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Da qui comincia il west
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E-book369 pagine5 ore

Da qui comincia il west

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Info su questo ebook

Alla ricerca di se stesso e in fuga da un passato che pesa quanto un macigno, Nick Carver arriva nella cittadina di Springville. In uno scenario di polvere e cactus, si troverà a indagare sulla scomparsa della figlia del pastore e sui misteri della Miniera Ululante.
di Alessandro Pieralli
Nel bel mezzo di una pisciata, Nick Carver si rese conto che la sua vita passata si era sbriciolata come un biscotto e che quello che lo attendeva era un grande punto interrogativo.
La “vita precedente” di Nick era fatta di soldi, successo e potere. L’omicidio della moglie fa sì che venga indagato e quindi imprigionato. Riconosciuto innocente, abbandona tutto e decide di viaggiare verso Ovest, alla ricerca di se stesso e in fuga dal passato. Nel suo girovagare, arriva nella cittadina di Springville dove, a causa del colore della sua pelle, viene accolto in modo poco ospitale da uno sceriffo con un personale senso della giustizia. In questo scenario di polvere e cactus, Nick si trova a indagare sulla scomparsa della figlia del pastore della città,confrontandosi con personaggi e situazioni fuori dall’ordinario che sembrano avere origine dalla Miniera Ululante.
LinguaItaliano
Data di uscita25 mar 2021
ISBN9788833285443
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    Anteprima del libro

    Da qui comincia il west - Alessandro Pieralli

    horses)

    1

    Nick Carver realizzò, nel bel mezzo di una pisciata, che la sua vita passata si era sbriciolata come un biscotto bruciato e che quello che lo attendeva era un grande punto interrogativo.

    Era sceso dalla macchina, si era stirato la schiena e aveva percorso qualche passo sulla sabbia del deserto che iniziava poco dopo il ciglio della strada. Aveva divaricato le gambe prima di far scendere la zip dei jeans consumati e liberarsi di quel fastidio alla vescica che lo accompagnava da qualche miglio.

    Davanti a lui si srotolava quella che sembrava un’infinita distesa di nulla; qualche metro più avanti un cactus si stagliava contro il sole che, basso ed enorme, si divertiva a colorare il cielo di un rosso acceso e a cospargere la terra di lunghe ombre.

    Era uno dei tramonti più belli che avesse visto, lui che fino a qualche anno prima aveva girato il mondo pianificando ogni singolo prezioso minuto del suo tempo e che in quel momento si trovava senza una meta precisa, a rincorrere un futuro sconosciuto per scappare dalla palude del passato.

    Fu allora che comprese quanto fragili ed effimere fossero le certezze di cui si era circondato in passato e quanto solida e imponderabile fosse invece l’incognita di ciò che lo aspettava.

    Nick finì i suoi bisogni, lasciando che un piacevole vento caldo s’insinuasse nella camicia semiaperta.

    Forse a causa della concentrazione di quel momento o per il rumore del vento, Nick si accorse della macchina che era sopraggiunta dalla strada solo quando le ruote impattarono con la ghiaia, abbandonando l’asfalto.

    Una sottile polvere si sollevò da terra per qualche centimetro, spazzata dall’aria che soffiava come un grande phon, trasportando acri e speziati odori di arbusti.

    La macchina si arrestò. Nick osservò la carrozzeria sporca e polverosa, i lampeggianti sul tettino, che inscenavano un gioco di luci psichedeliche, la scritta blu sulla fiancata che recitava un laconico: Polizia di Springville.

    Passarono pochi istanti prima che la portiera del guidatore si aprisse. In quell’attesa si era aggiunto al vento il rumore del motore che si raffreddava, una sorta di ticchettio ritmico che si diffondeva nell’aria.

    Carver osservò l’uomo che era sceso dall’auto: l’altezza che lo eguagliava nel suo metro e novanta, due spalle larghe che venivano contenute con difficoltà dalla camicia dell’uniforme color cipria; la testa rubizza e grande, sulla quale spuntava solo qualche sparuto capello biondo chiaro, mentre la pelle mostrava una serie di macchie rosso accese. Il poliziotto fece qualche passo in avanti, osservandolo con occhi celesti e profondi, mentre le mandibole masticavano con continuità quello che sembrava essere tabacco. Quando l’agente si presentò davanti a lui, poté coglierne ancora di più la stazza, a cui si aggiungevano un petto prominente e una pancia sporgente; l’ultimo particolare su cui Nick si concentrò furono le pistole, una per parte, che apparivano come appendici naturali di quella imponente figura.

