Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Declinazioni
Declinazioni
Declinazioni
E-book253 pagine3 ore

Declinazioni

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Andavano al liceo con lo stesso il treno, conoscenti ma non amiche. Ormai attempate, tre donne si ritrovano nei luoghi in cui hanno trascorso l'infanzia e l'adolescenza.

Sandra, ex insegnante, da Fondi non si è mai allontanata; Berta vive a Ferrara con figlia e nipoti; l'ancora bellissima Gabriella è moglie di un ricco imprenditore romano.

Tutte reggono il peso di un segreto più o meno importante, con il quale faticano a confrontarsi.

Anche in forza dell'atmosfera peculiare del paese, che coltiva con sollecitudine la propria memoria antica e recente, finiranno per confidarsi gli aspetti celati delle loro storie.

L'inaspettata “sorellanza” consentirà alle donne di superare, ognuna a suo modo, gli ostacoli interiori. E le loro esistenze ne usciranno cambiate.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2020
ISBN9788831694384
Declinazioni

Correlato a Declinazioni

Ebook correlati

Relazioni per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Declinazioni

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Declinazioni - Virginia Less

    rubrica.

    Capitolo I

    «Nonna, chi era il praetor peregrinus?»

    «Il magistrato che si occupava delle controversie giuridiche tra romani e stranieri.»

    «E che sono le controversie giuridiche?»

    «Questioni di legge. Cause e processi. Avvenivano litigi e discussioni specie per motivi commerciali: prezzi delle merci, contratti di vendita. Ma non stavi studiando Cesare?»

    «L’ho trovato qui.»

    Sua nipote ha davanti il libro di storia, ma preferisce lo smartphone. Ha cercato vita di Cesare e saltella da un sito all’altro.

    «Ah, ‘sti nativi digitali...» borbotta Sandra, cogliendo infine il collegamento. «Cassio era praetor peregrinus e Bruto praetor urbanus. Parla dei congiurati.»

    «Giusto, nonna, eccoli, avevo saltato l’inizio. Sai sempre tutto!» Giulia, prima media, la considera un’enciclopedia ambulante.

    «Figurati! Ma perché non segui il libro? Dai, spegni quel telefono e leggi ad alta voce.»

    Riprende a stirare. Riserva quell’attività, che l’annoia, ai pomeriggi in cui assiste i nipoti. Oppure ricama. Cerca di seguire la lettura, ma spesso si distrae.

    L’incontro con Berta le ha riportato alla memoria episodi dell’adolescenza. L’inizio della sua storia d’amore, in primo luogo.

    Di Filippo si erano infatuate un po’ tutte le studentesse del corso. Il professore (allora lo si denominava per intero!) di latino e greco era un attraente giovanotto bruno poco oltre i trenta. Lui non dava segno di accorgersene: chiamava gli allievi per cognome e faceva di tutto – il Sessantotto era appena alle spalle – per mostrarsi autorevole e distaccato.

    Al secondo anno, quando Berta era già a Roma per frequentare l’Isef, Sandrocchia aveva deciso la conquista di Filippo. Era graziosa e in effetti somigliava un po’ alla Mondaini per via degli occhioni azzurri. Fino ad allora aveva baciato due ragazzi; il secondo si era spinto a toccarle una delle floride tette, ma lei aveva subito scansato la mano.

    Cominciò nel più banale dei modi, dedicandosi con zelo alle sue materie, nelle quali riusciva comunque bene, e moltiplicava i pretesti per rimanere a Formia dopo le lezioni. Entrò come aspirante nella squadra di pallavolo che si allenava due volte a settimana, alle tre del pomeriggio. Aveva scoperto che il professore abitava da solo in un piccolo appartamento e dopo pranzo era solito passeggiare un po’, in centro o verso il porto.

