subito? E dove si trova questa casa? È isolata? C’è un sistema di allarme o di sorveglianza?»
Rosie smise di sorridere. «Non ci avevo pensato. Cioè, il quartiere è tranquillo. In una zona residenziale, con molto verde intorno...»
«Proprio come temevo.»
Regina lo guardò di traverso. «Neanche avessi intenzione di accamparmi in mezzo a un bosco pieno di orsi feroci