    La voce dell’uomo risuonò come un tuono. «Salve, si è forse perso?»

    Nick controllò di essersi tirato su la zip, reputando che non fosse carino presentarsi a un rappresentante della legge con la patta aperta.

    «No. Mi ero solo fermato un secondo a fare un bisogno», rispose cercando di mantenere un tono cordiale, pur senza muoversi dal punto nel quale si trovava. Il sole si era abbassato ancora e l’ombra del poliziotto si allungava dietro di lui fino alla strada, proiettando a terra l’immagine di un mostro spaventoso.

    «Già per questo potrei sbatterla in cella. Non è consentito tirare fuori il proprio attrezzo per strada.»

    Nick accennò un sorriso, pensando che l’uomo stesse scherzando. Quando incrociò il suo sguardo intenso, virò verso un’espressione più colpevole.

    «Mi scusi. È che guidavo da tante miglia e non sapevo quanto ci fosse alla prossima città.»

    «Manca poco più di un miglio a Springville, ma le consiglio di tirare diritto. Mi può favorire la patente?»

    Nick fu percorso da un brivido. Si sentiva a disagio in quella situazione. Si avvicinò alla macchina e dal finestrino destro aperto recuperò il portafoglio.

    Porse il documento al poliziotto e attese. L’uomo fece ritorno alla sua macchina e iniziò ad armeggiare con una sorta di computer.

    Nick si voltò e indirizzò lo sguardo verso le nuvole, che

    nel frattempo si erano colorate di viola con qualche spennellata di rosso che provava a sopravvivere giusto nel punto in cui la linea del cielo si scontrava con la terra.

    Passarono alcuni minuti prima che l’uomo facesse ritorno. Nick lo sentì quando ormai era vicino. Nonostante la stazza, sembrava potersi muovere leggero come l’aria.

    Il poliziotto, questa volta, si avvicinò di più e Nick poté sentirne l’odore pungente della pelle, mescolato a quello del tabacco, che continuava a masticare con ritmo regolare.

    «Signor Carver, che intenzioni ha?»

    «Come, scusi?»

    «Le ho chiesto che intenzioni ha. Dove vuole andare. Perché sta passando per questa strada. Qual è la sua meta?» Il poliziotto teneva la mano sinistra vicina alla pistola, mentre nella destra stringeva la patente.

    «Non credo che siano affari suoi. Non capisco quale sia il problema.» La voce di Nick era decisa, anche se carica di inquietudine crescente.

    «Invece sono affari miei», disse il poliziotto con un sorriso sghembo, che tagliava il volto in obliquo regalandogli un’espressione inquietante. In quel momento Nick realizzò che quell’uomo aveva in sé un seme di follia e che non avrebbe mai voluto voltargli le spalle.

    «Sono affari miei perché dal controllo della sua patente, signor Carver, mi risulta che lei è un ex detenuto. Oltretutto, non che io ce l’abbia con gli uomini di colore, ma a Springville un nero grande e grosso come lei potrebbe destare qualche preoccupazione ed è mio compito fare in modo che i miei concittadini possano vivere tranquilli. Abbiamo già avuto qualche problema di troppo in questo periodo e non vorrei aggiungerla alla lista.»

    Nick aggrottò le sopracciglia, mentre la luce attorno a lui si faceva più cupa e il cielo si tingeva di un porpora scuro. Iniziava a sentir montare una certa rabbia.

    «Non credo di essere un problema per lei: sto solo attraversando questo stato, diretto a Ovest. Le confesso, però, che inizio a essere un po’ stanco e devo anche far benzina… quindi credo proprio che farò una sosta a Springville, così potrò apprezzare l’amena cittadina che le paga lo stipendio.» Stava addentrandosi in un terreno molto pericoloso; quell’uomo rappresentava la legge e Nick non era in posizione di forza.

    «Mi ascolti bene, signor Carver. Lei adesso fa una bella cosa: prende il suo bel culo nero, lo mette su questa macchina e sfreccia via veloce. La scorterò di persona fin oltre Springville. Dopodiché per me può anche andare a schiantarsi contro un albero, anche se non ne troverà molti per miglia.»