    Si fece trovare nella villa comunale in compagnia di un panino al prosciutto, oppure sulle panchine prospicienti il molo, limitandosi a salutarlo con deferenza. Filippo rispondeva con un cenno, né – pur sapendola pendolare – chiese mai perché fosse lì. Dopo un paio di mesi Sandra rinunciò. L’unico risultato positivo era stato la perdita, grazie al movimento e alla dieta spartana, di tre o quattro chili.

    «Allora ti ripeto, nonna, o mi fai delle domande?»

    «Ripeti e poi ti faccio anche le domande.»

    «Uffa» brontola Giulia.

    Più tardi passa Teresa a riprendere la figlia. Lavora in banca ed esce alle cinque, se tutto va bene. Sua nuora è simpatica, con lei ha un buon rapporto. Fatica a capire l’ostilità di altre suocere che conosce, meno fortunate. Loro due, pensa, sono entrambe donne di buon senso. E sanno di aver bisogno l’una dell’altra.

    Teresa racconta di un cliente dall’aspetto equivoco che l’aveva messa in sospetto – hanno già subito due rapine – e si è rivelato uno psichiatra che lavora da poco all’ospedale. Sandra parla dell’incontro con Berta, che ha intenzione di invitare a cena. Magari un sabato, quando ci sono anche loro. La nuora annuisce, la conosceranno volentieri. Dopo, propone Sandra, se vi sta bene i ragazzi rimangono a dormire, così tu e Michele potete andare al cinema, o dove volete.

    Rimasta sola, ripone i panni stirati, poi passa nello studio e accende il computer. Continua a usare il tavolino accanto alla finestra. La grande scrivania di Filippo, un tempo sovraccarica di libri e carte, è ora del tutto sgombra, ma lei vi si siede di rado, giusto quando deve consultare più vocabolari, curandosi di riordinarla subito. E i ragazzi che vengono a lezione li riceve nel tinello.

    Guarda le e-mail, entra in un forum di lettori cui è iscritta e scorre i nuovi interventi. L’occhio le va allo scaffale su cui sono disposte parecchie cornici d’argento. Tra le fotografie ce n’è una del matrimonio, in cui lei e Filippo hanno davvero un aspetto da altri tempi. Si alza e la osserva come cercando nuovi significati nella propria faccia ridente e in quella più seria del marito. Lo fa ogni tanto, da quando lui è morto, un’abitudine sciocca. Nulla lascia prevedere con quale atteggiamento affronteranno gli eventi futuri.

    Durante gli allenamenti, Sandrocchia era stata notata da un ragazzo del terzo anno, capitano della squadra maschile.

    Abitava a Formia, ma prese a pranzare anche lui con un panino per farle compagnia tra la fine delle lezioni e l’apertura della palestra. Nel giro di un mese, Gianni poteva baciarla quanto voleva mentre si appartavano su una spiaggetta adiacente il porto, infilare la mano vogliosa nel reggiseno, tastarle ogni tanto la coscia tonificata dall’attività sportiva. Lui avanzava con regolarità la proposta di andare a casa sua saltando l’allenamento: la sorella era all’università e i suoi rientravano in ufficio, nessuno li avrebbe disturbati. Sandra aveva sempre rifiutato. Gianni le piaceva molto, però a tempo determinato. Non ne era del tutto consapevole, la sensazione rimaneva sullo sfondo, nebulosa.

    Mancavano pochi giorni alla fine dell’anno scolastico e circa un mese al suo diciottesimo compleanno quando decise che sì, avrebbero fatto l’amore. Ne aveva voglia e a Gianni non mancava nulla.

    A più di quarant’anni di distanza saprebbe descrivere con precisione quell’appartamento borghese, a poca distanza dal centro, come l’avesse visto ieri. Gianni offrì una coca cola in cucina, poi passarono nella sua cameretta, le mostrò le coppe vinte nelle gare di atletica e il suo album di disegni, alcuni davvero belli.