    «Come si chiama?»

    Questa volta fu il poliziotto a corrugare la fronte, lasciando esplodere una ragnatela di rughe. «Sam Campbell.»

    «Bene Sam, mi ascolti. Non voglio creare nessun problema. Adesso mi restituisce la patente, io risalgo in macchina e cerco un posto dove mangiare un boccone e magari dormire un po’. Domani mattina, di buon’ora, riprendo l’auto e proseguo nel mio viaggio. Che ne dice?»

    Una forte folata di vento sollevò una manciata di polvere. Entrambi gli uomini chiusero gli occhi e inclinarono la testa.

    «Dove è diretto?»

    «Glie l’ho già detto: a Ovest.»

    «È un’indicazione un po’ generica. Da che cosa sta scappando?»

    Quella domanda colpì Nick come un pugno alla bocca dello stomaco: gli tolse un po’ di fiato e lo mise ancora di più sulla difensiva.

    «Non sto scappando. Sto solo attraversando alcuni Stati per raccogliere materiale per i miei libri.»

    Il poliziotto scoppiò in una risata breve e intensa, che tagliò il silenzio della prateria; fu un suono simile al verso di un animale. Poi richiuse di colpo la bocca, nascondendo la palla scura di tabacco che era stata visibile per qualche secondo.

    «Quindi lei sarebbe uno scrittore?»

    Nick si sentì ferito dal tono canzonatorio nella voce del poliziotto. Decise di non rispondere.

    Gli occhi di Sam si muovevano come quelli di un predatore: veloci, pronti a scrutare ogni dettaglio e a carpire eventuali movimenti improvvisi. «Che cosa scrive?»

    Nick mantenne il suo silenzio. In quel momento gli sembrava la soluzione migliore.

    «Su, non sia timido. Vorrei capire che cosa scrive un nero come lei, che sta scappando da New York, perché lei è di lì, giusto? Per andare dove? Verso Ovest!» Il viso del poliziotto ora si era fatto duro, rabbioso. Nick temette che il silenzio non fosse stata la scelta migliore.

    Il vento s’intromise di nuovo in quel dialogo e questa volta, oltre a trasportare il solito sibilo del deserto, condusse agli orecchi dei due uomini il rumore del motore di una macchina.

    Sam si voltò, pur tenendo d’occhio Nick. Quest’ultimo osservò l’auto che li superava, e intravide dal finestrino la testa di un uomo calvo, che si era distratto per vedere quello che stava accadendo.

    Un attimo dopo, l’acuto stridore di freni preannunciò l’arresto della macchina e decretò che forse era opportuno valutare il cambio delle pasticche. Quindi il fanale della retromarcia s’illuminò e in poco tempo, con uno stop non funzionante, la vecchia Ford si arrestò di fianco a quella del poliziotto. Quella strada deserta era diventata una specie di parcheggio improvvisato.

    Lo sportello del guidatore cigolò e ne discese un uomo di media statura, che appariva piccolo rispetto alle dimensioni degli altri due. Come già Nick aveva colto, il cranio pelato e il volto paffuto, gli occhi celesti sporgenti e la bocca piccola e carnosa lo facevano assomigliare a un piccolo roditore. Indossava una camicia sgualcita bianca e un paio di pantaloni blu e si avvicinava con un’andatura un po’ ondeggiante.

    «Che succede?» La voce dell’uomo era profonda. Si era avvicinato a Sam e lo guardava dritto negli occhi. Il sole era ormai un ricordo e il movimento dell’aria iniziava a portare il sapore della sera.

    «Forse non sono affari tuoi, Isaac», disse il poliziotto con un tono al veleno.

    «Fintanto che il tuo stipendio sarà pagato anche con i miei soldi, credo proprio che quello che fai siano affari miei.» Era più piccolo, ma sapeva rispondere per le rime.

    «Non dovresti essere a pregare per tua figlia, pastore Cunningham?»

    «Non ti riguarda dove, come e quando prego per mia figlia. Dovresti essere tu a profondere un po’ più di energie nel trovarla… Che cosa ha fatto quest’uomo per meritarsi la tua compagnia?» Dallo scambio di battute, che lo aveva anche fatto rilassare un po’, Nick aveva acquisito una serie di informazioni.

    «Stavo pisciando al tramonto», s’intromise.