    Presero baciarsi e si trovarono in breve semi sdraiati sul letto. Gianni si liberò della camicia, lei si tirò su per sfilare la gonna, tolse la maglietta e, dopo una breve esitazione, anche il reggiseno. L’esclamazione ammirata che accolse la vista delle sue notevoli tette le fece piacere; sbirciò con interesse l’inguine rigonfio sotto la cerniera dei jeans, cui la mano di lui si stava dirigendo con l’’evidente intenzione di aprirla. Ma mentre si chiedeva se era il caso di stendersi, si rese conto dell’assurdità di quel che stava facendo. Lei voleva Filippo, non Gianni!

    Il ricordo della scena ridicola che seguì l’ha fatta vergognare per anni. Farfugliò che doveva andare in bagno, Gianni la precedette nel corridoio per indicarglielo, lei gli andò dietro in mutande, tenendo stretti al petto i suoi panni. Quando venne fuori rivestita e tentò un goffo monologo di spiegazione, il ragazzo diede prova di dignità. O forse di prudenza, pensò in seguito Sandra: una tipa così stramba rischiava di procurargli dei guai. Lui non forzava mai le situazioni, disse, non doveva preoccuparsi.

    Lo rivide nell’atrio del liceo, il giorno in cui uscivano i quadri. Salutò con un cenno, senza avvicinarsi.

    Sembra la vita di un’altra persona, sospira, rimproverandosi l’inutile rimestare nel passato, e si allontana dalle fotografie. Sente suonare il cellulare, corre, non ricorda dov’è, forse nel tinello. Lo trova in cucina.

    «Ciao Lalla, dove sei? Ah, in albergo. Ma non dovevi fermarti a casa per qualche giorno?»

    «Ho cercato di sbrigarmi e sono tornata. Non mi andava di rimanere all’Olgiata.»

    Ascolta l’elenco delle faccende, per lei piuttosto futili, di cui Gabriella si è occupata a Roma. Sandra trova un po’ curioso l’atteggiamento dell’amica: ostenta e insieme disprezza gli agi che la ricchezza le consente. È comparsa all’improvviso a Fondi qualche mese prima e ha preso a ritornarvi con frequenza, rassegnandosi a un quattro stelle che più di tre non ne merita. Nella parte antica del paese, dove preferisce stare, di meglio non c’è.

    «E tuo marito?» azzarda.

    «L’ho visto a pranzo. Aveva diversi appuntamenti e poi una cena con dei clienti. Tutti uomini, per fortuna.»

    Le ha già spiegato un paio di volte quali sono i suoi obblighi. Esserci quando è prevista la presenza di donne; organizzare un numero programmato di cene e ricevimenti; prendere parte alla crociera estiva e ad alcune trasferte all’estero. Una volta l’anno vanno negli Usa, dove vive il figlio. Per il resto, Fabio è sempre in giro e lei può andare dove crede. È chiaro che il matrimonio dev’essere ormai di facciata, ma ne sembra soddisfatta.

    «Tutto in ordine a casa?»

    «Oh sì, Rico e Pilita sono bravissimi. Nemmeno giocano! Con quelli di prima era un problema.» L’elogio della coppia di filippini che si occupa della villa ricorre spesso nei discorsi di Gabriella. Di gioco però non ha finora parlato e Sandra si incuriosisce.

    «Sono maniaci del gioco d’azzardo. Se andassi di domenica o giovedì in una sala di bingo ne troveresti moltissimi. E hanno una specie di poker, che chiamano posoi, però vi partecipano molti più giocatori, anche trenta. Ho provato a farmelo spiegare ma non ho capito niente!»

    «E i precedenti quali problemi ti hanno dato? Rubavano? Avevi paura?»

    «Pensi alla povera Filo-Della Torre? È stato un caso disgraziato, di solito i filippini sono pacifici e abbastanza onesti. I miei di prima chiedevano sempre anticipi sul salario e temevo di veder arrivare un creditore minaccioso. Però non è successo.»

    Fa una vita molto lontana dalla sua, Gabriella e ogni tanto ne tira fuori un brandello curioso o interessante, specie se parla di viaggi, pensa Sandra. Ma spesso queste telefonate suscitano in lei un lieve disagio. È una donna riflessiva e ha provato a meglio definirlo: una sorta di forzatura caratterizza quell'amicizia, che tuttavia non le dispiace, pur non avendone preso l’iniziativa.