    «Non mi sembra un gran reato.»

    «Il fatto che sia nero non sembra contribuire molto alla mia posizione.»

    «Sì, Sam non è mai stato un uomo aperto di vedute, specie con gli uomini e le donne di colore. Lo deve perdonare; tutti hanno i loro difetti.»

    Il botta e risposta tra Isaac e Nick fece scurire il volto del poliziotto. «Avete finito?»

    «Posso andarmene?» chiese Nick, osservando il cielo ormai scuro, nel quale iniziavano ad accendersi le prime stelle.

    «No!» ruggì Sam.

    «Con quale accusa vorresti trattenerlo? Pisciata nel deserto di uomo di colore? Così potremmo andare a sommarlo all’accusa di trasporto di animali nel centro cittadino della scorsa settimana», disse pacato Cunningham mescolando le parole a un’alzata di sopracciglia.

    Il poliziotto portò le mani ai fianchi e sospirò.

    «Allora facciamo così: il signor Carver sale sulla sua auto e si leva di torno nel tempo di un batter di ciglia. Mentre tu, caro pastore, te ne vai nella tua chiesa a pregare un po’!»

    «Quanto dista la prossima città?»

    «Dopo Springville non c’è più niente per diverse miglia», sottolineò Isaac.

    «Allora credo proprio che mi fermerò a Springville.»

    «Non mi sembra una grande idea», tuonò il poliziotto.

    «È l’unica che ho: devo fare benzina, ho fame e sono stanco. Mi fermerò una notte qui e ripartirò domani mattina.»

    «Non voglio vedere il tuo muso in città!»

    La voce profonda di Cunningham si elevò di un’ottava, perforando l’aria. «Non puoi rivolgerti così a un libero cittadino!»

    «Si dà il caso che il signor Carver sia un ex detenuto. Tanto libero cittadino non lo definirei!»

    Nick sentì accendersi di nuovo la rabbia nel petto.

    «A meno che non sia evaso, se è fuori, vuol dire che ha già pagato il suo debito. Quindi, direi che può fare le stesse cose che puoi fare tu.»

    Quella conversazione, che avveniva ormai nel buio del deserto, stava assumendo dei contorni surreali. La stanchezza che albergava in Nick, invece, era presente e reale e stava entrando come un martello pneumatico nella sua testa.

    «Fate come volete, ma non voglio casini. Tanto il vecchio Booby non farà mai dormire nella sua pensione un uomo di colore», sentenziò Sam con un ghigno sbilenco.

    «Su quest’ultimo punto ha ragione», disse il pastore, rivolgendosi a Nick, «Booby darebbe fuoco alla sua locanda piuttosto che farti dormire da lui.»

    «Quindi è opportuno che il signor Carver giri bene al largo dalla città, visto il clima che si respira di questi tempi.»

    «Invece, faremo così: se al signor Carver va bene posso ospitarlo io. Il posto non manca in casa mia.»

    La mascella del poliziotto si contrasse con forza, mettendo in evidenza le vene del collo.

    «Questa è follia.»

    Nick considerò in un istante le alternative che aveva a disposizione: mettersi in macchina per ore, nel buio di quel deserto, sperando di non essere colto dal sonno e magari finire fuori strada; oppure recarsi a Springville e sfidare i preconcetti di questo Booby, con il rischio, però, di finire in una rissa o peggio; infine, alloggiare dal pastore per quella notte, mettendosi in qualche modo contro Sam, che lo voleva fuori dai piedi alla svelta.

    «Non vedo follia in un gesto del genere, anzi. La ringrazio molto, pastore Cunningham, e accetto il suo invito, se non è un disturbo.»

    «Non si preoccupi. Nessun disturbo: sono abituato ad accogliere persone in casa mia. È il benvenuto!»

    Sam Campbell borbottò qualcosa, restituì la patente a Nick e si avviò verso la macchina. Prima di rientrare nell’abitacolo accompagnato dalla sua enorme stazza, si fermò e lanciò un’occhiata ai due uomini.

    «Carver, se la becco anche con un solo dito del piede sporco, le giuro che la sbatto in prigione. Si ricordi che non sono per niente morbido con i miei detenuti!» Quindi fece scomparire la testa nell’auto e accese il motore, prima ancora che Nick potesse ribattere qualcosa.

    I fari della macchina della polizia, assieme ai lampeggianti blu, illuminarono la sera; ormai era calato un manto di oscurità e le stelle avevano rubato la scena a tutto il resto del panorama, mentre una luna pallida faceva capolino da dietro una nuvola.

    «La ringrazio», disse Nick, avvicinandosi al pastore.

    «Nessun problema. È un piacere, oltretutto fare un torto a Sam Campbell è una soddisfazione ulteriore.»

    «È uno stronzo!»

    «Può dirlo forte. Comunque, sono Isaac Cunningham», e tese una mano verso Nick, il quale fu lesto a stringerla.

    «Nick Carver.»

    Ormai l’auto del poliziotto era scomparsa e, a parte un remoto baluginio azzurro in lontananza, non era rimasto niente a illuminare la scena.

    «Possiamo andare. Non so lei, ma io inizio ad avere una certa fame!» disse Isaac con enfasi, strofinandosi le mani e assumendo un’espressione che lo avvicinava ancora di più a un topolino.

    «Ho una voragine nello stomaco.»

    «Allora monti in macchina e mi segua. Casa mia dista cinque minuti», concluse Isaac incamminandosi verso la Ford.

    Nick salì sulla sua auto e accese il motore; i fari aprirono un varco nel buio della sera.

    Isaac partì e lui si mise in scia. La notte era calda, piacevole nel suo manifestarsi, che lasciava aperte le porte alle stelle e ai sogni.

    Arrivarono dopo aver percorso qualche miglio di strada statale. L’andatura del pastore era lenta e indecisa, un po’ come la sua camminata.

    La casa si trovava fuori da Springville e altro non era che il proseguimento della chiesa. Tutto era immerso in una marmellata di buio, ma la luna permise a Nick di identificare la struttura del campanile e una recinzione che correva lungo il lato lungo della chiesa; qualche metro oltre si ergeva un’altra costruzione, forse una specie di stalla che, a giudicare dai suoni e dagli odori, ospitava qualche animale.

    Nick scese dall’auto e recuperò la borsa che aveva nel bagagliaio. La cittadina di Springville si intuiva dalle luci sparute in lontananza e dal rumore lontano di qualche sporadica macchina. Per il resto, tutto era circondato da una bolla di silenzio e pace.

    Si affrettò a seguire l’uomo, che si muoveva silenzioso e con gesti nervosi, prima nella veranda che dava verso una prateria, e poi dentro casa.

    Isaac prese dal tavolo una vecchia lampada, la accese e quindi si affrettò a chiudere la porta.

    Nick si guardò attorno. Gli sembrava di essere piombato in un film western: la casa era tutta in legno e spoglia. La stanza nella quale si trovavano era arredata con un grande tavolo di legno, sul quale poggiava solo la lampada che dava luce a tutto il resto; in un angolo c’era un vecchio e all’apparenza polveroso divano rosso, davanti al quale giaceva un televisore a tubo catodico.

    «Non si meravigli», disse il pastore vedendo gli occhi di Nick che esploravano la stanza, «è la casa di un uomo di chiesa: è volutamente spoglia e semplice. Forse è abituato a maggiori comodità, ma questo è quello che passa il convento, come si suol dire.»

    Nick si affrettò a rassicurare l’uomo. «No, va benissimo. La scorsa notte ho dormito in un ostello assieme a cinque camionisti che russavano come trattori, mentre qualche settimana fa mi sono dovuto accontentare del sedile posteriore della mia auto.»

    «Bene. Mi piacciono le persone semplici. Che ne dice di andare a farsi una bella doccia, mentre io preparo qualcosa da mettere sotto i denti?» propose il pastore, tornato affabile.

    «Non vorrei approfittare troppo. Anche se lo stomaco mi dice il contrario.» Nick mostrò quel sorriso vincente che tante volte aveva usato per conquistare le persone: era uno sfoggio di bellezza carismatica, con quel bianco che contrastava in un effetto unico il colore ebano della pelle.

    «Nessun problema. Si ricordi solo che l’acqua calda funziona a intermittenza, ma è una serata afosa e quindi un po’ di refrigerio non dovrebbe guastare.»

    «Perfetto, grazie.»

    «La sua stanza è la seconda a destra al piano superiore, dopo il bagno. C’è un letto matrimoniale, spero che sia di suo gradimento», e s’incamminò senza attendere una risposta.