    Si sono frequentate un po’ nell’adolescenza, neanche tanto, e in seguito giusto notizie saltuarie, spesso indirette. Per molti anni Gabriella ha frequentato Fondi a intervalli irregolari; si sono incontrate nel corso di eventi culturali in onore di Purificato o di De Santis, le glorie locali, insieme allo scrittore De Libero. Ma in quarant’anni avranno chiacchierato a tu per tu forse tre volte: meraviglia un po’ che ora le dimostri un particolare attaccamento. Lo farà anche Berta? Si ricorda di non aver ancora parlato del recente incontro e si affretta a informarne l'amica, che si mostra lieta ed eccitata.

    «A Fondi anche lei, ma pensa! È il richiamo del luogo natale. Dimmi, che aspetto ha? È sempre a Ferrara, si è risposata?»

    «Ottimo, dritta come un fuso. Non si tinge i capelli, ma escluderei che la invecchiano. È in pensione, non mi ha detto da quando, e neppure se ha un marito o un compagno. Credo proprio di no. Ti va di vederla, immagino; nei prossimi giorni combiniamo un incontro.»

    «Ma certo, anche domani!» si entusiasma Gabriella.

    «Domani ho la palestra e nel pomeriggio faccio lezione. Però le telefono in serata e ti faccio sapere.»

    Sandra prepara una cena frugale. Non è stata mai uno stecchino e dopo la menopausa ha preso subito qualche chilo, così si è affrettata a correre ai ripari. Palestra, in paese solo bicicletta, pochi carboidrati, tanta verdura.

    Filippo, magro come a trent’anni a onta della predilezione per gli spaghetti e la lettura in poltrona, la prendeva in giro: «Una capra è diventata la mia Sandrocchia!»

    Sospira, lavando l’insalata nella cucina solitaria.

    I voti allineati sul tabellone erano ottimi, i suoi sarebbero stati contenti. E in greco e latino aveva nove, meritati: com’era ovvio, si era dedicata alle materie di Filippo con particolare zelo.

    Uscita dal liceo, Sandra si unì a un gruppetto di compagni, più o meno allegri a seconda del risultato, diretti alla gelateria Triestina. Ma dall’alto della scala che collega la piazza del Comune con l’inizio di via Vitruvio, scorse Filippo imboccare la discesa verso il porto. Fece in modo da rimanere indietro e prese la stessa direzione.

    Non lo vide sul molo di sopraflutto, destinato all’attracco dei traghetti e al momento quasi deserto, e nemmeno sulla banchina centrale, dove si muovevano poche persone. Si era diretto a est e passeggiava lungo il molo di sottoflutto osservando le barche da pesca. Tutto attorno c’era un vivace movimento di furgoncini, uomini e reti. Sandra si avvicinò senza farsi notare.

    Lo sapeva pugliese. Di un paese costiero? In fretta, per non perdersi d’animo, gli arrivò accanto e chiese: «Dove andava a pesca, professore?»

    «A Gallipoli, da ragazzino con uno zio e più avanti con i fratelli» non sembrava stupito della sua presenza, né della domanda. «Si calava la rete al tramonto per salparla all’alba. Comprava tutto un pescivendolo amico di mio padre, quei soldi facevano comodo.»

    «E le piaceva uscire in barca?»

    «Molto. Il tramonto sul mare è lo spettacolo che preferisco. Hai mai osservato quanto possono essere diversi i tramonti?»

    «Sì, d’estate a Sperlonga» sembrava interessato alla risposta e Sandra si concentrò: «Ci sono quelli del bel tempo: il vento sbruffa un po’, poi cala e il mare sembra di vetro. Vi si riflette il cielo sereno, roseo e sgombro di nubi, oppure fitto di cumuli accavallati, rossi e oro...»