    Nick ringraziò di nuovo, pregustandosi la doccia che lo attendeva.

    Ridiscese al piano inferiore della casa, dopo essersi lavato e aver indossato una camicia nuova. Era felice di averne una, in quel suo bagaglio minimo, tutto contenuto nella borsa sportiva; quando l’aveva vuotata aveva constatato che qualche capo di abbigliamento sarebbe stato da lavare, altri da buttare e sostituire, come faceva di solito.

    L’odore di cibo che risaliva le scale gli aprì lo stomaco.

    «Si metta a tavola che è pronto!» gli annunciò il pastore. Nick si accomodò alla tavola apparecchiata per due.

    Un attimo dopo, Isaac fece ingresso con una pentola fumante.

    «Carne stufata con fagioli, un piatto tipico delle nostre parti.»

    «Con la fame che ho in questo momento mangerei anche questo tavolino!»

    «Non glie lo consiglio. È più duro della carne stufata!»

    Nick sorrise, interpretando quella battuta come un’apertura da parte dell’uomo.

    Un attimo dopo addentava il primo pezzo di carne, gustandone il sapore, ma constatando che probabilmente tra il tavolo e lo stufato, in realtà, non c’era molta differenza.

    La cena passò veloce, condita con poche parole, qualche informazione su Springville e della buona birra.

    «Che ne dice se andiamo in veranda a bercene un’altra?» chiese il pastore, indicando la bottiglia vuota.

    «Volentieri.»

    Dopo aver varcato la porta d’ingresso, ciascuno stringendo una bottiglia, si accomodarono sulle sedie rivolte verso la prateria.

    Nick si sentì avvolgere da una sensazione di rilassamento, come non provava da diverso tempo. Non sapeva esattamente che cosa stesse rincorrendo, ma sapeva bene da cosa stava scappando.

    Rimasero in silenzio per alcuni istanti, godendosi la serata calda e il sapore della birra che scorreva nelle loro gole.

    «Che tipo è Sam Campbell?» chiese Nick.

    «In sintesi è uno stronzo, ma ci sa fare: è in gamba nel lavoro e Springville non è certo una città facile.»

    «Non voleva che girassi per le vostre strade.»

    «Sì, qualcuno di noi ha una mentalità antiquata. Ci sono bianchi a cui non va ancora bene che gli uomini di colore frequentino i loro stessi posti», spiegò Isaac con lo sguardo perso nel vuoto, mentre le tenebre quasi impedivano ai due uomini di vedersi in faccia. L’unica luce proveniva dall’interno, mentre quelle della cittadina altro non erano che bagliori lontani.

    Nick aveva una domanda in serbo da diverso tempo. «Perché le ha detto di pregare per sua figlia?»

    Isaac rimase in silenzio. Strinse con maggior forza la bottiglia e quindi se la portò alla bocca, dove lasciò scivolare un sorso corposo.

    «Susannah», mormorò.

    «Come?»

    «Mia figlia si chiama Susannah.»

    «Le è successo qualcosa?»

    «È scomparsa cinque giorni fa», rispose il pastore con voce bassa, quasi calma, ma il cui tono lasciava trasparire un nodo di rabbia e nervosismo. Nick non disse niente; attese osservando il buio e i pochi scampoli di prateria illuminati dalla luna, che cercava di far capolino tra una nuvola e l’altra.

    «Non sappiamo ancora dove sia. La sera in cui è scomparsa, abbiamo cenato insieme e poi sono uscito, mentre lei rimetteva a posto la cucina. Da quando mia moglie non c’è più è stata lei a portare avanti la casa.»

    «Dopo che cosa è successo?» Nick provò a pungolare l’uomo.

    «Al mio ritorno sono andato subito a dormire. Credevo che lei fosse in camera sua, ma al mattino, quando sono andato a svegliarla, ho trovato il letto rifatto. Susannah non c’era. Ho creduto che si fosse alzata prima e che fosse uscita, ma fuori dalla casa non c’era. Ho controllato anche la stalla e, infine, sono andato in città. Ho provato nei posti nei quali è solita andare, ma senza fortuna. Disperato, mi sono recato da Sam. All’inizio non mi ha prestato molta attenzione, forse perché pensava che si trattasse di una ragazzata, ma dopo pranzo ancora non avevamo sue notizie e allora si è allertato.» Riprese fiato e bevve un altro sorso, l’ultimo della bottiglia. L’aria era calda e appiccicosa, anche se il vento alleviava la sensazione di afa. Isaac riprese a parlare.