    «Brava, una bella descrizione!» approvò, didattico.

    «Mi parli dei suoi, ora» chiese Sandra, facendosi audace.

    «Simili ai tuoi, ma ho visto anche crepuscoli in alto mare: magnifici. Il sole sembra un grande disco che si tuffa drammatico sotto il semicerchio vuoto dell’orizzonte, mentre l’oscurità conquista pian piano il gigantesco piatto su cui la nostra piccola barca va tracciando la sua labile scia» declamò lui, indulgendo un po’ all’enfasi.

    Ma questo l’ha pensato anni dopo. Allora le parve bellissimo.

    Terminato il pasto, Sandra mette il piatto nel lavello e passa in soggiorno per vedere cosa c’è in TV. Dopo un po’ di zapping inconcludente la spegne, torna nello studio. E, seduta alla scrivania di Filippo, comincia a tradurre la versione di greco del ragazzo che verrà l’indomani. Lei ha sempre insegnato al ginnasio, più grammatica che testi, e infatti è imbattibile con le declinazioni e i verbi, ma dà lezione anche ai liceali e ci tiene a sentirsi sicura. È un brano per l’ultimo anno, abbastanza difficile, tuttavia procede in scioltezza, verificando su due vocabolari la scelta dei termini più adatti, anche se spesso non ne avrebbe bisogno.

    Alla fine sorride soddisfatta. Si concede un bicchierino di brandy prima di andare a letto. È il momento in cui, com’è prevedibile, la solitudine le pesa di più. Ha dormito con un uomo a fianco per più di quarant’anni. È sciocco, pensa per l’ennesima volta, che sia rimasta qui, avendo una casa tanto grande. E si propone di sostituire il letto, o cambiare stanza, meglio ancora. Quella adiacente l’ha sistemata da tempo in funzione dei nipoti, ma ce ne sono altre due.

    L’ex camera di Michele andrebbe bene perché dispone di un bagno interno, Enrico non usa da anni la sua. È forse la più adatta, con letto a una piazza e mezzo, armadio capiente, scrivania. Autonoma, in pratica un miniappartamento, vi si accede dall’ingresso tramite un disimpegno e comunica con una veranda chiusa da vetrate e attrezzata a soggiorno, angolo di cottura incluso, usata un tempo per le cene estive. Affaccia sul giardino interno, vista più amena della casa dirimpetto.

    Per fortuna Sandra ha un romanzo interessante sul comodino. Lo apre e s’immerge nella lettura.

    Capitolo II

    Alle sette in punto Gabriella apre gli occhi. Si sveglia sempre a quell’ora anche se ha fatto tardi o se la giornata è stata faticosa. Come ha detto a Sandra, è andata via con l’intenzione di trattenersi per un po’, ma ha cambiato idea già nel pomeriggio ed è tornata a Fondi poco prima di cena. Ha omesso il sentimento di ripugnanza che la villona le ispira a intervalli regolari. Non è una ciclotimica, ritiene di avere un temperamento piuttosto equilibrato e di saper considerare con realismo le situazioni.

    Le accade dall’ultima trasferta negli Usa, trascorsa come ogni anno a casa del figlio. Di solito riesce a non rimarcare l’atteggiamento di lui, sempre un po’ scostante malgrado la cortesia formale. Sua nuora Amanda, vivace e propositiva, gestisce con pragmatica efficienza l’intero soggiorno e i nipoti, due ragazzine e un maschietto, si dimostrano contenti della presenza dei nonni.

    Cosa provi suo marito, Gabriella non lo sa né le interessa. Sempre un po’ fuori fase al rientro, questa volta ha sentito con maggiore intensità il bisogno di allontanarsi e riflettere. Non le andavano bene la villa all’Argentario né quella di Cortina, dove le tocca comunque organizzare una parvenza di gestione avvertendo il personale avventizio, di cui non ha bisogno. E incontrerebbe comunque i guardiani, stupiti di vederla aggirarsi in solitudine come un

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1