    «Abbiamo radunato degli uomini per costituire delle squadre di ricerca. Un gruppo ha passato al setaccio la città, altri hanno preso i cavalli e hanno perlustrato la prateria e il deserto. In entrambi i casi il risultato è stato lo stesso: nessuna traccia di Susannah. È semplicemente scomparsa.» L’uomo trattenne a stento un sospiro e quindi cambiò posizione sulla sedia.

    Nick attese qualche istante prima di parlare.

    «C’era un motivo per il quale sua figlia avrebbe potuto voler scappare?»

    «Niente. Solo le solite idee da ragazzina di sedici anni.»

    «Amici?»

    «Amiche poche. Susannah è sempre stata una ragazza molto precoce nell’apprendimento, ma non è mai stata brava con le relazioni. Ha un carattere schivo, un po’ come era sua madre.»

    «Magari un ragazzo?»

    «No, nessuno. Ha sedici anni», puntualizzò il pastore.

    «Che cosa sta facendo Campbell?» L’idea che quella storia fosse in mano allo stesso poliziotto che lo voleva fuori dai piedi solo perché era nero non gli piaceva molto.

    «Ha attivato i protocolli di sicurezza. Anzi, secondo lui ha anche anticipato i tempi delle ricerche, che dovevano partire solo dopo le quarantotto ore dalla scomparsa. So che ha trasmesso la foto di mia figlia anche ai paesi vicini.»

    «Qualche novità?»

    «Purtroppo no. Quando ci siamo incontrati tornavo da Northwest, una cittadina a circa sessanta miglia a nord da qui, forse ci è passato anche lei. Sono andato a parlare con una donna, che diceva di aver visto una ragazza che assomigliava a Susannah davanti alla stazione degli autobus due giorni fa. Peccato che quando le ho parlato mi sono accorto che questa donna non sa distinguere neanche il bianco dal nero.»

    «In che senso?» Nick si era voltato verso l’uomo, distogliendo lo sguardo dalla prateria.

    «Soffre di una malattia mentale. Me l’ha spiegato sua nipote, che si scusava per il disturbo arrecato.»

    «Brutta storia.»

    «Già. Adesso non so più cosa fare.» Isaac portò la bottiglia alla bocca, ma non ne uscì niente. Nick gli porse la sua; l’uomo accettò e finì anche quella.

    «Ne vado a prendere un’altra.»

    «Per me non importa.»

    «Invece sì. Non si lascia mai un uomo a bere da solo. Vorrei conoscere qualcosa anche di lei!» e si affrettò a rientrare in casa. Nel breve tratto, Nick lo vide oscillare pericolosamente a destra e a sinistra; la birra aveva accentuato la sua andatura già claudicante.

    Tornò dopo una manciata di secondi, stringendo una bottiglia aperta in ognuna delle mani. Riprese posizione sulla sedia e buttò giù un sorso generoso. Trattenne un rutto e nel farlo assunse una buffa espressione. «Adesso mi deve raccontare che cosa ci fa lei a Springville.»

    La domanda gelò Nick. Parlare del suo passato, anche se di qualche ora o di qualche giorno, lo metteva a disagio. Dopo il racconto del pastore sulla figlia e visto il fatto che gli aveva offerto un tetto sotto il quale riposare, Nick considerò che non poteva liquidarlo a male parole.

    «A dir la verità tutto è iniziato con una pisciata… Provenivo da nord e avevo percorso diverse miglia nel niente, come troppo spesso mi accade su queste strade. Era da diverso tempo che a parte qualche casa sperduta non incontravo un paese.»

    «Così si è fermato a orinare in mezzo alla strada», il tono suonava un po’ come un rimprovero.

    «Non ce la facevo più e non c’era nessun cartello che mi indicasse un paese nelle vicinanze!» Nick si trovò a giustificarsi per quel gesto, come se fosse stato il primo uomo a pisciare fuori dalla macchina.

    «Quindi non stava cercando Springville. Dov’è diretto, allora?»

    Questa volta fu Nick a bere un abbondante sorso di birra. Era una domanda a cui aveva già risposto altre volte, ma che lo metteva sempre davanti a uno spartiacque: da una

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